La citazione proviene da Kubla Khan, di Samuel Taylor Coleridge.

Dalle note di Massimo Bacigalupo (Traduzione Giudici):
Con una cesura abbastanza violenta l'io poetante emerge esplicitamente, informandoci d'una "visione" goduta in passato: una fanciulla africana, che, accompagnandosi al salterio, cantava d'un certo Monte Abora (cfr. Xanadu e Alph). In realtà l'io è inequivocabilmente presente nelle esclamazioni della sezione 2, il tema della visione si collega al precedente dettaglio dell'immagine riflessa della cupola come quello della musica alle mingled measure (il controcanto di fonte e caverne), l'immagine della fanciulla richiama la donna lamentosa di 16 ed esplicita vari suggerimenti erotici; infine nessun giardino di piacere sarebbe completo senza la sua donzella. Ciononostante il mutamento di prospettiva ci sorprende come un'orfica palinodia. Lowes (19,2) suggerisce che la fanciulla ed altri importanti dettagli di KK derivano dalla storia del "veglio della montagna" (Milione, cap. 31), che nei Pilgrimes (2,72) precedente di poco il brano su "Xandu" (n. 177). Il persiano Aloodyn, racconta Marco, "aveva fatto fare tra due montagne in una valle lo più bello giardino e il più grande del mondo", scorrente di vino e miele [nei Pilgrimes anche latte], e vi aveva posto "donzelli e donzelle, gli più belli del mondo e che meglio sapevano cantare e sonare e ballare" ("goodly Damosels skilfull in Songs and Instruments of Musicke and Dancing"). Qui Aloodyn portava, dopo averli drogati, i giovani che voleva rendersi fedeli, facendo loro credere di essere nel paradiso maomettano. "E quando il veglio vuole fare uccidere alcuna persona, egli fa tôrre quello quale sia più vigoroso e fargli uccidere cui egli vuole; e coloro lo fanno volentieri, per ritornare nel paradiso [...] E in questa maniera non campa niuno uomo dananzi al veglio della montagna, a cui egli lo vuole fare; e s&icute; vi dico che più re li fanno tributo per quella paura" (cfr. 49-54). Già Cooper aveva notato (1906) la relazione col piugrave; breve ragguaglio dell'argomento offre il Pilgrimage (p. 428). Dulcimer (notare l'alliterazione con DamSeL) è uno strumento d'origine orientale, di forma trapezoidale, che si suona con martelletti, il che lo rende adeguato al contesto (inoltre si voleva che il nome derivasse da dulce melos, il dolce concento che è argomento di questo finale). L'allusione all'Abissinia (cfr. la presenza nascosta del Nilo) si situa anch'essa nell'orientalismo di KK (in cui sono echi di S. Johson, Rasselas the prince of Abyssinia, 1759); la donna nera è sensuale nella tradizione lirica inglese. Milton (P. L. 4,280-2) ricorda - fra i luoghi già "ritenuti veri paradisi" - il Monte Amara, dove(cfr. ancora Rasselas I) i re d'Abissinia relegano nell'ozio i figli minori in attesa che si decida la successione ("Nor where Abassin kings their issue guard, / Mount Amara, though this by some supposed / True Paradise"). Sua fonte è il favoloso paragrafo Of the hill Amara del Pilgrimage (p. 843): "La quantità di grano che vi cresce, la delizia degli uccelli che incantano le orecchie con i loro gorgheggi e attraggono gli occhi ai loro colori che pur diversi concordano la bellezza, e le altre creature che adornano questo paradiso mi consentirebbero di saturarvi per troppa abbondanza. Vediamo dunque alcune altre cose degne di ammirazione in questo ammirato colle ..." E fra queste è una magnifica gigantesca biblioteca. In MS C. esitò fra le grafie Amara e Amora, poi preferì celare il prestito da Purchas, Milton e Johnson (e il troppo ovvio riferimento ad Amore) e stampò Mount Abora, nome fantastico che allittera con "Abassin" (Milton) e . Ma è chiaro che questo monte è, come Xanadù, un paradiso terrestre dove si trovano fanciulle musicanti e bevande narcotiche. Per Bostetter interviene qui anche un rimpianto per ciò che avrebbe dovuto essere la comunità pantisocratica, il cui fallimento equivarrebbe al fallimento della poesia di C. I due periodi presentano un parallelismo, con 37 che si sviluppa in 39-40, e 38 analogo a 41 nel metro (tetrapodia trocaica: sarebbe a nostro parere un errore leggere Abòra anzichè Àbora, in cui è un'eco di dùlcimer, cfr. "Àmara" in Milton).