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Trentino: giornate della comunicazione turistica
  MERCOLEDÌ 23 SETTEMBRE 1998

Mondo

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L'equilibrista
di Teheran

Il nuovo leader iraniano e il confronto con la destra islamica

SE IL PRESIDENTE iraniano Mohammad Khatami dovesse rinascere, sarebbe facile pronosticargli un grande futuro da equilibrista in un circo. La sua due giorni a New York, per l'assemblea generale dell'Onu, ha confermato quanto il leader dell' Iran moderato punti sull'apertura del suo paese, sul dialogo con l'Occidente - e con gli Usa per primi - ma anche quanto pesi sui suoi passi l'ipoteca dei radicali che, in patria, hanno più potere di lui (sulle forze armate, sui servizi segreti, sulla magistratura) e che di dialogo non vogliono sentir parlare.
Nel suo discorso di lunedì alle Nazioni Unite, Khatami si è spinto al di là di molte aspettative. Le novità - clamorose, rispetto a quasi vent'anni di diplomazia iraniana - sono non in quello che ha detto, ma in quello che non ha detto. Nessun riferimento alla superpotenza americana come il "Grande Satana" di tanti discorsi degli ayatollah. Anzi, nessuna critica agli Stati Uniti. Nessuna richiesta ad Israele di restituire Gerusalemme e nessuna polemica contro gli accordi di pace fra israeliani e palestinesi del 1992. Nessun rullare di tamburi contro i Taliban afgani, anzi la convinzione, riaffermata con sicurezza, che "non c'è soluzione militare alle traversie di quel paese".
E, ieri, in una conferenza stampa, Khatami è tornato ad insistere sul dialogo. Questa volta, di Stati Uniti ha parlato, ma per dare delle condizioni necessarie per impostare il confronto fra i due paesi, una versione tutta concreta, senza nessun orpello ideologico: Khatami vuole la fine delle sanzioni imposte dal Congresso Usa sugli investimenti nel suo paese ed un via libera alla costruzione attraverso l'Iran, anzichè la Turchia, dell'oleodotto destinato a trasportare il petrolio del Caspio.
Ma, quando dalle parole si tratta di passare ai fatti, Khatami sembra uno che tenti di correre nell'acqua. Il vertice sull'Afganistan, in programma per lunedì sera, anche se non un'occasione ufficiale, era la prima opportunità di far incontrare faccia a faccia il segretario di Stato americano, Madeleine Allbright e il ministro degli Esteri iraniano, Khamal Kharrazi. Ma Kharrazi non si è presentato: sul piano concreto è cambiato poco (il sottosegretario delegato sapeva, naturalmente, cosa dire), ma sul piano dell'immagine e del messaggio politico, evidentemente indigesto all'interno dell'Iran, la differenza è abissale.
Sul cammino del dialogo, inoltre, Khatami non poteva non andare a sbattere contro il macigno lasciatogli in eredità dal padre della rivoluzione iraniana, l' ayatollah Khomeini: la condanna a morte contro l'autore dei "Versetti satanici", Salman Rushdie. Anche qui, il presidente iraniano è arrivato fin dove poteva: la fatwa, in quanto sentenza religiosa, non si può revocare, ma il governo iraniano non ha nessuna intenzione di eseguirla. Una dichiarazione abbastanza netta da suscitare speranze. In particolare, che domani nell'incontro con il suo collega britannico Robin Cook o, lunedì, in un atteso discorso pubblico, Kharrazi definisca qualche passo concreto che allenti l'assedio intorno allo scrittore. Perchè il fatto che il governo di Teheran consideri, per così dire, esaurita la pratica non garantisce affatto che un terrorista, sponsorizzato da qualche altra istituzione iraniana, non provi a portare a compimento la sentenza. Sarebbe, ad esempio, assai significativo se l'organizzazione parastatale, saldamente controllata dal regime teocratico degli ayatollah, che ha posto sulla testa di Rushdie la taglia di 2,5 milioni di dollari, annullasse il premio. Ma questo richiede un consenso da parte dell'ala radicale del regime che Khatami, finora, non sembra in grado di spendere.
Tanto più che, all'interno dell' Iran, quest'ala è apertamente all' attacco. Tolto di mezzo, con un processo per corruzione, uno dei più potenti alleati di Khatami, il sindaco di Teheran, i radicali stanno adesso battendo sulla stampa. Ieri addirittura i giudici islasmici hanno preso di petto anche quella culla di obbedienza che è l'agenzia ufficiale di stampa. Vicedirettore e redattore capo dell'Irna sono stati arrestati.

 

 

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