La terminologia alla prova della traduzione specializzata - L’offerta del terminologo, le esigenze d

Danio Maldussi (2008)

Bononia University Press: Bologna 2008, pp. 109, € 23,00

Reviewed by: Fabrizio Megale

Una terminologia orientata all’utente

Nella letteratura sulla terminologia sono rari i volumi che analizzano questa disciplina dal punto di vista dell’utente, e che assumono poi tale punto di vista come una delle basi per perfezionare la disciplina stessa. Come osserva l’autore nella Introduzione, è infatti sempre presente il rischio che la terminologia, in particolare nel mondo della ricerca, non riesca a diventare strumento di uso quotidiano tra gli utenti, finendo con il ritagliarsi un ambito sempre più ristretto d’influenza, se paragonato all’ampio numero di potenziali utilizzatori. L’obiettivo del volume è quindi, nel panorama italiano, tanto più innovativo quanto più (apparentemente) semplice: costruire una scheda terminologica dinamica, che risponda di volta in volta alle esigenze dell’utente. Questi viene descritto, nella ricerca, per gradi successivi: ad un primo e superficiale livello, coincide con il “traduttore specializzato” senza ulteriori determinazioni; ad un secondo livello si precisa che trattasi del “traduttore specializzato professionista”; ad un terzo e più profondo livello il campione indagato è identificato nei traduttori specializzati aderenti alla maggiore associazione italiana di traduttori e alla maggiore associazione italiana di agenzie (entrambe attive prevalentemente nella traduzione tecnico-aziendale) nonché nei traduttori specializzati operanti in seno agli organi costituzionali e alla pubblica amministrazione. Anche chi scrive questa recensione è un traduttore specializzato (in diritto), operante prima nella Commissione delle Comunità europee a Lussemburgo, poi nell’Ufficio per la legislazione straniera della Camera dei deputati a Roma. Gli utenti considerati dalla ricerca non sono pertanto gli studenti, i laureandi e i dottorandi di un istituto universitario, nel cui ambito - osserva l’autore – “la scheda è maggiormente funzionale di regola al compilatore dello strumento terminologico che non al traduttore professionista, [essendo collegata] all’obiettivo prevalente di formazione dei laureandi e alle finalità descrittive che si prefigge il terminologo”. Pur essendo mirata sui traduttori specializzati professionisti, questa ricerca è tuttavia destinata anche all’ambito universitario, ma in forme ancora una volta originali e innovative, nel senso che un altro suo obiettivo è di far entrare nella ricerca accademica sulla terminologia le esigenze della traduzione specializzata, ravvicinando i due ambiti di attività. Innegabili le ricadute sulla didattica e sulla formazione professionale dei traduttori. La dimensione applicata dell’indagine traspare immediatamente dalla metodologia seguita. Cinque glossari tematici, elaborati dai laureandi della Scuola superiore di lingue Moderne per interpreti e traduttori dell’università di Bologna (SSLMIT), sono stati sottoposti alla valutazione di tre gruppi di traduttori specializzati professionisti: quelli membri dell’Associazione italiana traduttori e interpreti (AITI), quelli interni delle agenzie aderenti a FEDERCENTRI e un gruppo di funzionari responsabili della traduzione negli organi costituzionali e nella pubblica amministrazione. Occorre aggiungere che le due associazioni indicate sono le più rappresentative dei rispettivi settori e che entrambe contemplano procedure di selezione all’entrata. Gli intervistati sono stati invitati a compilare un questionario riguardante tre aspetti primari: il livello ergonomico delle schede terminologiche generate dal programma SSLMIT-Trad[url=#1](1)[/url]; la disposizione e la funzionalità dei campi presenti nella scheda standard; la copertura tematica dei glossari esaminati in termini di ridondanza o lacunosità dei contenuti delle schede.

La messa a punto di una metodologia

Se l’originalità della ricerca consiste in ciò che si potrebbe chiamare, mutuando l’espressione da altri settori, terminologia user-driven, tuttavia saldamente ancorata, come si è appena visto, alla terminologia disciplina universitaria, la sua utilità consiste piuttosto nel fatto che ha permesso la messa a punto di una metodologia verificata passo dopo passo. Ogni stadio della ricerca è infatti accompagnato da una descrizione del metodo adottato, che ne valida i risultati. Vengono illustrate, oltre alla progettazione dei questionari, le procedure di raccolta dei dati, nelle quali colpisce per esempio il fatto che sono state pianificate in dettaglio le modalità di contatto con gli intervistati, e le procedure di controllo dei dati stessi, nelle quali si segnala per esempio il fatto che sono state richieste delucidazioni agli intervistati in caso di risposte non chiare o poco pertinenti. Questo sforzo di messa a punto di una metodologia traspare in tutti i capitoli del volume: ad esempio sono state fatte correzioni in itinere, modificando il questionario della seconda e della terza rilevazione in base all’esperienza maturata nella prima, quella sui membri dell’AITI; inoltre, al fine di preservare l’autenticità delle verbalizzazioni degli intervistati, è stato deciso di riproporle integralmente fra virgolette nella ricerca; da ultimo, in fondo al volume è stata aggiunta un’Appendice metodologica che raffronta i questionari a risposta aperta con quelli a risposta chiusa ecc. La metodologia così descritta può quindi costituire - nelle intenzioni dell’autore - “un’utile base per nuove rilevazioni, meglio se su grande scala, che consentano di ritarare con maggiore precisione quello che è, e indubbiamente rimane, un lavoro pioneristico”. Passando ora ai risultati di ciascuna indagine e di tutte e tre considerate assieme, essi hanno permesso di individuare quali sono i campi ritenuti imprescindibili dagli utenti, il loro contenuto ottimale, il tipo di “campo contesto” preferito, il livello di dettaglio richiesto in ogni altro campo, quali sono i campi ritenuti ridondanti dagli utenti ecc., sempre nell’ottica del traduttore specializzato professionista, che è quella che fa da sfondo all’intera ricerca. Particolarmente utili sono alcuni rilievi effettuati dagli intervistati nella terza indagine. Essi sottolineano come il tempo di consultazione non debba essere eccessivo e pertanto auspicano, seppur con verbalizzazioni diverse, che la quantità di informazioni sia “sostenibile”. Tra le varie segnalazioni, quella che raccoglie il maggior numero di consensi è la possibilità di spostare le informazioni secondarie o aggiuntive in altre pagine accessibili con un link, in modo tale da prevedere una sorta di “prima linea” che contenga le informazioni essenziali sul termine (possibilmente definizione e contesto in forma sintetica) e una “seconda linea”, più arretrata, contenente le informazioni di complemento, cosicché l’essenzialità delle informazioni risulti perfettamente compatibile con un elevato numero di rimandi. Alcuni intervistati giungono inoltre a suggerire di configurare una “terza linea” di informazioni, accessibile su richiesta dell’utente mediante un link, che contenga l’elenco dettagliato delle fonti utilizzate per le definizioni e per i contesti. Osserva l’autore: “Una modalità di fruizione come quella descritta coincide con la possibilità di pre-selezionare i campi utili all’interno di una scheda dinamica, snellendo i tempi di consultazione senza incidere sul contenuto informativo”.

La concezione variazionista base comune della terminologia e della traduzione

Dopo l’approccio user-driven alla terminologia e la messa a punto di una metodologia di ricerca, un terzo elemento di grande interesse del volume è costituito dal fatto che esso sottointende, ed anzi avvalora nei suoi risultati, una concezione della terminologia (e più in generale delle lingue speciali) non più finalizzata all’univocità, alla coerenza e alla stabilità intese in modo astratto ed esclusivo. I risultati delle tre indagini - scrive Danio Maldussi – “segnalano come, nell’ottica dei gruppi intervistati, i contenuti debbano essere sottoposti ad una nuova procedura di sistematizzazione che preveda varianti, fraseologia, termini correlati e gerghi aziendali, avvalorando la cosiddetta «ipotesi variazionista» e contraddicendo l’univocità, nonché l’immutabilità e la stabilità della relazione termine-concetto, ben descritta dal principio «un concetto, un oggetto, un termine», che dovrà essere accantonato”. E ancora: “[nella nuova scheda terminologica] la conseguenza più evidente è il ridimensionamento dello status di termine principale o vedette a quello di variante, per cui tutti i termini sono considerati varianti l’uno dell’altro, proprio in base alla proprietà simmetrica della variazione sinonimica”. Infine, superando la riluttanza di principio alla sinonimia, questo approccio variazionista preferisce distinguere fra una “sinonimia funzionale” e una “sinonimia patologica”. Esistono quindi “le regole”, ma esistono anche “le scelte” (Prandi 2006), e questa concezione che per semplicità si definisce qui “variazionista” si muove fra le une e le altre. Chi scrive osserva che il lessico delle lingue speciali è caratterizzato da vincoli tanto più cogenti quanto più ci si avvicina alle scienze altamente formalizzate. Tuttavia, solo nelle lingue artificiali ogni termine possiede una definizione concettuale univoca e astratta all’interno di una tassonomia gerarchica stabile. Ciò vale a maggior ragione per linguaggi settoriali come l’economia, la medicina o il diritto. E’ stato osservato che persino nell’ambito di una singola normazione tipicamente sistematica come un codice legislativo avviene che un termine risulti utilizzato in sensi parzialmente o totalmente diversi, o in sensi differenti dalla eventuale definizione esplicita fornita dallo stesso codice. In tutti i campi del sapere l’aspirazione all’unità, naturale nel Dopoguerra, ha lasciato il posto alla rivalutazione della differenza. In modo emblematico ha scritto Vivian Grosswald Curran, una delle maggiori studiose americane di diritto comparato e di traduzione giuridica: “The traditional Western view treats identity as a foundational concept, and difference as a derivative concept […] Difference, however, is equally as foundational a concept as identity, because it is only illustrating difference that identity is possible, and neither has meaning outside of a comparative paradigm (1998: 46:47)”. Riprendendo l’approccio variazionista Danio Maldussi sottolinea che, alla luce delle predette riflessioni linguistiche, i bersagli tradizionali della normalizzazione, in particolare l’omonimia, la polisemia e la sinonimia, si presentano in modo differenziato all’interno dei lessici specialistici. L’omonimia rappresenta un fenomeno patologico della comunicazione che è necessario sottoporre ad un processo di normalizzazione, ma che rimane comunque tollerabile entro determinati limiti. La polisemia costituisce una delle risorse più funzionali e produttive della lingua, ma non deve essere confusa con la nozione di ambiguità. Infine, la sinonimia si presenta come un continuum, fra i poli opposti della sinonimia funzionale e della sinonimia patologica, che ha trovato un’adeguata collocazione e un pieno riconoscimento nella prospettiva socioterminologica. L’autore così riassume l’intera prospettiva: “Per le moderne teorie terminologiche […] qualsiasi termine è inserito in un contesto dove la situazione d’uso riveste un ruolo determinante per il significato e dove fenomeni linguistici quali sinonimia e polisemia, non più considerati «rumore di fondo» e pertanto fonte di ambiguità e indeterminatezza, emergono con forza dai corpus e dagli studi dal vivo”. Egli raggiunge così conclusioni analoghe a quelle degli studiosi di traduzione specializzata, ben riassunte nel recente volume di Scarpa (2008: 76): “I due concetti di traducibilità e, soprattutto, di equivalenza rimangono centrali in qualsiasi riflessione sulla traduzione, ma vengono ormai visti come concetti la cui valenza pragmatica li rende inestricabili dalla situazione comunicativa”. Su questa e su altre basi è quindi possibile una convergenza, come Danio Maldussi rileva, fra terminologia sistematizzata e traduzione specializzata. Conclude l’autore: “Limitarsi a un approccio descrittivo in fase di lettura e analisi dei dati emersi dai tre sondaggi sarebbe stato fortemente riduttivo. Siamo infatti convinti che solo attraverso l’approfondimento e la problematizzazione dell’osservazione di dati concreti sia possibile giungere a indicazioni pratiche circa la direzione da intraprendere, senza dimenticare che molte delle indicazioni raccolte, sebbene non sollecitate esplicitamente, dovranno necessariamente essere corroborate da più estese rilevazioni future”.

Bibliografia

Grosswald Curran, Vivian (1998) “Cultural Immersion, Difference and Categories in US Comparative Law”. The American Journal of Comparative Law 46: 43-92. Prandi, Michele (2006). Le regole e le scelte. Introduzione alla grammatica italiana. Torino: UTET. Scarpa, Federica (2008). La traduzione specializzata. Un approccio didattico professionale. Milano: Hoepli.

Note

[1]Per ergonomicità della scheda terminologica si intende l’insieme di qualità comunicative (ad esempio la disposizione dei campi), interattive (la strutturazione ipertestuale dei contenuti della scheda che permette l’accesso immediato agli stessi e il passaggio rapido da una scheda all’altra) ed estetiche (ad esempio l’utilizzo dei colori per evidenziare i diversi livelli di astrazione dei sistemi gerarchici).

©inTRAlinea & Fabrizio Megale (2008).
[Review] "La terminologia alla prova della traduzione specializzata - L’offerta del terminologo, le esigenze d", inTRAlinea Vol. 10
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Stable URL: https://www.intralinea.org/reviews/item/1085

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