Novella VII: Del Normanno che fece scorta di latino per andare a Roma e parlare con il Santo Padre e

Translated by: Nicolina Pomilio (SSLiMIT - Università di Bologna)

Nouvelle VII: Du normand allant à Romme qui fit provision de latin pour porter au Sainct Père, et comme il s’en ayda by Bonaventure Des Périers (Arnay-le-Duc, 1510 ca. — Lyon, 1544 ca.)
Bonaventure Des Périers (1965). Les nouvelles récréations et joyeux devis. Conteurs français du XVIe siècle, a cura di Pierre Jourda. Paris: Bibliothèque de la Pléiade, Gallimard. 361-594.


Un Normanno, dopo la morte della moglie, vedendo che i preti vivevano senza grattacapi, pensò di farsi prete, ma sapeva appena leggere e scrivere; tuttavia aveva sentito dire che per denaro si può fare qualunque cosa e lui non si riteneva meno abile di molti preti della sua parrocchia. Rivelò quel proposito a un suo parente e, parlando con lui, gli chiese dei consigli su come doveva governarsi in una simile faccenda. Dopo avere alquanto discusso su quale partito prendere, costui gli disse, incoraggiandolo, che se voleva davvero risolvere il suo problema, doveva andare a Roma, perché difficilmente sarebbe stato consacrato prete dal suo vescovo, piuttosto restio a ordinare i sacerdoti e a dare gli A quocunque. Invece il papa, impegnato in tante altre cose, non gli avrebbe prestato molta attenzione e avrebbe risolto il suo caso in fretta. Aggiunse che durante il viaggio avrebbe visto tanti paesi e al suo ritorno, dopo essere stato ordinato prete dal papa, ognuno gli avrebbe reso omaggio; inoltre avrebbe dopo poco tempo ricevuto un beneficio e sarebbe diventato un monsignore. Questi consigli furono molto graditi dal Normanno, ma gli restava sempre quel timore nell'animo riguardante il latino; lo rivelò al suo consigliere, dicendogli: “D'accordo, ma quando sarò davanti al papa, quale lingua parlerò? Lui non capisce il normanno, io il latino; cosa farò?” — “Questo” rispose l'altro “non deve farti indugiare, poiché, per diventare prete, è sufficiente sapere bene la messa di Requiem, della Beata e dello Spirito Santo, e le imparerai subito, appena tornerai. Ma per parlare con il papa, ti insegnerò tre frasi in latino adatte alla situazione e quando le dirai davanti a lui, crederà che tu sia il miglior prete del mondo.” L'uomo, più tranquillo, volle sapere subito quelle tre frasi. “Amico” gli disse l'altro “appena sarai davanti al papa, gettati in ginocchio e digli: Salve Sancte Pater. Lui ti chiederà in latino: Unde es tu? Ossia: Di dove sei? Tu risponderai: De Normania. Poi ti chiederà: Ubi sunt litterae tuae? Tu gli risponderai: In manica mea. E subito, senza indugio, comanderà la tua consacrazione. Allora potrai tornare.” Il Normanno non fu mai tanto felice e restò per quindici o venti giorni con il suo amico perché gli entrassero nella testa quelle tre frasi in latino. Quando fu convinto di saperle bene, si preparò a prendere la strada per Roma. Durante il viaggio non ripeteva altro che il suo latino: “Salve Sancte Pater. De Normania. In manica mea.” Sono sicuro che continuò a ripeterle tanto spesso e con tanto trasporto che finì per dimenticare la preziosa prima frase “Salve Sancte Pater”, e purtroppo aveva già percorso un lungo tratto di strada. Inutile chiedersi se il Normanno fosse arrabbiato: non sapeva a quale santo votarsi per ritrovare le parole ed era sicuro che presentarsi al papa senza quelle, era come andare a zappare senza la zappa. Non credeva neppure che fosse possibile trovare qualcuno davvero bravo che sapesse insegnargliele bene come aveva fatto quello della sua parrocchia. Era talmente disperato che un sabato, di mattina, entrò in una chiesa della città e vi restò per attendere una grazia da Dio. Nella chiesa sentì che cominciava la messa della Madonna con il canto “Salve sancta parens”, si mise tutt’orecchi e disse: “Dio sia lodato e anche la Madonna!“ e fu tanto contento che gli sembrò di aver riacquistato la vita. Subito, da un prete che era lì, si fece ripetere le tre parole Salve sancta parens, che non avrebbe mai più dimenticato, e si rimise in viaggio con il suo latino. Credetemi, egli era veramente felice di vivere e ogni giorno percorse così tanta strada che arrivò in poco tempo a Roma. Bisogna sapere che a quei tempi non era così difficile parlare con il papa come lo è oggi, perciò fu condotto subito davanti al papa, al quale non mancò di fare la riverenza, dicendogli con devozione: “Salve sancta parens.” Il papa gli dice: “Ego non sum mater Christi.” Il Normanno gli risponde: “De Normania.” Guardandolo, il papa gli dice: “Daemonium habes?” — “In manica mea”, risponde il Normanno. Dicendo queste parole, infilò una mano nella manica per tirarne fuori le lettere. Il papa fu alquanto sorpreso e pensò che ne avrebbe tirato fuori uno spiritello, ma quando vide che si trattava di lettere, si rassicurò e gli chiese di nuovo in latino: “Quid petis?”. Tuttavia il Normanno aveva già detto quanto aveva imparato e non rispose un bel niente a ciò che gli veniva chiesto. Dopo un po’, alcune persone del suo paese, sentendo che parlava il dialetto, cominciarono a fargli delle domande. Rispose subito che aveva imparato, per sua provvista, il latino nel suo paese e che lo sapeva veramente bene, ma che non sapeva come servirsene.
Un Normand, voyant que les prebstres avoyent le meilleur temps du monde, après que sa femme fut morte, eut envie de se faire d’église ; mais il ne sçavoit lire ny escripre que bien peu. Et toutefois, ayant ouy dire que pour argent on fait tout, et s’estimant aussi habile homme que beaucoup de prebstres de sa paroisse, s’adressa à l’un de ses familliers, auquel il se descouvrit, et luy demanda conseil comment il se devoit gouverner en cest affaire. Lequel, après plusieurs propos debatuz d’une part et d’autre, l’en reconforta, et luy dit que s’il vouloit bien faire son cas il falloit qu’il allast à Romme, et que à grand peine en auroit-il la raison de son evesque, qui estoit difficile en cas de faire prebstres et de bailler les A quocunque ; mais que le pape, qui estoit empesché à tant d’autres choses, ne prendroit garde à luy de si près et le depescheroit incontinent. Davantage, qu’en ce faisant il verroit le païs, et que quand il seroit retourné, ayant esté creé prebstre de la main du pape, il n’y auroit celuy qui ne luy fist honneur, et qu’en moins de rien il seroit beneficié et deviendroit un grand monsieur. Mon homme trouve ces propos fort à son gré ; mais il avoit tousjours ce scrupule sur sa conscience touchant le fait du latin, lequel il declara à son conseiller, luy disant : «Voire, mais quand je seray devant le pape, quel langage parleray-je? Il n’entend pas le normand, ny moi le latin; que feray-je? — Pour cela, dit l’autre, ne te faut pas demeurer : car, pour estre prebstre, il suffit de sçavoir bien sa messe de Requiem, de Beata, et du S. Esprit, lesquelles tu auras assez tost aprises quant tu seras de retour. Mais, pour parler au pape, je t’apprendray trois motz de latin si bien assiz, que quand tu les auras dicts devant luy il croira que tu sois le plus grand clerc du monde.» Mon homme fut très aise et voulut sçavoir tout à l’heure ces trois motz. Mon amy (luy dit l’autre), incontinent que tu seras devant le pape, tu te jetteras à genoulx en luy disant : Salve Sancte Pater. Puis il te demanderas en latin : Unde es tu? c’est-à-dire : D’où estes-vous? Tu respondras : De Normania. Puis il te demanderas : Ubi sunt litterae tuae? Tu luy diras : In manica mea. Et incontinent, sans autre delay, il commandera que tu sois expédié. Puis tu t’en reviendras. Mon Normand ne fut oncq si joyeulx, et demeura quinze ou vingt jours avec son homme pour luy mettre ces trois mots de latin en la teste. Quand il pensa les bien sçavoir, il s’appresta pour prendre le chemin de Romme ; et en allant ne disoit aultre chose que son latin : Salve Sancte Pater. De Normania. In manica mea. Mais je croy bien qu’il les dit et redit si souvent et de si grande affection, qu’il oublia le beau premier mot, Salve Sancte Pater, et de malheur il estoit desjà bien avant de son chemin. Si mon Normand fut fasché, il ne le fault pas demander, car il ne sçavoit à quel sainct se vouer pour retrouver son mot, et pensoit bien que de se presenter au pape sans cela, c’estoit aller aux meures sans crochet, et si ne cuidoit point qu’il fust possible de trouver homme si fidelle enseigneur et qui lui sceut si bien montrer comme celuy de sa paroisse qui le luy avoit appris. Jamais homme ne fut si marry, jusques à tant qu’un samedy matin il entra en une eglise de la ville où il estoit attendant la grace de Dieu, là où il entendit que l’on commençoit la messe de Nostre-Dame en notte : Salve sancta parens. Et mon Normand d’ouvrir l’oreille : Dieu soit loué et Nostre-Dame! dit-il. Il fut si resjouy qu’il luy sembloit estre revenu de mort à vie. Et incontinent s’estant faict redire ces motz par un clerc qui estoit là, jamais depuis n’oublia Salve sancta parens, et poursuivit son voyage avec son latin. Croyez qu’il estoit bien ayse d’estre né. Et fit tant par ses journées qu’il arriva à Romme. Et fault notter que de ce temps-là il n’estoit pas si malaysé de parler aux papes comme il est de present. On le fit entrer devers le pape, auquel il ne faillit à faire la reverence en luy disant bien devotement : Salve sancta parens. Le pape luy va dire : Ego non sum mater Christi. Le Normand luy respond : De Normania. Le pape le regarde et luy dit : Daemonium habes? — In manica mea, respondit le Normand. Et en disant cela il mit la main en sa manche pour tirer ses lettres. Le pape fut un petit surpris, pensant qu’il allast tirer le gobelin de sa manche. Mais quand il veid que c’estoyent lettres, il s’asseura et luy demanda encores en latin : Quid petis? Mais mon Normand estoit au bout de sa leçon, qui ne respondit meshuy rien à chose qu’on luy demandast. A la fin, quand quelques uns de sa nation l’eurent ouy parler son cauchois, ilz se prindrent à l’arraisonner, ausquelz il donna bien tost à congnoistre qu’il avoit apris du latin en son village pour sa provision et qu’il sçavoit beaucoup de bien, mais qu’il n’entendoit pas la manière d’en user.
Un Normanno, dopo la morte della moglie, vedendo che i preti vivevano senza grattacapi, pensò di farsi prete, ma sapeva appena leggere e scrivere; tuttavia aveva sentito dire che per denaro si può fare qualunque cosa e lui non si riteneva meno abile di molti preti della sua parrocchia. Rivelò quel proposito a un suo parente e, parlando con lui, gli chiese dei consigli su come doveva governarsi in una simile faccenda. Dopo avere alquanto discusso su quale partito prendere, costui gli disse, incoraggiandolo, che se voleva davvero risolvere il suo problema, doveva andare a Roma, perché difficilmente sarebbe stato consacrato prete dal suo vescovo, piuttosto restio a ordinare i sacerdoti e a dare gli A quocunque. Invece il papa, impegnato in tante altre cose, non gli avrebbe prestato molta attenzione e avrebbe risolto il suo caso in fretta. Aggiunse che durante il viaggio avrebbe visto tanti paesi e al suo ritorno, dopo essere stato ordinato prete dal papa, ognuno gli avrebbe reso omaggio; inoltre avrebbe dopo poco tempo ricevuto un beneficio e sarebbe diventato un monsignore. Questi consigli furono molto graditi dal Normanno, ma gli restava sempre quel timore nell'animo riguardante il latino; lo rivelò al suo consigliere, dicendogli: “D'accordo, ma quando sarò davanti al papa, quale lingua parlerò? Lui non capisce il normanno, io il latino; cosa farò?” — “Questo” rispose l'altro “non deve farti indugiare, poiché, per diventare prete, è sufficiente sapere bene la messa di Requiem, della Beata e dello Spirito Santo, e le imparerai subito, appena tornerai. Ma per parlare con il papa, ti insegnerò tre frasi in latino adatte alla situazione e quando le dirai davanti a lui, crederà che tu sia il miglior prete del mondo.” L'uomo, più tranquillo, volle sapere subito quelle tre frasi. “Amico” gli disse l'altro “appena sarai davanti al papa, gettati in ginocchio e digli: Salve Sancte Pater. Lui ti chiederà in latino: Unde es tu? Ossia: Di dove sei? Tu risponderai: De Normania. Poi ti chiederà: Ubi sunt litterae tuae? Tu gli risponderai: In manica mea. E subito, senza indugio, comanderà la tua consacrazione. Allora potrai tornare.” Il Normanno non fu mai tanto felice e restò per quindici o venti giorni con il suo amico perché gli entrassero nella testa quelle tre frasi in latino. Quando fu convinto di saperle bene, si preparò a prendere la strada per Roma. Durante il viaggio non ripeteva altro che il suo latino: “Salve Sancte Pater. De Normania. In manica mea.” Sono sicuro che continuò a ripeterle tanto spesso e con tanto trasporto che finì per dimenticare la preziosa prima frase “Salve Sancte Pater”, e purtroppo aveva già percorso un lungo tratto di strada. Inutile chiedersi se il Normanno fosse arrabbiato: non sapeva a quale santo votarsi per ritrovare le parole ed era sicuro che presentarsi al papa senza quelle, era come andare a zappare senza la zappa. Non credeva neppure che fosse possibile trovare qualcuno davvero bravo che sapesse insegnargliele bene come aveva fatto quello della sua parrocchia. Era talmente disperato che un sabato, di mattina, entrò in una chiesa della città e vi restò per attendere una grazia da Dio. Nella chiesa sentì che cominciava la messa della Madonna con il canto “Salve sancta parens”, si mise tutt’orecchi e disse: “Dio sia lodato e anche la Madonna!“ e fu tanto contento che gli sembrò di aver riacquistato la vita. Subito, da un prete che era lì, si fece ripetere le tre parole Salve sancta parens, che non avrebbe mai più dimenticato, e si rimise in viaggio con il suo latino. Credetemi, egli era veramente felice di vivere e ogni giorno percorse così tanta strada che arrivò in poco tempo a Roma. Bisogna sapere che a quei tempi non era così difficile parlare con il papa come lo è oggi, perciò fu condotto subito davanti al papa, al quale non mancò di fare la riverenza, dicendogli con devozione: “Salve sancta parens.” Il papa gli dice: “Ego non sum mater Christi.” Il Normanno gli risponde: “De Normania.” Guardandolo, il papa gli dice: “Daemonium habes?” — “In manica mea”, risponde il Normanno. Dicendo queste parole, infilò una mano nella manica per tirarne fuori le lettere. Il papa fu alquanto sorpreso e pensò che ne avrebbe tirato fuori uno spiritello, ma quando vide che si trattava di lettere, si rassicurò e gli chiese di nuovo in latino: “Quid petis?”. Tuttavia il Normanno aveva già detto quanto aveva imparato e non rispose un bel niente a ciò che gli veniva chiesto. Dopo un po’, alcune persone del suo paese, sentendo che parlava il dialetto, cominciarono a fargli delle domande. Rispose subito che aveva imparato, per sua provvista, il latino nel suo paese e che lo sapeva veramente bene, ma che non sapeva come servirsene. Un Normand, voyant que les prebstres avoyent le meilleur temps du monde, après que sa femme fut morte, eut envie de se faire d’église ; mais il ne sçavoit lire ny escripre que bien peu. Et toutefois, ayant ouy dire que pour argent on fait tout, et s’estimant aussi habile homme que beaucoup de prebstres de sa paroisse, s’adressa à l’un de ses familliers, auquel il se descouvrit, et luy demanda conseil comment il se devoit gouverner en cest affaire. Lequel, après plusieurs propos debatuz d’une part et d’autre, l’en reconforta, et luy dit que s’il vouloit bien faire son cas il falloit qu’il allast à Romme, et que à grand peine en auroit-il la raison de son evesque, qui estoit difficile en cas de faire prebstres et de bailler les A quocunque ; mais que le pape, qui estoit empesché à tant d’autres choses, ne prendroit garde à luy de si près et le depescheroit incontinent. Davantage, qu’en ce faisant il verroit le païs, et que quand il seroit retourné, ayant esté creé prebstre de la main du pape, il n’y auroit celuy qui ne luy fist honneur, et qu’en moins de rien il seroit beneficié et deviendroit un grand monsieur. Mon homme trouve ces propos fort à son gré ; mais il avoit tousjours ce scrupule sur sa conscience touchant le fait du latin, lequel il declara à son conseiller, luy disant : «Voire, mais quand je seray devant le pape, quel langage parleray-je? Il n’entend pas le normand, ny moi le latin; que feray-je? — Pour cela, dit l’autre, ne te faut pas demeurer : car, pour estre prebstre, il suffit de sçavoir bien sa messe de Requiem, de Beata, et du S. Esprit, lesquelles tu auras assez tost aprises quant tu seras de retour. Mais, pour parler au pape, je t’apprendray trois motz de latin si bien assiz, que quand tu les auras dicts devant luy il croira que tu sois le plus grand clerc du monde.» Mon homme fut très aise et voulut sçavoir tout à l’heure ces trois motz. Mon amy (luy dit l’autre), incontinent que tu seras devant le pape, tu te jetteras à genoulx en luy disant : Salve Sancte Pater. Puis il te demanderas en latin : Unde es tu? c’est-à-dire : D’où estes-vous? Tu respondras : De Normania. Puis il te demanderas : Ubi sunt litterae tuae? Tu luy diras : In manica mea. Et incontinent, sans autre delay, il commandera que tu sois expédié. Puis tu t’en reviendras. Mon Normand ne fut oncq si joyeulx, et demeura quinze ou vingt jours avec son homme pour luy mettre ces trois mots de latin en la teste. Quand il pensa les bien sçavoir, il s’appresta pour prendre le chemin de Romme ; et en allant ne disoit aultre chose que son latin : Salve Sancte Pater. De Normania. In manica mea. Mais je croy bien qu’il les dit et redit si souvent et de si grande affection, qu’il oublia le beau premier mot, Salve Sancte Pater, et de malheur il estoit desjà bien avant de son chemin. Si mon Normand fut fasché, il ne le fault pas demander, car il ne sçavoit à quel sainct se vouer pour retrouver son mot, et pensoit bien que de se presenter au pape sans cela, c’estoit aller aux meures sans crochet, et si ne cuidoit point qu’il fust possible de trouver homme si fidelle enseigneur et qui lui sceut si bien montrer comme celuy de sa paroisse qui le luy avoit appris. Jamais homme ne fut si marry, jusques à tant qu’un samedy matin il entra en une eglise de la ville où il estoit attendant la grace de Dieu, là où il entendit que l’on commençoit la messe de Nostre-Dame en notte : Salve sancta parens. Et mon Normand d’ouvrir l’oreille : Dieu soit loué et Nostre-Dame! dit-il. Il fut si resjouy qu’il luy sembloit estre revenu de mort à vie. Et incontinent s’estant faict redire ces motz par un clerc qui estoit là, jamais depuis n’oublia Salve sancta parens, et poursuivit son voyage avec son latin. Croyez qu’il estoit bien ayse d’estre né. Et fit tant par ses journées qu’il arriva à Romme. Et fault notter que de ce temps-là il n’estoit pas si malaysé de parler aux papes comme il est de present. On le fit entrer devers le pape, auquel il ne faillit à faire la reverence en luy disant bien devotement : Salve sancta parens. Le pape luy va dire : Ego non sum mater Christi. Le Normand luy respond : De Normania. Le pape le regarde et luy dit : Daemonium habes? — In manica mea, respondit le Normand. Et en disant cela il mit la main en sa manche pour tirer ses lettres. Le pape fut un petit surpris, pensant qu’il allast tirer le gobelin de sa manche. Mais quand il veid que c’estoyent lettres, il s’asseura et luy demanda encores en latin : Quid petis? Mais mon Normand estoit au bout de sa leçon, qui ne respondit meshuy rien à chose qu’on luy demandast. A la fin, quand quelques uns de sa nation l’eurent ouy parler son cauchois, ilz se prindrent à l’arraisonner, ausquelz il donna bien tost à congnoistre qu’il avoit apris du latin en son village pour sa provision et qu’il sçavoit beaucoup de bien, mais qu’il n’entendoit pas la manière d’en user.
Della vita e dell’opera di Bonaventure Des Périers molti aspetti restano ancora sconosciuti; è certo che egli collaborò con il gruppo diretto da Olivétan alla traduzione francese della Bibbia (1535) e con Etienne Dolet alla redazione del primo volume dei Commentarii linguae latinae (1536 tomo primo, 1538 tomo secondo); sappiamo inoltre che per qualche tempo fu “valet de chambre” di Margherita di Navarra. Risulta invece controversa l’attribuzione all’umanista delle traduzioni di alcune commedie di Terenzio e dei dialoghi di Platone (Sozzi, 1965). Egli scrisse sicuramente il dialogo Cymbalum Mundi (1537); l’opera fu stampata anonima a Parigi, ma venne sequestrata e bruciata perché dichiarata empia. Anche la paternità della raccolta Les nouvelles récréations et joyeux devis, pubblicata postuma (1558), [1] viene messa in dubbio; tuttavia recenti studi critici, non escludendo la possibilità di aggiunte, hanno dimostrato che l’opera, nel complesso, è dovuta a Des Périers (Sozzi, 1965). È certo che egli sia l’autore delle 90 novelle della prima edizione, non è invece altrettanto certa la paternità delle altre 39 novelle aggiunte nell’edizione del 1568 (Sozzi, 1965). L’opera fu molto apprezzata al momento della pubblicazione e durante tutto il XVI e il XVII secolo ; in seguito cadde in un oblio che durò fino alla metà del XIX secolo quando, nella nota introduttiva all’edizione dei Contes, [2] Charles Nodier rende omaggio all’opera e all’autore, segnando l’inizio della riabilitazione del “talent le plus naïf, le plus original et le plus piquant de son époque”. Nei racconti, la tradizione dei fabliaux si intreccia con la tradizione letteraria italiana del XV e del XVI secolo (Poggio Bracciolini, Ariosto, Castiglione…), come dimostrano una serie di evidenti analogie. Oltre a sottolineare il debito nei confronti della tradizione, bisogna riconoscere gli elementi di originalità introdotti da Des Périers nella raccolta, sia nelle innovazioni apportate al genere (l’eliminazione della cornice e le intrusioni della voce narrante nella narrazione), sia nella creazione degli effetti comici. Le situazioni comiche sono generate quasi sempre da procedimenti verbali: sono soprattutto i giochi di parole, le espressioni figurate e il latino, storpiato o corrotto dai diversi personaggi, a suscitare il riso. Come nella Novella XIV nella quale l'avvocato parla una lingua costituita da uno strano miscuglio di latino e volgare oppure nella Novella XXI nella quale un prete si vanta addirittura di conoscere “des motz dont ilz [les regens] n’ouyrent jamais parler à Paris”. Nel ritrarre i personaggi di diverse professioni e ambienti sociali, il narratore conserva un tono ironico, irriverente e disincantato, ed è proprio quell’allegria leggera di chi non vuole pronunciare massime o lezioni morali a fare di Des Périers un autore che esprime pienamente lo spirito rinascimentale. Nota al testo La traduzione è fondata sull’edizione: Bonaventure Des Périers (1965). Les nouvelles récréations et joyeux devis. Conteurs français du XVIe siècle, a cura di Pierre Jourda. Paris: Bibliothèque de la Pléiade, Gallimard. 361-594. La versione italiana presenta una maggiore articolazione del testo in paragrafi rispetto a quella originale che ha, invece, una struttura più compatta. Nella punteggiatura e nel discorso diretto si sono seguiti i criteri moderni, introducendo, ad esempio, le virgolette all’inizio e alla fine di ogni replica, ma le repliche non sono state divise l’una dall’altra con l’introduzione degli a capo (ad eccezione della Novella XXI). Non sembrano esistere traduzioni dell'intera raccolta di novelle successive al 1932, non essendo attestate dai cataloghi bibliografici consultati [3]. Traduzioni Studi Chenevière, A. ( 1886). B. Des Périers, sa vie, ses poésies. Thèse de Sorbonne, Paris: Plon. Frank, F., Chenevière, A. (1889). Lexique de la langue de B. Des Périers. Paris: L. Cerf. Kasprzyk, K. (1980). Nouvelles récréations et joyeux devis, I-XC. Paris: Champion. Nodier, C.(1841). B. Des Périers, Cyrano de Bergerac. Paris: Techener. Pertile, L. (1967). "Bonaventure Des Périers e la novella francese del Cinquecento". Studi di letteratura francese, I. 151-155. Sozzi, L. (1965). Les Contes de Bonaventure Des Périers. Contribution à l’étude de la nouvelle française de la Renaissance. Torino: Giappichelli. (riediz. Genève, Slatkine Reprints,1998) Sozzi, L. (1981). La nouvelle française à la Renaissance. Genève: Slatkine. -------------------------------------------------------------------------------- [1] Les Nouvelles Recreations et Joyeux Devis de feu Bonaventure Des Periers valet de chambre de la Royne de Navarre, A Lyon, de l’Imprimerie de Robert Granjon, 1558 [B.N. Rés. Y2. 735]. [2] Les Contes, ou Les Nouvelles Récréations et Joyeux Devis (1841) avec un choix des anciennes notes de B. de La Monnoye et de Saint-Hyacinte, revue et augmentée par P.L. Jacob, et une notice littéraire par Ch. Nodier. Paris: Gosselin. [3] Sono stati esaminati l’Index Translationum (1932-1986), il catalogo della Biblioteca Nazionale di Firenze e le bibliografie: Bogliolo Giovanni, Carile Paolo, Matucci Mario, a cura di (1992). Francesistica. Bibliografia delle opere e degli studi di letteratura francese e francofona in Italia 1980-1989. Bari: Schena-Slatkine; Bogliolo Giovanni, Carile Paolo, Matucci Mario, a cura di (1996). Francesistica. Bibliografia delle opere e degli studi di letteratura francese e francofona in Italia 1990-1994. Bari: Schena-Slatkine.

©inTRAlinea & Nicolina Pomilio (2001).
"Novella VII: Del Normanno che fece scorta di latino per andare a Roma e parlare con il Santo Padre e". Translation from the work of Bonaventure Des Périers (Arnay-le-Duc, 1510 ca. — Lyon, 1544 ca.).
This translation can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/translations/item/989

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