©inTRAlinea & Andréia Guerini (2003).
"La traduzione in Brasile negli ultimi trent’anni Breve storia e tendenze", inTRAlinea Vol. 6.
Stable URL: https://www.intralinea.org/archive/article/1609

inTRAlinea [ISSN 1827-000X] is the online translation journal of the Department of Interpreting and Translation (DIT) of the University of Bologna, Italy. This printout was generated directly from the online version of this article and can be freely distributed under Creative Commons License CC BY-NC-ND 4.0.

La traduzione in Brasile negli ultimi trent’anni

Breve storia e tendenze

By Andréia Guerini (Ferderal University of Santa Catarina, Brasil)

Abstract & Keywords

English:

This article offers a brief overview of translation in Brazil during the last 30 years, showing that although a national history and a theory of translation does not yet exist in a systematized form, this situation is changing, due to two phenomena: the increasing number of literary works translated and the widening in scope of studies on translation within the academia.

Italian:

Questo articolo presenta una breve panoramica della traduzione in Brasile negli ultimi trent’anni, mettendo in evidenza come, nonostante ancor oggi non esista una storia della traduzione nazionale condotta in maniera sistematica e nemmeno una teoria della traduzione “autoctona”, la situazione sta cambiando grazie a due fenomeni: il crescente numero di opere letterarie tradotte e l’ampliamento ed incremento degli studi di traduzione e sulla traduzione in ambito accademico.

Keywords: history of translation, storia della traduzione, literary translation, traduzione letteraria, brazil, brasile

Introduzione

All’epoca della sua scoperta nel territorio brasiliano vi erano la bellezza di 1078 lingue indigene. Oggigiorno in Brasile si utilizzano in media 200 dialetti, fra i quali circa 170 sono lingue autoctone usate dai popoli indigeni, mentre le comunità di discendenza europea utilizzano altre 30 lingue e dialetti, detti alloctoni. Il Brasile quindi, così come la maggior parte dei paesi del mondo, può essere definito come una nazione plurilingue. Chiaramente, nel nostro paese la traduzione viene utilizzata da circa 500 anni - i Gesuiti sono stati i primi a tradurre dal portoghese al Nheengatu della religione cristiana; quest’ultima lingua veniva usata per la comunicazione tra gli indios e gli europei o anche tra gli stessi europei -, questo perché, oltre alla loro notevole pluralità e “cordialità”, tesi polemica sviluppata da Sergio Buarque de Hollanda in Raízes do Brasil (1936) [1], i brasiliani sembrano possedere “una dote naturale” per capire, assimilare e trasformare nuove parlate, come venne già dimostrato dai primi cronisti e, successivamente, dagli storici e dai viandanti.

Inoltre, mentre negli Stati Uniti le traduzioni non arrivano a rappresentare il 15% della produzione totale di testi pubblicati a stampa, si calcola che in Brasile tale valore raggiunga il 60-80% (Wyler 1995: 15). E possiamo aggiungere che si stima che il 75% del sapere scientifico e tecnologico del Brasile deriva da traduzioni. Ossia,

In Brasile, al contrario degli Stati Uniti, si contano a migliaia i traduttori che traspongono in portoghese le informazioni del primo mondo che andranno ad alimentare i vari settori della vita nazionale, in particolar modo quelli della produzione, riproduzione e comunicazione del sapere (Wyler 1995: 15). [..] In Brasile, visto le sue grandi proporzioni, più che fonte di piacere ed esotismo, la traduzione è stata durante quattro secoli un veicolo di acculturazione (p. 28) [2].

Sebbene da sempre in Brasile vengano fatte molte traduzioni, e come dichiarano Heloisa Gonçalves Barbosa e Lia Wyler “the story of Brazil is a history of translations and of linguistic change” (Gonçalves Barbosa e Wyler 2001: 326), ancor oggi non esiste in Brasile una storia della traduzione nazionale condotta in maniera sistematica e nemmeno una teoria della traduzione “autoctona”, a differenza ad esempio di quanto avvenuto in Italia, basti pensare ai contributi dati alla teoria della traduzione da Dante, Leonardo Bruni, Foscolo, Leopardi, Tommaseo, Croce e Folena.

In campo teorico, i nostri sforzi si limitano ad “antropofagizzare” le teorie elaborate all’estero, applicandole alla realtà nazionale. È in questa maniera che si mossero, per esempio, i fratelli Campos che, partendo dalle teorie di Jakobson e Pound, lavorarono con l’idea della “trasposizione creativa” nella traduzione. Secondo questi autori i testi poetici sono intraducibili, ma passibili di una “ricreazione” o “trascrizione”.

Mi piacerebbe soffermarmi su Haroldo de Campos che all’estero viene sempre citato come il teorico brasiliano che maggiormente ha contribuiti agli studi sulla traduzione. La teoria di Haroldo de Campos si basa sulle tesi già menzionate di Pound e Jakobson ma, a mio parere, egli innova tale teoria non con finalità “cannibalistiche” ma mantenendo come punto centrale del suo lavoro l’aspetto puramente estetico del testo tradotto.

Un altro fattore che vorrei mettere in evidenza è che oggigiorno in Brasile vengono pubblicati molti articoli che riguardano la traduzione, soprattutto a livello accademico, e ciò si riflette all’estero nell’uso sempre più frequente, nelle bibliografie di tesi o di corsi universitari, di studiosi brasiliani come ad esempio Rosemary Arrojo.

Ritornando alla storia della traduzione, Lia Wyler afferma che la mancanza in Brasile di studi più sistematici e dettagliati “non è un’esclusività brasiliana: è moneta corrente in tutto il mondo” (1995: 27); fatta eccezione per i casi isolati come la ricerca promossa dalla FIT (Federazione Internazionale di Traduzione) negli anni Sessanta che aveva come obbiettivo quello di scrivere un’opera che abbracciasse 25 secoli e riguardante tutti i continenti e le centinaia di lingue, con lo scopo di riscrivere la storia del mondo attraverso la prospettiva della traduzione. Siccome questo obiettivo sembrava quasi impossibile da raggiungere, nel 1990 la FIT, attraverso la sua Commissione per la Storia, pianificò un’opera con un obiettivo molto più limitato, senza cioè la pretesa di essere uno studio della storia della traduzione, ma bensì un esame selettivo e tematico dei ruoli principli esercitati dai traduttori durante i secoli. Questo sforzo ebbe come risultato la pubblicazione del libro Les traducteurs dans l’historie (Delisle e Woodsworth 1995).

Georges Mounin, in un libro che fu pubblicato prima in italiano, Teoria e Storia della Traduzione (Mounin, 1965: 29), già allertava sul fatto che ancora non esisteva una storia della traduzione di tutti i tempi e che questa sarebbe un’opera immensa, visto che la traduzione è un’attività che è sempre esistita.

Quindi è possibile percepire che la mancanza di una storia della traduzione in Brasile non sia un caso isolato. Non pretendo naturalmente di sopperire qui a questa lacuna, ma vorrei contribuire all’esame critico del periodo più recente della storia della traduzione. Di conseguenza, possiamo dire che, grosso modo, negli ultimi 30 anni, la storia della traduzione in Brasile si caratterizza attraverso due fenomeni:

L’intensificazione del numero di opere letterarie tradotte.

L’ampliamento ed incremento degli studi di e sulla traduzione in ambito accademico.

Secondo le statistiche dell’UNESCO [], disponibili nel sito [url=http://www.unesco.org/]http://www.unesco.org/[/url], si costata che in Brasile un numero rilevante di opere letterarie sono state tradotte in portoghese dal tedesco, dallo spagnolo, dal francese e dall’italiano. Dal 1970 al 1998, delle 11.715 traduzioni letterarie realizzate in Brasile (numero totale di traduzioni in Brasile in questo periodo: 28.795), 920 sono traduzioni di opere letterarie in lingua tedesca, 469 di opere in lingua spagnola, 1170 di opere in lingua francese e 238 di lingua italiana.

È importante inoltre sottolineare che nel periodo che va dal 1979 al 1996, del totale di traduzioni fatte in Brasile, secondo le statistiche dell’ Unesco, il 44% corrispondeva a traduzioni letterarie (compresa la letteratura per l’infanzia).

Le traduzioni dall’italiano

Ritornando alla patria di Leopardi, delle 444 traduzioni dall’italiano al portoghese realizzate nel periodo che va dal 1978 al 1998, sempre riferendomi ai dati dell’UNESCO, 238 sono traduzioni di opere letterarie [4], ossia il 54% del totale. Ma quale letteratura italiana viene tradotta in Brasile? Tra i più tradotti ci sono: Dante Alighieri, Umberto Eco ed Italo Calvino e, anche se in minor proporzione, appaiono autori come Boccaccio, Lampedusa, Leopardi, Manzoni, Collodi, Pirandello, Moravia, Buzzati, Pasolini, Guareschi, Svevo e Verga.

Il numero di opere letterarie tradotte dall’italiano al portoghese è ancor oggi molto basso, e questo fatto sicuramente rinforza la tesi di Otto Maria Carpeaux, secondo il quale “si conosce poco, all’estero, la letteratura italiana. Ed è un peccato, trattandosi di una delle maggiori e più magnifiche letterature” (Carpeaux, 1999: 219).

È noto che la letteratura di un paese sarà più o meno conosciuta a seconda di quanto essa venga tradotta. In Brasile, negli ultimi anni pare che alcuni case editrici come ad esempio, la Companhia das Letras, la Rocco, la Record, la Cosac e Naif si stiano muovendo in questa direzione. Tra queste merita un riferimento speciale la casa editrice Berlendis & Vertecchia, che attraverso la sua Collana Letteratura Italiana, è l’unica casa editrice brasiliana a mantenere una collana dedicata esclusivamente alla letteratura italiana. In questa collana, che esiste dal 2001, sono presenti “classici” moderni, autori che vanno dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri ed inoltre la stessa editrice ha adottato il criterio, poco usuale in Brasile, di classificare gli autori a seconda dalle loro origini regionali. Fino ad oggi sono stati pubblicati più di 26 libri di autori siciliani (Verga, Pirandello, Brancati, Sciascia, Elio Vittorini), piemontesi (Natalia Ginzburg, Beppe Fenoglio, Carlo Levi), friulani (Svevo), veneti (Guido Piovene) e lombardi (Fernanda Pivano, Andrea de Carlo).

In confronto al numero di traduzioni di opere letterarie francesi e tedesche, quello che si traduce dall’italiano al portoghese è ancoro molto poco. Sono convinta che solamente incrementando il numero di traduzioni dall’italiano, oppure creando un progetto come quello elaborato dai romantici tedeschi dell’Ottocento, si potrà ampliare e consolidare il sapere di una cultura così ricca come quella italiana, una cultura che sicuramente va oltre le immagini che comunemente il popolo brasiliano ha dell’Italia e cioè, il paese della Ferrari, della mafia e della pizza.

Per quanto riguarda l’Italia, possiamo dire per esempio, che il livello di conoscenza del Brasile negli ultimi anni ha assunto delle connotazioni più sistematiche e sofisticate, non limitandosi soltanto alle immagini delle favelas, o dei meninos de rua, del calcio o del carnevale e mulatas, ma includendo anche le immagini create dalla letteratura brasiliana che vengono tradotte in Italia. È il caso, per esempio, di Clarice Lispector, che a partire dagli anni ’70 diventò famosa grazie al movimento femminista, dell’ormai noto Jorge Amado, e, ovviamente del fenomeno Paulo Coelho.

In Francia, solamente per fare un paragone, quello che viene tradotto della letteratura brasiliana potrebbe essere così riassunto: il 30% Jorge Amado, il 20% Machado de Assis e il restante 50% suddivio tra altri scrittori [5].

Il Brasile, a differenza di quello che si pensa, non importa solamente modelli stranieri, ma esporta anche alcuni tipi di generi. È il caso della letteratura di best-seller, legata all’industria culturale, (ad esempio le opere di Paulo Coelho) ed è inoltre il caso della letteratura per l’infanzia. Così, in certi settori, potremmo dire che il Brasile svolge un ruolo di centro, e non di periferia.

Studi sulla traduzione in Brasile

Il primo fenomeno rilevante della storia della traduzione in Brasile degli ultimi 30 anni è quindi quello dell’intensificazione del numero delle opere letterarie tradotte. Il secondo fenomeno è quello dell’ampliamento ed incremento degli studi sulla traduzione nell’ambito accademico. Possiamo sicuramente affermare che negli ultimi trenta, ma soprattutto negli ultimi vent’anni, gli studi sulla traduzione, presa come disciplina accademica, sono aumentati notevolmente. I contributi arrivano da svariate aree: storia, letteratura, linguistica, filosofia, lessicografia, interpretazione, traduzione automatica, programmi informatici, ecc. Il Brasile non sfugge a questa regola, giacché la grande espansione degli Studi sulla Traduzione, nel contesto internazionale dei decenni che stiamo analizzando, sembra che abbia avuto una diretta ripercussione in Brasile.

Secondo i dati raccolti da Pagano e Vasconcellos (2003) in questo periodo la maggior concentrazione di ricerche sulla traduzione sono state elaborate a livello di master con 54 tesi e a livello di dottorato con 39 tesi. Questi valori sono abbastanza significativi visto che in Brasile la traduzione non è ancora considerata un’area di ricerca indipendente. È – così come accade nella maggior parte dei paesi – solamente una delle tante linee di ricerca che si è sviluppata a partire dalle aree tradizionali della letteratura comparata e della linguistica. Per questo motivo possiamo dire che la ricerca nell’ambito della traduzione appare frammentata rispetto al suo inserimento accademico-istituzionale.

Sempre facendo riferimento ai dati di Adriana Pagano e Maria Lúcia Vasconcellos, queste tesi sono state presentate in 4 università federali (Università Federale di Minas Gerais, Università Federale di Santa Catarina, Università Federale di Rio de Janeiro e Università Federale di Rio Grande do Sul), 4 università statali (Università di São Paulo, Università di Campinas, Università di São José do Rio Preto e Università Statale di Ceará) e 3 università cattoliche (Pontifícia Universidade Católica di São Paulo, Pontifícia Universidade Católica di Rio de Janeiro e Pontifícia Universidade Católica di Rio Grande do Sul) [6]. Ci sono inoltre dei casi di tesi di dottorato di docenti brasiliani presentate in 5 università straniere (Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Belgio e Canada).

Un altro aspetto sollevato dalle autrici dell’articolo è che è percettibile una grande eterogeneità nella scelta degli argomenti di ricerca, riconducibili a quattro ambiti principali:

1) Studi riguardanti la storia degli Studi sulla Traduzione del Brasile;

2) La scelta di una teoria, di un concetto e di una metodologia di lavoro;

3) Traduzione e differenza;

4) Ricerche di stampo teorico.

La diversità di approcci, università ed aree nelle quali si inserisce la traduzione si spiega probabilmente attraverso l’aspetto già sottolineato da Lia Wyler, “che la traduzione in Brasile è sempre stata caratterizzata da una discontinuità che si può osservare nelle lingue di partenza e di arrivo, nella condizione sociale del traduttore, nelle politiche editoriali, nelle teorie e pubblicazioni sulla traduzione.” (Wyler, 1995: 36).

Oltre alla ricerca sulla traduzione a livello di master e dottorato, è in crescente aumento la richiesta di corsi di traduzione a livello universitario. È possibile osservare inoltre che molte riviste accademiche hanno dedicato sezioni o numeri speciali al fenomeno della traduzione e ci sono riviste specializzate, tra le quali menziono TradTerm dell’Università di São Paulo, che esiste dal 1994 e Cadernos de Tradução pubblicata sin dal 1996 presso il Nucleo di Traduzione dell’Università Federale di Santa Catarina. È interessante notare che nello stato di Santa Catarina, nel sud del Brasile, più della metà della popolazione è di origine italiana e tedesca, e molti più o meno attivamente cercano di mantenere il loro legame con il paese di origine continuando ad usare i dialetti ed i costumi dei suddetti stati. Ancor oggi è possibile incontrare persone che utilizzano il ‘talian’ (una mistura tra il dialetto veneto e il portoghese parlato al sud del Brasile).

Un altro aspetto che si dovrebbe esplorare è il miglioramento, seppur parziale, delle traduzioni in Brasile dato dal recente sviluppo degli studi sulla Traduzione in ambito accademico. Sono ad esempio diminuite le traduzioni indirette da lingue come l’ungherese, il russo, il giapponese ecc., e vi è una maggior consapevolezza delle possibilità e delle strategie che il traduttore può utilizzare nel tradurre un testo. Come è ben noto il traduttore agisce in base ad una teoria, sia essa consapevolmente espressa o meno, ed esiste una chiara differenza di trattamento della traduzione da parte dei media e dell’università. Le testate giornalistiche brasiliane, analogamente a quanto avviene nel resto del mondo, tendono infatti a valorizzare la traduzione in termini quantitativi e, al contempo, a sottovalutare sistematicamente la figura del traduttore omettendone il nome nelle recensioni e nelle liste dei libri più venduti.

Già le ricerche universitarie stanno cercando di dare “visibilità” al traduttore, evidenziandone l’importanza nel processo traduttivo, rendendo visibile la sua intermediazione e rafforzando l’idea che non esiste, come diceva Borges, un’unica traduzione perfetta, ma innumerevoli traduzioni possibili, fatte a seconda di un determinato pubblico e realizzate con maggior o minor competenza e qualità, in base una serie di fattori, tra i quali la competenza dei traduttori ma anche la maggior o minor attenzione da parte degli editori.

Nonostante le ricerche di Lia Wyler sulla “traduzione in Brasile” indichino che “traduzioni e traduttori sono invisibili nei saggi teorici e storici, nelle storiografie lettererie e nei trattati dei brasilianisti, nell’università e nei media, per il pubblico ed anche per il suo sindacato’(Wyler 1995: 33) è importante sottolinerare che questa situazione sta lentamente cambiando grazie all’allargamento delle ricerche accademiche e all’aumento del numero di traduzioni in Brasile.

Riferimenti bibliografici

Carpeaux, Otto Maria. 1999. Ensaios Reunidos. Rio de Janeiro: Toopbooks.

Delisle, Jean e Woodsworth, Judith (a cura di). 1995. Les traducteurs dans l’historie. Ottawa: Les Presses de l’Université d’Ottawa.

Gonnçalves Barbosa, Heloisa e Lia Wyler, 2001. “Brazilian tradition”. In Baker, Mona (a cura di). Routledge Encyclopedia of Translation Studies. London/New York: Routledge, 326-333.

Hollanda, Sérgio Buarque. 2000. Radici del Brasile. Firenze: Giunti (Traduzione di Luciano Arcella).

Mounin, Georges. 1965. Teoria e Storia della Traduzione. Torino: Einaudi.

Pagano, Adriana e M. Lúcia Vasconcellos, 2003. “Estudos da tradução no Brasil: reflexões sobre teses e dissertações elaboradas por pesquisadores brasileiros nas décadas de 1980 e 1990”. In Delta. São Paulo: Pontifícia Universidade Católica.

Torres, Marie-Hélène. 2003. Variations sur l’étranger dans les lettres: cens ans de traductions françaises des lettres brésiliennes. Arras: Artois Presses Universite.

Wyler, Lia. A Tradução no Brasil: ofício invisível de incorporar o outro. Rio de Janeiro: UFRJ, 1995. Tesi di Master.

http://www.unesco.org/culture/xtrans/html_eng/index7.shtml  del 10 maggio 2003.

Note

[1] Per ulteriori informazioni vedere l’edizione italiana (Hollanda 2000).

[2] Le citazioni tradotte sono dell’autore se non altrimenti indicato.

[3] Vorrei sottolineare che queste statistiche sono incomplete perché si basano sui libri inviati dalle case editrici alla Biblioteca Nazionale del Brasile per il deposito legale obbligatorio. Molte case editrici non spediscono però alcun libro e molti titoli quindi vengono persi (o venivano persi) nella Biblioteca Nazionale. Esiste quindi una percentuale di libri tradotti che non fanno parte del conteggio fatto dall’ UNESCO. Nonostante siano incompleti, i dati sono però rappresentativi.

[4] Il termine “letterario”, come usato dall’UNESCO, ha un significato piuttosto ampio, ossia si tratta di testi che vanno dalla storia della letteratura alla saggistica, fino ai testi in prosa e versi.

[5] Per ulteriori informazioni consultare Torres (2003).

[6] In Brasile, le università federali e le statali sono pubbliche e le cattoliche sono private.

©inTRAlinea & Andréia Guerini (2003).
"La traduzione in Brasile negli ultimi trent’anni Breve storia e tendenze", inTRAlinea Vol. 6.
Stable URL: https://www.intralinea.org/archive/article/1609