©inTRAlinea & Natascia Barrale & Chris Rundle (2013).
"Ritradurre Kleiner Mann – was nun? di Hans Fallada"
inTRAlinea Special Issue: Ritradurre "Kleiner Mann – was nun?" di Hans Fallada

inTRAlinea [ISSN 1827-000X] is the online translation journal of the Department of Interpreting and Translation (DIT) of the University of Bologna, Italy. This printout was generated directly from the online version of this article and can be freely distributed under Creative Commons License CC BY-NC-ND 4.0.

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Ritradurre Kleiner Mann – was nun? di Hans Fallada

Per uno studio contrastivo delle traduzioni

By Natascia Barrale & Chris Rundle (Univ of Palermo & Univ of Bologna, Italy)

Abstract & Keywords

Keywords: hans fallada, kleiner mann – was nun, traduzione letteraria, ricezione, politica editoriale

Il 10 e l’11 novembre del 2009 il Dipartimento di Scienze Filologiche e Linguistiche dell’Università di Palermo ha ospitato un workshop dal titolo Traduttori a confronto. Susan Bennett, Laurence Courtois e Mario Rubino discutono delle loro nuove versioni di Kleiner Mann – was nun? di Hans Fallada. Lo spunto per il workshop è nato dalla constatazione che, dopo decenni in cui Fallada era stato quasi completamente ignorato, c’era stato un notevole incremento di interesse per le sue opere, con nuove traduzioni in Gran Bretagna, Francia, Spagna e Italia.

Il workshop ha riunito tre dei traduttori perché si confrontassero sul lavoro svolto, rappresentando un’occasione di incontro per poter discutere di un testo a lungo dimenticato e finalmente riscoperto, dando vita a un interessante dibattito sull’esperienza stessa della traduzione, frequentemente oggetto di analisi teoriche, ma solo di rado, purtroppo, affrontata in termini concreti, sulla base degli aspetti tangibili del testo e della sua traduzione.

In questo Special Issue, quindi, sono raccolte le testimonianze dei tre traduttori che erano presenti al workshop, ai quali si aggiungono i contributi di due degli editori di queste traduzioni, la palermitana Sellerio e la londinese Libris.

La casa editrice Sellerio è nata alla fine degli anni Sessanta su iniziativa del fotografo Enzo Sellerio e della moglie Elvira. Da sempre le collane di Sellerio hanno sostanzialmente ospitato due filoni principali: la letteratura siciliana e quella europea. Dopo la scomparsa di Elvira Sellerio (2010) la casa editrice è stata – ed è tuttora – diretta dal figlio Antonio.

Libris è una casa editrice londinese fondata nel 1986 a Londra. Dai primi anni Novanta si è dedicata quasi esclusivamente alla ricezione della letteratura e della cultura tedesca in Gran Bretagna, pubblicando opere di autori come Goethe, Fontane,Trakl, Heym, Kästner e Brecht.

Docente di letteratura tedesca presso l’Università degli Studi di Palermo, Mario Rubino si è occupato di letteratura tedesca contemporanea, dello scambio culturale fra Italia e Germania e della storia del cinema tedesco. Recentemente ha tradotto dal tedesco romanzi di Hans Fallada, Vicki Baum, Herta Müller e Ilma Rakusa.

Susan Bennett ha tradotto diversi classici della letteratura tedesca, tra cui Kleiner Mann – was nun?. Oltre ad essere una traduttrice, ha da sempre lavorato in ambito cinematografico come produttrice e sceneggiatrice, attualmente con In Time Pictures.

Laurence Courtois è consulente letteraria per Radio France, l’ente pubblico francese di diffusione radiofonica. Dopo Kleiner Mann – was nun? ha tradotto per la casa editrice Denoël Der Trinker, dello stesso Fallada (2010, Le Buveur, Denoël).

Ai tre traduttori abbiamo chiesto un approccio contrastivo nei loro contributi, individuando una griglia di temi e di punti di connessione – o di divergenze – che emergono dalle loro traduzioni. Se è vero che gli studi contrastivi sulla traduzione, ovvero la stilistica comparata applicata ai testi tradotti, spesso si concentrano sul risultato, rischiando quindi di proporre e analizzare equivalenze unilaterali, estranee al contesto e al processo della traduzione, in questo caso ci si è proposti di affrontare un’analisi comparativa che non interrogasse soltanto i testi ma che desse voce agli attori principali del processo traduttivo, i traduttori stessi.

Ma partiamo con una breve presentazione del romanzo che è l’oggetto di questo Special Issue. Kleiner Mann – was nun? di Hans Fallada fu pubblicato nel giugno del 1932 dalla casa editrice Rowohlt e divenne presto un bestseller internazionale. È la storia dei giovani coniugi Pinneberg, una coppia piccolo borghese alla vigilia del nazismo, che si ritrova a dover condurre una vita all’insegna della disoccupazione e della miseria. Fallada descrive la progressiva alterazione della personalità degli impiegati, la nuova condizione a cui si avviano i “colletti bianchi”, i piccoli uomini, come Pinneberg, declassati dalla crisi economica ma ancora del tutto estranei al mondo del proletariato. Sullo sfondo della Berlino dell’epoca e della razionalizzazione del sistema economico, una folta schiera di personaggi secondari completa il quadro del degrado piccolo borghese, della disoccupazione nella Germania degli anni della grande crisi e delle progressive decurtazioni che costringono i commessi ad una lotta darwiniana per la sopravvivenza.

I lettori tedeschi apprezzarono questo documento della condizione del nuovo proletariato e si identificarono molto facilmente nel destino dei giovani protagonisti, la cui vicenda conteneva due efficacissimi ingredienti: l’amore e il destino avverso. Nell’anno della sua pubblicazione, Kleiner Mann – was nun? apparve nell’elenco dei libri più venduti del 1932 stilato dall’americano “Book-of-the-Month Club.” Rowohlt produsse ben cinque ristampe in un anno, vendette i diritti di traduzione a dieci case editrici straniere e, a un mese dalla pubblicazione del romanzo, concesse i diritti per una trasposizione cinematografica. Tradotto in venti lingue, il romanzo di Fallada divenne presto noto in molti Paesi europei, e nel 1950, a testimonianza di una perdurante popolarità nell’immediato dopoguerra, la Rowohlt fece di Kleiner Mann – was nun? il primo numero della celebre collana di tascabili “rororo”.[1]

A un anno dalla pubblicazione del romanzo, apparvero le traduzioni in Italia, Gran Bretagna e Francia, tutte datate 1933. In Italia, tradotto per Mondadori da Bruno Revel – poi curatore di tutte le versioni mondadoriane dei romanzi di Fallada – e pubblicato nel marzo del 1933 come secondo numero della nuova collana «Medusa», E adesso, pover’uomo? ottenne cinque edizioni e quasi ventimila copie in quattro anni, a cui seguirono continue ristampe negli anni successivi.

L’edizione inglese uscì a marzo dello stesso anno presso la casa editrice Putnam, con la traduzione di Eric Sutton. Little Man, What Now? raggiunse anche i lettori americani nell’edizione della casa editrice statunitense Simon und Schuster. La traduzione francese porta invece la firma di Philippe Boegner, e apparve presso la casa editrice Gallimard col titolo Et puis après?.

Hans Fallada, personaggio estremamente singolare della letteratura tedesca del Novecento, fu uno dei pochissimi scrittori che, pur non piegandosi al regime nazista, non lasciò mai la Germania. Condusse un’esistenza drammatica, profondamente segnata dalla dipendenza da droghe e alcol e da frequenti periodi di reclusione. Alla tragica esperienza adolescenziale, quando, in un finto duello, uccise un compagno di scuola e cercò di togliersi la vita, seguirono anni di prigione per appropriazione indebita, continui ricoveri in case di cura e ospedali psichiatrici, e un’accusa di tentato omicidio nei confronti dell’ex moglie.

Malgrado la fama internazionale raggiunta dai suoi romanzi nel corso degli anni Trenta, dopo la morte di Fallada le sue opere rimasero a lungo inosservate dal mondo editoriale europeo. Oggi, a più di 60 anni dalla sua morte, si assiste finalmente a un’inaspettata riscoperta della sua narrativa, come dimostra il successo di Jeder stirbt für sich allein, tradotto recentemente in venti Paesi e pubblicato in centinaia di migliaia di copie sia in Europa che negli Stati Uniti. La pubblicazione di una recente biografia curata da Jenny Williams (More lives than one, Libris 1998) ha contribuito inoltre a rompere il silenzio su Hans Fallada, fornendo un importante contributo per la conoscenza di questo autore e delle vicissitudini che accompagnarono la sua esistenza.

Sull’onda di questa renaissance falladiana, anche il primo best-seller dello scrittore è riapparso sugli scaffali delle librerie europee: nel 1996 Nick Jacobs, direttore della casa editrice londinese Libris, pubblica una nuova traduzione di Kleiner Mann – was nun?. La nuova edizione inglese, tradotta da Susan Bennett, mantiene il titolo della precedente: Little Man, what now?.

Una decina di anni dopo, nel 2007, Denoël pubblica  una nuova traduzione francese, a cura di Laurence Courtois – questa volta sostituendo il titolo che aveva scelto Philippe Boegner col più letterale Quoi de neuf, petit homme?. Infine, nel 2008, a poco più di un anno dalla ritraduzione francese, la casa editrice palermitana Sellerio pubblica una seconda traduzione italiana, a cura di Mario Rubino.

Questo Special Issue di inTRAlinea ricostruisce l’esperienza traduttiva e la genesi di questo progetto editoriale parallelo con contributi da parte di questi traduttori recenti di Kleiner Mann, Susan Bennett (inglese), Laurence Courtois (francese) e Mario Rubino (italiano), e di due degli editori, Antonio Sellerio e Nick Jacobs da Libris in Gran Bretagna.

Nei loro contributi vengono condivise le esperienze di traduzione, mettendo a confronto le scelte e le strategie adottate, oltre che le politiche editoriali che hanno portato alle tre nuove traduzioni in un intervallo di tempo piuttosto breve.

Susan Bennett riconduce il progetto di Libris al più generale interesse della casa editrice nei confronti della cerchia degli intellettuali di sinistra impegnati (Siegfried Kracauer, Bertolt Brecht, Walter Benjamin); Laurence Courtois rivela come all’origine della sua nuova traduzione ci sia stata la volontà personale di Denoël, che aveva conosciuto le opere di Fallada grazie al padre; e circa la scelta editoriale italiana, Mario Rubino spiega che a monte ci fu, fra l’altro, il desiderio di Elvira Sellerio di “riappropriarsi” di una delle sue esperienze giovanili di lettura, inserendola nella propria collana «La Memoria».

La discussione sui testi tradotti si apre con l’analisi della resa dei nomi propri – o dei vezzeggiativi – dei personaggi, che offre lo spunto per una più generale riflessione sull’effetto straniante della naturalizzazione dei nomi propri, sull’opportunità di tradurre o lasciare invariati determinati elementi della cultura di partenza, e infine sulla relatività dell’equivalent effect e del concetto di perdita. Si procede poi a esaminare le strategie adottate dai traduttori per la resa dei cultural specific items, di cui il testo è ricco. Da questo confronto emerge l’importanza del destinatario di una traduzione, delle scelte di mercato e delle diverse dinamiche editoriali in Italia, Francia e Inghilterra.

Complessivamente si vede come Laurence Courtois abbia spesso optato per una traduzione ricca di adattamenti, avvicinando il testo al lettore francese. Ne sono un esempio la resa dei nomi vezzeggiativi dei personaggi (“Lämmchen/Bichette”, “Murkel/Mouflet”, “Junge/Môme”) e dei toponimi (“Rue Spener”), o la traduzione del titolo del quotidiano “Volksstimme” (La voix du Peuple). La scelta di adattare i nomi propri accomuna in linea di massima la traduzione francese a quella inglese (“Murkel/Shrimp”, “Junge/Sonny-boy”), che si limita invece ad un adattamento meramente ortografico in altre occasioni (“Lammchen”, “Spenerstrasse”). Susan Bennett mantiene peraltro invariati diversi cultural specific items (“Volksstimme”) apportando un effetto straniante alla sua traduzione. Il mancato adattamento è riscontrabile anche nella traduzione di Mario Rubino, il quale pur traducendo alcuni vezzeggiativi (“Junge/Caro”, “Murkel/Piccolo”) fa un più frequente uso dei nomi originari (“Lämmchen”), dei toponimi (“Spenerstraße”) o dei cultural specific items (“Volksstimme” o “DAG”) orientando spesso la sua traduzione al testo di partenza.

Un ampio spazio viene dedicato poi agli aspetti squisitamente stilistici, legati alla resa del registro linguistico adoperato da Fallada. Se la traduttrice inglese, pur conferendo ai dialoghi uno stile agile e asciutto, non ha avuto altra scelta che rinunciare a rendere i tratti del dialetto berlinese del romanzo e a ricorrere all’uso del cockney soltanto per la resa delle espressioni più dialettali, Laurence Courtois si è rifugiata nell’uso dell’argot. A Mario Rubino si deve invece un accorto uso della compensazione, che ha reso possibile la riproduzione di un livello linguistico di tipo colloquiale, supplendo – per esempio con l’aferesi tipica della lingua parlata o con l’impiego dell’indicativo al posto del congiuntivo – all’assenza di espressioni dialettali.

La scelta di sostituire il dialetto berlinese con l’argot, pur rispondendo all’esigenza della traduttrice di trovare uno stile linguistico corrispettivo che rendesse la peculiarità dialettale, non può non sollevare alcune riflessioni. Se infatti da un lato l’uso del cockney, il dialetto popolare londinese, pur addomesticando forse più del necessario il testo di partenza, mantiene nel testo di arrivo l’effetto desiderato, ovvero quello di connotare alcuni personaggi da un punto di vista sociale e popolare, l’argot francese, originariamente finalizzato a una sorta di linguaggio criptato, volto a escludere gli estranei da una conversazione, conferisce al testo di arrivo una connotazione fuorviante che si allontana dall’effetto originario.

La discussione si sposta poi dal piano linguistico-stilistico a quello testuale, coinvolgendo i traduttori in un’analisi interpretativa di alcuni aspetti peculiari del romanzo di Fallada. Partendo dalla constatata connotazione positiva con cui l’autore descrive i personaggi ebrei, si è giunti a commentare la complessa relazione tra Fallada e il nazionalsocialismo, accennando alle modifiche apportate alla seconda edizione tedesca (1935). Nell’atteggiamento del protagonista Pinneberg e nella sua incapacità di prendere posizione si è individuata una corrispondente posizione apolitica dell’autore.

Infine, i contributi concludono con un rapido confronto diacronico con le prime traduzioni, che i traduttori avevano consultato nel corso del loro lavoro (Rubino e Bennett) o a traduzione ultimata (Courtois).

La prima traduzione italiana, a cura di Bruno Revel, riportava un linguaggio caratterizzato da un sostanziale effetto letterarizzante, ottenuto attraverso un innalzamento del registro linguistico che adattava il testo al gusto dell’epoca. Come puntualizza Mario Rubino, l’alterazione principale subìta dal testo di partenza nella sua prima traduzione italiana è però la decurtazione di tre interi capitoli. Questo sfrondamento, dovuto per lo più a ragioni politiche o a eccessi di pudore, si inserisce in un contesto – già ampiamente discusso da studi precedenti – fatto di manipolazioni, tagli e autocensure che caratterizzano l’attività di molti traduttori sotto il fascismo (Barrale 2012; Bonsaver 2007; Fabre 1998; Rundle 2010).

Laurence Courtois evidenzia come anche la prima versione francese tradisse dei tagli, forse ascrivibili – così ipotizza la traduttrice – alla difficoltà di tradurre alcuni passaggi, che vennero pertanto eliminati.

Nella prima traduzione inglese, le numerose eliminazioni operate da Eric Sutton risultano essere invece quasi esclusivamente di natura stilistica: dal momento che l’appeal principale del romanzo consisteva nella coppia Pinneberg, spiega Susan Bennett, molte digressioni furono ritenute superflue.

Questi dettagli ci fanno riflettere su come una traduzione possa essere condizionata dall’estetica dominante, in quest’ultimo caso quella anglosassone, principalmente concentrata sul plot e sui protagonisti, e restia a indugiare su passaggi descrittivi o su episodi secondari. Queste considerazioni, a loro volta, sottolineano l’importanza di considerare la traduzione come un documento storico della letteratura, come lo specchio dell’ideologia letteraria di un’epoca, con i propri lettori, i propri gusti e i propri canoni stilistici. Viste in quest’ottica, queste traduzioni possono diventare una lente attraverso la quale capire meglio, con maggiore sensibilità diacronica, un certo periodo storico e la cultura letteraria che gli appartiene.[2]

Traduzioni di Kleiner Mann – was nun? citate in questo numero speciale

Fallada, Hans (1933) E adesso, pover’uomo?, trad. Bruno Revel. Milano: Mondadori, serie “Medusa”.

‑‑‑‑‑  (1933) Et puis après? trad. Philippe Boegner, Paris: Gallimard

‑‑‑‑‑  (1933) Little Man, What Now? Translated by Eric Sutton. New York: Putnam.

‑‑‑‑‑  (1934) Y ahora qué?, trad. Emilia Raumann, Barcelona: Editorial Juventud.

‑‑‑‑‑  (1996) Little Man, What Now? trad. Susan Bennett. London: Libris.

‑‑‑‑‑  (2007) Quoi de neuf, petit homme? trad. Laurence Courtois, Paris: Denoël

‑‑‑‑‑  (2008) E adesso, pover’uomo?, trad. Mario Rubino. Palermo: Sellerio, serie “Memoria”.

‑‑‑‑‑  (2009) Pequeño hombre, ¿y ahora qué?, trad. Rosa Pilar Blanco, Maeva, Madrid

Bibliografia critica su Hans Fallada e Kleiner Mann – was nun?

Caspar, G. (1970) Nachwort, in H. Fallada, Kleiner Mann – was nun?, Berlin-Weimar: Aufbau; 359-394.

– (1988) Fallada – Studien, Berlin: Aufbau Verlag.

Fritsch, P. (1995) Der Roman Kleiner Mann, was nun? im Spiegel der deutschen Presse im Jahr seiner Ersterscheinung, in G. Müller-Waldeck, R. Ulrich hrsg. Hans Fallada: Beiträge zu Leben und Werk; Materialen der 1. Internationalen Hans-Fallada-Konferenz vom 10.6 bis 13.6 1993, Rostock: Hinstorff, 249-272.

Frotscher, H. J. (1983) Hans Fallada. Kleiner Mann – was nun?: Interpretation, München: Oldenbourg.

Grisko, M. (2002) Hans Fallada. Kleiner Mann – was nun?, Stuttgart: Reclam.

Latzkow, B. (1995) “Wir werden doch nicht weinen müssen am Ende” – Leserbriefe zu Kleiner Mann, was nun?, in G. Müller-Waldeck, e R. Ulrich hrsg. Hans Fallada: Beiträge zu Leben und Werk; Materialen der 1. Internationalen Hans-Fallada-Konferenz vom 10.6 bis 13.6 1993, Rostock: Hinstorff; 273-284.

Liersch, W. (1981) Hans Fallada. Sein großes kleines Leben. Biographie, Düsseldorf-Köln: Diederichs.

Manthey, J. (2007) Hans Fallada, mit Selbstzeugnissen und Bilddokumenten, Reinbeck-Hamburg: Rowohlt.

Mayer, D. (1979) Hans Fallada: Kleiner Mann – was nun? in J. W. Goette, Kleine Leute. Ideologiekritische Analysen Zu Nestroy, Weerth und Fallada, Frankfurt am M.: Diesterweg; 80-112.

Prümm, K. (1995), Exzessive Nähe und Kinoblick. Alltagswahrnehmung in Hans Falladas Roman “Kleiner Mann – was nun?”, in S. Becker, C. Weiß (Hrsg.), Neue Sachlichkeit im Roman: neue Interpretationen zum Roman der Weimarer Republik, Stuttgart: Metzler; 255-272.

Thöming, J. C. (1975), Hans Fallada. Seismograph gesellschaftlicher Krisen, in H. Wagener (Hrsg.), Zeitkritische Romane des 20. Jahrhunderts. Die Gesellschaft in der Kritik der deutschen Literatur, Stuttgart: Reclam; 97-123.

Töteberg M., Buck, S. Hrsg. (2008), Hans Fallada. Ewig auf der Rutschbahn. Briefwechsel mit dem Rowohlt Verlag, Hamburg: Rowohlt.

Williams, J. (1998) More lives than one, London: Libris.

Altri riferimenti

Barrale, Natascia (2012) Le traduzioni di narrativa tedesca durante il fascismo, Roma: Carocci.

Bonsaver, G. (2007) Censorship and literature in fascist Italy, Toronto: University of Toronto Press.

Fabre, G. (1998) L’elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei, Torino: Silvio Zamorani editore.

Rundle, Christopher (2010) Publishing Translations in Fascist Italy, Oxford: Peter Lang.

Note

[1] La casa editrice Rowohlt è nata a Lipsia nei primi anni del XX secolo. Nel 1950 lanciò una collana di tascabili economici, Rowohlt Rotation Romane (sigla rororo), che ebbe larghissima diffusione.

[2] Non a caso lo Special Issue sulla storia della traduzione pubblicato da Meta nel 2005 si intitolava proprio “The History Lens”: Meta. Vol. 50, No. 3, 2005, p. 795-1077 «Le prisme de l’histoire / The History Lens», curato da Georges L. Bastin.

©inTRAlinea & Natascia Barrale & Chris Rundle (2013).
"Ritradurre Kleiner Mann – was nun? di Hans Fallada", inTRAlinea Special Issue: Ritradurre "Kleiner Mann – was nun?" di Hans Fallada.
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