©inTRAlinea & Fabio Regattin (2014).
Review of: Roger McGough (2013) "Parlare di traduzione ai bambini (e non solo)".
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inTRAlinea [ISSN 1827-000X] is the online translation journal of the Department of Interpreting and Translation (DIT) of the University of Bologna, Italy. This printout was generated directly from the online version of this review and can be freely distributed under Creative Commons License CC BY-NC-ND 4.0.

Parlare di traduzione ai bambini (e non solo)

Bestiario immaginario

Roger McGough (2013)

Con un’introduzione (“Traduzioni aperte”, pp. 7-12) e una postfazione (“Qualche indicazione per continuare a tradurre come più vi piace”, pp. 143-154) di Franco Nasi. Roma, Gallucci, 156 pp. ISBN: 978-88-6145-523-8.

Reviewed by: Fabio Regattin

L’editore romano Gallucci ha da poco pubblicato un volume di brevi poesie e filastrocche per bambini, scritte dal poeta inglese Roger McGough e tradotte da Franco Nasi. Impresa interessante, perché i testi di McGough – semplici descrizioni di animali veri o inesistenti – giocano quasi sempre sulla forma linguistica, su omofonie, omografie e paronomasie che trasportano il lettore in un mondo prossimo al nostro, ma irrimediabilmente altro. Eccone un esempio,[1] in cui una semplice sostituzione vocalica (all’orale; o aggiunta vocalica, se vogliamo attenerci alla forma scritta) porta dall’ant-eater all’aunt-eater, bizzarro animale dalle fattezze di formichiere e mangiatore di zie.

Aunt-eater, aunt-eater

Where have you been?

Aunt Liz took you walkies

And hasn’t been seen

 

Nor has Aunt Mary

Aunt Lil or Aunt Di

Aunt-eater, aunt-eater

Why the gleam in your eye?

La difficoltà insita nella resa del gioco di parole è ulteriormente complicata da un aspetto grafico: nell’edizione originale di questa raccolta McGough ha illustrato personalmente le proprie filastrocche, dando forma ai suoi bizzarri animali. Franco Nasi non si scoraggia davanti a tante difficoltà, e offre al lettore una serie di traduzioni/riscritture funamboliche (anche grazie alla complicità dell’autore, che allenta il vincolo iconografico prestandosi, in alcuni casi, a illustrare le nuove versioni delle sue poesie). Il risultato è senz’altro divertente e spesso stupefacente. La poesia che abbiamo citato viene resa nel modo seguente (p. 23):

Ch’è successo, pappagallo?

Sei sparito per sei ore

dopo il canto del mattino

con il gallo del fattore

 

Non c’è più quel bel galletto

e che sono questi graffi?

Pappagallo, pappagallo

perché mai ti lecchi i baffi?

La riscrittura – basata su un’etimologia fantasiosa quanto la deformazione originale – è totale, e supportata da una nuova illustrazione a opera di McGough. In altri casi la distanza tra i testi – laddove esisteva una maggiore prossimità tra le due lingue – è minore, e il risultato è più vicino a una traduzione “vera e propria”.[2]

Senza nulla togliere al Nasi traduttore e alla grande godibilità del risultato finale del suo lavoro, a mio avviso gli elementi più interessanti di questo volumetto non sono tuttavia le traduzioni, ma i peritesti che accompagnano le poesie, pubblicate con il testo originale a fronte. Le “traduzioni aperte” di Nasi sono infatti incorniciate da una prefazione e da una postfazione il cui carattere è al contempo ludico e didattico.

Una breve introduzione (“Traduzioni aperte”, pp. 7-12) presenta il lavoro dell’autore originale – il suo gioco con e sulle parole – e giustifica e spiega rapidamente le strategie di traduzione adottate da Nasi. Il tono, familiare e molto semplice, ben si adatta al pubblico ideale del volume, composto da bambini e ragazzi:

[McGough] ha imparato a sentire nelle parole sia quello che c’è sia quello che potrebbe esserci. Se in italiano per esempio dico la parola “calcestruzzo” mi viene da pensare a un palazzo in costruzione. Ma se tengo le orecchie della fantasia ben aperte mi accorgo subito che dentro quella parola ci potrebbe essere uno struzzo di calce o anche un alce e uno struzzo, che qualcosa in comune devono pur avere se sono così appiccicati insieme nel calcestruzzo. Roger si è divertito a rivolgere le sue orecchie e anche gli occhi della fantasia ai nomi degli animali (p. 8).

Il testo si chiude con un invito al lettore a proseguire il lavoro del primo traduttore, e a proporre a sua volta qualche nuova resa dei testi di McGough:

È importante, credo, cercare di capire che cosa succede nella poesia di Roger e provare a rifare la trasformazione in un’altra lingua, magari cambiando anche l’animale da cui partire. A me ne sono venuti in mente alcuni e li ho inclusi nel bestiario italiano. Voi potreste benissimo trovarne altri. Il gioco è aperto (p. 11).

Viste queste premesse, il secondo paratesto (“Qualche indicazione per continuare a tradurre come più vi piace”, pp. 143-154) diventa indispensabile. Le pagine sono interamente dedicate ai traduttori in erba, e raccolgono, per ogni poesia di McGough, una spiegazione del gioco di parole originale, da cui partire per una ri-creazione in italiano.

La venutiana (ma non solo) “invisibilità del traduttore” è qui messa in discussione nel modo più proficuo: non rivendicando semplicemente, come spesso accade, una maggiore attenzione nei confronti del proprio ruolo, ma invitando il pubblico a mettersi nei panni dell’altro invisibile, mostrando le difficoltà e le responsabilità (ma anche le grandi gioie) che toccano al riscrittore di qualunque testo. Il velo della traduzione cade, e il fruitore solitamente passivo è invitato a capire e a partecipare. L’operazione è tanto più meritoria perché rivolta a lettori giovani, che potrebbero magari interrogarsi sul ruolo della traduzione e dei traduttori anche nelle loro letture future. Il successo dell’operazione dipenderà, ovviamente, dalla diffusione del volume e dalla voglia di giocare dei suoi lettori, due aspetti che non possono essere dati per scontati. Resta il fatto che una nuova via è stata aperta: si tratta di un percorso da esplorare e magari da imitare, e – per quanto piccola sia – di una breccia aperta nel muro di silenzio che spesso circonda il lavoro di chi traduce.

Avevamo conosciuto Nasi nelle vesti di ottimo divulgatore e di “finzionizzatore” della traduzione, con testi a cavallo tra il saggio e il racconto come quelli raccolti ne La malinconia del traduttore (2008). Già allora era evidente il suo interesse a superare le frontiere disciplinari e sociali, e a parlare di traduzione non solo all’accademia ma a un pubblico più vasto. Qui si compie un passo in più, aprendo la strada a una sorta di “pedagogia della traduzione” (o almeno di sensibilizzazione a questa attività) per i più giovani, accrescendo la visibilità dell’atto del tradurre presso una fascia d’età che normalmente non lo prenderebbe in considerazione, e – perché no – contribuendo a dare vita a nuove possibili vocazioni.

Riferimenti bibliografici

Nasi, Franco, 2008. La malinconia del traduttore, Milano, Medusa Edizioni.

Regattin, Fabio, 2009. Le jeu des mots, Bologna, Emil.

Venuti, Lawrence, 1999 [1995]. L’invisibilità del traduttore: una storia della traduzione, Roma, Armando.

Note

[1] Tratto da pagina 22; per riferirmi a questo volume, d’ora in avanti indicherò solamente il numero di pagina tra parentesi.

[2] Ritengo che si possa parlare di “traduzione”in entrambi i casi, vista la difficoltà dell’operazione e la necessità delle modifiche apportate (la mia posizione in merito è spiegata in Regattin 2009); da qui l’uso delle virgolette nel testo.

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Review of: Roger McGough (2013) "Parlare di traduzione ai bambini (e non solo)".
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