©inTRAlinea & Marilena Genovese (2020).
"L’Amour Libre di Madeleine Vernet". Translation from the work of Madeleine Vernet.
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inTRAlinea [ISSN 1827-000X] is the online translation journal of the Department of Interpreting and Translation (DIT) of the University of Bologna, Italy. This printout was generated directly from the online version of this translation and can be freely distributed under Creative Commons License CC BY-NC-ND 4.0.

L’Amour Libre di Madeleine Vernet

Translated by: Marilena Genovese

L'amour libre by Madeleine Vernet
Madeleine Vernet, L’amour libre, Epône, Editions de l'Avenir Sociale, 1920, 3-14

Translation Source Text

Non dovrebbe essere necessario cercare di dimostrare che l’amore non può essere che libero, quando gli stessi pittori ce lo rappresentano sotto le spoglie di un bambino alato e i poeti nei loro canti allegri, stravaganti o tristi, ce lo mostrano capriccioso, volubile, mutevole, sempre alla ricerca di nuovi orizzonti e di nuove sensazioni.

... L’amore è figlio della libertà!

Ciò è vero. Nessuno di noi può rispondere della stabilità dell’amore. Più di tutti gli altri sentimenti dell’essere umano, è mutevole e fugace perché non è solo un sentimento che nasce dal cuore, ma anche un desiderio dei sensi e un bisogno fisico.

Che non si confonda l’amore con il matrimonio. Il matrimonio è una convenzione sociale; l’amore è una legge naturale. Il matrimonio è un contratto; l’amore è un bacio. Il matrimonio è una prigione; l'amore è una realizzazione. Il matrimonio è la prostituzione dell’amore. 

Affinché egli conservi la sua bellezza e la sua dignità, l’amore deve essere libero; e non può essere libero se non è governato da una sola legge. Su questo non ci possono essere considerazioni di tipo materiale o morale: Due esseri si amano, si desiderano, se lo confessano; devono avere il diritto di donarsi l’un l’altro senza che alcuna ragione estranea al loro desiderio intervenga tra di loro, così come essi devono avere il diritto più assoluto di lasciarsi il giorno in cui non si desiderano più. E non dico "il giorno in cui non si amano più", ma il giorno in cui hanno cessato di desiderarsi. Poiché queste sono due cose ben distinte. Si può smettere di desiderare una donna e amarla ancora; si può non voler più essere l’amante e restare fedele all’amico.

Questo è un caso di natura psicologica troppo noto perché io vi insista, ma l’aspetto che ci terrei a sottolineare è quello una domanda che concerne la donna.

È cosa unanimemente riconosciuta che per la donna la vita sessuale non conta nulla o è subordinata a quella del compagno che ha scelto, che sia o meno legalmente riconosciuto. Deve vivere e percepire attraverso di lui, essere passionale se lui lo è, non prendere alcuna iniziativa se lui è freddo.

Fino ad oggi l’uomo ha considerato il piacere dei sensi come qualcosa da dominare ad ogni costo, rifiutandosi di riconoscere nella donna un essere costituito moralmente e fisicamente come lui.

È questo il tema che tratterò per primo nel mio studio sull’Amore libero.

Ho già detto che per studiare bene le grandi leggi naturali, era utile risalire alle origini, studiare la natura nella vita animale. Ebbene, negli animali, la femmina ha una sua vita sessuale; ha dei bisogni sessuali, dei desideri sessuali che soddisfava con la stessa libertà, la stessa regolarità del maschio.

Ora, nessuno contesterà che le leggi fisiologiche che governano l’animale sono le stesse per l’uomo. Perché allora, in questo caso, non si vuole ammettere per la donna la stessa somiglianza fisiologica tra lei e l'animale come quella che si suole ammettere esistere tra l’animale e l’uomo. Perché negare alla donna una vita sessuale propria? Perché fare dell’amore un bisogno esclusivo dell’uomo?

Fino ad oggi, erigendosi a maestro su questa problematica come su tutte le altre, l’uomo ha risposto: "Perché la donna non ha bisogni; perché lei non desidera; perché non soffre della privazione delle soddisfazioni carnali ".
Ma cosa ne sa lui, l’uomo, se la donna ha dei bisogni? Chi meglio della donna può giudicare e decidere?

Da parte mia, ho ancora in mente questa frase di un medico: "Il celibato della donna è mostruoso quanto il celibato del sacerdote. Condannare le donne alla continenza è un’ingiustizia perché impedisce lo sviluppo integrale dell’essere femminile. Quindi, secondo la confessione di questo dottore, la prolungata verginità della donna provoca un arresto nella sua evoluzione intellettuale e fisica.

Inoltre, se esistono davvero delle donne senza bisogni, delle donne fredde, che non conoscono il desiderio, questo che cosa prova? Ci sono anche degli uomini che rifiutano la sensualità. Ma questi non costituiscono la maggioranza; e permettetemi di affermare che neanche la maggior parte delle donne si mostra insensibile all’amore.

D’altra parte, con il tipo di educazione che riceve attualmente, la stessa donna è cattivo giudice delle sue sensazioni e dei suoi desideri. Non analizza la sua vita interiore, soffre spesso senza sapere perché.

La vergine che gode di buona salute, il cui sangue ardente brucia continuamente e arrossisce le labbra, non saprà forse che è la verginità che la rende nervosa, sognante, ansiosa. Non saprà forse che è il bisogno di amore che la fa piangere o ridere senza motivo; ma poiché non sa come definirlo, non è meno vero che è questa legge naturale dell’amore che la logora.

Brutalmente, ciò che lei ignora, il matrimonio glielo insegnerà; il matrimonio verso il quale si è incamminata ciecamente, perché avrà invocato semplicemente due braccia cullanti in cui trovare rifugio. Poi, quando alla fine, lei "saprà", quando, iniziata alla vita sessuale, la sua carne sarà diventata coscientemente vibrante, si renderà conto che è legata a un uomo che forse non amerà più. E, a seconda della sua natura, andrà verso un amante e si rassegnerà al dovere coniugale.

E se si rassegna, se accetta il dovere senza amore, anche se dovesse confessarlo agli altri e a se stessa che non ha desideri, che non prova alcun bisogno carnale, semplicemente si ingannerà e ingannerà gli altri. Il bisogno carnale sarà esistito dentro di lei, ma non avendo trovato il terreno necessario al suo sviluppo, sarà atrofizzato e addormentato. Se questa stessa donna avesse vissuto una vita libera; se, lasciando il compagno che non rispondeva ai suoi desideri, fosse andata da colui che le avrebbe fatto vivere appieno la sua vita amorosa, è molto probabile che non sarebbe mai diventata una donna fredda.

Secondo i nostri costumi attuali, è molto più facile per un uomo giudicare se è "freddo" o se non lo è. Libero di dare corso ai suoi desideri, potrà consapevolmente - dopo essere passato tra le braccia di diverse donne - dichiararsi a favore o contro la sensualità. Ma la donna - condannata a conoscere un solo uomo - non può davvero sapere se ciò che non ha provato tra le braccia di quest’uomo, non l’avrebbe provato tra le braccia di un altro.

Pertanto, è impossibile dire esattamente cosa sono le donne dal punto di vista della sensualità. Tuttavia, se vogliamo ancora guardare alla vita animale, scopriremo che l’anomalia della non sensualità è raramente presente nella femmina. Non si verifica mai nelle specie selvagge e, se si verifica a volte nelle specie domestiche, è perché l’addomesticamento le ha deformate. Inoltre, possiamo constatare che la cagna, privata della soddisfazione sessuale, si affievolisce, deperisce e la durata della sua vita diminuisce di un quarto.

Non c'è dubbio che se la donna vivesse normalmente, che se anche lei non fosse stata deformata da restrizioni fisiche e morali, senza dubbio il numero delle donne "fredde" sarebbe più ristretto.
Tuttavia, ritengo che ce ne sia solo il cinquanta per cento di veramente sensuali, queste cinquanta hanno diritto a una vita piena ed è semplicemente ingiusto condannarli alla mutilazione di una parte di se stesse   per la semplice ragione che ce ne sono cinquanta perfettamente soddisfatte del loro destino.

La libertà assoluta in amore - sia per le donne che per gli uomini – non è che giustizia elementare. Ciò non costringe coloro che sono "fredde" a diventare passionali, ma permetterà alle passionali a non soffrire più nella prigionia delle leggi convenzionali e sociali.

Devrait-il être nécessaire de chercher à prouver que l’amour ne peut être que libre ; alors que les peintres nous le représentent sous les traits d’un enfant ailé et que les poètes en leurs chants gais, fantaisistes ou tristes, nous le montre capricieux, volage, changeant, toujours à la recherche d’horizons nouveaux et de sensations neuves.

….L’amour est enfant de bohème !

Et cela est vrai. Nul de nous ne peut répondre de la stabilité de l’amour. Plus que tous les autres sentiments de l’être humain, il est changeant et fugace parce qu’il n’est pas seulement une affection du cœur, mais encore un désir des sens et un besoin physique.

Qu’on ne confonde pas l’amour avec le mariage. Le mariage, c’est une convention sociale ; l’amour, c’est une loi naturelle. Le mariage, c’est un contrat ; l’amour, c’est un baiser. Le mariage, c’est une prison ; l’amour, c’est un épanouissement. Le mariage, c’est la prostitution de l’amour.

Pour qu’il conserve sa beauté et sa dignité, l’amour doit être libre ; et il ne peut être libre que s’il est régi par une seule loi. Il ne peut y avoir sur ce chapitre de considérations d’ordre matériel ou moral : Deux êtres s’aiment, se désirent, se le disent ; ils doivent avoir le droit de se donner l’un à l’autre sans que nulle raison étrangère à leur désir n’intervienne entre eux, comme ils doivent avoir le droit la plus absolu de se quitter le jour où ils ne se désirent plus. Et je ne dis pas : « le jour où ils ne s’aiment plus », mais bien le jour où ils ont cessé de se désirer. Car ce sont là deux choses bien distinctes. On peut cesser de désirer une femme et l’aimer encore ; on peut ne plus vouloir être l’amant et rester fidèle à l’ami.

Ceci est un cas de psychologie trop bien connu pour que j’y insiste, mais le côté sur lequel je tiens à insister, c’est le côté de la question qui concerne la femme.

Pour la femme, il est généralement admis que sa vie sexuelle est nulle ou subordonnée à celle du compagnon – légal ou non – qu’elle a choisi. Elle doit vivre et sentir par lui, être passionnée s’il l’est, rester neutre s’il est froid.

Jusqu’à ce jour, l’homme a considéré le désir sensuel comme devant le régir essentiellement, se refusant à reconnaître chez la femme un être moralement et physiquement organisé comme lui-même.

C’est cette question que j’aborderai d’abord dans cette étude sur l’Amour libre.

J’ai dit, précédemment, que pour bien étudier les grandes lois naturelles, il était utile de remonter aux sources primitives, d’étudier la nature dans la vie animale. Eh bien, chez les animaux, la femelle a une vie sexuelle qui lui est propre ; elle a des besoins sexuels, des désirs sexuels qu’elle satisfait, avec la même liberté, la même régularité que le mâle.

Or, nul ne contestera que les lois physiologiques qui régissent l’animal sont les mêmes pour l’homme. Pourquoi donc, en ce cas, ne pas vouloir admette pour la femme la même similitude physiologique entre elle et l’animal que celle qu’on veut bien admettre exister entre l’animal et l’homme. Pourquoi refuser à la femme une vie sexuelle propre ?  Pourquoi faire de l’amour un besoin exclusif de l’homme ?

Jusqu’à ce jour, s’érigeant en maître sur cette question comme sur les autres, l’homme a répondu : « Parce que la femme n’a pas de besoins ; parce qu’elle ne désire pas ; parce qu’elle ne souffre pas de la privation de satisfactions charnelles ».
Mais qu’en sait-il, lui, l’homme, si la femme n’a pas de besoins ? Qui donc mieux que la femme peut en être juge et en décider ?

Pour moi, j’ai encore présente à l’esprit cette phrase d’un médecin : « Le célibat de la femme est aussi monstrueux que le célibat du prêtre. Condamner les femmes à la continence est une iniquité, car c’est empêcher le développement intégral de l’être féminin ». Ainsi donc, de l’aveu de ce médecin, la virginité trop prolongée de la femme provoque un arrêt dans son évolution intellectuelle et physique.

Puis, s’il existe réellement, des femmes n’ayant pas de besoins, des femmes froides, sans désirs des sens, qu’est-ce que cela prouve ? Il est aussi des hommes réfractaires à la sensualité. Mais ce n’est point là, la majorité ; et qu’il me soit permis de le déclarer, ce n’est point non plus la majorité des femmes celles qui sont réfractaires à l’amour.
D’ailleurs actuellement,   avec le genre d’éducation qu’elle reçoit, la femme elle-même est mauvais juge de ses sensations et de ses désirs. Elle n’analyse pas sa vie intérieure, elle souffre souvent sans savoir pourquoi.

La vierge exubérante de santé dont le sang ardent brûle les temps et rougit les lèvres, ne saura peut-être point que c’est la virginité qui la rend nerveuse, rêveuse, inquiète. Elle ne saura peut-être pas que c’est le besoin d’amour qui la fait pleurer ou rire sans motifs ; mais parce qu’elle ne sait pas le définir, il n’en est pas moins vrai que c’est cette naturelle loi d’amour qui la travaille.

Brutalement, ce qu’elle ignore, le mariage le lui apprendra ; le mariage vers lequel elle est allée en aveugle, parce qu’elle aura simplement évoqué deux bras berceurs où trouver un refuge. Puis, lorsque enfin, elle « saura », lorsque, initiée à la vie sexuelle, sa chair sera devenue consciemment vibrante, elle s’apercevra qu’elle est liée à un homme que peut être elle n’aimera plus. Et, selon son tempérament, elle ira vers l’amant et se résignera au devoir conjugal.

Et si elle se résigne, si elle accepte le devoir sans amour, quand bien même elle avouerait aux autres et à elle-même qu’elle n’a pas de désirs, qu’elle n’éprouve aucun besoin charnel, elle trompera tout simplement et les autres et elle-même. Le besoin charnel aura existé chez elle, mais n’ayant pas trouvé l’ambiance nécessaire à son épanouissement, il sera atrophié et endormi. Si cette même femme avait vécu la vie libre ; si, laissant le compagnon qui ne répondait pas à ses désirs, elle était allée à celui qui lui eût fait vivre complètement sa vie d’amoureuse, il est fort probable qu’elle ne serait jamais devenue une femme froide.

Dans nos mœurs actuelles, il est beaucoup plus facile à un homme de juger s’il est « froid » ou s’il ne l’est pas. Libre de donner cours à ses désirs, il pourra sciemment - après être passé dans les bras de plusieurs femmes - se déclarer pour ou contre la sensualité. Mais la femme - condamnée à ne connaître qu’un seul homme - ne peut en réalité savoir si ce qu’elle n’a pas éprouvé dans les bras de cet homme, elle ne l’aurait pas éprouvé dans les bras d’un autre.

Par conséquent, il est impossible de dire exactement ce que sont les femmes au point de vue de la sensualité. Cependant, si l’on veut bien regarder encore la vie animale, on constatera que l’anomalie de la non sensualité se présente rarement chez la femelle. Elle ne se présente jamais dans les espèces sauvages et, si elle se présente parfois dans les espèces domestiques, c’est que la domestication les a déformées. D’ailleurs, nous pouvons constater que la chienne, privée de satisfaction sexuelle, s’étiole, dépérit et abrège d’un quart la durée de sa vie.

Nul doute que si la femme vivait normalement, que si elle n’avait pas été, elle aussi, déformée par la contrainte physique et morale, nul doute que le nombre de femmes « froides » serait bien restreint. Pourtant, j’estime que n‘y en eût-il que cinquante pour cent de véritablement sensuelles, ces cinquante ont droit à une vie intégrale et il est tout simplement inique de les condamner à la mutilation d’une partie d’elles-mêmes pour la simple raison qu’il en existe cinquante parfaitement satisfaites de leur sort.

La liberté absolue en amour – aussi bien pour la femme que pour l’homme – n’est qu’élémentaire justice. Cela ne force pas les « froides » à devenir passionnées, mais cela permettra aux passionnées de ne plus souffrir en la captivité des lois conventionnelles et sociales.

Comment

Marilena Genovese, L’Amour Libre de Madeleine Vernet

Résumé: Quand on parle de Madeleine Vernet, on pense communément à son adhésion au mouvement pacifiste et à la revue La Mère éducatrice, à laquelle elle confia ses idées. Mais, elle a abordé aussi d’autres sujets avec une capacité critique et une prévoyance qui montrent une grande modernité d’esprit : l’éducation strictement laïque des enfants, l’émancipation de la femme, l’éducation sexuelle des petits et surtout, dans L’Amour Libre, la défense de l’amour hors mariage.

Abstract: Anti-war activist, Madeleine Vernet expressed her most important positions in La Mère éducatrice, a feminist anarchist magazine founded in 1917, that promoted the mother-educator ideology. But she also advocate, in L’Amour Libre, free love, an education natural and spontaneous and the emancipation of women trough many articles written before, during and after the two Great Wars.

Mots-clés : éducation laïque, émancipation, femmes, éducation sexuelle, amour libre.
Keywords: emancipation, women, sex education, free love.

 

     On associe Madeleine Vernet, pseudonyme de Madeleine Cavalier (1879-1949), à La Mère éducatrice, revue mensuelle d’éducation populaire fondé en octobre 1917 avec le but principal de porter un regard critique sur les événements du temps et de "réveiller les consciences", comme elle écrivait dans la présentation du premier numéro :

Voici longtemps déjà que je rêve ce journal. Avant 1914, j’y pensais. La guerre est venue, et avec elle ce fut l’écrasement de tout. Pouvait-on songer à édifier quelque chose alors qu’une moitié du monde, prise de folie, était possédée du désir de détruire l’autre moitié. Pendant bien des mois ce fut pour nous l’effondrement, la stupeur, la douleur, le découragement […] Il est temps, grand temps d’agir ; car notre génération marche à l’abîme. Le mal a gangrené les individus ; le désordre est en tout et partout […] à l’œuvre alors, tous ! Mais à l’œuvre vous surtout, vous par-dessus tout, les femmes ! les mères ! (1917, 2-3)

  Mais, cette ambition, au cœur d’un combat qu’elle conduit avant, pendant et après les deux grandes guerres, fut mené aussi à travers nombre d’articles incendiaires, de dénonciation, publiés dans d’autres journaux comme le Libertaire, les Temps nouveaux de Jean Grave, Ce qu’il faut dire de Sébastien Faure et la Volonté de paix. Et encore, à travers la participation aux conférences et aux débats qui naissaient contre la folie guerrière, la publication du roman, La Torine, et d’autres ouvrages (1) qui, à notre avis, mériteraient d’être l’objet d’une étude plus approfondie.
  On connaît très bien les détails de sa vie (2): rappelons-en ici les aspects les plus importants.
  D’origines modestes, marquée par sa mère qui, devenue veuve, avait pris en charge des orphelines, elle ouvre en 1906 “L’Avenir social”, un orphelinat ouvrier qui délivre une éducation mixte et laïque. 
  Liée aux mouvements anarcho-syndicalistes et libertaires, parallèlement à ce travail d’accueillance des enfants abandonnés, elle déploie une grande activité pacifiste pendant la Première Guerre Mondiale, en s’adressant premièrement aux femmes, qui ont, à son avis, un rôle prépondérant dans la société :

Nous portons le monde et nous le faisons !» Voilà, définie en une ligne, la toute-puissance de la femme […]. Il n’y a pas, dit-on d’individu indispensable ni irremplaçable dans la société […] Mais une mère ne se remplace pas. La mère est indispensable à l’enfant […]. La première éducatrice de l’enfant, c’est sa mère. Bonne ou mauvaise, ce qu’elle est l’enfant le sera ! (1917, 2-4).  

  Le fil rouge de la paix relie ses prises de position, son engagement pour construire un avenir à l’abri des conflits.
  Son opposition contre la presse et tous les politiques qui assimilent le pacifisme au défaitisme se noue autour de l’affaire Hélène Brion (3), (institutrice féministe et pacifiste condamnée à trois ans de prison pour propagande défaitiste) auquel Madeleine Vernet consacre en 1917 la brochure clandestine Une belle conscience et une sombre affaire.   
  Si la patrie est nécessaire, elle souligne que l’amour de l’humanité est aussi légitime que souhaitable et réalisable : 

Hélène était pacifiste, nous ne songeons pas à le nier ; nous le sommes avec elle. Notre pacifisme est fait de l’amour de notre pays et de l’amour de l’humanité que nous ne considérons pas incompatibles l’un avec l’autre (1917, 6).

  Elle s’insurge, donc, contre la guerre, qui est un non-sens, une chose contre-nature et qui ne peut pas être profitable à personne, et n’hésite pas à mener une vibrante propagande pacifiste :

Défaitiste ! Alors ce sont des défaitistes tous ceux qui, depuis trois ans, ont été la voix qui proteste dans les ténèbres et grâce auxquels la petite lumière de la fraternité est restée vivante, malgré la puissance de l’ouragan et la violence de la tempête. Nous sommes pacifistes et nous revendiquons le droit de le dire. Ce droit nous appartient […]. Oui, nous sommes pacifistes ; et si c’est un crime, qu’on nous mette tous sur le banc d’infamie, qu’on nous envoie tous au mur du supplice, qu’on nous fusille tous. Notre sang rachètera peut-être l’autre, celui qui coule pour la guerre, et tu compteras ainsi – ô Paix sacrée que nous aimons – ta part de martyrs au livre immortel de l’histoire (1917, 10).

  Inlassable dans sa mise en garde contre les idées guerrières, elle fonde en 1927 le journal La volonté de paix qui paraîtra jusqu’en 1936, date à laquelle il fut interdit après le procès de Louis Tribier (4), accusé d’activités antimilitaristes.
  En avril 1930, elle rédige De l’Objection de Conscience au Désarmement. Les thèses de la Volonté de Paix, qui naît dans les eaux agitées de l’entre-deux-guerres, caractérisées par la montée des régimes totalitaires. L’appel à une paix sans conditions, qui n’est pas inscrite dans le livre du destin, qu’il ne faut pas attendre comme un miracle, car elle ne vient pas d’elle-même, mais qu’il faut « préparer comme une œuvre humaine qui sera ce que la feront les efforts de tous », résonne dans toute la brochure parallèlement à l’idée cruciale que la démilitarisation est nécessaire pour obtenir une paix durable :

La conscription militaire obligatoire a pu paraître juste quand il était admis que la guerre était un moyen légal de combat et de défense […]. Aujourd’hui que la guerre est répudiée en tant qu’instrument de politique nationale, le principe de la nation armée ne peut plus se soutenir.  Pourquoi une armée puisque les nations se sont engagés à ne plus jamais utiliser la force des armes ? Il est évident que la conclusion logique du pacte Kellog c’est le désarmement (1930, 16).

  Soucieuse de porter un  message de fraternité, Madeleine Vernet accorde une importance particulière au domaine éducatif et pédagogique, car c’est à l'école laïque qu’elle confie la responsabilité de l’éducation et de la disparition de l’oppression individuelle et de toute discrimination.  
  Mais, comment faut-il instruire les enfants pour qu’ils deviennent des adultes doués d’un esprit de compréhension et de tolérance ?
  Dans son orphelinat, auquel participaient aussi des anarchistes et des féministes comme Charles Malato et Nelly Roussel, Madeleine Vernet pratiquait les méthodes de Robin en donnant aux enfants une éducation rationnelle (Ayoub, 1996, 110).
  Partisane de la douceur et de la nécessité de créer des situations de vie familiale qui puissent faciliter le développement des petits, elle part tout d’abord de la constatation que l’enseignement divulgué aux enfants du peuple souffre de plusieurs lacunes. On  ne leur apprend généralement que le strict minimum et d’une manière dogmatique. Cet enseignement rudimentaire ne leur donnerait pas les connaissances nécessaires pour se développer intellectuellement et pour s’élever de leur condition (Norris, 2015, 14).
  Elle exprime alors le souhait d’éduquer les enfants en développant chez eux des idées saines, une raison consciente, l’énergie de la volonté, pour qu’ils   deviennent des individus équilibrés moralement et physiquement. 
  Le rôle central de l’éducation est toujours présent dans La Mère éducatrice, qui peut compter sur des pédagogistes, comme par exemple Nelly Roussel qui souligne l’activité menée par Madeleine Vernet dans la structure “ L’Enfance Heureuse ” :

L’Enfance Heureuse […] est une grande famille qui reçoit, chaque jeudi, de 9 heures du matin à  6 heures du soir, les enfants […] et qui s’efforce dans cette seule journée de les initier, en les amusant, à toutes sortes de choses utiles et belles: la musique […], la poésie, les langues étrangères, le dessin, les travaux manuels, l’histoire […]. Et cet enseignement est donné de la façon la plus libérale, la mois sectaire, sans autre ambition que celle de former des esprits sains, libres et droits. (1921, 42-43)

  Occuper, d’une manière éducative et rationnelle, des enfants est considéré donc comme une tâche de grande utilité, qui peut empêcher que les journées soient employées aux vagabondages. Et, étant donné que l’Enfance Heureuse est une œuvre parisienne, dont bénéficient pourtant les petits parisiens, son souhait est que de telles structures puissent bientôt profiter tous les prolétaires : d’où l’appel aux instituteurs et aux institutrices de s’occuper de la protection morale et de l’éducation de l’enfance.
  Dans un autre numéro de La Mère éducatrice Madeleine Vernet épouse les théories du Dr E. Claparède à propos de l’importance que l’on  doit accorder aux intérêts des enfants et à une école “ sur mesure ” qui est accommodée aux formes de l’esprit et des aptitudes personnelles.

Les enfants, comme les adultes, se distinguent, en effet, suivant l’orientation de leur intérêt, suivant leurs divers types d’intelligence, qu’on ne saurait traiter d’une façon uniforme […]. L’école a donc avantage à permettre à chaque enfant […] de se développer plus spécialement dans la direction de ses aptitudes personnelles (1925, 4).             

  Mais, surtout, c’est le danger des dogmes qu’il faut fuir ! Les enfants ne se ressemblent pas tous. Aussi, en lui imposant une éducation religieuse, on empêche la conquête de leur personnalité :

Je voudrais signaler, aujourd’hui, le danger des dogmes dans l’éducation des enfants […] Une religion ne peut être qu’une règle morale acceptée librement par l’individu lui-même. C’est la conclusion de son développement ; cela ne peut pas en être la préface […]. D’ailleurs, religieuses ou non, toute idée qui s’impose dogmatiquement et collectivement doit être repoussée […] On ne pense pas collectivement ; on ne croit pas collectivement ; s’il est un domaine absolument individuel, c’est bien celui de la pensée (1925, 33).

  Observatrice critique de la société, elle dédie aussi des articles à l’évolution de la femme, qui gagne désormais sa vie, car le produit de son travail est nécessaire au budget ménager, et qui s’est affranchie du passé dans toutes ses habitudes, dans la mode (de la jupe courte à la disparition du corset) et même dans son rapport avec les hommes.
  Loin d’être une créature rare et convoitée, les femmes nouvelles savent ce qu’elles veulent et ce qu’elles valent. La vie sentimentale y a gagné en franchise. Il y aura moins de madrigaux, mais plus de sincérité. Plus audacieuses, elles n’auront plus les paupières baissées mais les regards droits.
  Or, la modernité du discours de Madeleine Vernet est d’autant plus évident si l’on prend en considération les prises de position actuelles de l’Unesco qui a reconnu l’importance des actions éducatives visant à créer dans la jeunesse de tous les pays un esprit de compréhension mutuelle  et les orientations de la plupart de la politique gouvernementale, comme indiqué par le Parlement européen, à propos de l’égalité entre les hommes et les femmes.

L'égalité entre les hommes et les femmes est l'un des objectifs de l'Union européenne. Avec le temps, la législation, la jurisprudence et des modifications des traités ont contribué à renforcer ce principe et son application dans l'Union. Le Parlement européen a toujours été un fervent défenseur du principe de l'égalité entre les hommes et les femmes … (2018).

… L’amour est enfant de bohème !   

S’éloignant des coutumes de son temps et de la morale traditionnelle, Madeleine Vernet donne une large place à une des questions les plus embarrassantes à résoudre dans l’éducation de l’enfant et de l’adolescent : celle de l’enseignement sexuel.
  Si on s’est contenté jusqu’alors – soutient-elle – de lui cacher tout ce qui touche à la génération, pourquoi ne pas dire tout simplement la vérité quand l’enfant la demande, tout comme nous le ferions au sujet des autres phénomènes naturels ?
  Il faut s’efforcer de répondre aux questions à mesure que l’enfant les pose afin qu’il se fasse une idée élevée et noble de la fonction sexuelle (1925, 113-114).
  Cette liberté de pensée est aussi évidente à propos d’un autre sujet délicat, celui de l’amour libre, hors le mariage, traité dans un article publié sur La Mére éducatrice en 1919.
  Par son analyse de la condition féminine qui souffre de l’hypocrisie sociale qui mal juge l’union libre, elle apparaît étonnamment moderne. La femme qui consent à fonder un foyer sans passer par les formalités légales est mal vue  et sa moralité est mise en doute.
  Et quelle déchéance être mère en dehors du mariage !  Puisque ce que les hommes honorent dans la maternité c’est l’enfant, qu’ils considèrent comme une propriété.
  Et si la mère n’est honorable que si elle sera légitimement à lui, les filles-mères sont rejetées parce qu’elles ne portent pas le nom de l’homme et leurs fils seront des bâtards, des individus d’une race inférieure.     
  Le thème de l’union libre devient central dans la brochure L’Amour Libre, publié en 1908 : 

Devrait-il être nécessaire de chercher à prouver que l’amour ne peut être que libre ; alors que les peintres nous le représentent sous les traits d’un enfant ailé et que les poètes en leurs chants gais, fantaisistes ou tristes, nous le montre capricieux, volage, changeant, toujours à la recherche d’horizons nouveaux et de sensations neuves.
…. L’amour est enfant de bohème ! (1920, 3).

  Après avoir présenté l’amour comme un mélange de sentiments, de désir des sens et de besoin physique, et par conséquent « changeant et fugace », elle souligne la distance entre cette loi naturelle et le mariage, qu’elle définit comme un contrat, une prison :

Qu’on ne confonde pas l’amour avec le mariage. Le mariage, c’est une convention sociale ; l’amour, c’est une loi naturelle. Le mariage, c’est un contrat ; l’amour, c’est un baiser. Le mariage, c’est une prison ; l’amour, c’est un épanouissement. Le mariage, c’est la prostitution de l’amour (1920, 3).

  Partant de la considération que la femme a des besoins et des désirs sexuels naturels qu’elle devrait satisfaire avec la même liberté et la même régularité que le mâle, elle condamne le genre d’éducation qu’elle reçoit, qui étouffe ses sensations et la font souffrir souvent sans savoir pourquoi:

Pourquoi refuser à la femme une vie sexuelle propre ? Pourquoi faire de l’amour un besoin exclusif de l’homme ? […] Pour moi, j’ai encore présente à l’esprit cette phrase d’un médecin : « Le célibat de la femme est aussi monstrueux que le célibat du prêtre. Condamner les femmes à la continence est une iniquité, car c’est empêcher le développement intégral de l’être féminin ». Ainsi donc, de l’aveu de ce médecin, la virginité trop prolongée de la femme provoque un arrêt dans son évolution intellectuelle et physique (1920, 5).

  Troublante vérité que celle que nous souligne Madeleine Vernet ! Et comme la femme est condamnée par les mœurs à ne connaître qu’un seul homme, elle ne peut pas savoir si ce qu’elle a éprouvé dans les bras d’un homme elle ne l’aurait pas éprouvé dans les bras d’un autre.

Nul doute que si la femme vivait normalement que si elle n’avait pas été, elle aussi, déformée par la contrainte physique et morale, nul doute que le nombre des femmes « froides » serait bien restreint […] La liberté absolue en amour – aussi bien pour la femme que pour l’homme – n’est qu’élémentaire justice. Cela ne force pas les « froides » à devenir passionnées ; mais cela permettra aux passionnées de ne plus souffrir en la captivité des lois conventionnelles et sociales (1920, 7).

  Trois idées majeures émergent de ses réflexions : le mariage légal est une prostitution lorsqu’il est une spéculation de l’un des époux sur l’autre (la femme ignore presque toujours ce qu’elle fait en se mariant) ; l’amour doit être intégralement libre, sans aucune loi qui puisse l’assujettir ; mais surtout nulle différence ne doit être faite entre les sexes en ce qui concerne l’amour et le désir.
  Après, elle analyse attentivement les mœurs de son époque qui considèrent l’amour libre une source d’immoralité, alors que l’on pourrait considérer immoral un mariage sans affection où « l’homme achète une dot et la femme une situation ».
  Mais qu’est- ce que l’immoralité ?  Pour notre militante c’est tout ce qui contraint l’individu à des règles purement conventionnelles et qui empêche l’épanouissement de l’être humain.
  L’immoralité est encore – peut-on dégager de ses affirmations – le célibat forcé de la femme et la soumission de l’épouse. Mais l’amour libre et le désir sexuel ne sont pas immoraux puisqu’ils sont un besoin naturel de notre vie physique.
  Et si on les considère comme vicieux, on devrait considérer impurs la faim, le sommeil, en un mot, tous les phénomènes physiologiques qui caractérisent le corps humain.
  Madeleine Vernet conclut sa brochure ainsi :

Non, le développement intégral de l’être libre, ne saurait être de l’immoralité. Ce qui est vraiment immoral, c’est de fausser les consciences en faussant les vérités fondamentales de la nature ; c’est d’empêcher l’individu de vivre sainement et fortement au nom de dogmes, de lois, de conventions contraires à l’harmonie et à la beauté de la vie (1920, 14).

  Elle se place surtout au point de vue de la femme, et absolument sûre des critiques qu’on lui reprochera à cause de ces théories libératrices, elle affirme d’avoir parlé avec sincérité, puisque c’est « c’est en établissant le règne de la sincérité que l’on arrive à diminuer la souffrance humaine » (1920, 7).
  Jamais l’absence d’éducation sociale chez la femme ne lui apparait si nette. Les femmes sont désemparées et ne s’occupent que rarement de la vie sociale. Elles ne causent que des petits faits de leur vie quotidienne comme la cuisine ou les enfants. Et c’est contre cette condition qu’elle insurge et fait appel à une instruction qui leur permet de s’affranchir du passé.
  Pour conclure : le lecteur qui s’approche aux textes de Madeleine Verner, et tout particulièrement à L’Amour Libre, sent bien qu'il a affaire à une personnalité dont les réflexions sur les questions les plus débattues de son temps se chargent d’une grande force expressive et d’une forte volonté de mettre en garde contre une société qui montre des lacunes et des failles.   
  De femmes comme Madeleine Vernet la culture européenne a hérité un riche patrimoine d'idées et d'expériences de paix, de tolérance et de solidarité qui lui assigne un rôle fondamental sur la scène contemporaine. Cela nous aide.


Notes

[1] Nous pensons, par exemple, à L'Avenir social : cinq années d'expérience éducative 1906-1911 ( préfaces de Marcel Sembat et Marie Bonnevial, Épone, Édition de L'Avenir social, 1911 ); à L’Anthologie populaire. Choix de poésies sociales et philosophiques des auteurs classiques, modernes et contemporains présentées par Madeleine Vernet. Volume 1. Pages contre la guerre ( Epône, éditions de l'Avenir social, 1921 ); à L'Arc-en-ciel, contes pour la réconciliation (préface de Michel Corday, illustrations de Pierre Rossi, avec 2 estampes de Rouen de H. Madeleine, Levallois-Perret, Éditions de La Mère éducatrice, 1933); ou encore aux Poèmes de l'éternelle amante ( Rouen, les Amis de M. Vernet, 1946 ), pour n’en citer que quelques-uns. 
[2] On peut consulter : Oakleigh Welply, Madeleine Vernet : féminisme et pacifisme du début du siècle à la Seconde guerre mondiale, IEP, 1997 ; Hugues Lenoir, Madeleine Vernet, Paris, Éditions du Monde libertaire, 2014; Amélie Meffre, Les combats de Madeleine Vernet, La Nouvelle Vie ouvrière, 2 août 2014.
[3] Ici, les premières lignes de la déclaration faite par Hélène Brion lors de sa comparution devant le Conseil de guerre : «Parce que femme, je suis classée de plano, par les lois de mon pays, inférieure de beaucoup à tous les hommes de France et des colonies. Malgré l’intelligence qui m’a été officiellement reconnue depuis peu ; malgré les brevets et diplômes qui m’avaient été octroyés longtemps avant […] Je suis hors la loi […] Je rappelle, d’ailleurs, pour la forme ! – que ma propagande n’a jamais été à l’encontre de la défense nationale et n’a jamais réclamé une paix à tout prix […] Messieurs, je n’ai pas fait autre chose ! J’ai suivi longtemps, avant qu’il ne songe à les donner, les conseils du Pape, pour le bien de mon pays, de l’humanité tout entière et du féminisme. Ma propagande a été toute de raison, jamais d’appel à la violence ! …», Déclaration lue au premier conseil de guerre le 29 mars 1918.
[4] Instituteur, Louis Tribier épousa Madeleine Vernet et fonda avec elle L’Avenir social. Il fut membre de la commission administrative permanente de la Fédération SFIO de son département.

Bibliographie

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Madeleine, Vernet, De l’objection de conscience au désarmement. Les thèses de la Volonté de Paix, Paris, Editions de “La Volonté de Paix”, avril 1930, 16.
Josiane Boulad Ayoub, Former un nouveau peuple ?: pouvoir, éducation, révolution, Paris, L’Harmattan, 1996, 110.
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Leila Acherar, «Filles et garçons à l’école maternelle», Bulletin Officiel, N° 10, hors série du 2 novembre 2000. Note du 24 octobre 2000, « A l’école, au collège, au lycée. De la mixité à l’égalité filles-garçons, consulté le 10 décembre 2018. URL : [url=https://www.inegalites.fr/IMG/pdf/etude_maternelle.pdf]https://www.inegalites.fr/IMG/pdf/etude_maternelle.pdf[/url].
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Martina Schonard, « L'égalité entre les hommes et les femmes », article mis en ligne en octobre 2018, consulté le 12 décembre 2018. URL : [url=http://www.europarl.europa.eu/factsheets/fr/sheet/59/l-egalite-entre-les-hommes-et-les-femmes]http://www.europarl.europa.eu/factsheets/fr/sheet/59/l-egalite-entre-les-hommes-et-les-femmes[/url]
Madeleine Vernet, L’amour libre, Epône, Editions de l'Avenir Social, 1920, 3-14.

©inTRAlinea & Marilena Genovese (2020).
"L’Amour Libre di Madeleine Vernet". Translation from the work of Madeleine Vernet.
Stable URL: https://www.intralinea.org/translations/item/2529

inTRAlinea [ISSN 1827-000X] is the online translation journal of the Department of Interpreting and Translation (DIT) of the University of Bologna, Italy. This printout was generated directly from the online version of this translation and can be freely distributed under Creative Commons License CC BY-NC-ND 4.0.