Co-costruzione di competenze linguistiche e culturali attraverso la riflessione e la discussione

By Paola Leone (Università del Salento, Italy)

Abstract

English:

This paper describes a learner-centred task implemented in two different learning scenarios: teletandem sessions and mediation sessions. The teletandem sessions consist in multimodal interaction carried out using Voice Over Internet Protocol (VoIP) and Internet Relay Chat tools. Two participants enroll in the activity and each speaks his/her language of proficiency for half of the oral session and the language he/she is learning for the other half. The second learning scenario, mediation sessions, are pedagogical events complementary to teletandem: during these, the students, tutored by their teacher, discuss their teletandem interactions, using videorecorded sessions as input. The task carried out during the mediation sessions aims at developing students’ ability to analyse interaction, particularly their mediation strategies during meaning negotiation.

Italian:

Questo articolo descrive un’attività didattica centrata sullo studente e inserita in due diversi scenari di apprendimento: sessioni di teletandem e sessioni di mediazione. Le prime consistono in interazioni multimodali realizzate grazie all’impiego di tecnologie Voice over Internet Protocol e di Internet Relay Chat. Sono impegnati nell’attività due partecipanti, ciascuno dei quali utilizza per metà del tempo la lingua in cui è esperto, per l’altra metà quella che desidera apprendere. Il secondo scenario di apprendimento consiste in sessioni di mediazione, e comprende eventi didattici in cui gli studenti, con l’aiuto dell’insegnante, discutono gli incontri teletandem, utilizzando le videoregistrazioni come input. L’attività ha lo scopo di potenziare la capacità di analizzare l’interazione, in particolare le strategie di mediazione che facilitano i processi di negoziazione del significato.

Keywords: mediazione interculturale, teletandem, co-costruzione, lingua straniera, interazione, pratica riflessiva, intercultural mediation, co-construction, foreign language, reflexive practice, interaction

©inTRAlinea & Paola Leone (2018).
"Co-costruzione di competenze linguistiche e culturali attraverso la riflessione e la discussione"
inTRAlinea Special Issue: Translation And Interpreting for Language Learners (TAIL)
Edited by: Laurie Anderson, Laura Gavioli and Federico Zanettin
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/2306

1. Introduzione

Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) mettono a disposizione risorse autentiche, consentono di creare spazi virtuali di apprendimento in cui sono aggregati materiali (testi, artefatti multimediali) e strumenti di interazione (forum, chat, wiki) attraverso i quali lo studente può costruire un percorso di apprendimento personalizzato (Rossi, 2010). Le tecnologie per la comunicazione promuovono, inoltre, collaborazione tra studenti e tra docenti quando si lavora in paesi e in contesti culturali differenti: sono quindi un utile mezzo per mettere in contatto parlanti esperti di lingue diverse, anche attraverso forme di comunicazione “faccia a faccia online” (Develotte et al., 2011). Negli ambienti di apprendimento in rete è possibile tenere traccia nel log di sistema delle risorse consultate e dei luoghi visitati, nonché del percorso di costruzione delle competenze e delle conoscenze. Un’esperienza di apprendimento che sembrava temporanea diventa così un itinerario visibile anche a distanza di tempo. Ad esempio, un’interazione realizzata in videoconferenza può essere registrata con estrema facilità e a basso costo, facendo diventare il vissuto una risorsa per riflettere sulle diverse situazioni comunicative e sul processo di acquisizione di competenze e di abilità.

Il veloce progredire delle tecnologie richiede dei cambiamenti nella prassi didattica. Occorrono nuove proposte che possano “costruire conoscenza in modo situato dove la persona è coinvolta in modo olistico a livello cognitivo, emotivo e valoriale” (Rossi, 2010: 8). Questo contributo si colloca in tale ambito di studi e mira a valorizzare l’uso delle tecnologie per la formazione professionale. In particolare, in quanto segue descriverò la trasposizione didattica di uno scenario comunicativo attuato grazie all’impiego delle tecnologie VoIP (Voice over Internet Protocol) e denominato teletandem (TT). In tale contesto di apprendimento, due studenti universitari, esperti in due lingue differenti (es. A e B), si incontrano e dialogano, adoperando per metà della durata dell’incontro la loro lingua nativa (es. A) e per l’altra metà del tempo la lingua di studio (es. B). Il teletandem, come il tandem in presenza, offre pertanto l’opportunità di usare la lingua di studio in contesti comunicativi reali (cfr. Anderson & Banelli, 2005; Apferlbaum, 1993; Brammerts & Kleppin, 2001).

Il teletandem è una forma di apprendimento tra pari (peer learning) impiegata in diversi atenei nel mondo e rientra nell’offerta formativa di vari corsi universitari. Esso è un contesto di apprendimento utile a potenziare non solo competenze linguistico-comunicative ma anche competenze generali (Consiglio d' Europa, 2002) come l’autonomia nell’apprendimento linguistico intesa in termini di capacità di autoregolamentazione (il processo attraverso il quale l’apprendente gestisce e organizza il proprio apprendimento) e come capacità di riflettere sul processo comunicativo e di apprendimento, analizzando e autovalutando la propria produzione per mettere in luce i personali bisogni formativi.

La proposta didattica che esporremo utilizza la videoregistrazione delle diverse sessioni quale risorsa per riflettere sul processo comunicativo e sui bisogni di apprendimento. Il task mira a potenziare la capacità di analisi delle strategie messe in atto dal parlante per sciogliere nodi comunicativi. Tali sezioni di un discorso sono denominate sequenze di “negoziazione di interpretazione” (Linell, 2009) o di “negoziazione di significato” (Gass, 1997; Varonis & Gass, 1985) e sono momenti essenziali dei processi comunicativi.

Per l’analisi di tali momenti dell’interazione faremo riferimento a due teorie, le cui differenze di prospettiva non approfondiremo per motivi di spazio. La prima è il dialogismo (Bakhtin, 1986), come discusso da Linell et al. (1988) e Linell (2009), in cui si evidenziano le proprietà del dialogo sia in termini di progetto comunicativo globale sia come singola attività comunicativa locale (Linell, 2009: 18). La seconda teoria (Varonis & Gass, 1985; Gass, 1997) nasce dagli studi sull’acquisizione della seconda lingua e fornisce una cornice analitica della negoziazione del significato. Il compito didattico (task) che proponiamo sarà esposto seguendo Ellis (2003) e Gonzalez-Lloret & Ortega (2014).

Il teletandem è un’attività in coppia utile non solo per la formazione di docenti di lingua (Telles & Vassallo, 2006), ma anche per lo sviluppo professionale di interpreti e mediatori. Per la sua caratteristica precipua di comunicazione esolingue, nel corso delle attività teletandem i partecipanti tendono a chiarire significati, ad esplicitare il non-detto attraverso strategie e modalità paragonabili a quelle delle interazioni mediate da un interprete o da un mediatore. Queste ultime, pur coinvolgendo tre o più interlocutori, sono spesso caratterizzate da sequenze diadiche durante le quali l’interprete/mediatore interagisce con uno dei parlanti e sollecita una riflessione condivisa per risolvere un problema comunicativo (Baraldi & Gavioli, 2014: 338).

Il contributo è articolato nel modo seguente: nel paragrafo 2 descriveremo il contesto di apprendimento teletandem e la nozione di mediazione; nel paragrafo 3 chiariremo il concetto di negoziazione di significato; nel paragrafo 4 presenteremo lo scenario di apprendimento e un task specifico denominato Mediation, Interaction, Negotiation in Teletandem (MINTT)[1].

2. Il Teletandem per la pratica dell’interazione

Durante gli incontri teletandem (Telles & Vassallo, 2006; Telles, 2006; www.teletandembrasil.org.), uno studente appartenente ad un ateneo (es. Università di San Paolo), parlante nativo o esperto in una lingua (es. brasiliano), interagisce con uno studente di un ateneo straniero (es. Georgetown University), a sua volta competente nella lingua di studio del suo partner (es. inglese)[2]. Lo scambio comunicativo avviene tramite tecnologie VoIP (Voice Over Internet Protocol; es. Skype). I fondamenti del teletandem si basano sull’esperienza del tandem in presenza promosso a partire dagli ’80 (cfr. Brammerts & Kleppin, 2001; Ciliberti, 2012).

Come tipologia di scambio mediata dal computer, il TT può essere definito anche: telecollaborazione, scambio interculturale online e mobilità virtuale. Ogni denominazione sottolinea diversi aspetti di un’attività che, sul piano didattico, presenta molteplici vantaggi per le sue caratteristiche intrinseche (Telles, 2006; Leone et al., 2016). Come telecollaborazione, ovvero attività di cooperazione tra apprendenti tramite l’uso delle nuove tecnologie della comunicazione, il TT mette in contatto classi e studenti che vivono in paesi distanti tra loro (O’Dowd, 2013). L’espressione “scambio interculturale online” sottolinea il rilievo di pratica comunicativa per il potenziamento di competenze interculturali e linguistiche. Sul piano didattico, infatti, l’esperienza teletandem permette di esperire schemi e stili di interazione, di approfondire curiosità, di discutere temi e aspetti che caratterizzano la/le cultura/culture dei partecipanti (Leone, 2017). Il TT rappresenta così una forma di “ecologia socioculturale” (Linell, 2009) dell’apprendimento linguistico poiché valori e tratti delle varie culture non sono mediati da materiali e tecniche pedagogiche come nella classe di lingue (Telles, 2015) ma emergono nel corso dell’interazione che diventa un “percorso dialogico e narrativo che lascia affiorare caratteristiche rilevanti della/e cultura/e di studio” (Leone, 2017: 63). L’importanza del teletandem come esperienza di apprendimento deve essere pertanto vista in una duplice direzione: essa permette di potenziare capacità interattive del parlante in modo spontaneo, naturale, non prevedibile (cosiddetto apprendimento incidentale) e allo stesso tempo consente ai partecipanti di condividere vissuti personali, rivelandosi così un’esperienza significativa sul piano relazionale e sociale. Il teletandem costituisce quindi una forma di mobilità virtuale (virtual mobility) attuata grazie all’impiego delle Tecnologie Informatiche e della Comunicazione (TIC). Potremo dire quindi una “migrazione temporanea” in uno spazio virtuale in cui si condividono e si negoziano saperi e vissuti (Leone, 2017).

Il teletandem deve realizzarsi nel rispetto di alcuni princìpi fondamentali, ovvero reciprocità, collaborazione e autonomia. In primo luogo, i vantaggi dell’attività di conversazione devono essere vicendevoli. Per questa ragione, l’impiego della lingua nativa o di studio come lingua veicolare è alternato: per metà del tempo previsto, si parla in una lingua, per l’altra metà nel secondo idioma. In secondo luogo, le sessioni teletandem si basano sulla capacità dei partecipanti di cooperare con il proprio partner per aiutarlo a migliorare le proprie abilità espressive in L2. Infine, gli studenti partecipanti al teletandem devono gestire l’attività, in parte, in modo libero e indipendente. Questo implica che gli studenti imparino a pianificare i diversi incontri, controllare i vari dispositivi e le varie applicazioni che adoperano, nel rispetto dell’impegno preso con il partner, potenziando così diverse componenti della capacità di autoregolamentazione (self-regulation) (Zimmerman, 1998).

2.1. Il Teletandem come Communicative Activity Type

Assumendo come quadro analitico il dialogismo di Linell, il teletandem può essere descritto come un tipo di attività comunicativa (Communicative Activity Type, CAT). Le nozioni di CAT e di progetti comunicativi locali (local communicative project) sono fondamentali nella teoria dialogica di Linell e Linell e colleghi. Secondo gli studiosi, il tratto distintivo di uno specifico Communicative Activity Type è la situazione sociale, descrivibile in termini di (Linell, 2009: 201-203):

  • framing dimensions, che includono tratti della situazione come scopi, compiti, ruoli, tempi, ruolo della lingua (centrale o secondario);
  • internal interactional organizations and accomplishments, ovvero il tipo di discorso, relativo ad uno specifico CAT, che comprende la struttura in fasi, il progetto comunicativo nucleare, l’agenda, gli argomenti, l’organizzazione in turni e le tipologie di domande e di feedback, i pattern di dominanza interazionale, il positioning, (in)formalità, ruolo dei manufatti;
  • sociocultural ecology che riguarda uno specifico CAT e che permette di distinguere quest’ultimo da altre di tipi contigui di attività comunicativa.

Il teletandem si realizza all’interno di una situazione sociale (frame) di tipo accademico e ha come scopo la pratica comunicativa orale per l’apprendimento linguistico (Ciliberti & Anderson, 1999). Sono previsti i seguenti compiti: vi è di solito un primo incontro di presentazione, durante il quale i partecipanti parlano dei loro interessi (es. sport che si praticano; Aranha & Cavalari, 2014). Nel corso degli incontri successivi i partecipanti discutono liberamente o approfondiscono argomenti specifici definiti dal docente o in collaborazione con quest’ultimo (es. la vita quotidiana dei giovani nei singoli paesi, la situazione politica; Leone, 2016; 2017). Per quanto riguarda i ruoli, i partecipanti al teletandem svolgono la funzione di interlocutori di L1 e di L2 e di facilitatori del processo comunicativo e di apprendimento. Un principio cardine del TT, come si diceva, è infatti la “reciprocità”, ovvero l’esperienza deve risultare positiva per entrambi gli studenti. In relazione ai tempi, il TT prevede la realizzazione di alcuni incontri, denominati sessioni (Teletandem Oral Sessions; TOS) che hanno una durata variabile da 45 min. a 60 min. Solitamente un’offerta formativa prevede da 10 a 12 TOS (agenda) che possono svolgersi anche a casa, secondo un calendario concordato tra i due studenti interessati. Nel teletandem, in particolare, il ruolo della lingua è centrale soprattutto nelle interazioni tra un parlante esperto e un parlante novizio nella lingua veicolare. Nel corso di tali dialoghi i tipi di feedback richiamano quelli di contesti formali di apprendimento (es. bene, brava, hai detto bene). Se la lingua è un tratto meno determinante in situazioni comunicative in cui il parlante non-nativo ha una competenza in L2 di livello intermedio, intermedio-avanzato, nei contesti qui analizzati la dimensione sociale dell’evento diventa rilevante, come dimostrano alcune forme di riparazione a incastro (recast) che non vengono notate dal parlante di L2 (Leone, 2014). Infine, il tratto “ecologia socioculturale” del TT è determinato dalle differenze di tale situazione d’uso rispetto ad un contesto formale di apprendimento, ovvero la classe di lingua. Come si diceva, nel TT la lingua e la cultura vengono discusse e apprese in modo naturale e in una relazione di simmetria dialogica, ovvero ogni partecipante può indirizzare il flusso della conversazione, diversamente da ciò che accade nell’interazione didattica insegnante-studente.

Per quanto concerne il tipo di discorso, il TT, come il tandem in presenza, è una forma di ‘conversation for learning’ (Kasper, 2004; 2015) in quanto i parlanti dimostrano attenzione non solo verso i contenuti oggetto di discussione ma anche verso la lingua veicolare (Leone, 2014). Nel corso degli incontri teletandem il nucleo del progetto comunicativo (communicative project; Linell, 2009: 188) è scambiare contenuti ed esperienze e migliorare la competenza produttiva e interattiva in L2. La conversazione è simmetrica, i pattern di dominanza interazionale non sono rigidi ma variano a seconda del carattere dei partecipanti e dei temi che vengono affrontati (Leone, 2012a; 2012b; 2012c; 2012d). Nel corso dell’interazione, il posizionamento dei partecipanti (positioning) muta e si evolve per costruire relazioni interpersonali, che a volte si protraggono anche dopo la conclusione del programma formativo.

Nelle diverse situazioni, i parlanti si esprimono costruendo progressivamente il progetto comunicativo globale la cui natura emerge dalla dinamica dello scambio interattivo quando esso è concluso (Linell, 2009: 189). Il mutare delle attenzioni, delle preoccupazioni e dell’impegno da parte dei parlanti orienta le diverse attività comunicative, descrivibili, quindi, anche in termini di agency individuale e di grado di responsabilità dei partecipanti verso il progetto globale. La prospettiva linelliana non è deterministica; al contrario, gli individui hanno un ruolo fondamentale e costruiscono la loro identità attraverso il dialogo. Rispondendo agli altri, si agisce rispetto all’interlocutore e si diventa responsabili della propria azione (Leone, 2016).

Durante l'interazione, si fa uso di risorse digitali elettroniche, come dizionari online per risolvere problemi comunicativi o di materiali audio o video disponibili sulla rete. A volte si fa ricorso anche ad oggetti (ruolo dei manufatti) per chiarire significati e vocaboli poco noti[3].

2.2. L’attività di mediazione nell’interazione e la soluzione di problemi di comprensione e comunicazione

Dalla pubblicazione del Quadro Comune Europeo (2001) alla stampa del relativo Compendio (North & Piccardo, 2016; Consiglio d’Europa, 2017), la nozione di “mediazione” si è arricchita di dettagli descrittivi che chiariscono la prospettiva teorica assunta in ambito europeo sul tema della comunicazione e dell’apprendimento linguistico. Già nel Quadro Comune Europeo la mediazione è proposta in aggiunta alle attività ricettive, produttive e di interazione. Da tempo, quindi, si riconosce alla mediazione un quadro definitorio e un profilo epistemologico distinto da quelli della ricezione e della produzione. Allo stesso modo, all’interazione si riconosce un paradigma specifico. Interazione e mediazione sono in stretto rapporto: la prima non è solo la somma della ricezione e della produzione di un messaggio ma implica anche la co-costruzione del significato; la seconda connota ulteriormente il processo condiviso che permette di giungere alla definizione di senso e contenuti, enfatizzandone le dimensioni sociale e individuale dell’uso e dell’apprendimento linguistico (North & Piccardo, 2016: 4).

La prospettiva teorica è socio-costruttivista (Vygotsky, 1978) e si basa su due concetti fondamentali: il processo comunicativo visto come co-costruzione del significato e il parlante come agente sociale. Nel Compendio al QCER (Consiglio d’Europa, 2017: 99), la mediazione come attività dialogica viene così descritta:

In mediation, the user/learner acts as a social agent who creates bridges and helps to construct or convey meaning, sometimes within the same language, sometimes from one language to another (cross-linguistic mediation)

Si mette così in luce che la mediazione mira a creare “ponti” e “space and conditions” per facilitare l’apprendimento, la comunicazione, la costruzione di significati, sollecitando anche altri ad essere agenti attivi e collaborativi del processo comunicativo. La mediazione avviene inoltre in diversi ambiti: sociale, pedagogico, culturale, linguistico o professionale. Essa è rilevante tanto in contesti comunicativi plurilingui, quando il dialogo avviene in L2 o in una lingua franca o quando i parlanti comunicano in lingue diverse (spesso tipologicamente affini tra di loro), attuando così processi di intercomprensione (Candelier et al., 2012). La mediazione entra in gioco anche nello scambio interattivo monolingue in L1.

La mediazione si esplica in vari tipi di attività come la mediazione di un testo, la mediazione di concetti e, infine, la mediazione della comunicazione. La mediazione di un testo include la chiarificazione di contenuti oscuri per difficoltà linguistiche di uno dei parlanti. Pensiamo, ad esempio, alla spiegazione in L1 di un testo in ambito pedagogico. La mediazione di concetti mira a chiarire un termine all’ascoltatore o al lettore (Katan, 2013: 85). La mediazione della comunicazione serve, invece, a creare uno spazio condiviso per dipanare conflitti, come nella mediazione familiare o generazionale e ‘interculturale’.

Nelle tipologie di attività descritte, la scarsa chiarezza e l’ambiguità di alcuni enunciati vengono superate attraverso la “negoziazione di interpretazione” (negotiation of interpretation; Linell 2009: 74), che hanno lo scopo di sollecitare forme di riparazione e riformulazioni, a volte anche per esplicitare impliciti non chiari. Le sequenze di negoziazione sono un momento costruttivo nel processo comunicativo, come affermano Baraldi & Gavioli (2014: 338), sono azioni riflessive “which promote communication about the communication process”. Il potenziamento della capacità di orientare il discorso verso la soluzione di problemi comunicativi riveste un ruolo fondamentale per la formazione di diverse figure professionali, come l’interprete, il mediatore e il docente (Gavioli, 2009). Per questa ragione, la negoziazione di interpretazione o negoziazione di significato, secondo il modello di Varonis & Gass (1985) e Gass (1997), è il focus del task che proponiamo.

3. La collaborazione nel corso di sequenze di negoziazione

Nel corso di un’interazione la negoziazione del significato, la riparazione di una parola o di un intero enunciato modificano e ristrutturano l’input (Pica, 1994: 494). In particolare, la negoziazione del significato, nella definizione di Gass (1997: 107):

 […] refers to communication in which participants’ attention is focused on resolving a communication problem as opposed to communication in which there is a free-flowing exchange of information.

I processi negoziali interrompono l’andamento orizzontale del discorso e sono messi in atto dopo una chiara indicazione della mancata comprensione tra i partecipanti (Varonis & Gass, 1985: 73). Essi permettono ai partecipanti “to maintain, as well as possible, equal footing” (Gass, 2013: 349), ovvero offrono la possibilità di comprendere il turno precedente e la sua collocazione nella sequenza discorsiva e di intervenire quindi in modo appropriato nella conversazione (Gass, 1985: 73; Gass, 2013: 349). Secondo Varonis & Gass (1985), quattro differenti primes funzionali compongono una sequenza di negoziazione: trigger (l’innesco, la causa scatenante), indicator (indicatore), response (risposta) e reaction to response (reazione alla risposta), una mossa interattiva facoltativa che non sempre compare negli eventi comunicativi chiarificatori. La negoziazione può essere motivata da una domanda o da una risposta e da trigger “locali” o “globali” (Nakahama et al., 2001). I trigger locali sono i turni non chiari per lessico, morfosintassi, pronuncia, ovvero quei tratti di un enunciato che condizionano l'interpretazione di un segmento isolato di un turno di parola. I trigger globali interessano, invece, l’intero discorso o parti del dialogo per la cui comprensione occorre riconsiderare più di un turno di parola (es. riferimenti anaforici, deissi, ecc.) (Nakahama et al., 2001: 384-385). La natura del trigger è identificabile attraverso la reazione dell’ascoltatore ovvero grazie all’indicator, il secondo prime che mette in luce la difficoltà linguistica o discorsiva del turno o dei turni che lo precedono[4].

Dalla prospettiva linelliana, l’attività negoziale è un tipo di sequenza locale e come tale implica «responsitivity, initiatives, projection (anticipation) and reciprocity of contributions» (Linell, 2009: 179). “Responsivity” (reattività) è la dimensione dell’atto “response” tramite la quale la nuova produzione è in relazione con i contributi precedenti in un dialogo. La dimensione “initiative” (iniziativa), invece, introducendo nuovo materiale, ha una funzione proiettiva rispetto ai successivi interventi. “Reciprocity” (reciprocità) è l’interdipendenza che esiste tra gli interventi di un dialogo. È una prospettiva diversa sul fenomeno “initiative, response” (cfr. anche Schegloff, 2007), afferma Linell (2009: 179):“Reciprocity is not something different from responses and initiatives, but rather a slightly different perspective on the same phenomena”. Tali aspetti possono essere individuati anche in un contributo elementare ad un dialogo: un semplice enunciato è comunque “permeated by social, sequential and interactional interdepencies” (Linell, 2009: 180).

Come nella prospettiva socio-costruttivista del Quadro Comune Europeo (e Compendio), anche nella teoria di Linell e colleghi, la costruzione del significato è un’attività congiunta che si basa su un’interdipendenza tra azione locale - individuale - e progetto comunicativo generale. Essa si realizza attraverso tre “princìpi dialogici”: “sequenzialità” (sequentiality; Linell, 2009: 186), “costruzione congiunta” (joint construction; Linell, 2009: 187) e “interdipendenza atto-attività” (act-activity interdependence; ibidem). “Sequenzialità” implica che l’interpretazione del singolo enunciato è effetto della posizione di quest’ultimo nella sequenza discorsiva (cfr. Schegloff, 2007). I partecipanti ad un’attività dialogica sono quindi “co-autori” della produzione di significati e l’azione è pertanto condivisa e quindi creata insieme (Zorzi, 1990).

Nel paragrafo seguente vedremo due sequenze di negoziazione di interpretazione che evidenziano strategie diverse del parlante, determinate anche da caratteristiche della situazione.

3.1. Collaborare per capirsi nel teletandem

Analizzeremo due sequenze di negoziazione di interpretazione che presentano differenti tratti costitutivi del turno denominato “indicator”. Gli estratti avranno i turni numerati per facilitare, nella discussione, il rimando al testo trascritto.

L’estratto n. 1 è parte di un dialogo teletandem tra la parlante di lingua inglese (Jessica) e la parlante italofona (Miriam) (Leone, 2016). Pur avendo al suo interno diversi momenti di commutazione di codice (es. “keyboard”, turno 6; Anderson & Banelli, 2005), lo scambio comunicativo si svolge prevalentemente in italiano. Jessica lavora come infermiera presso un ospedale negli Stati Uniti e sta raccontando un episodio verificatosi la sera precedente. Prima della sequenza riportata ha parlato di una sorta di telefono che, lei dice, è «senza fili e senza numeri» (turno 1). Le parlanti negoziano quindi come possa essere questo telefono[5].

(1) Negoziazione di interpretazione. Dati Jessica (italiano L2 -livello A2) e Miriam (inglese L2 -livello B1).

01.

Jessica:

ok senza fili e senza numeri? ((ride))

02.

Miriam:

e come fa un telefono a essere senza fili e senza numeri ((ride)) senza tasti senza tasti ok il tasto tick tick tick tasto questo è un tasto questo è un tasto (chat: senza tasti!!) questo è un tasto

03.

Jessica:

tasto?

04.

Miriam:

questo è un tasto tick

05.

Jessica:

touch

06.

Miriam:

no no eh in the keyboard you have tasti ((mostra un telefono attraverso il video))

07.

Jessica:

(botton)

L’estratto 1 mostra una caratteristica dello scambio dialogico via tecnologie VoIP, ovvero la multimodalità. Le parlanti comunicano oralmente e tramite la chat, la gestualità e l’immagine. In particolare, quest’ultima consente la definizione ostensiva di vocaboli poco chiari, resa possibile dalla visione di una ristretta parte dell’ambiente in cui l’interlocutore si trova. Sul piano linguistico, in questo estratto è possibile osservare che nel turno 1 Jessica chiede conferma a Miriam della forma linguistica che sta adoperando. Nel turno 2 Miriam rielabora i contenuti precedentemente espressi e mette in discussione la possibilità che quest’ultimo non abbia né tasti né fili. La parlante nativa tenta di spiegare il significato di tasto, vocabolo che le sembra determini incomprensione, e mira a risolvere l’ambiguità generata anche dalle scarse competenze in L2 di Jessica. Il suo turno non è un’iniziativa locale perché i contenuti si collegano ad un turno non adiacente (turno n. 1) ma a quanto detto precedentemente nel dialogo. Tale turno, pur non risolvendo il “progetto comunicativo locale” (Linell, 2009: 380) avviato da Jessica, ne tenta una risoluzione mettendo a fuoco il progetto principale. La conclusione del turno è un’affermazione (ibidem) per cui il suo grado di “initiative” non è forte come sarebbe invece nel caso di una domanda (o di una richiesta). Lo scambio procede con Jessica che non comprende il significato della parola “tasto” e chiede pertanto chiarimenti. La portata retroattiva del turno 3 (indicator) al turno precedente ha una forza minima (Linell, 2009: 468), trattandosi di una richiesta di chiarimento di contenuti presenti nel turno precedente (Linell, 2009; Leone, 2016).

Anche l’estratto 2 è parte di un’interazione teletandem. Esso presenta un’altra tipologia di indicator in cui il parlante evidenzia una parte del discorso (you mean a secret language) e chiede di chiarirne l’interpretazione (I didn’t get what you mean).

(2) Indicator con ripresa di lessico rilevante e con richiesta esplicita di chiarimento. Dati Giovanna (inglese L2 - livello C1) e Rose (italiano L2 - livello B).

01.

Rose:

ya because ahm but I think that's fascinating that you can like be in italy and speaking dialects and not understand each other=

02.

Giovanna:

=ya=

03.

Rose:

=it's crazy

04.

Giovanna:

yes I know but [act]ually

05.

Rose:

                     [I'm like]

06.

Giovanna:

for us it's crazy but it is funny thing for us you know

07.

Rose:

do you use that like a secret language to like I don't know

08.

Giovanna:

you mean a secret language i didn't get what you mean

09.

Rose:

like if you meet someone from a different region like so they don't understand you

10.

Giovanna:

yes of course ((risata))

Le due sequenze presentano “trigger” e “indicator” con caratteristiche differenti. Nel primo estratto, la negoziazione di significato è di tipo lessicale (local trigger ); la richiesta di chiarimento avviene attraverso la ripetizione ecoica del lemma non chiaro (eco, par. 3.1). Nel secondo estratto, il problema di comunicazione è determinato dall’espressione “secret language” e dall’implicazione che essa ha sui contenuti del discorso (global trigger). In entrambi i casi, l’indicator indirizza l’interlocutore verso la soluzione del problema attraverso sollecitazioni di tipo implicito (ripetizione ecoica) e esplicito (I didn’t get what you mean). È interessante osservare come la scelta di un “indicator” possa essere dettata da fattori situazionali come il contesto comunicativo e le caratteristiche dei parlanti, ovvero la competenza in L2 del parlante Jessica. Miriam sceglie probabilmente di non sovraccaricare l’interlocutore con nuovo input attraverso una richiesta di chiarimento esplicita che avrebbe comportato l’uso di altre espressioni ed altri lemmi. Quindi, se è vero in linea generale, come afferma Gass (1997: 115), che “when the indicator is explicit and direct, there is a greater likelihood that change will result”, è altrettanto vero che in alcune situazioni comunicative una richiesta di chiarimento implicita e focalizzata può favorire la condivisione e la negoziazione del significato.

Abbiamo quindi evidenziato le azioni messe in atto dai parlanti per indirizzare il discorso verso la soluzione di un problema comunicativo, rilevando anche le variabili situazionali che potrebbero aver portato gli interlocutori a scegliere una formulazione di enunciato rispetto ad un’altra (implicito vs. esplicito). Abbiamo anche notato come ogni singolo atto possa essere collegato con i precedenti e con gli atti successivi, in modo che il progetto comunicativo sia elaborato congiuntamente dagli interlocutori. Tali osservazioni metacomunicative possono essere proposte anche in contesti di istruzione formale e servono a sviluppare la capacità di analisi dell’intera situazione comunicativa di futuri interpreti/mediatori e insegnanti. I corsi di lingua possono quindi prevedere sessioni di teletandem associate a compiti di apprendimento in cui gli studenti si esercitano nell’analizzare la struttura della lingua nel discorso e i processi comunicativi, acquisendo conoscenze e competenze sulle strategie attraverso le quali i parlanti nelle diverse cornici situazionali (frames) costruiscono significati in modo collaborativo (Niemants & Cirillo, 2017: 6).

4. Scenari di apprendimento e task basati sull’esperienza del teletandem

Le sessioni teletandem sono solitamente affiancate da incontri di mediazione che, al momento, si svolgono in presenza con il supporto delle tecnologie poiché si fa anche uso di una piattaforma e-learning (es. Moodle). Sessioni teletandem e sessioni di mediazione compongono uno scenario pedagogico (learning scenario) di tipo ibrido, in cui le tecnologie sono adoperate sia per comunicare sia per archiviare documenti e rilevare dati a supporto del processo di apprendimento (González-Lloret & Ortega, 2014).

Esiste una stretta relazione tra le sessioni teletandem e le sessioni di mediazione: le seconde servono ad analizzare, a riflettere e a discutere l’esperienza di interazione attuata dagli studenti con i loro partner stranieri. Le sessioni di mediazione, opportunamente documentate da videoregistrazioni[6], si realizzano in una prospettiva socio-culturale, in cui gli scambi linguistici e culturali tra mediatori e studenti “happen within a social cultural perspective and allow each and every individual to advocate cultural identities in a broad sense” (Leone et al., 2017: 179).

Il docente si propone quale mediatore, vale a dire agevola il processo di riflessione individuale e collettiva, facilitando la discussione di punti di vista differenti, evitando di porne uno come modello corretto da seguire, come se si navigasse in “a constantly changing and emerging hermeneutic environment” (Feito, 2007: 3).

Lo scenario di apprendimento basato sul teletandem (Teletandem based Learning Scenario (TTLS); Leone et al., 2017) si costruisce intorno ai bisogni formativi dello studente, in vista della sua formazione professionale (cosa devo saper fare per essere un buon insegnante, mediatore ecc.?) e al suo processo di apprendimento (quali strategie metto in atto? come posso potenziare tali strategie comunicative?). Si realizza così, lungo le direzioni di cambiamento delineate da Weimer (2013), il “learner-centered approach”. In primo luogo, si modifica il ruolo del docente, non più l’unico a decidere ma “mediatore” in grado di creare contesti di apprendimento in cui ci sia bilanciamento del potere, ovvero docente e studenti sono coinvolti nelle decisioni. La responsabilità verso il processo di apprendimento viene inoltre sentita e controllata anche dallo studente. I contenuti del programma didattico mirano a potenziare conoscenze, consapevolezza e competenze di studio. Infine, la valutazione è di tipo formativo ed è un’esperienza condivisa. Lo studente, infatti, autovaluta le proprie capacità di interazione e di mediazione.

In 4.1. e in 4.2 presenteremo il concetto di task in didattica e un compito didattico sperimentato durante le sessioni di mediazione.

4.1. Il task come evento pedagogico-didattoco in scenari di apprendimento

Il concetto di task è fondamentale per la costruzione dello scenario di apprendimento. Tutte le definizioni date nei vari studi sottolineano che ogni task integrato in un programma di apprendimento deve essere: 1) comunicativo; 2) basato su scambi significativi (meaning–focused); 3) collegato con l’uso della lingua nel mondo reale (Skehan, 1998). Secondo Gonzales-Llore & Ortega (2014), un task deve porre al centro l’interazione e, anche se esso prevede un obiettivo di apprendimento linguistico, il potenziamento delle competenze linguistico-comunicative deve avvenire perlopiù in modo incidentale. Inoltre, il focus linguistico deve essere di tipo “implicito” almeno per una buona parte dell’attività. Long (2015: 3470) sottolinea, inoltre, che i task devono basarsi sulle esigenze di apprendimento degli studenti, ovvero su ciò che essi “need, or will need, to do in the L2” (target task; Long 2015: 3479), integrando la relazione forma-funzione.

Ellis (2003) e Gonzales-Llore & Ortega (2014) evidenziano le seguenti proprietà definitorie di un task: finalità, input, condizioni, procedura e risultati. Finaltà è lo scopo generale del compito che deve stimolare il parlante ad esprimere tratti identitari e affettività (es. task basati sul divario informativo o di opinioni). L'input è costituito invece dalle informazioni verbali e non-verbali fornite per portare a termine il compito (es. siti web, tutorial, precedenti esperienze di apprendimento). Le condizioni sono le modalità di presentazione delle informazioni (es. attività di divario informativo). La procedura di un task riguarda le modalità di lavoro (es. lavoro di gruppo vs lavoro di coppia) e il tempo di pianificazione (task con un tempo lungo di pianificazione vs. compiti spontanei). Infine, i risultati derivano dal completamento dell’attività e sono verbali (es. la produzione di un messaggio orale o scritto, l’effetto perlocutorio di un atto) e/o non-verbali (es. un artefatto). Essi sono descrivibili anche in termini di processo cognitivo e/o linguistico, come nel caso di una discussione orale di un film o di un’esperienza.

Una proprietà determinante di un compito nel contesto dell'integrazione tecnologica, secondo Gonzalez-Lloret & Ortega (2014: 5), è l’olismo. Si mette quindi in luce l’esigenza di definire task e scenari di apprendimento in cui si creano interrelazioni e interconnessioni tra le diverse componenti della comunicazione in situazioni reali, in primis la relazione forma-funzione elicitata sulla base dei contesti d’uso.

4.2. Il task: descrizione

Nello scenario di apprendimento basato sul Teletandem è centrale il potenziamento delle competenze d’uso e della capacità di analizzare il processo comunicativo e di apprendimento, anche per apprendere autonomamente la L2 fuori dai contesti istituzionali (Leone et al., 2017). Il task “mediare e negoziare significati nel corso del teletandem (Mediating, Interacting and Negotiating in TT; MINTT)” si svolge durante gli incontri in presenza con il mediatore. MINTT è modellato su un target task “la mediazione in contesti comunicativi esolingui”. Il task promuove la riflessione sulla propria produzione in L2 (Aston, 1988), sulla propria capacità di cooperare nelle diverse situazioni comunicative, sul processo e sui bisogni di apprendimento. In particolare, si mira a sviluppare la capacità degli studenti di auto-analizzare le strategie di mediazione e di interazione (cooperazione) nel corso di negoziazioni di significato, autovalutando l'uso comunicativo di lessico, collocazioni, pragmatica, abilità, genere e registri (Long, 2015). L’input che viene fornito agli studenti per svolgere l’attività è una selezione delle videoregistrazioni di sessioni teletandem (max.2-3 videoclip per studente).

La procedura di svolgimento del task prevede che gli studenti analizzino i tratti costitutivi delle sequenze di interazione in cui i parlanti cercano di rimediare problemi di comprensione, mettendo in evidenza strategie di mediazione (es. esplicitare impliciti emersi nel corso dell’interazione; Baraldi & Gavioli, 2012). Ogni studente dovrà analizzare le sequenze di negoziazione selezionate e portate in classe, rispondendo ai seguenti quesiti:

(3)

Quali caratteristiche presenta la negoziazione di significato selezionata?

 

Quali problemi di natura cognitiva, linguistico-comunicativa si evidenziano?

 

Ci sono impliciti (culturali) resi espliciti nel corso della negoziazione? In che modo?

 

In che relazione è l’indicator con il trigger?

 

I problemi comunicativi vengono risolti? Se sì, come?

 

In che modo viene evidenziata la risoluzione del problema?

Le modalità per affrontare tale compito sono varie (conditions e procedure). Ad es. ogni singolo studente può preparare le risposte ai quesiti da solo e poi può discuterle con un collega del proprio corso o direttamente con il gruppo classe (conditions). La riflessione condivisa dei dati, che ovviamente sarà in L2, è estremamente costruttiva e aiuta a crescere attraverso il confronto con i pari. Come evidenziano Long (2015) e González-Lloret & Ortega (2014), è essa stessa un prodotto (inteso come processo) cognitivo e linguistico-comunicativo del task. Il prodotto finale (output) può essere un file di presentazione (es. Power Point) organizzato come in una relazione a carattere scientifico in cui si esplicita la finalità, la metodologia di analisi, facendo riferimento ai dati. Il prodotto finale così strutturato arricchisce ulteriormente il percorso formativo essendo esso stesso un’occasione per imparare a elaborare una relazione di tipo accademico.

5.Conclusioni

Teletandem è un’esperienza comunicativa mediata dalle tecnologie che ha i seguenti vantaggi: espone l’apprendente all’uso linguistico di un parlante esperto nella sua lingua di studio; i tratti culturali e la lingua sono appresi in modo ecologico in quanto strettamente legati al contesto e utili a costruire relazioni sociali.

Grazie all’impiego diffuso delle nuove tecnologie, il teletandem può costituire inoltre input per attività che si svolgono in classe in presenza di un docente/mediatore. Il task descritto, denominato MINTT, si realizza in uno scenario di apprendimento che è intrinsecamente centrato sullo studente e sul suo processo di apprendimento. Esso costituisce un’esperienza diretta di uso linguistico e affronta i bisogni (e i desideri) degli studenti, che vengono analizzati dagli stessi interessati, impiegando le proprie risorse linguistiche e non-linguistiche (es. competenze digitali per realizzare file di presentazione).

Un compito didattico non deve solo offrire occasione di apprendimento attraverso l'esperienza diretta ma deve anche prevedere attività di riflessione (Aston, 1988; Leone et al.,  2017; Gonzales-Llore & Ortega, 2014). La procedura di MINTT include perciò cicli di riflessione e autoriflessione esplicita in cui i parlanti mostrano atteggiamenti flessibili e orientati verso la valorizzazione della diversità, senza imporre uniformità nei processi e negli esiti del compito.

Il presente contributo intende perciò collocarsi in una tradizione di studi che vede come fondamentale l’osservazione del dato empirico anche in didattica (Niemants & Cirillo, 2017: 2).

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Notes

[1] Il nome del task è in inglese perché lingua privilegiata per la comunicazione tra i colleghi del Teletandem Network (Leone et al. 2016).

[2] Il teletandem rientra nell’offerta formativa di alcuni atenei nel mondo: 7 in Europa (e.s. Università di Roma Tre, Università del Salento; Southampton University); 12 negli Stati Uniti (e.s. Miami University, Georgetown University), 2 in Sud America (University of Mexico, Cali University). Quindi, come altre forme di scambio interculturale online (online interculturale exchange; Lewis & O'Dowd, 2016), TT è una pratica “istituzionalizzata” (Aranha & Cavalari, 2014), ovvero proposta come attività interna ad un corso (teletandem integrato) o come percorso a scelta con riconoscimento crediti (teletandem non-integrato; Leone et al., 2016).

[3] Ad esempio, nel corso dell’interazione tra una parlante poco esperta in L2 ed una parlante esperta, quest’ultima mostra nel riquadro video un “ferro da stiro”, polirematica non nota all’apprendente (Leone, 2014).

[4] Nella teoria di Varonis & Gass (1985) l’indicator può avere le seguenti forme: eco (ripetizione di una parola o di una parte dell’enunciato con intonazione crescente o decrescente); affermazione esplicita di non-comprensione (OhI don’t understand/Pardon/what? I don’t understand); riassunto (Do you mean…?); nessuna risposta verbale (Silenzio o mmm); risposta inappropriata (In my country/In my class?); reazione di sorpresa (Really? Did she?); correzione esplicita.

[5] Norme di trascrizione del dato orale: ((xxxx)) sono commenti del trascrittore, (chat: xxxx) testo scritto in chat, (xxx) decodifica incerta di parola.

[6] Le videoregistrazioni sono effettuate con il consenso scritto dei partecipanti, in riferimento alle leggi sulla privacy del paese (per l’Italia legge 196/03) e dell’istituzione responsabile della raccolta dati. È in corso la creazione di una banca dati DOTI (Databank of Oral Teletandem Interaction; (Leone et al., 2016; Leone et al., 2017).

About the author(s)

Paola Leone is Professor of Foreign Language Teaching and Teaching Italian as L2 at the Università del Salento, Italy. In 2012, she was visiting professor at the Universidade Estadual Paulista, Brazil (UNESP). She taught Didactics of Italian as L2 and has carried out research at the University of Bologna. She has taught Master level courses in Teaching Italian as L2 (University of Calabria) and in Linguistic and Intercultural Mediation in Matters of Immigration and Asylum (University of Salento). She has participated in several research projects funded by the European Union and by the Italian Ministry of Education She has published research on the vocabulary of history textbooks and language learning and native non-native computer-mediated oral interaction. In this latter field, she has presented at (inter)national conferences and published papers on (inter)national journals in the areas of: a) meaning negotiation, b) sequences of repair, c) interactional dominance, d) the use of discourse markers in face-to-face and computer-mediated communication.

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©inTRAlinea & Paola Leone (2018).
"Co-costruzione di competenze linguistiche e culturali attraverso la riflessione e la discussione"
inTRAlinea Special Issue: Translation And Interpreting for Language Learners (TAIL)
Edited by: Laurie Anderson, Laura Gavioli and Federico Zanettin
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/2306

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