Dire la verità mentendo

Translated by: Anabela Cristina Costa da Silva Ferreira (University of Bologna, Italy)

Falar verdade a mentir by Almeida Garrett


Luogo: Lisbona

Personaggi:
Brás Ferreira
Amalia
Duarte Guedes
Generale Lemos
Joaquina
José Félix
Un lacchè
Un domestico senza livrea

 

ATTO UNICO

Elegante sala di visita. Porta in fondo e altre laterali. A sinistra, un tavolo e uno scrittoio, ed altri oggetti di scena.

 

SCENA I

Joaquina, José Félix

JOAQUINA - Venga signor José Félix, entri. A quest'ora? Per una persona come lei signor José Félix, il domestico personale di un signore di corte ... . Lá fuori sono a malapena le nove ...

JOSÉ FÉLIX - Le nove ... e un signore di corte! Stia tranquilla, signora Joaquina. Il mio signore è un generale, va beh, siamo d'accordo, ma le nove hanno suonato già da molto. Ma qui a Lisbona si contano le ore e i signori in altra maniera. In campagna, noi, mia cara Joaquina ...

JOAQUINA - Ahi ahi, ma sei scemo? In campagna, in campagna ... Ma cosa dici! Devi sapere che io sono di Porto, signor José Félix, che è la seconda capitale del regno, la città eterna, come dicono i giornali. Campagna sarà la sua, quella di Lourinhã o il paesello di Padre Pires o cosa simile. E allora?

JOSÉ FÉLIX - Va bene, basta, Joaquina, basta; stai tranquilla che io non parlo più. Basta. Ho saputo ora che sono arrivati ieri sera col vapore e che si trovano qui in questa locanda, che è quasi attaccata alla nostra casa, e son venuto subito, mia adorata Joaquina, a richiedere il premio degli undici mesi di eterna mancanza di te.

JOAQUINA - Ma e tu, voglio sapere, tu, mi sei stato fedele?

JOSÉ FÉLIX - Orribilmente fedele! Maledizione, Joaquina, maledizione!

JOAQUINA - Ma cosa dice questo qui?

JOSÉ FÉLIX - Se tu vieni da ... dalla campagna, noooo. No, Joaquina, tu non vieni dalla campagna, tu vieni dalla città eterna ... Verrai. Maledizione eterna su chi lo metterà in dubbio! Ma tu vieni, vieni da dove ancora non si conosce la lingua delle romantiche passioni, dei sentimenti tratti dalla pura natura come noi che qui abitiamo nella via dei Conti, e nei feuilleton delle pagine pubbliche, che sono l'organo della opinione incommensurabile dei secoli.

JOAQUINA - Se io ti capisco ...

JOSÉ FÉLIX - Aaaah! tu non mi capisci? Bene, Joaquina, bene. Nemmeno io: nessuno. Perciò, Joaquina, la moda è questa. Lascia stare: se ci rimani otto giorni, resterai più perfetta di me perché la tua anima di donna è fatta per capire il mio cuore di uomo. E allora, capisci? Oh Joaquina, angelo mio, donna, brezza, silfide, demonio! io ti amo! ti amo, perché ...

JOAQUINA - Dio mio!

JOSÉ FÉLIX - Non interrompermi, non interrompermi, lasciami stare. Silfide, angelo, brezza, donna! ti amo perché il mio cuore brucia per te e io ho delle vene, e queste vene ... hanno delle arterie ... e queste arterie hanno ... non hanno ... le arterie non hanno niente, ma battono, battono come le campane che suonano in onore del defunto nell'ora del passaggio che è la morte, morire, morire ... oh Joaquina, morire! E che cos'è la morte? È la vita che sprofonda negli abissi strepitosi dell'eternità, che è, che è ...

JOAQUINA - Ma questa è una commedia oppure tu mi stai prendendo in giro?

JOSÉ FÉLIX - Questo è il dramma delle passioni, dei sentimenti, della verità ...

JOAQUINA - Senti un po': avevo una cosa molto seria da dirti ma siccome tu sei uscito pazzo, addio!

JOSÉ FÉLIX - La poesia della vita è questa, Joaquina. Ma ... ma passiamo alla vile prosa degli interessi materiali del paese, se necessario. Dai, dunque. Farò quest'altro sacrificio per te. Che posso fare per te?

JOAQUINA - Che tu smetta di dire sciocchezze ora e che mi ascolti. Il mio padrone, il signor Brás Ferreira, che è un gran riccone come tu sai, uno di quelli commercianti di Porto che hanno soldi come i chicchi di grano, viene di proposito a Lisbona per sposare la sua bambina. Lei è figlia unica, e stravede per me, poverina! È un angelo! Mi ha promesso che il giorno in cui avrebbero firmato le carte io avrei ricevuto la mia dote.

JOSÉ FÉLIX - Dote! Dio mio! una dote ... Oh Joaquina, ma tu hai davvero una dote? Non voglio sapere quanto è. Assolutamente! No! Che io sia maledetto!

JOAQUINA - Cento monete.

JOSÉ FÉLIX - Oh! sia quel che sia, che m'importa? L'amore, l'amore vero non conta gli spiccioli dell'oggetto del desiderio ... No ... Ma è in contanti, in contanti, Joaquina?

JOAQUINA - Sissignore.

JOSÉ FÉLIX - Meglio: perché come ben sai, io con la mia educazione, un ragazzo che ha emigrato, che è stato a Parigi e che oggi è il domestico privato di un generale ... con titolo a diventare maggiordomo di un club di primo livello - ho già rifiutato le galosce - come vedi non potevo formare una alleanza che non mi fornisse i mezzi di sostentamento per la posizione sociale in cui mi trovo. Ma tu hai una dote; basta, mi calmo e ti stendo la mia mano.

JOAQUINA - Ahi, José Félix! ma il matrimonio della mia padrona non è stato ancora realizzato.

JOSÉ FÉLIX - Ma perché? Ci sono degli impedimenti?

JOAQUINA - No lo so ... quando tornavamo col vaporetto mi è sembrato che ci fosse qualcosa ... . Tra il padre e la figlia c'era qualcosa. E la signorina era triste, irrequieta. Sono sicura che ci sono degli impedimenti grandi, che ci sono degli ostacoli ...

JOSÉ FÉLIX - Ostacoli! No no, non ci sono, non ci possono essere. La mia passione, la nostra felicità, cento monete in contanti, perdindiridina! al diavolo! assolutamente non ci possono essere, questo matrimonio s'ha da fare, Joaquina: l'onore, la delicatezza, tutto me lo dice, signora Joaquina, vada subito a sciogliere i dubbi al papà. E se necessario, io prenderò parte nella questione.

JOAQUINA - Ma noi dobbiamo sapere che cosa c'è, dov'è che possiamo intervenire ... Ma aspetta; guarda, sta arrivando la signora Dona Amalia: stai lì e ... a meno che tu non serva a casa del tuo padrone.

JOSÉ FÉLIX - Il mio padrone! Guarda, tu sei molto arretrata, Joaquina. Il mio padrone è un gentiluomo, un generale, una persona della prima società, e quindi abituato a fare aspettare gli altri, e ad aspettare lui i suoi domestici, che è la regola. Inoltre, io sono in licenza per tutta la giornata, perché è successa una cosa a casa ... La signora ha pianto, il signore ha brontolato. Te lo racconterò un'altra volta, perché così ti farò ridere. Il caso vuole che io oggi abbia tutta la giornata per me. Eccola che arriva, la tua padrona. E arriva triste, poveretta! Resta ferma dove sei, Joaquina! Guarda che è una cosa seria per te, avere una dote e un marito!

 

SCENA II

I personaggi già in scena e Amalia

AMALIA - Joaquina! Joaquina! ti stavo cercando. Il signor Duarte non è ancora arrivato?

JOAQUINA - No, signora.

AMALIA - Ma chi è questo uomo con cui stavi parlando?

JOSÉ FÉLIX - Dai, presentami come si deve.

JOAQUINA - Mia signora, è quel ragazzo di cui le avevo parlato a Porto.

AMALIA - Ah! Sì, lo so: è il signor José Félix. Hai buon gusto, Joaquina. Il peggio è che voi non vi potete sposare finché il mio matrimonio non si è realizzato, e io ho molta paura che dobbiate ancora aspettare molto tempo.

JOAQUINA - Ma perché, mia signora?

AMALIA - Ma non lo vedi! sono disperata; si è tutto rovesciato, mio padre vuole che io rompa il fidanzamento con lui.

JOAQUINA - Con il signor Duarte?

AMALIA - Si, altrimenti con chi?

JOSÉ FÉLIX (commentando) - Mio Dio! e le nostre cento monete?

JOAQUINA - Non è possibile: la stessa famiglia, la stessa ricchezza, un matrimonio così giusto, così per bene ... Suo padre non oserà.

AMALIA - Ah, non lo so proprio! É venuto a Lisbona - ora l'ho capito - solo per trovare un pretesto per annullare questo matrimonio.

JOAQUINA - Ma non lo troverà. Il signor Duarte è un giovanotto come ce ne sono pochi. Giudizioso ... e le sue trovate ... beh, è giovane e come tutti i giovani ... Le passerà in fretta. Con un cuore così ... non ce n'è di meglio. E lo vuole sapere, signora? Il male che egli fa è per abitudine ... tutti lo fanno ... e se il bene che lui fa è molto di più, allora mia signora, le passerà e non farà più del male a nessuno.

AMALIA - Va beh, ma già che stiamo parlando dei suoi difetti, ti dirò che ne ha uno che se mio padre lo viene a sapere ... L'ho tenuto nascosto finora, ma se mio padre lo viene a scoprire è finita, non glielo perdonerà mai. Mio padre è un commerciante all'antica che ha alti i valore dell'onore, della rettitudine, della correttezza e della verità nei modi di fare, ed è talmente severo che sembra

quasi maleducato ... e Duarte è un bravissimo ragazzo, non c'è ombra di dubbio, ma, non so se per distrazione o se per pazzia, ha preso la brutta abitudine di non dire mai una parola che sia vera.

JOSÉ FÉLIX - Capisco ... ha viaggiato tanto ...

JOAQUINA - No, no, è il primogenito di una razza quasi castigliana ...

JOSÉ FÉLIX - Capisco, capisco: echelas usted más blandas.

JOAQUINA - E inoltre è da sei mesi che si trova a Lisbona.

JOSÉ FÉLIX - Dove tutti i talenti si perfezionano.

AMALIA - Dunque, mio padre ha dichiarato che alla prima bugia ben evidente e comprovata che egli avrebbe pronunciato, tutto sarebbe finito tra di noi.

JOSÉ FÉLIX - Bene, allora addio! Il signor suo padre in effetti ... e poi egli è anche imparentato, beh, come si suol dire, ha una costola spagnola ... Il suo progetto è una ... . un'altra spagnolata pure ... Voler impedire che un ragazzo di quel livello lì, alla moda, dica le sue balle! ... questo sarebbe più che voler costruire dei castelli in Spagna, è voler fare proprio l'impossibile!

AMALIA - Ma mio padre non lo capisce proprio, e io non so come avvertire Duarte.

JOAQUINA - Mi metto io ad aspettarlo. Non manca poco che arrivi, e prima che entri e che parli con suo padre, lo avverto io che stia attento e che non dia delle notizie che non siano quelle ufficiali ... se possibile ... .

AMALIA - Zitta! sento parlare nella camera di mio padre. È la voce di Duarte.

JOAQUINA - Si vede che è entrato dall'altra scala.

AMALIA - È tutto finito! Se egli sta parlando con mio padre ... scommetto che ... non ci riesce ... non ce la fa, mente per abitudine e senza accorgersene di ciò che dice.

JOAQUINA - Allora ciò che si potrebbe fare era ... era fare una cosa da maestro: fare finta che il signor Brás Ferreira non lo conoscesse. Alla fin fine a noi che ce ne importa che egli menta, a patto che suo padre non lo capisca?

JOSÉ FÉLIX - Ha ragione Joaquina. E sarebbe più facile così. Se la signora Donna Amalia si fida di me e mi autorizza ...

AMALIA - O mio Dio! Se voi riuscite a nascondere quel difetto a mio padre, sarò in debito nei vostri confronti per sempre ... e se ci sposiamo, farò in modo di sdebitarmi verso di voi.

JOSÉ FÉLIX - Siamo d'accordo, mia signora. Ma ora bisogna che il signor Duarte non mi veda. Sarebbe meglio però che io lo potessi sentire, per farmi così un'idea del suo modo di fare ...

JOAQUINA (indicando un'alcova, a destra) - Vai! Nasconditi in quella alcova che ha una porticina che dà verso la scala. Eccoli che arrivano: entra! svelto! nasconditi!

 

SCENA III

Joaquina, Amalia, Brás Ferreira, Duarte

BRÁS FERREIRA - Ah no, questo è troppo! ... Centomila cruzados di rendita!

DUARTE - Ma le dico che è vero ... una signora brasiliana - marchesa che è il livello più basso che lì si può trovare - la marchesa di Paraguaçu. Macchinari per la lavorazione dello zucchero, trecentosei; negri ... cioè, tra negri, mulatti, meticci, e incroci vari è un conto che fa paura, senza contare gli acagiù, i banani, i pappagalli e pappagallini, che questi si trovano a migliaia in giro per la casa. É stata lei stessa, in persona, che me lo ha chiesto, a me, personalmente.

BRÁS FERREIRA - Una marchesa per davvero!

DUARTE - Una marchesa per davvero. E io rifiutai: è inutile dire il perché ... (guardando verso Amalia)

BRÁS FERREIRA - E ora dove è questa gentildonna? La vorrei vedere.

DUARTE - Vederla, povera! È andata via con la prima nave verso Pernambuco, da Pernambuco è andata a Baía, da Baía è andata a Niterói, da Niterói - che disgrazia! - passava per Rio de Janeiro quella nave che prese fuoco e scoppiò ... è morta arrostita la povera marchesa.

BRÁS FERREIRA - Che peccato!

JOAQUINA (commentando) - Che fortuna!

BRÁS FERREIRA - Se lei fosse viva vorrei sapere ...

JOAQUINA (a bassa voce) - Per questo motivo Dio la volle con sé: meno male!

BRÁS FERREIRA - Capitano sempre certe cose a questo ragazzo!

DUARTE - E questo non è niente. Ma lasciatemi parlare con la mia cara Amalia. Che piacere ritrovarla! Ma è arrivata ieri e non ha mandato nessuno a dirmi che era già arrivata! Non sapevo niente, e se lo avessi saputo non sarei andato a teatro, al San Carlo, dove mi è capitata ... una tale avventura, all'uscita del teatro ... Volevano rapinare una gentil donna che era arrivata da poco ... rapirla ... portarla via in una carrozza ... La aiuto io con ben due bastonate date in testa al cocchiere, do poi di mano al cavallo e questo si spaventa, si alza, strappa le briglie e scappa! e i malviventi pure ... scappano tutti e ... Ma cosa c'è? Che ha mia cara? Che visino triste. Ma allora non sa che suo padre acconsente oggi alla nostra unione? oggi stesso!

AMALIA - È possibile?!

DUARTE - Sì, mi ha dato la sua parola. Stasera, dopo cena, firmiamo le carte ma ad una condizione che non mi ha voluto dire e che ancora non so. Lo sa lei, mia cara, per caso? Gliel'ha detta?

AMALIA - Me l'ha detta, Duarte, sì me l'ha detta. E credo proprio che non le sarà possibile adempierla del tutto.

BRÁS FERREIRA - Perlomeno le costerà, mi pare di capire. Ma voglio essere giusto e non lo condannerò senza avere delle prove certe. Disgraziatamente sono molto persuaso che non te ne mancheranno sin d'ora fino a stasera.

DUARTE - Quello che mi sembra è che a Porto piace parlare per enigmi e io non ci capisco niente. Ma sia quel che sia, ciò che io capisco è l'amore che io sento per lei, Amalia, l'affetto così vero che mi ha ispirato e che mi ha persuaso di meritarmelo pure. Sono così felice di vederla ... Separati da sei mesi!

BRÁS FERREIRA - Dio voglia che tu abbia ben profittato di questo tempo e che tu abbia trovato degli amici, buoni rapporti, protettori. Nelle tue lettere non mi parlavi mai del generale Lemos, il migliore amico di tuo padre. Si darà il caso che tu non lo vada a trovare per niente?

DUARTE - Al contrario, ci vado tutti i giorni. È la casa più gradevole di Lisbona: una signora estremamente amabile e cordiale ... L'altro giorno ho composto una canzone per lei, una modinha brasiliana e le parole pure, che tra l'altro mi sono venute molto bene ... e oggi ero rimasto d'accordo che sarei passato per portarle la musica.

JOAQUINA (verso Amalia) - Gesù! che paura! José Félix, che si trova a casa del generale, me lo avrebbe detto certamente se fosse vero.

DUARTE - Il mio generale, poveretto! il mio santo generale Lemos mi è stato molto vicino e mi ha prestato pure dei buoni servigi, interessandosi di me in una maniera ... Il caso vuole che io oggi debba scegliere la mia posizione in ben tre luoghi di primo ordine: il riscossore-generale a Évora, a Santarém ...

BRÁS FERREIRA - Scelgo io: Santarém. E ci andiamo subito subito senza indugi alla dimora del generale.

DUARTE - Ma no! è arrivato da poco, si può dire, e già vuole andare a trattare di affari! Nossignore, prima il divertimento. Voglio fare gli onori della capitale a questa signora. Stasera c'è Liszt al teatro San Carlo e io ho fatto prenotare un palco. Dopo andiamo al ballo del club: ho quanti biglietti ve ne occorrono: sono il direttore!

BRÁS FERREIRA - Tu sei il direttore? Tu!

DUARTE - È vero: eletto con duecento voti.

BRÁS FERREIRA - Duecento voti! ma quanti soci ha il club?

DUARTE - Duecento e uno! Non ho perso che un voto. Ed è stato per una certa cosa che so io. - È vero, e come vi trovate in questo albergo? È il migliore di Lisbona. Le camere non sono grandi ... ma io abito negli altri piani superiori ed è stato egoismo da parte mia ...

BRÁS FERREIRA - Beh, a dire il vero, mi sarebbe piaciuta di più la zona di Cais do Sodré.

DUARTE - Ma ad averlo saputo prima, avrei fatto preparare una camera a casa mia che si trova proprio alla fine della Rua do Alecrim.

AMALIA - Casa sua!

BRÁS FERREIRA - Ma tu allora hai una casa a Lisbona?

DUARTE - E non mi è costata nemmeno tanto. Ho firmato per trecento banconote presso la Compagnia-mostro, ho venduto e incassato il dieci per cento senza sborsare neanche cinque reali ... una sciocchezza! trenta banconote di reali e siccome non sapevo cosa farmene, ho comprato quella casa.

BRÁS FERREIRA - Perdindirindina! Che fortuna!

DUARTE - Una casa bellissima, nuova, con l'uscita verso ben tre vie - e ho quasi tutto affittato: - tutto tutto, meno male! tranne il secondo piano che è il più bello e dove potevate andare se io avessi saputo prima del vostro arrivo. Tuttavia, era sempre un secondo piano.

BRÁS FERREIRA - Che me n'importa! I secondi piani a Lisbona sono i più confortevoli delle case. Ci vado io ad abitare in quella casa.

DUARTE - Che peccato! Se l'avessi saputo non l'avrei venduta ieri.

BRÁS FERREIRA - Ma come, l'hai già venduta?

DUARTE - È vero, trentatré banconote e ho anche guadagnato ... una sciocchezza certamente ma è sempre meglio che perdere. E c'erano delle cose da sistemare, delle spese da realizzare.

BRÁS FERREIRA - Riparazioni in una casa nuova?

DUARTE - È quello che le sto dicendo: la mansarda era stata fatta male e si sa come vanno a finire queste cose ... Alla fine ho venduto e non ho fatto male. Trentatre banconote è più sicuro e non devo pagare delle tasse e tutto il resto ...

BRÁS FERREIRA - E il compratore è persona affidabile?

DUARTE - Oh! affidabilissima. Un uomo con una ricchezza immensa, un commerciante in pensione, un certo Tomás José Marques ... lo conoscerà senz'altro ...

BRÁS FERREIRA - No, non lo conosco e sono sorpreso.

DUARTE - È uno che è sempre stato in Brasile e in Inghilterra, e ora si è stabilito qua. Compra tutto ciò che gli passa davanti, trattandosi di beni immobiliari. Stamattina deve solo venire qua a portarmi i soldi. Non sono per niente preoccupato.

JOAQUINA (a voce bassa) - Neppure io.

AMALIA (a voce bassa verso Joaquina) - Ai, Joaquina, questa mi sembra una di quelle ...

JOAQUINA (a voce bassa verso Amalia) - Pure a me.

 

SCENA IV

I personaggi già in scena e un domestico della locanda che porta una lettera e dice:
Per il signor Brás Ferreira, da Porto.

BRÁS FERREIRA - Sono io: dammela. (apre la lettera) Ah! è il pagamento. (il domestico esce) Vediamo i miei conti: quanti soldi ho? ... Con permesso, Duarte, ho delle carte da preparare. Chiacchiera pure con mia figlia. (prende il portafogli e va a sedersi a sinistra)

AMALIA (a bassa voce verso Duarte) - Non la smetti mai, si vede.

DUARTE - Di adorarla? no di certo.

AMALIA - No, non è questo; è quel suo maledetto vizio che manda tutto a rotoli; mio padre ha giurato che avrebbe mandato a monte il nostro matrimonio se fino a stasera ti avesse sentito dire una bugia.

DUARTE - O Dio mio, cosa ho fatto!

AMALIA - E allora, Duarte? Tutto ciò che hai detto finora? ...

DUARTE - In fondo in fondo è vero, credimi, ora i dettagli ... i particolari ... io non so cosa mi capita ... non è con cattiva intenzione ... ma la maggior parte delle volte le cose raccontate tali e quali come sono ... sono così ... . scialbe!

AMALIA (con ironia) - E allora non riesci a resistere al desiderio di abbellirle e di dimostrare la ricchezza della tua immaginazione.

DUARTE - Non lo farò mai più. Lo giuro. Mai più.

AMALIA - Zitto, che ti può sentire mio padre.

DUARTE - Non m'importa, non ho paura: ho imparato la lezione e per sempre. Amalia, ti prometto, che sarò il più bravo del mariti, leale, sincero, vero, sempre ...

AMALIA - Sempre! Se mio padre sentisse questa parola, manderebbe subito a monte il nostro matrimonio.

DUARTE - Amalia, allora questo è troppo! ...

BRÁS FERREIRA (arrivando con un pezzo di carta in mano) - Non ho soldi a sufficienza. E me ne ero anche dimenticato! Duarte, mi dovresti fare un favore.

DUARTE - Quale? Sono pronto.

BRÁS FERREIRA - Una cambiale da tre reali, per favore.

DUARTE - O che peccato! Capita in un brutto momento, maledizione! non ho un soldo.

BRÁS FERREIRA - Ma come? e quei soldi?

DUARTE - Quali soldi?

BRÁS FERREIRA - Quelli della tua casa.

DUARTE - Della mia casa? ... Ah sì, è vero. Ma si dà il caso che in questi giorni ...

BRÁS FERREIRA - Li hai già spesi tutti?

DUARTE - No, no, cioè, in un certo modo sì ma voglio dire ...

AMALIA (sottovoce a Duarte) - Stai attento alle bugie.

DUARTE - Vale a dire, perché non dirvi francamente cosa accade, zio? È che io avevo certi debiti ...

AMALIA - Un'altra, Duarte?

DUARTE - No, questa no, è la pura verità. Un ragazzo non può vivere senza questo. Dunque accade che, e per una strana coincidenza, l'acquirente della mia casa, un tale signor José Marques ...

BRÁS FERREIRA - Ma poco fa avevi detto Tomás ...

DUARTE - Tomás José Marques, un finanziatore di primo ordine ...

BRÁS FERREIRA - Ma avevi detto commerciante ...

DUARTE - Commerciante perché commercia in carte e interessi, un usuraio, insomma. Beh, un onoratissimo uomo che è anche commendatore e diventerà consigliere uno di questi giorni, era lui che mi aveva prestato i soldi. Ma nell'acquisto della casa, fatti bene i conti ...

BRÁS FERREIRA - E tu dovevi dei soldi al compratore?

DUARTE - Circa dieci, dodici reali.

BRÁS FERREIRA - Ma se l'hai venduta per trentatre, ancora ti deve dare di resto ventuno reali.

DUARTE, (in difficoltà) - Ventuno reali ... giusto ... è come le stavo dicendo ... (a bassa voce) Ma come posso uscirne da questa cosa?

BRÁS FERREIRA (guardandolo) - Non mi starai mica raccontando una delle tue bugie? ... sta' a vedere che questo acquirente non esiste proprio? ...

 

SCENA V

I personaggi già in scena, José Félix mascherato da vecchio commerciante e Joaquina

JOAQUINA - Il signor Tomás José Marques.

DUARTE (sorpreso) - Il signor! ...

BRÁS FERREIRA (sorpreso anche lui) - Come?

JOSÉ FÉLIX (a Duarte) - Le chiedo scusa, mio caro signor Duarte, di perseguitarla così nelle case altrui, ma l'obbligo, o come si dice, viene prima della devozione. E qui mi sembra che siate tutti parenti, vero? Questo signore è suo padre, non è vero? E queste signore, sue sorelle? Ho l'onore di salutarvi. Mi duole disturbarvi ma solo due parole, e mi ritiro subito.

DUARTE (a bassa voce) - Ma che storia è questa?

AMALIA - Questi signori desiderano parlare di affari e se mio padre mi permette, io mi ritiro.

DUARTE - E perché? Per quanto mi riguarda io non ho alcun segreto.

JOSÉ FÉLIX - A dire il vero per una signora non è divertente sentire parlare di titoli, libri contabili, contratti, ... se fossero di matrimonio ... Suvvia, vada tranquilla, stia tranquilla, e ...

BRÁS FERREIRA - Sì, appunto, vai figlia mia, vai tranquilla che noi non tarderemo molto.

 

SCENA VI

I personaggi già in scena, tranne Amalia

JOSÉ FÉLIX - Allora, mio caro signore, sono venuto a concludere il tutto: concludiamo oppure no l'affare della sua casa?

DUARTE (sorpreso) - Della mia casa?

JOSÉ FÉLIX - Sì, sì, della sua casa ... come no! di quella che vostra signoria ha venduto e io ho acquistato: non si tratta quindi di entrarne in possesso? ... Oh, è vero, che testa la mia! Tanti saluti dalla signora Donna Jacinta Marques, mia moglie, a disposizione di vostra signoria. Mi stavo già dimenticando. È che io, trattandosi di affari, nonostante tutto, io sono tranquillo e ... .

DUARTE - Ahhhh! allora lei viene per ... (verso Brás) Mi accadono sempre certe cose! E questa è la più straordinaria ...

BRÁS FERREIRA - E cosa c'è di straordinario? Hai venduto la casa.

DUARTE - Certo certo ... ma non è questo che mi sorprende. Ma se lo zio lo sapesse!

JOSÉ FÉLIX - Il contratto non è ancora firmato ma è come se lo fosse. Oh oh! che sia ben chiaro: decima e imposta dovuti per quest'anno sono ancora di vostra competenza.

DUARTE - O questa poi! Ci mancherebbe. Come li pago io? ... io? la decima della casa che ... che io ho venduto al signor ... signor ...

JOSÉ FÉLIX - Tomás José Marques, vostro servitore, vostra signoria.- Ma certamente, mio signore, è come se tutto fosse già firmato e registrato pubblicamente. Io sono un uomo di parola, quello che dico, lo faccio. E i soldi sono pronti. Quando li vorrà prendere ...

DUARTE (a bassa voce) - Questo è davvero un farabutto; si vede proprio. Ma aspetta che ti prenda ... (a voce alta) Allora siccome i soldi sono pronti, mio caro signor Tomás José Marques, come non detto e le chiedo di consegnarmeli gentilmente.

JOSÉ FÉLIX - Questa poi! Ma certamente. (frugando nelle tasche dove, alla fine, trova una scatola di tabacco) Il contratto è stato firmato così come il registro del catasto.

BRÁS FERREIRA - Lui ha ragione.

JOSÉ FÉLIX - Inoltre, come il signor Duarte sa bene, ci sono ancora quei vecchi conticini ... non so se si ricorda ...

DUARTE (a bassa voce) - Non so come riesca a mentire così sfacciatamente ...

JOSÉ FÉLIX - E il saldo si trova già nella mani del notaio.

DUARTE - Che peccato! Volevo proprio vedere le banconote, signor Marques ... E per causa di mio suocero qui presente, e per altri motivi particolari che non sto qui a spiegarvi ... se mi potesse dare subito qui qualcosa almeno ... (a voce bassa) sarebbe ancora più divertente questo scherzo.

JOSÉ FÉLIX - Capisco: nella sua posizione ha bisogno di realizzare, monetizzare ... anche se solo per i suoi bisogni.

DUARTE - Per i miei bisogni!

JOSÉ FÉLIX - E allora! la ricevitoria generale di Santarém ...

BRÁS FERREIRA - Cosa? ma sta dicendo la verità? Ma tu non mi avevi appena detto che avevi già un lavoro?

JOSÉ FÉLIX - Il decreto è già stato firmato: lo sanno tutti. Il generale Lemos ha una certa influenza con i ministri ... Proprio stamattina sono stato assieme a lui. È una bravissima persona, il generale, e guardi che le è amico, signor Duarte, suo amico per davvero. E allora la signora Donna Matilde, la moglie del generale? Non ne parliamo. È vero: devo sgridare vostra signoria da parte sua. E questo non è bello: se ha promesso, deve mantenere. Quella musica, ... non si ricorda? quella modinha, per cui le ha scritto le parole ... doveva essere bellissima ma ancora non c'é la musica!

DUARTE (a voce bassa) - Porca miseria! questo è troppo! questo qua mi sta prendendo troppo in giro. (a voce alta) Senta un po', signore ... sa una cosa?

JOSÉ FÉLIX - A vostri piedi per servirla, vostra signoria, signor riscossore generale. Un posto magnifico, veramente redditizio e poco impegnativo! - Con un pochino di abilità e di savoir-faire - qualsiasi buon rapporto con il Tesoro, un amico fidato nelle compagnie-mostri ... si può fare molta strada in poco tempo. E grideranno - come abitudine - grideranno: il signor riscossore generale di qua, il signor riscossore generale di là! ... Lasciateli gridare: la gente ride e va avanti con la sua vita. La mia regola, la mia regola, è: quando sento idiozie, resto tranquillo e ... e con questo non disturbo nessuno. Servitore fedele. (Se ne va)

 

SCENA VII

Duarte, Brás Ferreira, Joaquina

DUARTE - Beh, in effetti è un gran parlatore!

BRÁS FERREIRA - Ti devo chiedere perdono, mio Duarte. Ti confesso che avevo dei sospetti nei tuoi confronti, e avevo anche dei dubbi.

DUARTE - Che cosa? ma zio? ...

BRÁS FERREIRA - Ma ora non più. Andiamo subito, immediatamente a casa del generale e mi presenterai come tuo suocero: lo voglio ringraziare.

JOAQUINA (a bassa voce) - È finita!

DUARTE (in difficoltà) - Oggi è ... domenica ... e oggi lui si trova nella sua proprietà di Lameda. È un luogo delizioso, Lameda, in riva al fiume Tago, con una vista, un'aria buona ... Ci andiamo una, due volte la settimana. E le dirò, signor Brás, che c'è lì un biliardo in cui ho lasciato il segno con delle carambole fantastiche ... ecco proprio l'altro giorno ... le voglio raccontare: la palla nera si trovava ...

BRÁS FERREIRA - Sì, sì, ma non è oggi che il generale giocherà a biliardo perché proprio ora questo Tomás José Marques mi ha detto che era stato assieme a lui stamattina. Siccome non mi va di andare da solo, andiamo insieme.

DUARTE - Domani, e ogni volta che lo vorrà, ma oggi mi è impossibile.

BRÁS FERREIRA - Ma perché?

DUARTE - Ho degli amici che mi attendono stamattina, una colazione tra ragazzi ... ma contiamo sulla sua presenza, mio caro suocero.

BRÁS FERREIRA - Purtroppo non posso: ho promesso di andare a pranzo con il barone Granja.

DUARTE - Oh che peccato! E io che avevo fatto preparare un magnifico pranzo, un vero ambigu con champanhe, naturalmente. Un Madera che batte non so quanti hoc e johannisberg che il Reno possa avere; e poi delle torte salate di gamberi e ostriche, due fagiani che mi sono arrivati ieri dall'Inghilterra col vapore, una prelibatezza! (Joaquina sembra che prenda nota della lista dei piatti)

BRÁS FERREIRA - Ah capisco ... Ma se sono solo le dieci di mattina e il tuo pranzo così come il mio è a mezzogiorno! e fino a quel momento abbiamo tempo a sufficienza per andare a casa del generale. Dai, vieni, dai ... E allora? Cosa c'è?

DUARTE (a bassa voce) - Ummm, insiste con questa visita.

JOAQUINA (a bassa voce) - Povero ragazzo non sa a quale santo votarsi!

BRÁS FERREIRA - Allora! Che hai? Perché stai lì fermo? Non puoi uscire di casa per mezzora soltanto?

DUARTE - Si sì , zio, ... .. già che non c'è un'altra soluzione, le dirò ... già che non posso più nascondere ciò che tanto desideravo ... sappia che non posso uscire di casa stamattina nemmeno per un minuto. (sottovoce) Ho una sfida da combattere e sto aspettando il mio avversario.

BRÁS FERREIRA - Oh mio Dio!

JOAQUINA - Ah eccola! Mi sembrava ... . ne arriva un'altra.

BRÁS FERREIRA - E allora quel pranzo di cui mi stavi parlando proprio ora?

DUARTE - Ecco ... ecco, il pranzo, mi attende ... Uno dei ragazzi che verrà per pranzo sarà il mio testimone.

BRÁS FERREIRA - Ahhh! un'altra testa matta come la tua! verrà fuori una bella cosa, non c'è dubbio ... No signore, ora tocca e me: sono io che andrò a trattare quell'affare.

DUARTE - No, no, lasci stare, zio, ce ne occupiamo noi. Si potrebbe compromettere ... noi siamo ragazzi, è un'altra cosa.

BRÁS FERREIRA - Lascia stare! Voglio sapere tutto di questa cosa, altrimenti addio matrimonio.

DUARTE, a bassa voce - Che diavolo di uomo! (a voce alta) E il suo pranzo a casa del barone Granja?

BRÁS FERREIRA - Che me n'importa del pranzo! che aspetti. Si tratta della tua vita, del tuo onore ... Tu, figlio del mio amico più grande, e ora mio figlio, che lo sei quasi o lo stai per diventare! Andiamo, dai, parlami, raccontami tutto.

DUARTE (a bassa voce) - È un bravo uomo, alla fin fine questo mio suocero. (a voce alta) Ora mi ascolti, signor Brás, e non prenda in considerazione queste cose con ammirazione che non è il caso, ce ne sono tanti, dei mal-entendus, uno scherzo alla fin fine.

BRÁS FERREIRA - Ma allora è stato un brutto scherzo! Mettere in pericolo la sua vita, quella di un amico! È così che lo considerate voi?

DUARTE - Innanzitutto è un inglese.

BRÁS FERREIRA - Fa lo stesso ... E per quale motivo lo devi picchiare?

DUARTE - Ma io non l'ho neanche sfiorato.

BRÁS FERREIRA - Neanche con le parole?

DUARTE - Allora le racconto l'accaduto. Ieri sono andato a cena fuori a Benfica ... una bellissima casa sulla strada ... il giorno era bellissimo, una bellissima giornata estiva. Dopo cena siamo andati a prendere il caffè in una deliziosa terrazza a pianterreno ... come un gazebo ... una bellezza! e guardi, un pochino sollevata da terra. La casa è stata fatta proprio quest'anno e ancora non è stata fatta la recinzione, ne tanto meno hanno messo la ringhiera alla terrazza ... guardi bene questo particolare ... guardi ...

BRÁS FERREIRA - Guardo, guardo, e sto per rabbrividire. Non è che è successo qualcosa?

DUARTE - Senta. La padrona di casa, una signora estremamente cordiale ... e anche giovane ... con degli occhi neri! ... la padrona di casa mi domanda se desidero dell'altro zucchero, e io avevo in mano la tazzina con un caffè meraviglioso e bollente ... Allora distratto nell'osservare la signora e nel dirle alcune cose gradevolissime ... lo zio mi capisce ... non ho notato che la tazzina era piena zeppa fino all'orlo e straboccava ... sopra le mie scarpe e io ... sento scaldarsi un piede e, improvvisamente, faccio un balzo all'indietro, spingo l'uomo che si trovava dietro di me proprio in quel momento verso ... verso il bordo del terrazzo e ... e ... per fortuna ...

BRÁS FERREIRA e JOAQUINA - E Gesù!

DUARTE - Nessun pericolo! ... cinque o sei palmi di altezza da terra ... ma per disgrazia proprio in quel momento passava un ufficiale inglese della nave ... non so, veniva da Sintra o altrove, credo, ma passava a piedi ... per un inglese è indifferente e, in quel momento il nostro uomo gli cadde proprio sopra le spalle.

JOAQUINA, ridendo - Ah ah ah! Non ce la faccio più!

BRÁS FERREIRA - Ma Joaquina, ridi?

JOAQUINA (contenendo le risate) - Oh, signore, è che non ce la faccio più! Non riesco a trattenermi.

DUARTE - Come se fosse successo a tutta la compagnia. L'inglese disperato mi perseguita, e insiste nel dire che l'ho fatto di proposito, che gli ho lanciato addosso l'uomo. E io che tento di sistemare la cosa, gli offro di vendicarsi, anzi gli offro addirittura un primo piano di avanzo, cioè, che lo lancino su di me dal secondo piano ... E lui che rifiuta tutto ... non c'è stato verso, ho dovuto dargli il mio adresse e lui il suo ... E lord Coockimbroock verrà più tardi a prendermi con un paio di pistole.

BRÁS FERREIRA (scuotendo la testa) - Ti confesso che questa storia mi sembra ogni volta più ... molto straordinaria ... Ma non importa, io non ti abbandono e voglio farti da testimone.

DUARTE (a voce bassa) - Uuuuu, ma quanto è testone questo qui! Vero o no? (a voce alta) Ma, signor Brás, sono io che ho degli scrupoli nel non volerla disturbare. E se lui non verrà? Non è la prima volta che accade. C'è della gentaglia in giro che alla prima cosa dice subito: "Il suo adresse ?' Pensate che lo facciano perché la gente non scappi? Nossignore, è che così scappano loro!

BRÁS FERREIRA - Va bene, se lui non verrà, saremo noi a raggiungerlo.

 

SCENA VIII

I personaggi già in scena, José Félix vestito da lord inglese, un domestico

DOMESTICO - Milord Coockimbroock!

BRÁS FERREIRA (sorpreso) - Cosaaa? ... per davvero? ...

DUARTE (sorpreso) - Un'altra! Questa è bella!

JOAQUINA (a bassa voce) - Bravo! ... vado ad avvertire la mia padrona ...

 

SCENA IX

José Félix, Duarte, Brás Ferreira

JOSÉ FÉLIX - Signorr, io venire a prendere vostra signorrie per quel piccolo diverrtissement di ... to exchange, voglio dirre, cambiarre due tirri di pistole tra noi due friendly.

DUARTE (a bassa voce) - La pistola, che diamine!

BRÁS FERREIRA - Mi dica, milord, il caso di ieri?

JOSÉ FÉLIX - Sì, è stato un caso very sgrradevole! E questo mi ha prrovocato molta colerra che io non mi trrovo più il mio hat - in sua lingua, mio cappello - come erra ieri. (fa vedere il cappello tutto schiacciato) You see? Lo vedde lei? Oh! io sono venuto a chiedere satisfecxion.

DUARTE (a bassa voce) - Ma allora sono io che non capisco ... sta' a vedere che alla fine avevo detto la verità?

JOSÉ FÉLIX - Oh, yes! fu uno scherzo very bad, cattivo. Io nono posso impedire vostra signorria di lanciare questo uomo, se le fa piacere, if you please, ma è uno stile della capitale urlare dalle finestre: 'uomo va?!' - Io portavo mio umbrella, e potevo aver aperto come quando si dice: 'acqua vai!' - ma a Lisbon questo di dire: 'acqua va!' no! - Oh, yes! non é stato acqua ma uomo! (sorridendo)

DUARTE (a bassa voce) - Accidenti! Si è proprio arrabbiato questo qua, ma mi sembra che questo voglia farsi gioco di me e io scoprirò chi è. (a voce alta) Ma signore, dato che è venuto per battersi contro di me, facciamolo, e subito!

BRÁS FERREIRA - Ma e quella moderazione di cui mi parlavi?

 

SCENA X

I personaggi già in scena e Amalia

AMALIA (arrivando in soccorso) - Oh mio Dio! Cos'è questa roba? Cos'è successo?

JOSÉ FÉLIX (a bassa voce ad Amalia) - Ci separi, svelto ... (a voce alta) Io non ti picchio.

DUARTE - Ma io picchio te. E ora vediamo.

BRÁS FERREIRA - E io ti ordino di star zitto. E subito! Ma che storia! ... (a bassa voce) E io che all'inizio credevo che fosse uno scherzo! ... è proprio vero. (a José Félix) Il signore è l'offeso.

DUARTE - Nossignore, l'offeso sono io.

BRÁS FERREIRA - Tu! tu che lo stavi per ammazzare, e che lo hai ferito!

DUARTE - Non è vero.

JOSÉ FÉLIX - É verro.

BRÁS FERREIRA - É vero sissignore, e la colpa è la sua, non c'è che dire.

DUARTE - Se lo dice mio zio, io non ho altro da aggiungere che credergli.

BRÁS FERREIRA - Per grazia di Dio! ha confessato la sua colpa ed ha ragione. Da parte sua, milord, spero che desista, che si dimentichi.

JOSÉ FÉLIX - Si, se il signorr sta molto triste, very sorry, se non aveva intenxion ...

BRÁS FERREIRA - No, non l'aveva.

DUARTE - Non l'avevo.

BRÁS FERREIRA - Bene, allora siamo a posto! si dimentichi di tutto e in segno di riconciliazione, milord, venga a pranzo da noi.

AMALIA - Meno male! (sospiro)

DUARTE (a bassa voce) - In verità non ho molto da lamentarmi. Sono ancora curioso di scoprire il burlone che ha deciso di farmi questo. (a bassa alta) Venite! Joaquina, Isidoro! uno di voi ...  Bisogna preparare subito qualcosa da mangiare.

BRÁS FERREIRA - Per chi?

DUARTE - Per il signore. Non ha detto che rimane a pranzo da noi?

BRÁS FERREIRA - Sì, a pranzo: e allora? Ma tu non hai il pranzo a casa pronto per un principe? Ti sei già dimenticato?

DUARTE - Ah! sì ... certamente ... ma forse un pranzo di forchetta e coltello ... senza il tè nero ... senza burro fresco ... non sarà di gradimento del milord.

JOSÉ FÉLIX - Sono io che chiedo perdono a vostrassignorrie. Il mio stomaco è cosmopolitan, e capisce tutte le lingue. Cena in français, english, portuguese, italian ... non importa, io pranza in Turchia, se necessario, e cena in Peru, se vostrassignorrie hanno piacere.

 

SCENA XI

I personaggi già in scena e Joaquina

JOAQUINA - Il pranzo è servito.

DUARTE (sorpreso) - Il pranzo!

JOAQUINA - Venga a vedere come è bella la tavola. (e lo porta verso la porta in fondo) Bottiglie di Champanhe, frutta, sformati, tutto ben apparecchiato ... non trova?

DUARTE - Non c'è dubbio: ecco il pranzo. È finita, non posso più mentire ... è inutile. - ora posso anche dire tutto quello che voglio. (a voce alta) Amalia! (e le dà il suo braccio).

BRÁS FERREIRA - Milord! (portandolo verso la porta in fondo. - Escono tutti tranne Joaquina.)

 

SCENA XII

Joaquina, da sola

Povero ragazzo! è rimasto a bocca aperta! E lui che non è abituato a fare questo ... Condannato a dire la verità ventiquattro ore di seguito! ... Ma anche per noi è un lavoraccio! perché mente con una disinvoltura tale e senza rendersi conto ... Si era già dimenticato della balla del pranzo. Fortunatamente eravamo attenti e preparati, e grazie al borsellino della mia padrona e alla vicinanza di Manuel Espanhol, in pochi minuti la bugia si è trasformata in verità ... E José Félix! Non penserete mica di vederlo come una scimmietta seduto a tavola con i miei padroni come se fosse come loro, razza di domestico! ... Ma lasciatelo stare che lui ha un'aria, un aria da saputello, che nessuno lo riconoscerà! ... E se lui butta la mano su qualcosa, lui si che è un mangione ... Ciò che lo copre è il fatto di farsi passare per un inglese ... così nessuno se ne accorge. - Ora cosa manca? Vediamo. Quella visita di ringraziamento al generale Lemos, questa poi non si può proprio evitare. A meno che ... È vero! Che il generale Lemos venga lui qua, come stanno arrivando gli altri. Vado ad avvertire José Félix che si sbrighi a pranzare e che si travesta anche da quell'altro. Non gli costerà molto, è il suo padrone. - Aaaaah! chi è questo? cosa vorrà questo signore?

 

SCENA XIII

Joaquina e Generale

GENERALE - Il signor Duarte Guedes è qui, vero?

JOAQUINA - Si trova qui, signore, è andato proprio ora a tavola per pranzare con il signor Brás Ferreira, che sta per diventare suo suocero.

GENERALE - Un pranzo di famiglia, un pranzo di fidanzamento. Che Dio non permetta che io li disturbi. Aspetterò.

JOAQUINA - Se è così gentile da dirmi il suo nome.

GENERALE - Non è necessario.

JOAQUINA - Non lo voglio sapere, è solo se le occorre qualcosa ...

GENERALE - Vengo per dire una cosa solamente a lui o a suo suocero.

JOAQUINA - Come vuole.

SCENA XIV

Brás Ferreira, Generale, Joaquina

BRÁS FERREIRA (con il tovagliolo in mano e parlando tra sé) - Arrivo, arrivo, milord, voglio solo ratificare il nostro trattato di alleanza con una bottiglia del mio Porto speciale, quello della fondazione della Compagnia che ho portato con me.

JOAQUINA (al generale) - Ecco che arriva il signor Brás Ferreira.

BRÁS FERREIRA - Cosa c'è?

JOAQUINA - C'è un signore che desidera parlare con il signor Brás Ferreira o con il suo genero. (a bassa voce) Prepariamo José Félix al suo nuovo ruolo che sta per rappresentarci.

 

SCENA XV

Generale e Brás Ferreira

GENERALE - Credo che lei sia il signor Brás Ferreira di Porto con cui ho l'onore di parlare? Molto lieto di vedere vostra signoria a Lisbona. La conosco da molto tempo di nome, e quasi posso affermare che siamo amici senza che ci siamo mai conosciuti prima. Il mio antico commilitone, il colonnello Luís Guedes, mi ricorda sempre l'amicizia che nutre per lei! Nelle sue lettere quasi non mi parla d'altro che di suo figlio e di vostra signoria.

BRÁS FERREIRA - Luís Guedes! Ma allora vostra signoria è ...

GENERALE - il suo più vecchio e migliore amico, il generale Lemos.

BRÁS FERREIRA - Ah! vostra eccellenza mi perdoni, ma perché si è disturbata, signor generale? Sono io che dovevo venire da lei, e oggi ero intenzionato a farlo - per ringraziarla di tutte le attenzioni che lei ha avuto verso colui che sta per diventare mio genero ... .

GENERALE - Attenzioni! non saprei proprio ... certamente lei non deve ringraziarmi di niente ... ma io ignoravo assolutamente ...

BRÁS FERREIRA - Cosa generale?

GENERALE - Che Duarte fosse a Lisbona.

BRÁS FERREIRA - Ma cosa mi dice, signore? Da ben tre mesi.

GENERALE - Ma io lo vidi solo una volta. Avant'ieri ho ricevuto una lettera di suo padre la quale mi è sembrata un vero enigma. Si lamenta del figlio che ancora non ha ottenuto la riscossione di Santarém e che ci contava tanto ... Ma che diamine! chi vuole una cosa, la chiede, no? Io non potevo indovinare, e sono venuto proprio qui ed ora per redarguirlo.

BRÁS FERREIRA - Redarguirlo? Sono io che devo redarguire il ragazzo anche per altre cose peggiori. Ma come è questa cosa, signore? Duarte non viene abitualmente a casa sua?

GENERALE - No, signore.

BRÁS FERREIRA - Non dico a Lisbona ma nella sua proprietà?

GENERALE - La mia proprietà? È cosa che non ho.

BRÁS FERREIRA - Cioè non è veramente una proprietà ... ma ... cioè una bellissima casa che lei possiede dall'altra parte del fiume con una vista magnifica, un biliardo ...

GENERALE - Sono così imbranato nel gioco che non ho mai osato avere un biliardo.

BRÁS FERREIRA - Eccolo là ... Guardi, generale, che questo è il sistema di bugie più elaborato che io abbia mai visto, e montato con una tale arte che non so ... Ma lasciamo stare: vostra eccellenza è qui e mi aiuterà a confonderlo. Con tutta certezza non gli darò mia figlia.

GENERALE - Ma che dice?! E io che son venuto con tanto piacere a portarle il mio regalo di matrimonio ...

BRÁS FERREIRA - Non sarà mai più mio genero.

GENERALE - E la sua parola?

BRÁS FERREIRA - La ritiro. E lui non ha di che lamentarsi. L'avevo avvertito che alla prima bugia che mi avesse detto, sarebbe tutto finito. Meno male che ci siamo trovati, generale, andiamo a vedere con quale faccia quel maledetto ... Oh! eccolo che arriva. La prego Generale, non dica il suo nome.

GENERALE (a bassa voce) - Santo cielo! E io che son venuto per portare i miei ossequi al povero ragazzo e a suo padre di cui sono tanto amico!

 

SCENA XVI

I personaggi già in scena, Duarte, Amalia, Joaquina

DUARTE - Eccovi qua! grande compagnia mi fate voi signori! - Il signor mio suocero che si alza da tavola nel bel mezzo del pranzo, e dopo un istante milord che scompare alla seconda bottiglia di Champanhe.

JOAQUINA - Sono venuti a cercarvi.

DUARTE - Non lo metto in dubbio. Forse qualche poveretto che si è trovato in cattive acque ... bisogna confessarlo ... quel soggetto è una persona molto servizievole ... e pure senza alcun interesse! - Mi dica una cosa, amabilissimo suocero, cosa abbiamo fatto stamattina?

BRÁS FERREIRA - Io avevo voglia di uscire ma siccome abbiamo visite, un amico di famiglia.

DUARTE - Mi perdoni, io non avevo avuto il piacere di vedere questo signore ... È di Porto?

BRÁS FERREIRA - Vero.

DUARTE - Ci giurerei ... Noi delle provincie del nord abbiamo un'aria franca, una fisionomia aperta, ... Se vostra signoria si tratterrà a Lisbona avrei molto piacere di accompagnarla, di farle da guida ... Non faccia complimenti, sinceramente, un amico di mio suocero!

GENERALE - Le faccio i miei complimenti, signor Brás Ferreira: suo genero sembra un ragazzo estremamente amabile.

BRÁS FERREIRA (sottovoce al generale) - Aspetti, aspetti, e dopo mi dirà. (a Duarte) Bisogna che tu sappia, mio caro amico, che questo signore arriva a Lisbona per certi affari che ha presso la segreteria di guerra, e che ha bisogno del beneplacito del generale Lemos.

DUARTE - Bene. Dicono che sia uomo giusto e imparziale, e tutti quanti lo stimano.

BRÁS FERREIRA - Giusto, giusto. Ma tu non avevi un rapporto stretto con lui? non glielo puoi chiedere usando la tua influenza?

DUARTE - Ah! certamente, sarei onorato di presentarvelo. Le piacerà, ne sono sicuro: un uomo gradevole e che senza esagerare posso dire un mio amico.

BRÁS FERREIRA (ridendo) - Ah ah ah!

GENERALE (sotto voce a Brás Ferreira) - Fino qui, credo dica la verità.

DUARTE - E allegro! Guardi a tavola non mi avrebbe lasciato da solo, no, non come avete fatto qui voi oggi con me. Proprio ieri abbiamo pranzato insieme a casa sua.

BRÁS FERREIRA e GENERALE - A casa sua?!

DUARTE - Sì, insieme, uno accanto all'altro.

BRÁS FERREIRA - Ma allora è cambiato molto da ieri ad oggi.

DUARTE - Perché?

BRÁS FERREIRA (indicando il generale) - Perché lui è qui e tu non l'hai riconosciuto.

DUARTE (sorpreso) - Il generale Lemos!

JOAQUINA (a voce bassa) - Siamo perduti.

AMALIA - Tutto è perduto, tutto è perduto.

DUARTE (ritornando in sé) - Cosa? Ma questo signore è il generale Lemos? Mi dispiace molto ma non ho l'onore di conoscerlo.

BRÁS FERREIRA - Non ne dubito, ma non per questo non cessa di essere lui in persona.

DUARTE - Mi perdonerà, zio, non dico certo il contrario ma non è stato con questo signore che io ho pranzato ieri ... la verità è questa. Come ciò accade, questo non lo so, ma a meno che non ci sia un altro generale Lemos a Lisbona ...

GENERALE - A Lisbona con il cognome Lemos non ne conosco altri che non sia il mio cugino colonnello Francisco de Lemos.

DUARTE - Esattamente. Certamente è stato a casa sua che me lo hanno presentato ieri, e probabilmente è stato con lui che ho pranzato.

GENERALE - Non ci sarebbe nessun dubbio nel credervi se non ci fosse una piccola difficoltà: lui da tre mesi vive in Inghilterra.

DUARTE (a voce bassa) - Diamine! (a voce alta) Senz'altro è tornato da poco, e nessuno lo sapeva ... perché lui ieri era a Lisbona.

BRÁS FERREIRA - Non c'era.

DUARTE - C'era e come!

BRÁS FERREIRA - Va bene ragazzo, mi dimenticherò di tutto se mi proverai che è vero.

 

SCENA XVII

I personaggi già in scena, un domestico, José Félix in divisa da brigadiere.

DOMESTICO - Il signor Lemos.

JOSÉ FÉLIX (mostrando scioltezza) - Allora, cos'è successo? Cosa?

GENERALE - Ah, cosa vedono i miei occhi! È il mio gagliardo Félix.

JOSÉ FÉLIX - Allora salute a tutti i signori presenti. Ti saluto, mio Duarte.

DUARTE - Oh il mio caro protettore! Confesso che stavolta non ci contavo più sul suo aiuto. Meno male che è venuto. Le presento mio suocero e suo cugino.

JOSÉ FÉLIX (cammina verso di loro con aria trionfale, ma all'improvviso riconosce il generale) -Santo Dio, il mio padrone!

GENERALE (a voce bassa)- E con la mia divisa, il birichino!

BRÁS FERREIRA (sorpreso) - Vi conoscete?! (Duarte, Brás Ferreira, José Félix e Amalia restano immobili per la sorpresa)

GENERALE - Che sfacciato! Sono rimasti tutti di stucco. Allora darò loro una mano, altrimenti questi qua non si alzano più. (a José Félix ) Allora signor mio cugino ...

TUTTI - Suo cugino!

GENERALE - Beh, che sorpresa è questa? Ma allora voleva nascondermi il suo ritorno a Lisbona?

DUARTE - Cosa? Ma questo signore è suo cugino, il colonnello Francisco de Lemos che è tornato dall'Inghilterra?

GENERALE - Sissignore. Perché? ... non lo sapeva?

DUARTE - Certamente no. - Ma oggi sembra proprio tutto una presa in giro, non invento altro che delle verità. - Ma non è mia la colpa, signor Brás, e in tutta coscienza lei è obbligato a darmi sua figlia.

GENERALE - Non c'è ombra di dubbio, signor Brás Ferreira, bisogna acconsentire a questo matrimonio. Non ci sono più bugie di cui accusarlo.

BRÁS FERREIRA - Tranne quella della ricevitoria di Santarém.

GENERALE - Eccovi il decreto. È il regalo di matrimonio che vi stavo per portare.

AMALIA - Ma allora è vero!

DUARTE - Certo che è vero, oggi è tutto vero. Allora, mio caro suocero, acconsenta, non c'è altra soluzione.

BRÁS FERREIRA - Sono sicuro che mi avete imbrogliato.

JOSÉ FÉLIX - Anch'io.

GENERALE - Anch'io. Nonostante ciò, andiamo, acconsenta ...

BRÁS FERREIRA - E cosa posso fare? Anche solo per curiosità e per sapere come va a finire questa storia.

JOSÉ FÉLIX (togliendosi il cappello e lanciandolo) - Evviva! La parola del signor Brás Ferreira è come una cambiale senza riscossione. Io ritorno al mio mestiere e mi metto ai piedi della mia cara Joaquina, del signor Tomás José Marques, di milord Coockimbroock, e di tutti. Io sarò il vostro fedele José Félix, domestico personale dell'eccellentissimo generale Lemos.

DUARTE - Ah, birichino, allora eri tu?

BRÁS FERREIRA - Come se tu non lo sapessi.

DUARTE - Glielo giuro che non lo sapevo, e che nemmeno lo conosco,

BRÁS FERREIRA - Ancora? Mi mancava solo questa, ma non la mando giù!

AMALIA - È vero, padre, e io ve lo spiegherò.

DUARTE - Giuro che oggi è stato l'ultimo giorno della mia vita nel quale mi sono lasciato cadere nella tentazione di questo maledetto vizio, che io non so nemmeno come è potuto succedere. Mi volevo difendere, e ne dicevo una dietro altra ... poi alla fine ... non lo so ... ma ora è finita: non dirò più altre bugie. Mi costa molta fatica. Mi sono visto disperato! Giuro che ho imparato la lezione e che sarò una brava persona. - José Félix, non mi dimenticherò mai più della lezione che mi hai dato, e ti prometto che ti darò una ricompensa.

JOSÉ FÉLIX - Davvero?

AMALIA (dandogli un borsellino pieno di monete) - E io ti pago subito.

JOSÉ FÉLIX - Meglio ancora. (soppesando il borsellino) - Queste sì che sono delle verità pure, e non lasciano mentire nessuno.

SIPARIO

Lugar: Lisboa

Personagens:
Brás Ferreira
Amália
Duarte Guedes
General Lemos
Joaquina
José Félix
Um lacaio
Um criado sem libré

ACTO ÚNICO

Sala de visitas elegante. Porta ao fundo e laterais. À esquerda, mesa com escrivaninha, etc.

 

CENA I

JOAQUINA, JOSÉ FELIX

Joaquina – Entre, senhor José Félix, entre. Isto são umas madrugadas!... Para uma pessoa como o senhor José Félix, o criado particular de um fidalgo da corte! Lá por fora ainda mal são nove horas...

José Félix – Nove horas... e fidalgo da corte!... Recolha o seu espírito, senhora D. Joaquina. Meu amo é general, estamos de acordo; nove horas deram há muito. Mas cá em Lisboa contam-se as horas e os fidalgos por outro modo. Lá na província, minha querida Joaquina...

Joaquina – Ai, como tu estás tolo! A província, a província... Ora isto! Saiba que eu venho do Porto, senhor José Félix, que é a segunda capital do reino, e a cidade eterna, como dizem os periódicos. Província será a terra de você, que há-de ser a Lourinhã, ou a aldeia de Paio Pires, ou coisa que o valha. E então?...

José Félix – Basta, Joaquina, basta; recolhe o teu espírito, que já aqui não está quem falou. Soube ainda agora que tinham chegado ontem à noite no vapor, que estavam aqui nesta hospedaria, que é pegada quase com a nossa casa; e vim logo, minha adorada Joaquina, reclamar o prémio de onze meses de eternas saudades.

Joaquina – E você, vamos a saber, você tem sido constante, fiel?...

José Félix – Horrivelmente fiel! Maldição, Joaquina, maldição!...

Joaquina – Que diz ele?...

José Félix – Se tu vens da!... da província não. Não, Joaquina, tu não vens da província, vens da cidade eterna... Virás. Maldição eterna sobre quem o duvidar! Mas vens, vens donde ainda se não sabe a língua das românticas paixões, dos sentimentos copiados do nu da natureza como nós cá a temos na Rua dos Condes, e nos folhetins das folhas públicas, que são o órgão da opinião incomensurável dos séculos.

Joaquina – Se te eu entendo...

José Félix – Ah! tu não entendes? Bem, Joaquina, bem. Nem eu: nem ninguém. Por isso mesmo, Joaquina. A moda é esta. Deixa: em tu estando aqui oito dias, ficarás mais perfeita do que eu; porque a tua alma de mulher é feita para compreender o meu coração de homem. E então, vês tu? Oh Joaquina,anjo, mulher, sopro, silfo, demónio! eu amo-te! amo-te, porque...

Joaquina – Cruzes!

José Félix – Não me interrompas, não me interrompas, deixa ir. Silfo, anjo,sopro, mulher! amo-te porque o meu coração está em brasa, e tenho umas veias, e estas veias... têm umas artérias... e estas artérias têm... não têm... as artérias não têm nada; mas batem, batem como os sinos que dobram pelofinado na hora do passamento, que é morrer, morrer, morrer... oh Joaquina, morrer! E que é a morte? É a vida que cai nos abismos estrepitosos da eternidade, que é, que é...

Joaquina – Isso é comédia, ou tu estás a mangar comigo?

José Félix – Isto é o drama das paixões, que o sentimento, a verdade...

Joaquina – Pois olha: tinha uma coisa muito séria que te dizer mas como tu estás doido, adeus!

José Félix – A poesia da vida é esta, Joaquina. Mas... mas passemos à vil prosa dos interesses materiais do país, se é preciso. Vá. Far-te-ei mais esse sacrifício. Que exiges tu de mim?

Joaquina – Que deixes essas patetices agora e oiças. Meu amo, o senhor Brás Ferreira, que é um ricaço como tu sabes, um daqueles negociantes do Porto que têm dinheiro como milho, vem de propósito a Lisboa para casar a menina. É uma filha única, e morre por mim, coitada! É um anjo! Prometeu-me que no dia que se assinassem as escrituras tinha eu o meu dote.

José Félix – Dote! Céus! um dote... Oh Joaquina, pois tu tens um dote?... Não quero saber de quanto. Quem eu! Maldição sobre mim!

Joaquina – Cem moedas.

José Félix – Oh! seja o que for, que me importa? O amor, o amor verdadeiro não conta os pintos do objecto amado... Não... E é em dinheiro de contado, sonante, Joaquina?

Joaquina – Sim senhor.

José Félix – Melhor: porque bem vês, com a minha educação, um rapaz que emigrei, estive em Paris, e hoje sou criado particular de um general... habilitado para ser mordomo de um clube dos de primeira ordem – a Galocha já eu recusei – bem vês, não podia formar uma aliança que me não desse os meios de sustentar a posição social em que me acho colocado. Mas tu tens dote; acabou-se. Recolho o meu espírito e estendo a minha mão.

Joaquina – Ai, José Félix! mas o casamento de minha ama ainda não estáfeito.

José Félix – Pois que há... que impedimentos?

Joaquina – Não sei... quando vínhamos no vapor, pareceu-me, vi que havia transtorno. O pai e a filha tiveram suas coisas a esse respeito. E a menina anda triste, desassossegada. Estou certa que há impedimento grande, há obstáculos...

José Félix – Obstáculos! Não há, não os pude haver. A minha paixão, a nossa felicidade, cem moedas sonantes, mil pintos c'os diabos! absolutamente não pode deixar de ser, há-de-se fazer este casamento, Joaquina... A honra, a delicadeza, tudo lhe ordena, senhora Joaquina, que vá já desenganar o papá. E se é preciso que eu tome parte na questão...

Joaquina – O caso era saber a gente o que é, e onde a coisa pega... Mas espere; olha, aí vem a senhora D. Amália: deixa-te tu estar e... Mas não vás tu fazer falta em casa a teu amo.

José Félix – Meu amo! Toma. Tu estás muito atrasada, Joaquina. Meu amo é um cavalheiro, um general, uma pessoa da primeira sociedade, portanto costumado a fazer esperar os outros, e a esperar ele pelos seus criados, que é a regra. Além disso, eu tenho licença por todo o dia, que houve lá uma coisa em casa... A senhora chorou, o senhor ralhou. Eu te contarei noutra ocasião, que hás-de rir. O caso é que hoje tenho o dia por meu. Ela aí vem, a tua ama. Vem triste, coitada! Firme, Joaquina! Olha que a coisa é séria para ti, um dote e um marido!

 

CENA II

Ditos e AMÁLIA

Amália – Joaquina! Joaquina! ando à tua procura. O senhor Duarte ainda não veio?

Joaquina – Não, minha senhora.

Amália – Que homem é esse com quem tu estavas a falar?

José Félix – Anda, apresenta-me como gente.

Joaquina – Minha senhora, é aquele rapaz de quem lhe eu dizia no Porto...

Amália – Ah! já sei: o senhor José Félix. Tens bom gosto, Joaquina. O pior é que vocês não têm de casar senão quando o meu casamento se fizer, tenhomuito medo que ainda esperem bem tempo.

Joaquina – Então porquê, minha senhora?

Amália – Ora! estou desesperada, transtornou-se tudo: meu pai quer quebrar com ele.

Joaquina – Com o senhor Duarte?

Amália – Sim: pois com quem?

José Félix,aparte – Meu Deus! e as nossas cem moedas?

Joaquina – Não é possível: a mesma família, a mesma riqueza, um casamento tão igual, tão acertado... Seu pai não se há-de atrever.

Amália – Nada, não! Veio a Lisboa – agora é que o eu sei bem – só para achar pretexto de o desmanchar.

Joaquina – Pois não o há-de achar. O senhor Duarte é um rapaz como há poucos. Juízo não lhe falta: suas doidices... não é, é pancada da mocidade. Isso passa depressa. Bom coração... não o há melhor. Quer a senhora saber?O mal que ele faz é por moda... todos assim são... e o bem que ele faz, que é muito, esse, minha senhora, não é moda que pegue.

Amália – Pois sim; mas já que falamos nos seus defeitos, sempre te digo queele que tem um, que se meu pai o vem a descobrir... Tenho-lho encoberto até agora, mas se ele o chega a conhecer, acabou-se, nunca mais lhe perdoa. Meu pai é um negociante dos antigos, que leva a honra e probidade, a lisura e averdade no trato, a um ponto de severidade que é quase rudeza... e Duarte é muito bom rapaz, não há dúvida; mas não sei se é distracção se é doidice, tomou o costume de nunca dizer uma palavra que seja verdade.

José Félix – Percebo: tem viajado muito...

Joaquina – Não, mas é morgado, e de raça quase castelhana...

José Félix – Entendo, entendo: echelas usted más blandas

.Joaquina – E de mais a mais, há seis meses que está em Lisboa...

José Félix – Onde todos os talentos se aperfeiçoam.

Amália – Enfim, meu pai declarou que à primeira mentira bem clara, bem provada em que o apanhasse, tudo estava acabado.

José Félix – Ora adeus! O senhor seu pai com efeito... ele ainda é parente, bem se vê, há-de ter sua costela espanhola... O seu projecto é outra espanholada também... Querer impedir que um rapaz do tom, da moda pregue a sua peta!... isso é mais do que formar castelos em Espanha, é querer meter o Rossio pela Betesga.

Amália – Meu pai é que o não entende assim: e eu não sei como hei-de avisar o Duarte.

Joaquina – Vou eu pôr-me à espera dele. Não tarda a vir por aí; e antes que entre e que fale com seu pai, hei-de avisá-lo que tome conta em si, e que não dê notícias senão as que forem oficiais... a ser possível.

Amália – Cala-te: oiço falar no quarto de meu pai; é a voz de Duarte.

Joaquina – É que entrou pela outra escada.

Amália – Está tudo perdido! Se ele falou com meu pai... aposto que já... Nunca vi: é que não pode, mente por hábito e sem saber o que faz.

Joaquina – Então agora o que se podia... o que era de mestre, era fazer que o senhor Brás Ferreira o não conhecesse. Por fim de contas, a nós que nos importa que ele minta, contanto que seu pai o não perceba?

José Félix – Ela tem razão, a Joaquina. E é mais fácil isso. Se a senhora D.Amália se confia em mim, e me autoriza...

Amália – Oh meu Deus! Se vocês encobrem aquele defeito a meu pai, fico-lhes numa obrigação... Depois em nós casando, eu o emendarei. Que se não fosse isso...

José Félix – Está claro, minha senhora. Mas agora é preciso que o senhor Duarte me não veja. Eu é que se pudesse ouvi-lo, e fazer assim ideia do seu modo...

Joaquina, apontando para uma alcova, à direita – Ora!... aquela alcova... e tem uma porta que dá direita na escada... Eles aí vêm: entra depressa, esconde-te.

 

CENA III

JOAQUINA, AMÁLIA, BRÁS FERREIRA, DUARTE

Brás Ferreira – Agora essa é demais!... Cem mil cruzados de renda!

Duarte – Pois é tal e qual como lho digo... uma senhora brasileira – marquesa, que é o menos que lá há; a marquesa de Paraguaçu. Engenhos de açúcar amoer, trezentos e seis; pretos... entre pretos, mulatos, cabras e cabritos, é uma conta que mete medo; sem falar em cajus, bananas, farinha-de-pau, papagaios e periquitos, que isso anda a rodo pela casa – pois a mesma em pessoa é que me pediu, a mim.

Brás Ferreira – Uma marquesa deveras!

Duarte – Marquesa deveras. E eu recusei: escuso de dizer porquê ... (olhando para Amália.)

Brás Ferreira – E que caminho levou essa fidalga? Tomara vê-la.

Duarte – Vê-la, coitada! Apenas lhe dei o fatal desengano, saiu daqui no primeiro navio para Pernambuco, de Pernambuco à Baía, da Baía para Niterói, de Niterói – que desgraça! – passava para o Rio de Janeiro naquele vapor que arrebentou... morreu escaldada a pobre da marquesa.

Brás Ferreira – Que pena!

Joaquina, aparte – Que fortuna!

Brás Ferreira – Se ela vivesse, queria saber...

Joaquina, aparte – Por isso Deus a levou: ainda bem!

Brás Ferreira – Sempre lhe acontecem coisas a este rapaz!

Duarte – Ainda isto não é nada. – Mas deixa-me falar com esta querida Amália.Que gosto que eu tenho de a tornar a ver! Mas chegou ontem, e não me manda dizer nada! Se eu tal soubesse, não tinha ido a S. Carlos, onde me sucedeu, contudo, uma aventura, à saída do teatro... Queriam roubar esta prima-dona que chegou há pouco... roubá-la... levá-la a ela numa sege... Acudo eu, duas bengaladas no boleeiro, deito a mão ao cavalo das varas, o da boleia espanta-se, quebra os tirantes, foge... os meliantes fogem também e... Mas que é isso, que tem? Que tristeza é essa? Então não sabe que seu pai consente enfim em nos unir hoje? hoje mesmo!...

Amália – É possível!

Duarte – Sim, deu-me a sua palavra que esta noite, depois de jantar, seassinavam as escrituras; mas com uma condição somente que me não quis dizer qual era. Disse-lha, não disse?

Amália – Disse, Duarte, disse; e bem medo tenho que já não esteja no seu poder cumpri-la.

Brás Ferreira – Pelo menos há-de-lhe custar, me parece. Mas quero ser justo, e não hei-de condenar sem provas. Por desgraça estou bem persuadido que te não hás-de ver aflito por me dares quantas eu queira daqui até à noite.

Duarte – O que a mim me parece é que no Porto deram em falar por enigmas, porque eu não entendo nada. Mas seja o que for: o que eu entendo bem é oamor que lhe tenho, Amália, a afeição tão verdadeira que me inspirou, e que me persuado merecer-lhe também. Estou tão contente de a ver... Separados há seis meses!

Brás Ferreira – Queira Deus que tu tenhas aproveitado este tempo, que adquirisses amigos, boas relações, protectores. Nas tuas cartas nunca mefalavas no general Lemos, o melhor amigo de teu pai. Dar-se-á caso que o não fosses visitar ou que deixasses de frequentar uma casa que?...

Duarte – Ao contrário, vou lá todos os dias. É a casa mais agradável de Lisboa: uma senhora extremamente amável... O outro dia compus eu uma modinha para ela... uma letra que não ficou feia... hoje tinha ficado de lhe ir levar amúsica.

Joaquina,a Amália – Jesus! que medo que eu tenho!

José Félix, que está em casa do general, tinha-mo dito decerto, se fosse verdade.

Duarte – O meu general, coitado! o meu santo general Lemos tem-me obsequiado e tem-me feito serviços... interessou-se por mim de uma maneira...O caso é que hoje tenho eu à minha disposição, para escolher, três lugares de primeira ordem, recebedor-geral em Évora, Santarém...

Brás Ferreira – Escolho eu: Santarém. E vamos já, já daqui sem demora a casado general.

Duarte – Ora! ainda agora chegou, se pode dizer, e há-de ir já tratar de negócios! Não senhor, cuidemos dos divertimentos primeiro. Quero eu fazer as honras da capital a esta senhora. Há hoje benefício em S. Carlos, toca o Liszt: mandei-lhe tomar uma frisa. Depois vamos ao baile do clube: temos quantos bilhetes quiserem; eu sou director.

Brás Ferreira – Tu és director, tu!

Duarte – É verdade: eleito por duzentos votos.

Brás Ferreira – Duzentos votos! pois quantos sócios tem o clube?

Duarte – Duzentos e um. Não perdi senão um voto; e mais foi cá por certa coisa que eu sei. – É verdade, e como se arranjam neste hotel? É o melhor de Lisboa. Os quartos não são grandes, não... Mas eu moro nos outros de cima, e então... foi egoísmo da minha parte...

Brás Ferreira – A falar a verdade, eu gostava mais do Cais do Sodré.

Duarte – Ora se eu tal soubesse, mandava arranjar um quarto da minha casa que é mesmo no fim da Rua do Alecrim.

Amália – A sua casa!

Brás Ferreira – Pois tu tens uma casa em Lisboa?

Duarte – E que me não custou cara. Assinei por trezentos contos na Companhia-monstro, vendi, ganhei dez por cento sem desembolsar cinco réis...bagatela! trinta contos de réis: não sabia o que lhe havia de fazer, comprei aquela casa.

Brás Ferreira – Com a breca! é fortuna.

Duarte – Uma casa linda, nova; saída por três ruas – e tenho quase tudo alugado: – tudo, ainda assim! menos o segundo andar que é o melhor, e para onde podiam ir se eu soubesse. Mas enfim, sempre era um segundo andar.

Brás Ferreira – Que me importa! Os segundos andares em Lisboa é o mais habitável das casas. Vou para lá morar eu para a tal casa.

Duarte – Que pena que eu tenho! Se tal adivinhasse, não a tinha vendido ontem.

Brás Ferreira – Pois já a vendeste?

Duarte – É verdade, trinta e três contos: e ainda ganhei... uma bagatela é certo, mas sempre é melhor que perder. E havia seus consertos, suas despesas que fazer.

Brás Ferreira – Consertos numa casa nova?

Duarte – Eu lhe digo: é que as águas-furtadas tinham sido feitas de empreitada, e bem sabe... Enfim vendi e não fiz mal. Trinta e três contos é mais certo, e não paga impostos e tal...

Brás Ferreira – E o comprador é pessoa segura?

Duarte – Oh! seguríssima. Um homem de uma fortuna imensa, um negociante retirado, Tomás José Marques... há-de conhecer...

Brás Ferreira – Não conheço: admira-me.

Duarte – Tem estado quase sempre no Brasil e em Inglaterra, veio-se estabelecer aqui agora. Compra tudo quanto aparece em bens de raiz. Esta manhã ficou ele de me trazer aqui o dinheiro. Não me dá cuidado nenhum.

Joaquina, aparte – Nem a mim.

Amália, baixo a Joaquina – Ai, Joaquina, que esta parece-me que é...

Joaquina, baixo a Amália – Também a mim.

 

CENA IV

Ditos e um criado da hospedaria

Criado, trazendo uma carta.

- Para o senhor Brás Ferreira, do Porto.

Brás Ferreira – Sou eu: dá cá. (abre) Ah! é para o tal pagamento. (O criado sai.) Vejamos as minhas contas: quanto tenho eu em dinheiro?... Dá-me licença, Duarte; tenho uns papéis que arranjar. Conversa com minha filha. (Tira a sua carteira, e vai sentar-se à esquerda.)

Amália, baixo a Duarte – Não se emenda, está visto.Duarte – De a adorar? não decerto.

Amália – Não é disso, é do seu maldito vício que nos deita a perder: meu pai jurou que desfazia o nosso casamento se daqui até à noite o apanhasse numa mentira.

Duarte – Oh meu Deus, o que fiz eu!

Amália – Pois que é, Duarte? Tudo quanto tem estado a dizer?...

Duarte – É verdade no fundo; acredite: agora os detalhes... os pormenores... eu não sei como isto é... não é com má tenção... mas a maior parte das vezes,as coisas contadas tais quais como elas são... ficam duma sensaboria tal...

Amália, com ironia – Que não pode resistir ao desejo de as enfeitar, e demostrar a riqueza da sua imaginação.

Duarte – Não torno mais. Juro-lhe que nunca mais.

Amália – Cale-se, que pode ouvir meu pai.

Duarte – Não me importa, não tenho medo: estou emendado e para sempre.Amália, prometo, hei-de ser o modelo dos maridos, leal, sincero, verdadeiro,sempre...

Amália – Sempre! Se meu pai ouvisse essa palavra, desfazia logo o nossocasamento.

Duarte – Amália, isso também é de mais!...

Brás Ferreira, chegando com um papel – Não tenho dinheiro que chegue. E eu sem me lembrar! Duarte, hás-de-me fazer um favor.

Duarte – Qual? Estou pronto.

Brás Ferreira – Uma letra de três contos de réis para descontar.

Duarte – Em bem má ocasião, co'a fortuna! não tenho um pinto.

Brás Ferreira – Não tens!... e aquele dinheiro?

Duarte – Qual dinheiro?

Brás Ferreira – O da tua casa.

Duarte – Da minha casa?... Ah sim, é verdade. É que actualmente...

Brás Ferreira – Já dispuseste dele?

Duarte – Não, não, isto é, de certo modo já; mas propriamente...

Amália, baixo a Duarte – Vê o que é mentir.

Duarte – Em suma, porque lhe não hei-de dizer francamente o que é, meu tio?... Eu tinha minhas dívidas...

Amália – Outra, Duarte?

Duarte – Não, esta não; é verdade puríssima. Um rapaz não pode viver sem isso. Ora sucedeu, por uma coincidência esquisita, que o comprador da minha casa, o tal senhor José Marques...

Brás Ferreira – Ainda agora disseste Tomás...

Duarte – Tomás José Marques, um lindo agiota de gema...

Brás Ferreira – Tinhas-me dito um negociante...

Duarte – Negociante, porque negoceia em papéis e descontos por atacado, e faz usura em grosso. Enfim, o meu honradíssimo homem, que já é comendador e sai conselheiro um dia destes, era o que me tinha emprestado o dinheiro. De sorte que na compra da casa, feitas bem as contas...

Brás Ferreira – E tu devias ao comprador?

Duarte – Uns dez a doze contos de réis.

Brás Ferreira – Então vendeste por trinta e três; tem de te dar ainda de tornas vinte e um contos.

Duarte, atrapalhado – Vinte contos de réis... É o que lhe eu dizia... (aparte) Como hei-de eu sair desta?

Brás Ferreira, olhando para ele – Dar-se-á caso que tu me pregasses uma das tuas?... que tal comprador não exista?...

 

CENA V

Ditos, JOSÉ FÉLIX, disfarçado em negociante velho, JOAQUINA

Joaquina – O senhor Tomás José Marques.

Duarte, pasmado – O senhor!...

Brás Ferreira, idem – Como?

José Félix, a Duarte – Peço-lhe desculpa, meu caro senhor Duarte, de o perseguir assim pelas casas alheias; mas a obrigação, como lá dizem, está primeiro que a devoção. E aqui, parece-me que todos parentes os senhores, não quer dizer nada... O senhor seu pai, creio eu?... E estas senhoras, suas manas? Tenho a honra de as cumprimentar. Custa-me vir importuná-lo... massão duas palavras, e já me retiro.

Duarte, aparte – Que história será esta?

Amália – Estes senhores querem tratar dos seus negócios... Meu pai dá licença, eu retiro-me.

Duarte – Para quê?... Eu por mim, não tenho segredos nenhuns...

José Félix – A falar a verdade, para uma senhora não é divertido ouvir tratar de títulos, registos, termos de posse, escrituras... ainda se fossem de casamento – vá, tem a gente paciência, recolhe o seu espírito, e...

Brás Ferreira – Vai, minha filha, vai: nós não tardamos também.

 

CENA VI

Ditos, menos AMÁLIA

José Félix – Então, meu caro senhor! eu venho acabar com isto: fazemos ou não fazemos o negócio da sua casa?

Duarte, admirado – Da minha casa?

José Félix – Da sua casa... ainda assim! da que vossa senhoria vendeu e eu comprei: não se trata senão de entrar de posse... É verdade: que cabeça a minha! Muitos recados da senhora D. Jacinta Marques, minha mulher, um criado de vossa senhoria. Já me ia esquecendo. É que eu, em se tratando de negócios, a respeito de tudo o mais recolho o meu espírito.

Duarte – Ah! então o senhor vem... (a Brás ) A mim sempre me sucedem coisas! Esta é a mais extraordinária...

Brás Ferreira – Que lhe achas tu extraordinário? Vendeste a casa...

Duarte – Está claro... pois isso não é o que me admira. Mas se o tio soubesse!...

José Félix – O contrato não está assinado, mas é como se o fosse. Oh! bem entendido: décima e impostos anexos, por este ano ainda lhe pertence a vossa senhoria pagá-los.

Duarte – Esta agora é melhor! Não me faltava mais nada. Com que eu hei-de pagar?... eu! a décima da tal dita casa que... que vendi ao senhor... senhor...

José Félix – Tomás José Marques, um criado de vossa senhoria. – Pois, meu senhor, é como se tudo tivesse assinaturas e sinais em público e raso. Eu sou homem de dizer e fazer. E o dinheiro está pronto; quando quiser...

Duarte, aparte – É uma pulha de entrudo; está visto. Mas deixa, que eu já te apanho. (alto) Então como o dinheiro está pronto, meu caro senhor Tomás José Marques, o dito dito, faz favor de mo entregar...

José Félix – Essa é boa! certamente. (Procurando nas algibeiras, donde, por fim, tira a caixa do tabaco.) Assinado o contrato, e certidão tirada do registo das hipotecas...

Brás Ferreira – Tem razão.

José Félix – Além disso, o senhor Duarte bem sabe, aquelas continhas velhas... não lhe venho a restar senão...

Duarte, aparte – Não sei como se pode mentir com aquele desembaraço..

.José Félix – E já está em poder do tabelião o saldo...

Duarte – Pois é pena! tinha vontade de ver as cruzes ao seu dinheiro, senhor Marques... E por causa deste senhor meu sogro, mais por outras razões particulares... se me pudesse dar aqui já algum ao menos... (aparte ) tinha maisgraça a mangação.

José Félix – Faço ideia: na sua posição, há-de-lhe ser preciso realizar... ainda que não seja senão para as suas fianças.

Duarte – As minhas fianças!

José Félix – Então! a recebedoria-geral de Santarém.

Brás Ferreira – O quê? pois ele será verdade?... O que tu me disseste ainda agora dum emprego?...

José Félix – O decreto está assinado: não há ninguém que o não saiba... O general Lemos tem uma influência com os ministros... Ainda esta manhã estive com ele. É um belo sujeito o general... e olhe que é seu amigo, senhor Duarte, seu amigo deveras. E então a senhora D. Matilde, a mulher do general? não falemos nisso. É verdade: tenho que ralhar com vossa senhoria da sua parte. Isso não é bonito; prometeu. deve Cumprir. Aquela música, não se lembra? para aquela modinha, que lhe fez a letra – e que há-de ser linda... mas não há música onde caiba.

Duarte, aparte – Irra! isto já é descoco demais... é já muita caçoada junta. (alto) Oh lá, senhor... sabe que mais?...

José Félix – Aos pés de vossa senhoria. senhor recebedor-geral. – Um lugar magnífico! verdadeiramente dos rendosos e pouco trabalhosos! – Com um poucachinho de jeito e de savoir-faire – quaisquer boas relações no tesouro, um amigo seguro nas companhias-monstros... pode-se andar muito caminho em pouco tempo. Hão-de gritar – é o costume – hão-de gritar: o recebedor-geral para aqui, o recebedor-geral para acolá!... Deixá-los gritar: ri-se a gente, e vai arranjando a sua vida. A minha regra, a minha regra, que é: em ouvindo tolices, recolho o meu espírito. E com isto não enfado mais. Criado e fiel cativo... (Vai-se.)

 

CENA VII

DUARTE, BRÁS FERREIRA, JOAQUINA

Duarte – Com efeito sempre é o maior falador!

Brás Ferreira – Tenho que te pedir perdão, meu Duarte: confesso-te que tinha desconfiado, estava em dúvida...

Duarte – O quê! pois meu tio?...

Brás Ferreira – Mas acabou-se, com isto acabou-se. Vamos já imediatamente a casa do general, e apresenta-me como teu sogro: quero-lhe agradecer.

Joaquina, aparte – Está perdido!

Duarte, atrapalhado – Hoje é... domingo... hoje está ele da outra banda na sua quinta da Lameda. É um sítio delicioso a Lameda, à borda do Tejo, uma vista, uns ares... Vamos lá, uma, duas vezes na semana: Sempre lhe digo, senhor Brás, que há ali um bilhar em que eu tenho feito as bolas mais espantosas... O outro dia carambolei... eu lhe digo como: a negra estava...

Brás Ferreira – Sim, sim; mas não é hoje que o general há-de jogar no tal bilhar, porque ainda agora este Tomás José Marques me disse que tinha estado com ele esta manhã. Assim, como eu não estou para ir só, vamos.

Duarte – Amanhã, cada vez que quiser; mas hoje é-me impossível.

Brás Ferreira – Então porquê?

Duarte – Tenho uns amigos à minha espera esta manhã – um pequeno-almoço de rapazes... mas contamos com o meu caro sogro.

Brás Ferreira – Eu não posso: prometi de ir almoçar com o barão da Granja.

Duarte – Ai está! E eu que tinha mandado fazer um almoço magnífico, umverdadeiro ambigu. Champanhe, já se sabe. Um cerceal da Madeira que bate quantos hocs e johannisbergs tem o Reno; – torta de camarões e ostras, e dois faisões que me chegaram ontem de Inglaterra pelo vapor, coisa preciosa!(Joaquina parece tomar sentido na lista dos pratos.)

Brás Ferreira – Ora vá – pois seja... Mas ainda não são senão dez horas: o teu almoço há-de ser como o meu, para o meio-dia: e daqui lá, temos tempo de sobejo para ir a casa do general. Assim, anda, vem... Então que é isso?

Duarte, aparte – Está teimoso com a tal visita.

Joaquina, aparte – O pobre rapaz não sabe com que santo se há-de pegar.

Brás Ferreira – Então! que tens tu? Que pasmaceira é essa? Não podes sair de casa por meia hora?

Duarte – Pois enfim, meu tio, já que não há outro remédio, vou-lhe dizer... jáque lhe não posso ocultar o que eu tanto desejava... saiba que não posso sair de casa esta manhã nem um minuto. (baixo) Tenho um desafio, e estou à espera do meu adversário.

Brás Ferreira – Oh meu Deus!

oaquina – Bem no dizia eu: aqui temos outra.

Brás Ferreira – E então aquele almoço que tu me dizias ainda agora?

Duarte – Lá está... lá está o almoço, posto lá, à espera... Um dos rapazes que aí vem almoçar é que me há-de servir de padrinho.

Brás Ferreira – Isso! outra cabeça doida como a tua: haviam de fazê-la bonita...Não senhor, toca-me a mim: eu é que hei-de arranjar esse negócio.

Duarte – Ora, não se meta nisto, deixe cá a gente. Pode comprometê-lo... nós somos rapazes, é outra coisa.

Brás Ferreira – Nada, nada! quero saber como isso é, como isso foi, senão adeus casamento.

Duarte, aparte – Que diacho de homem! (alto) E o seu almoço em casa do barão da Granja?...

Brás Ferreira – Importa-me cá almoço nem meio almoço! que espere o almoço.Trata-se da tua vida, da tua honra... Tu, filho do meu maior amigo, e agora meu filho, que és quase como se o fosses já! Vamos, fala, conta-me lá como isso foi, quero saber tudo por miúdo.

Duarte, aparte – É um homem capaz, por fim de contas, o meu sogro. (alto) Ora pois oiça, senhor Brás, e não tome estas coisas em ponto de admiração...é um caso como há tantos, um mal-entendu, uma brincadeira por fim.

Brás Ferreira – Não está má brincadeira! pôr em perigo a sua vida, a de um amigo! Assim é que vocês o entendem...

Duarte – Primeiro que tudo, é um inglês.

Brás Ferreira – É o mesmo... E para que hás-de ir tu logo às do cabo, logo comas mãos à cara?...

Duarte – Eu não lhe toquei.

Brás Ferreira – Ou com palavras?...

Duarte – Eu lhe digo como a coisa se passou. Fui ontem jantar fora, a Benfica... uma casa linda à beira da estrada... O dia estava belo, um dia de Verão. Depois de jantar viemos tomar café para um terraço delicioso que fica mesmo rente com a casa... É uma espécie de quiosque... uma lindeza! faça ideia... e pouco elevado do chão. A casa fez-se este ano, ainda lhe não puseram grades no terraço... repare bem nesta circunstância... note...

Brás Ferreira – Noto, noto, e faz-me estremecer. Querem ver que sucedeu alguma?

Duarte – Oiça. A dona da casa, senhora extremamente amável... e moça ainda... uns olhos pretos!... a dona da casa pergunta-me se quero mais açúcar... Eu tinha a xícara na mão, o café soberbo e a ferver... Eu entretido a olhar para a senhora e a dizer-lhe algumas coisas agradáveis... o tio bem sabe... não reparei na xícara que estava muito cheia a deitar por fora... e eu de sapatos... Sinto escaldar-se-me um pé de repente, dou um pulo à retaguarda, empurro um sujeito que estava por trás de mim... para a borda do terraço... e com a fortuna...

Brás Ferreira e Joaquina – E Jesus!

Duarte – Perigo nenhum!... cinco ou seis palmos de altura... Mas a desgraça foi que justamente nesse momento passava um oficial inglês da nau... viria de Sintra ou das Laranjeiras, mas vinha a pé... para um inglês é indiferente; e o meu sujeito cai-lhe mesmo em cima dos ombros.

Joaquina, rindo – Ah ah ah! Já não posso mais.

Brás Ferreira – Ó Joaquina, pois tu ris-te?...

Joaquina, contendo o riso – Oh! senhor, é que eu já não posso... não me pude conter.

Duarte – O mesmo sucedeu a toda a companhia. O inglês desesperado embirra comigo, teima que eu o fiz de propósito, que lhe atirei com o homem...Eu procuro acomodar a coisa; ofereço-lhe a desforra, dando-lhe até um primeiro andar de partido, isto é, que o atirem a ele do segundo sobre mim...Recusa tudo... não houve remédio senão dar-lhe a minha adresse; ele dá-me a sua... E lord Coockimbroock aí vem logo buscar-me com um par de pistolas.

Brás Ferreira, abanando a cabeça – Confesso-te que a tal história sempre me parece bem extraordinária... Mas não importa, eu não te largo, e quero ser teu padrinho.

Duarte, aparte – É cabeçudo ou não é? (alto) Mas, senhor Brás, eu faço escrúpulo de lhe pregar uma maçada... E se ele não vier?... Não era a primeira que sucedia. Há por aí sujeitinho que, é mais pequena coisa, tem logo na boca: 'A sua adresse?' Cuidam que é para a gente lhe não escapar? Não senhor, é para se escaparem eles.

Brás Ferreira – Pois bem, se ele não vier, iremos nós ter com ele.

 

CENA VIII

Ditos, JOSÉ FÉLIX de inglês, um criado

Criado – Milord Coockimbroock!

Brás Ferreira, espantado – O quê?... pois deveras?...

Duarte, admirado – Temos outra! Esta agora ainda é melhor.

Joaquina, aparte – Bravo!... vou dizer a minha ama, e adverti-la...

 

CENA IX

JOSÉ FÉLIX, DUARTE, BRÁS FERREIRA

José Félix – Sinhórr, eu vem tómarr vóssinhórrie pôr o pequena diverrtissemente de... to exchange, querr dizerr, trrócar dois tirras de pístolentrre nós ambas amiguevolmente.

Duarte, aparte – À pistola, c'os diachos!

Brás Ferreira – Pois quê, milord ! o caso de ontem?...

José Félix – Essa foi muito disagrréavel! E ésto foi por guarrdarr todo o cólerra que me tem causade, que eu guarrdarr meu sombréro – em pórrtuguiz, meu chapello – como ele esteve ontem. (mostra o chapéu com o fundo dentro) Vêvóssinhorrie? Oh! eu vem pedirr satisfácxion in forma.

Duarte, aparte – Agora é que eu já não entendo. Estou a ver se por acaso...Não fosse eu dizer a verdade?

José Félix – Oh, yes! foi um brincadeiro muito má. Eu não impedir vóssinhorrie de atirrar com homem, se faz-lhe prazer, if you please; mas é estilo de suo capital gritar primeirra de janela: 'homem vai!' – Eu trazia meu umbella, podia ter abrrido, como faz quando dizem: 'aguo vai!' – que é sempre um grrande peto em Lisbon, este de dizer: 'aguo vai!' – Oh, yes! não é aguo, vóssinhorrie...(sorrindo.)

Duarte, aparte – Irra! Chegou-me a mostarda ao nariz, com o tal engraçado tolo que apostou de mangar comigo: hei-de saber quem ele é. (alto) Pois, senhor, uma vez que veio para se bater, havemo-nos bater, e já.

Brás Ferreira – Essa é que é a moderação que tu me dizias?...

 

CENA X

Ditos e AMÁLIA

Amália, acudindo – Oh meu Deus! que é isto?

José Félix, baixo a Amália – Separe-nos, ande... (alto) Eu não bato a mim.

Duarte – Mas mim bate a ti. Agora o veremos.

Brás Ferreira – E eu mando-te que te cales. Que tal está! Ai que eu!... (aparte)E eu que cuidava ao princípio que era uma brincadeira!... e o jogo é a valer. (a José Félix) O senhor é o ofendido...

Duarte – Não senhor, o ofendido sou eu.

Brás Ferreira – Tu! tu que o ias matando, aleijando pelo menos!

Duarte – Não é verdade.

José Félix – É verrdade.

Brás Ferreira – É verdade sim senhor: a culpa é sua, não há que duvidar.

Duarte – Se meu tio o diz, não tenho remédio eu senão acreditá-lo.

Brás Ferreira – Ora graças a Deus! que confessou a sua culpa, e entrou na razão enfim. Da sua parte, milord, espero que desista, que se esqueça...

José Félix – Se o senhórr está muito triste, very sorry, se não tinha intenxion...

Brás Ferreira – Não tinha, não.

Duarte – Não tive.

Brás Ferreira – Então vamos! esqueça-se tudo; e em sinal de reconciliação, milord, há-de almoçar connosco.

Amália – Ainda bem! respiro.

Duarte, aparte – Verdade, verdade, não tenho muito de que me queixar. Ainda eu lhe sou obrigado ao tal maganão que embirrou a fazer-me este serviço.(alto) Oh lá! Joaquina, Isidoro! algum de vocês... É preciso mandar arranjar depressa alguma coisa...

Brás Ferreira – Para quê?

Duarte – Pois o senhor almoça connosco...

Brás Ferreira – Almoça: e então? Tu tens almoço em casa para um príncipe. Já te esqueceste?

Duarte – Ah! sim... decerto... Mas talvez um almoço de garfo... sem chá preto...sem manteiga fresca... não será do gosto de milord ...

José Félix – Eu peço o seu perdão, vóssinhorrie. O meu stomago é cosmopolitana, e entende todos línguas; janta em francês, pórtuguiz... nãoimporta; almoça com Turquia se é preciso, e ceia sobre Peru, se vóssinhorrie dá prazer.

 

CENA XI

Ditos e JOAQUINA

Joaquina – O almoço está na mesa.Duarte, espantado – O almoço!...

Joaquina – Venha cá ver como está bonita a mesa.(leva-o à porta do fundo) Garrafas de Champanhe, fruta, pastelão, tudo tão bem posto... hem?

Duarte – Não há dúvida: o almoço ali está. Acabou-se, já me não deixam mentir... é escusado. – Agora posso dizer o que eu quiser. (alto) Amália! (Dá- lhe o braço.)

Brás Ferreira – Milord! (conduzindo-o para a porta do fundo. – Saem todos menos Joaquina.)

 

CENA XII

JOAQUINA, só

Pobre rapaz! ficou como pateta! Se ele não está acostumado a isto...Condenado a falar verdade vinte e quatro horas a fio!... Também olhe que nos dá um trabalho! porque mente com um desembaraço e sem a menor consideração... Já se tinha esquecido da peta do almoço. Felizmente que nós estamos prevenidos, e graças ao bolsinho de minha ama e à vizinhança doManuel Espanhol, em poucos minutos se fez da peta verdade... E José Félix! Não verão o meco sentado à mesa com meus amos como se fosse gente, opedaço de lacaio!... Mas deixem estar que o tratante tem um ar, sabe tomaruns modos, que quem o não conhecer!... Em que ele se deita a perder decerto, é que aquilo é um comilão... O que lhe vale é fazer de inglês... não se repara. –Agora que mais falta? Vejamos. A tal visita de agradecimento ao general Lemos: essa não se pode evitar. Só se... É verdade; o general Lemos que venha cá... como têm vindo os outros. Vou avisar José Félix que se avie de almoçar e nos represente mais esse figurão. Não lhe há-de custar muito... é seu amo. – Ai! que é isto, que quer este senhor?

 

CENA XIII

JOAQUINA e o GENERAL

General – O senhor Duarte Guedes está aqui, não é assim?

Joaquina – Está sim senhor, foi agora para a mesa almoçar com o senhor Brás Ferreira, seu sogro que está para ser.

General – Um almoço de família, almoço de noivos... Não permita Deus que eu tal perturbe. Esperarei.

Joaquina – Se faz favor de dizer o seu nome.

General – Não é preciso.

Joaquina – Não é para saber... é que se fosse coisa que...

General – É coisa que eu lhe quero dizer só a ele ou a seu sogro.J

oaquina – Como queira.

 

CENA XIV

BRÁS FERREIRA, GENERAL, JOAQUINA

Brás Ferreira, de guardanapo na mão, falando para dentro – Eu venho, milord,eu venho: quero ratificar o nosso tratado de aliança com uma garrafa especial do meu Porto, é da fundação da Companhia, trouxe-o eu comigo.

Joaquina, para o general – Aqui vem o senhor Brás Ferreira.

Brás Ferreira – O que é isso?

Joaquina – Um senhor que lhe quer falar, ao senhor Brás Ferreira ou a seu genro. (aparte) Vamos ensaiar José Félix no novo papel que tem de representar.

 

CENA XV

GENERAL e BRÁS FERREIRA

General – Creio que é o senhor Brás Ferreira do Porto a quem tenho a honra de falar? Muita satisfação de ver a vossa senhoria em Lisboa. Conheço-o há muito de nome, e quase que posso dizer somos amigos sem nos termos visto. O meu antigo camarada, o coronel Luís Guedes sempre me encarece por tal modo a amizade que lhe tem! Nas suas cartas quase que me não fala de outra coisa senão de seu filho e de vossa senhoria.

Brás Ferreira – Luís Guedes! Então vossa senhoria é...

General – O seu mais antigo e melhor amigo, o general Lemos.

Brás Ferreira – Ah! vossa excelência perdoe, por quem é. Mas porque se incomodou, senhor general? Eu é que devia ir aos seus pés... e hoje mesmo tencionava fazê-lo – para lhe agradecer todas as bondades que tem tido com meu genro... que está para ser.

General – Bondades! eu não sei... decerto não tem nada que me agradecer...mas é sua culpa. Eu ignorava absolutamente...

Brás Ferreira – O quê, general?

General – Que Duarte estivesse em Lisboa.

Brás Ferreira – Que me diz, senhor? Há três meses.

General – Ainda o não vi uma só vez. Antes de ontem recebi eu uma carta deseu pai, que me pareceu um enigma: queixa-se de que o filho não tenha ainda obtido a recebedoria de Santarém que tanta conta lhe fazia... Mas que diacho! quem quer alguma coisa, pede-a. Eu não podia adivinhar, e vinha aqui de propósito ralhar com ele.

Brás Ferreira – Ralhar, tenho eu que ralhar com o tal menino por outras muito piores. Mas como é isto, senhor? Pois Duarte não vai habitualmente a sua casa?

General – Não senhor.

Brás Ferreira – Não digo em Lisboa, mas à sua quinta?

General – A minha quinta? É coisa que não tenho.

Brás Ferreira – Pois não digo quinta... não seja... mas a linda casa que tem da outra banda com uma vista magnífica, um bilhar...

General – Sou tão desastrado que não jogo o bilhar.

Brás Ferreira – Estava visto... Faça ideia, general, que é o sistema de mentiras mais complicado que nunca vi, e combinado de modo que ainda não sei... Mas deixá-lo: vossa excelência está aqui, há-de-me ajudar a confundi-lo... Com toda a certeza não lhe dou minha filha.

General – Por quem é! Eu que vinha com tanto gosto trazer-lhe a minha prenda de casamento...

Brás Ferreira – Não há-de ser meu genro.

General – E a sua palavra?

Brás Ferreira – Retiro-a: e ele não tem direito de se queixar... Avisei-o de que, à primeira mentira em que o apanhasse, tudo estava acabado. Ainda bem que o encontrei, general: vamos a ver com que cara o maldito do rapaz... Oh! ele aí vem: peço-lhe que não diga o seu nome.

General, aparte – E esta! Eu que vinha para obsequiar o pobre do rapaz, e a seu pai de quem sou tão amigo!

 

CENA XVI

Ditos, DUARTE, AMÁLIA, JOAQUINA

Duarte – Ora com efeito! forte companhia fazem os tais senhores! – O senhor meu sogro levanta-se no meio do almoço, e daí a um instante milord desaparece à segunda garrafa de Champanhe.

Joaquina – Vieram procurá-lo.

Duarte – Não duvido... algum pobre rapaz que se achou em aperto... Que é preciso confessar... o tal sujeito é a criatura mais serviçal... E então sem nenhum interesse! – Diga-me uma coisa, amabilíssimo sogro, que fazemos nós esta manhã?

Brás Ferreira – Eu tinha vontade de sair; mas temos aqui uma visita, um amigo da família...

Duarte – Perdoe... eu não tinha tido o gosto de ver este senhor... É do Porto?

Brás Ferreira – É verdade.

Duarte – Ia jurá-lo... Nós os das províncias do Norte temos um ar de franqueza, um aberto de fisionomia... Se vossa senhoria se demorar em Lisboa, terei muito gosto de o acompanhar, de lhe servir de guia... Não faça cerimónia comigo... sinceramente lho peço... um amigo de meu sogro!...

General – Dou-lhe os parabéns, senhor Brás Ferreira: o seu genro parece um rapaz extremamente amável.

Brás Ferreira, baixo ao general – Espere, espere, e depois falará. (a Duarte) É preciso que saibas, meu caro amigo, que este senhor vem a Lisboa para negócios que tem na secretaria da guerra, e precisa muito do valimento do general Lemos.

Duarte – Melhor... Dizem que é um homem justo e imparcial; e toda a gente o estima.

Brás Ferreira – Pois sim... mas tu que tens relações de intimidade com ele, não podias pela tua influência?

Duarte – Ah! certamente... terei a honra de lho apresentar. Há-de gostar dele, verá: um homem agradável e que, sem basófia, é meu amigo.

Brás Ferreira, rindo – Hem! General, baixo a Brás Ferreira – Até aqui, acho que diz a verdade.

Duarte – E alegre!... Olhe: à mesa me não deixava ele só, como aqui me fizeram. Ainda ontem almoçámos nós juntos em sua casa.

Brás Ferreira e General – Em casa dele?!

Duarte – Sim, juntos, ao pé um do outro.

Brás Ferreira – Então muito mudado está ele de ontem para cá.

Duarte – Porquê?

Brás Ferreira, apontando para o general – Porque ele aqui está, e tu não o conheceste.

Duarte, surpreendido – O general Lemos!

Joaquina, aparte – Estamos perdidos.

Amália – Tudo, tudo está perdido.

Duarte, tornando a si logo – O quê! Pois este é o senhor general Lemos? Muito sinto... não tenho a honra de o conhecer.

Brás Ferreira – Não duvido... mas nem por isso deixa de ser ele em pessoa.

Duarte – Há-de-me perdoar, meu tio: eu não digo o contrário; mas não foi com este senhor que eu almocei ontem... a verdade pura é esta. Como isto foi é que eu não sei; mas a não ser que haja outro general Lemos em Lisboa...

General – Em Lisboa do apelido de Lemos nem eu conheço senão meu primo o coronel Francisco de Lemos.

Duarte – Exactamente. Pois foi em casa dele, decerto, que ontem me apresentaram, e provavelmente com ele é que eu almocei.

General – Não teria dúvida nenhuma em o acreditar, se não fosse uma pequena dificuldade: e é que há três meses que está em Inglaterra.

Duarte, aparte – Co'a breca! (alto) É que voltaria há pouco, sem se saber...porque ele ontem estava em Lisboa.

Brás Ferreira – Não estava.

Duarte – Estava tal.

Brás Ferreira – Pois bem, rapaz, esqueço-me de tudo... se me provares essa.

 

CENA XVII

Ditos, um criado, JOSÉ FÉLIX com farda de brigadeiro, etc.

Criado – O senhor Lemos.

José Félix, afectando desembaraço – Então que é isto, que é isto?

General – Que vejo! É o meu brejeiro do meu Félix.

José Félix – Ora vivam meus senhores... Adeus, meu Duarte.

Duarte – Oh meu querido protector! Confesso que desta vez já não contava com o seu auxílio... Ainda bem que veio... Vou apresentá-lo a meu sogro e a seu primo.

José Félix, indo para eles com ar chibante, reconhece de repente o general – Santo Deus, meu amo!...General, aparte – E com a minha farda, o maroto!

Brás Ferreira, espantado – Conhecem-se! (Duarte, Brás Ferreira, José Félix e Amália ficam todos imóveis de admiração.)

General – Que painel! Enterraram-se todos até ao joelho. Ora vamos a dar-lhes a mão, que eles por si não se levantam . (para José Félix ) Então senhor meu primo...

Todos – Seu primo!

General – Que espanto é esse? Pois queria esconder de mim a sua volta a Lisboa?

Duarte – O quê? Pois este senhor é seu primo, o coronel Francisco de Lemos que voltou de Inglaterra?

General – Sim senhor. Porquê?... não lhe faz conta?

Duarte – Certamente que faz. – Mas é que isto hoje parece mesmo um acinte...não invento senão verdades. – Pois não é minha culpa, senhor Brás; mas, em consciência, está obrigado a dar-me sua filha.

General – Não há dúvida, senhor Brás Ferreira; é preciso consentir neste casamento. Já não tem mentiras de que o acusar.

Brás Ferreira – Excepto a da recebedoria de Santarém.

General – Aqui está o decreto. É a prenda de casamento que lhe eu trazia.

Amália – Pois é possível!

Duarte – Aposto que é verdade... tudo é verdade hoje. Assim, meu caro sogro, consinta, não há remédio...

Brás Ferreira – Estou certo que me enganaram.

José Félix – E eu também.

General – E eu também... Apesar disso, vamos, consinta...

Brás Ferreira – Que lhe hei-de eu fazer? Ainda que não seja senão por curiosidade e para saber esta adivinhação.

José Félix, atirando com o chapéu – Viva! A palavra do senhor Brás Ferreira é letra que não tem desconto. Eu ritorno al mio mestiere e ponho aos pés da minha cara Joaquina... o senhor Tomás José Marques... milord Coockimbroock, e sobre todos, o seu fiel José Félix, criado particular do excelentíssimo general Lemos.

Duarte – Ó maroto, pois eras tu?

Brás Ferreira – Faz-te de novas.

Duarte – Juro-lhe que eu não sabia nada, e que nem sequer o conheço...

Brás Ferreira – Continuamos?... Não faltava senão esta que é a mais difícil de engolir!

Amália – E contudo é verdade, meu pai. Eu lhe explicarei como isto foi.

Duarte – Protesto-lhe que hoje foi o último dia da minha vida que me deixei cair neste maldito vício... E nem eu sei como foi; queria-me defender... vinham umas atrás das outras... por fim... não sei... Mas acabou-se: não torno mais amentir; custa muito, dá muito trabalho. Vi-me em ânsias! Juro que me hei-de emendar... já estou emendado. – José Félix, nunca me hei-de esquecer da lição que me deste, e prometo pagar-ta.

José Félix – Deveras?

Amália, dando-lhe uma bolsa – E eu pago-ta já.

José Félix – Melhor ainda. (apalpando a bolsa) Isto sim que são verdades puras... e não deixam mentir ninguém.

Cai o pano.

Representada, a primeira vez, em Lisboa, no teatro de Tália, pela sociedade particular do mesmo nome, em sete de Abril de MDCCCXLV.

Luogo: Lisbona

Personaggi:
Brás Ferreira
Amalia
Duarte Guedes
Generale Lemos
Joaquina
José Félix
Un lacchè
Un domestico senza livrea

 

ATTO UNICO

Elegante sala di visita. Porta in fondo e altre laterali. A sinistra, un tavolo e uno scrittoio, ed altri oggetti di scena.

 

SCENA I

Joaquina, José Félix

JOAQUINA - Venga signor José Félix, entri. A quest'ora? Per una persona come lei signor José Félix, il domestico personale di un signore di corte ... . Lá fuori sono a malapena le nove ...

JOSÉ FÉLIX - Le nove ... e un signore di corte! Stia tranquilla, signora Joaquina. Il mio signore è un generale, va beh, siamo d'accordo, ma le nove hanno suonato già da molto. Ma qui a Lisbona si contano le ore e i signori in altra maniera. In campagna, noi, mia cara Joaquina ...

JOAQUINA - Ahi ahi, ma sei scemo? In campagna, in campagna ... Ma cosa dici! Devi sapere che io sono di Porto, signor José Félix, che è la seconda capitale del regno, la città eterna, come dicono i giornali. Campagna sarà la sua, quella di Lourinhã o il paesello di Padre Pires o cosa simile. E allora?

JOSÉ FÉLIX - Va bene, basta, Joaquina, basta; stai tranquilla che io non parlo più. Basta. Ho saputo ora che sono arrivati ieri sera col vapore e che si trovano qui in questa locanda, che è quasi attaccata alla nostra casa, e son venuto subito, mia adorata Joaquina, a richiedere il premio degli undici mesi di eterna mancanza di te.

JOAQUINA - Ma e tu, voglio sapere, tu, mi sei stato fedele?

JOSÉ FÉLIX - Orribilmente fedele! Maledizione, Joaquina, maledizione!

JOAQUINA - Ma cosa dice questo qui?

JOSÉ FÉLIX - Se tu vieni da ... dalla campagna, noooo. No, Joaquina, tu non vieni dalla campagna, tu vieni dalla città eterna ... Verrai. Maledizione eterna su chi lo metterà in dubbio! Ma tu vieni, vieni da dove ancora non si conosce la lingua delle romantiche passioni, dei sentimenti tratti dalla pura natura come noi che qui abitiamo nella via dei Conti, e nei feuilleton delle pagine pubbliche, che sono l'organo della opinione incommensurabile dei secoli.

JOAQUINA - Se io ti capisco ...

JOSÉ FÉLIX - Aaaah! tu non mi capisci? Bene, Joaquina, bene. Nemmeno io: nessuno. Perciò, Joaquina, la moda è questa. Lascia stare: se ci rimani otto giorni, resterai più perfetta di me perché la tua anima di donna è fatta per capire il mio cuore di uomo. E allora, capisci? Oh Joaquina, angelo mio, donna, brezza, silfide, demonio! io ti amo! ti amo, perché ...

JOAQUINA - Dio mio!

JOSÉ FÉLIX - Non interrompermi, non interrompermi, lasciami stare. Silfide, angelo, brezza, donna! ti amo perché il mio cuore brucia per te e io ho delle vene, e queste vene ... hanno delle arterie ... e queste arterie hanno ... non hanno ... le arterie non hanno niente, ma battono, battono come le campane che suonano in onore del defunto nell'ora del passaggio che è la morte, morire, morire ... oh Joaquina, morire! E che cos'è la morte? È la vita che sprofonda negli abissi strepitosi dell'eternità, che è, che è ...

JOAQUINA - Ma questa è una commedia oppure tu mi stai prendendo in giro?

JOSÉ FÉLIX - Questo è il dramma delle passioni, dei sentimenti, della verità ...

JOAQUINA - Senti un po': avevo una cosa molto seria da dirti ma siccome tu sei uscito pazzo, addio!

JOSÉ FÉLIX - La poesia della vita è questa, Joaquina. Ma ... ma passiamo alla vile prosa degli interessi materiali del paese, se necessario. Dai, dunque. Farò quest'altro sacrificio per te. Che posso fare per te?

JOAQUINA - Che tu smetta di dire sciocchezze ora e che mi ascolti. Il mio padrone, il signor Brás Ferreira, che è un gran riccone come tu sai, uno di quelli commercianti di Porto che hanno soldi come i chicchi di grano, viene di proposito a Lisbona per sposare la sua bambina. Lei è figlia unica, e stravede per me, poverina! È un angelo! Mi ha promesso che il giorno in cui avrebbero firmato le carte io avrei ricevuto la mia dote.

JOSÉ FÉLIX - Dote! Dio mio! una dote ... Oh Joaquina, ma tu hai davvero una dote? Non voglio sapere quanto è. Assolutamente! No! Che io sia maledetto!

JOAQUINA - Cento monete.

JOSÉ FÉLIX - Oh! sia quel che sia, che m'importa? L'amore, l'amore vero non conta gli spiccioli dell'oggetto del desiderio ... No ... Ma è in contanti, in contanti, Joaquina?

JOAQUINA - Sissignore.

JOSÉ FÉLIX - Meglio: perché come ben sai, io con la mia educazione, un ragazzo che ha emigrato, che è stato a Parigi e che oggi è il domestico privato di un generale ... con titolo a diventare maggiordomo di un club di primo livello - ho già rifiutato le galosce - come vedi non potevo formare una alleanza che non mi fornisse i mezzi di sostentamento per la posizione sociale in cui mi trovo. Ma tu hai una dote; basta, mi calmo e ti stendo la mia mano.

JOAQUINA - Ahi, José Félix! ma il matrimonio della mia padrona non è stato ancora realizzato.

JOSÉ FÉLIX - Ma perché? Ci sono degli impedimenti?

JOAQUINA - No lo so ... quando tornavamo col vaporetto mi è sembrato che ci fosse qualcosa ... . Tra il padre e la figlia c'era qualcosa. E la signorina era triste, irrequieta. Sono sicura che ci sono degli impedimenti grandi, che ci sono degli ostacoli ...

JOSÉ FÉLIX - Ostacoli! No no, non ci sono, non ci possono essere. La mia passione, la nostra felicità, cento monete in contanti, perdindiridina! al diavolo! assolutamente non ci possono essere, questo matrimonio s'ha da fare, Joaquina: l'onore, la delicatezza, tutto me lo dice, signora Joaquina, vada subito a sciogliere i dubbi al papà. E se necessario, io prenderò parte nella questione.

JOAQUINA - Ma noi dobbiamo sapere che cosa c'è, dov'è che possiamo intervenire ... Ma aspetta; guarda, sta arrivando la signora Dona Amalia: stai lì e ... a meno che tu non serva a casa del tuo padrone.

JOSÉ FÉLIX - Il mio padrone! Guarda, tu sei molto arretrata, Joaquina. Il mio padrone è un gentiluomo, un generale, una persona della prima società, e quindi abituato a fare aspettare gli altri, e ad aspettare lui i suoi domestici, che è la regola. Inoltre, io sono in licenza per tutta la giornata, perché è successa una cosa a casa ... La signora ha pianto, il signore ha brontolato. Te lo racconterò un'altra volta, perché così ti farò ridere. Il caso vuole che io oggi abbia tutta la giornata per me. Eccola che arriva, la tua padrona. E arriva triste, poveretta! Resta ferma dove sei, Joaquina! Guarda che è una cosa seria per te, avere una dote e un marito!

 

SCENA II

I personaggi già in scena e Amalia

AMALIA - Joaquina! Joaquina! ti stavo cercando. Il signor Duarte non è ancora arrivato?

JOAQUINA - No, signora.

AMALIA - Ma chi è questo uomo con cui stavi parlando?

JOSÉ FÉLIX - Dai, presentami come si deve.

JOAQUINA - Mia signora, è quel ragazzo di cui le avevo parlato a Porto.

AMALIA - Ah! Sì, lo so: è il signor José Félix. Hai buon gusto, Joaquina. Il peggio è che voi non vi potete sposare finché il mio matrimonio non si è realizzato, e io ho molta paura che dobbiate ancora aspettare molto tempo.

JOAQUINA - Ma perché, mia signora?

AMALIA - Ma non lo vedi! sono disperata; si è tutto rovesciato, mio padre vuole che io rompa il fidanzamento con lui.

JOAQUINA - Con il signor Duarte?

AMALIA - Si, altrimenti con chi?

JOSÉ FÉLIX (commentando) - Mio Dio! e le nostre cento monete?

JOAQUINA - Non è possibile: la stessa famiglia, la stessa ricchezza, un matrimonio così giusto, così per bene ... Suo padre non oserà.

AMALIA - Ah, non lo so proprio! É venuto a Lisbona - ora l'ho capito - solo per trovare un pretesto per annullare questo matrimonio.

JOAQUINA - Ma non lo troverà. Il signor Duarte è un giovanotto come ce ne sono pochi. Giudizioso ... e le sue trovate ... beh, è giovane e come tutti i giovani ... Le passerà in fretta. Con un cuore così ... non ce n'è di meglio. E lo vuole sapere, signora? Il male che egli fa è per abitudine ... tutti lo fanno ... e se il bene che lui fa è molto di più, allora mia signora, le passerà e non farà più del male a nessuno.

AMALIA - Va beh, ma già che stiamo parlando dei suoi difetti, ti dirò che ne ha uno che se mio padre lo viene a sapere ... L'ho tenuto nascosto finora, ma se mio padre lo viene a scoprire è finita, non glielo perdonerà mai. Mio padre è un commerciante all'antica che ha alti i valore dell'onore, della rettitudine, della correttezza e della verità nei modi di fare, ed è talmente severo che sembra

quasi maleducato ... e Duarte è un bravissimo ragazzo, non c'è ombra di dubbio, ma, non so se per distrazione o se per pazzia, ha preso la brutta abitudine di non dire mai una parola che sia vera.

JOSÉ FÉLIX - Capisco ... ha viaggiato tanto ...

JOAQUINA - No, no, è il primogenito di una razza quasi castigliana ...

JOSÉ FÉLIX - Capisco, capisco: echelas usted más blandas.

JOAQUINA - E inoltre è da sei mesi che si trova a Lisbona.

JOSÉ FÉLIX - Dove tutti i talenti si perfezionano.

AMALIA - Dunque, mio padre ha dichiarato che alla prima bugia ben evidente e comprovata che egli avrebbe pronunciato, tutto sarebbe finito tra di noi.

JOSÉ FÉLIX - Bene, allora addio! Il signor suo padre in effetti ... e poi egli è anche imparentato, beh, come si suol dire, ha una costola spagnola ... Il suo progetto è una ... . un'altra spagnolata pure ... Voler impedire che un ragazzo di quel livello lì, alla moda, dica le sue balle! ... questo sarebbe più che voler costruire dei castelli in Spagna, è voler fare proprio l'impossibile!

AMALIA - Ma mio padre non lo capisce proprio, e io non so come avvertire Duarte.

JOAQUINA - Mi metto io ad aspettarlo. Non manca poco che arrivi, e prima che entri e che parli con suo padre, lo avverto io che stia attento e che non dia delle notizie che non siano quelle ufficiali ... se possibile ... .

AMALIA - Zitta! sento parlare nella camera di mio padre. È la voce di Duarte.

JOAQUINA - Si vede che è entrato dall'altra scala.

AMALIA - È tutto finito! Se egli sta parlando con mio padre ... scommetto che ... non ci riesce ... non ce la fa, mente per abitudine e senza accorgersene di ciò che dice.

JOAQUINA - Allora ciò che si potrebbe fare era ... era fare una cosa da maestro: fare finta che il signor Brás Ferreira non lo conoscesse. Alla fin fine a noi che ce ne importa che egli menta, a patto che suo padre non lo capisca?

JOSÉ FÉLIX - Ha ragione Joaquina. E sarebbe più facile così. Se la signora Donna Amalia si fida di me e mi autorizza ...

AMALIA - O mio Dio! Se voi riuscite a nascondere quel difetto a mio padre, sarò in debito nei vostri confronti per sempre ... e se ci sposiamo, farò in modo di sdebitarmi verso di voi.

JOSÉ FÉLIX - Siamo d'accordo, mia signora. Ma ora bisogna che il signor Duarte non mi veda. Sarebbe meglio però che io lo potessi sentire, per farmi così un'idea del suo modo di fare ...

JOAQUINA (indicando un'alcova, a destra) - Vai! Nasconditi in quella alcova che ha una porticina che dà verso la scala. Eccoli che arrivano: entra! svelto! nasconditi!

 

SCENA III

Joaquina, Amalia, Brás Ferreira, Duarte

BRÁS FERREIRA - Ah no, questo è troppo! ... Centomila cruzados di rendita!

DUARTE - Ma le dico che è vero ... una signora brasiliana - marchesa che è il livello più basso che lì si può trovare - la marchesa di Paraguaçu. Macchinari per la lavorazione dello zucchero, trecentosei; negri ... cioè, tra negri, mulatti, meticci, e incroci vari è un conto che fa paura, senza contare gli acagiù, i banani, i pappagalli e pappagallini, che questi si trovano a migliaia in giro per la casa. É stata lei stessa, in persona, che me lo ha chiesto, a me, personalmente.

BRÁS FERREIRA - Una marchesa per davvero!

DUARTE - Una marchesa per davvero. E io rifiutai: è inutile dire il perché ... (guardando verso Amalia)

BRÁS FERREIRA - E ora dove è questa gentildonna? La vorrei vedere.

DUARTE - Vederla, povera! È andata via con la prima nave verso Pernambuco, da Pernambuco è andata a Baía, da Baía è andata a Niterói, da Niterói - che disgrazia! - passava per Rio de Janeiro quella nave che prese fuoco e scoppiò ... è morta arrostita la povera marchesa.

BRÁS FERREIRA - Che peccato!

JOAQUINA (commentando) - Che fortuna!

BRÁS FERREIRA - Se lei fosse viva vorrei sapere ...

JOAQUINA (a bassa voce) - Per questo motivo Dio la volle con sé: meno male!

BRÁS FERREIRA - Capitano sempre certe cose a questo ragazzo!

DUARTE - E questo non è niente. Ma lasciatemi parlare con la mia cara Amalia. Che piacere ritrovarla! Ma è arrivata ieri e non ha mandato nessuno a dirmi che era già arrivata! Non sapevo niente, e se lo avessi saputo non sarei andato a teatro, al San Carlo, dove mi è capitata ... una tale avventura, all'uscita del teatro ... Volevano rapinare una gentil donna che era arrivata da poco ... rapirla ... portarla via in una carrozza ... La aiuto io con ben due bastonate date in testa al cocchiere, do poi di mano al cavallo e questo si spaventa, si alza, strappa le briglie e scappa! e i malviventi pure ... scappano tutti e ... Ma cosa c'è? Che ha mia cara? Che visino triste. Ma allora non sa che suo padre acconsente oggi alla nostra unione? oggi stesso!

AMALIA - È possibile?!

DUARTE - Sì, mi ha dato la sua parola. Stasera, dopo cena, firmiamo le carte ma ad una condizione che non mi ha voluto dire e che ancora non so. Lo sa lei, mia cara, per caso? Gliel'ha detta?

AMALIA - Me l'ha detta, Duarte, sì me l'ha detta. E credo proprio che non le sarà possibile adempierla del tutto.

BRÁS FERREIRA - Perlomeno le costerà, mi pare di capire. Ma voglio essere giusto e non lo condannerò senza avere delle prove certe. Disgraziatamente sono molto persuaso che non te ne mancheranno sin d'ora fino a stasera.

DUARTE - Quello che mi sembra è che a Porto piace parlare per enigmi e io non ci capisco niente. Ma sia quel che sia, ciò che io capisco è l'amore che io sento per lei, Amalia, l'affetto così vero che mi ha ispirato e che mi ha persuaso di meritarmelo pure. Sono così felice di vederla ... Separati da sei mesi!

BRÁS FERREIRA - Dio voglia che tu abbia ben profittato di questo tempo e che tu abbia trovato degli amici, buoni rapporti, protettori. Nelle tue lettere non mi parlavi mai del generale Lemos, il migliore amico di tuo padre. Si darà il caso che tu non lo vada a trovare per niente?

DUARTE - Al contrario, ci vado tutti i giorni. È la casa più gradevole di Lisbona: una signora estremamente amabile e cordiale ... L'altro giorno ho composto una canzone per lei, una modinha brasiliana e le parole pure, che tra l'altro mi sono venute molto bene ... e oggi ero rimasto d'accordo che sarei passato per portarle la musica.

JOAQUINA (verso Amalia) - Gesù! che paura! José Félix, che si trova a casa del generale, me lo avrebbe detto certamente se fosse vero.

DUARTE - Il mio generale, poveretto! il mio santo generale Lemos mi è stato molto vicino e mi ha prestato pure dei buoni servigi, interessandosi di me in una maniera ... Il caso vuole che io oggi debba scegliere la mia posizione in ben tre luoghi di primo ordine: il riscossore-generale a Évora, a Santarém ...

BRÁS FERREIRA - Scelgo io: Santarém. E ci andiamo subito subito senza indugi alla dimora del generale.

DUARTE - Ma no! è arrivato da poco, si può dire, e già vuole andare a trattare di affari! Nossignore, prima il divertimento. Voglio fare gli onori della capitale a questa signora. Stasera c'è Liszt al teatro San Carlo e io ho fatto prenotare un palco. Dopo andiamo al ballo del club: ho quanti biglietti ve ne occorrono: sono il direttore!

BRÁS FERREIRA - Tu sei il direttore? Tu!

DUARTE - È vero: eletto con duecento voti.

BRÁS FERREIRA - Duecento voti! ma quanti soci ha il club?

DUARTE - Duecento e uno! Non ho perso che un voto. Ed è stato per una certa cosa che so io. - È vero, e come vi trovate in questo albergo? È il migliore di Lisbona. Le camere non sono grandi ... ma io abito negli altri piani superiori ed è stato egoismo da parte mia ...

BRÁS FERREIRA - Beh, a dire il vero, mi sarebbe piaciuta di più la zona di Cais do Sodré.

DUARTE - Ma ad averlo saputo prima, avrei fatto preparare una camera a casa mia che si trova proprio alla fine della Rua do Alecrim.

AMALIA - Casa sua!

BRÁS FERREIRA - Ma tu allora hai una casa a Lisbona?

DUARTE - E non mi è costata nemmeno tanto. Ho firmato per trecento banconote presso la Compagnia-mostro, ho venduto e incassato il dieci per cento senza sborsare neanche cinque reali ... una sciocchezza! trenta banconote di reali e siccome non sapevo cosa farmene, ho comprato quella casa.

BRÁS FERREIRA - Perdindirindina! Che fortuna!

DUARTE - Una casa bellissima, nuova, con l'uscita verso ben tre vie - e ho quasi tutto affittato: - tutto tutto, meno male! tranne il secondo piano che è il più bello e dove potevate andare se io avessi saputo prima del vostro arrivo. Tuttavia, era sempre un secondo piano.

BRÁS FERREIRA - Che me n'importa! I secondi piani a Lisbona sono i più confortevoli delle case. Ci vado io ad abitare in quella casa.

DUARTE - Che peccato! Se l'avessi saputo non l'avrei venduta ieri.

BRÁS FERREIRA - Ma come, l'hai già venduta?

DUARTE - È vero, trentatré banconote e ho anche guadagnato ... una sciocchezza certamente ma è sempre meglio che perdere. E c'erano delle cose da sistemare, delle spese da realizzare.

BRÁS FERREIRA - Riparazioni in una casa nuova?

DUARTE - È quello che le sto dicendo: la mansarda era stata fatta male e si sa come vanno a finire queste cose ... Alla fine ho venduto e non ho fatto male. Trentatre banconote è più sicuro e non devo pagare delle tasse e tutto il resto ...

BRÁS FERREIRA - E il compratore è persona affidabile?

DUARTE - Oh! affidabilissima. Un uomo con una ricchezza immensa, un commerciante in pensione, un certo Tomás José Marques ... lo conoscerà senz'altro ...

BRÁS FERREIRA - No, non lo conosco e sono sorpreso.

DUARTE - È uno che è sempre stato in Brasile e in Inghilterra, e ora si è stabilito qua. Compra tutto ciò che gli passa davanti, trattandosi di beni immobiliari. Stamattina deve solo venire qua a portarmi i soldi. Non sono per niente preoccupato.

JOAQUINA (a voce bassa) - Neppure io.

AMALIA (a voce bassa verso Joaquina) - Ai, Joaquina, questa mi sembra una di quelle ...

JOAQUINA (a voce bassa verso Amalia) - Pure a me.

 

SCENA IV

I personaggi già in scena e un domestico della locanda che porta una lettera e dice:
Per il signor Brás Ferreira, da Porto.

BRÁS FERREIRA - Sono io: dammela. (apre la lettera) Ah! è il pagamento. (il domestico esce) Vediamo i miei conti: quanti soldi ho? ... Con permesso, Duarte, ho delle carte da preparare. Chiacchiera pure con mia figlia. (prende il portafogli e va a sedersi a sinistra)

AMALIA (a bassa voce verso Duarte) - Non la smetti mai, si vede.

DUARTE - Di adorarla? no di certo.

AMALIA - No, non è questo; è quel suo maledetto vizio che manda tutto a rotoli; mio padre ha giurato che avrebbe mandato a monte il nostro matrimonio se fino a stasera ti avesse sentito dire una bugia.

DUARTE - O Dio mio, cosa ho fatto!

AMALIA - E allora, Duarte? Tutto ciò che hai detto finora? ...

DUARTE - In fondo in fondo è vero, credimi, ora i dettagli ... i particolari ... io non so cosa mi capita ... non è con cattiva intenzione ... ma la maggior parte delle volte le cose raccontate tali e quali come sono ... sono così ... . scialbe!

AMALIA (con ironia) - E allora non riesci a resistere al desiderio di abbellirle e di dimostrare la ricchezza della tua immaginazione.

DUARTE - Non lo farò mai più. Lo giuro. Mai più.

AMALIA - Zitto, che ti può sentire mio padre.

DUARTE - Non m'importa, non ho paura: ho imparato la lezione e per sempre. Amalia, ti prometto, che sarò il più bravo del mariti, leale, sincero, vero, sempre ...

AMALIA - Sempre! Se mio padre sentisse questa parola, manderebbe subito a monte il nostro matrimonio.

DUARTE - Amalia, allora questo è troppo! ...

BRÁS FERREIRA (arrivando con un pezzo di carta in mano) - Non ho soldi a sufficienza. E me ne ero anche dimenticato! Duarte, mi dovresti fare un favore.

DUARTE - Quale? Sono pronto.

BRÁS FERREIRA - Una cambiale da tre reali, per favore.

DUARTE - O che peccato! Capita in un brutto momento, maledizione! non ho un soldo.

BRÁS FERREIRA - Ma come? e quei soldi?

DUARTE - Quali soldi?

BRÁS FERREIRA - Quelli della tua casa.

DUARTE - Della mia casa? ... Ah sì, è vero. Ma si dà il caso che in questi giorni ...

BRÁS FERREIRA - Li hai già spesi tutti?

DUARTE - No, no, cioè, in un certo modo sì ma voglio dire ...

AMALIA (sottovoce a Duarte) - Stai attento alle bugie.

DUARTE - Vale a dire, perché non dirvi francamente cosa accade, zio? È che io avevo certi debiti ...

AMALIA - Un'altra, Duarte?

DUARTE - No, questa no, è la pura verità. Un ragazzo non può vivere senza questo. Dunque accade che, e per una strana coincidenza, l'acquirente della mia casa, un tale signor José Marques ...

BRÁS FERREIRA - Ma poco fa avevi detto Tomás ...

DUARTE - Tomás José Marques, un finanziatore di primo ordine ...

BRÁS FERREIRA - Ma avevi detto commerciante ...

DUARTE - Commerciante perché commercia in carte e interessi, un usuraio, insomma. Beh, un onoratissimo uomo che è anche commendatore e diventerà consigliere uno di questi giorni, era lui che mi aveva prestato i soldi. Ma nell'acquisto della casa, fatti bene i conti ...

BRÁS FERREIRA - E tu dovevi dei soldi al compratore?

DUARTE - Circa dieci, dodici reali.

BRÁS FERREIRA - Ma se l'hai venduta per trentatre, ancora ti deve dare di resto ventuno reali.

DUARTE, (in difficoltà) - Ventuno reali ... giusto ... è come le stavo dicendo ... (a bassa voce) Ma come posso uscirne da questa cosa?

BRÁS FERREIRA (guardandolo) - Non mi starai mica raccontando una delle tue bugie? ... sta' a vedere che questo acquirente non esiste proprio? ...

 

SCENA V

I personaggi già in scena, José Félix mascherato da vecchio commerciante e Joaquina

JOAQUINA - Il signor Tomás José Marques.

DUARTE (sorpreso) - Il signor! ...

BRÁS FERREIRA (sorpreso anche lui) - Come?

JOSÉ FÉLIX (a Duarte) - Le chiedo scusa, mio caro signor Duarte, di perseguitarla così nelle case altrui, ma l'obbligo, o come si dice, viene prima della devozione. E qui mi sembra che siate tutti parenti, vero? Questo signore è suo padre, non è vero? E queste signore, sue sorelle? Ho l'onore di salutarvi. Mi duole disturbarvi ma solo due parole, e mi ritiro subito.

DUARTE (a bassa voce) - Ma che storia è questa?

AMALIA - Questi signori desiderano parlare di affari e se mio padre mi permette, io mi ritiro.

DUARTE - E perché? Per quanto mi riguarda io non ho alcun segreto.

JOSÉ FÉLIX - A dire il vero per una signora non è divertente sentire parlare di titoli, libri contabili, contratti, ... se fossero di matrimonio ... Suvvia, vada tranquilla, stia tranquilla, e ...

BRÁS FERREIRA - Sì, appunto, vai figlia mia, vai tranquilla che noi non tarderemo molto.

 

SCENA VI

I personaggi già in scena, tranne Amalia

JOSÉ FÉLIX - Allora, mio caro signore, sono venuto a concludere il tutto: concludiamo oppure no l'affare della sua casa?

DUARTE (sorpreso) - Della mia casa?

JOSÉ FÉLIX - Sì, sì, della sua casa ... come no! di quella che vostra signoria ha venduto e io ho acquistato: non si tratta quindi di entrarne in possesso? ... Oh, è vero, che testa la mia! Tanti saluti dalla signora Donna Jacinta Marques, mia moglie, a disposizione di vostra signoria. Mi stavo già dimenticando. È che io, trattandosi di affari, nonostante tutto, io sono tranquillo e ... .

DUARTE - Ahhhh! allora lei viene per ... (verso Brás) Mi accadono sempre certe cose! E questa è la più straordinaria ...

BRÁS FERREIRA - E cosa c'è di straordinario? Hai venduto la casa.

DUARTE - Certo certo ... ma non è questo che mi sorprende. Ma se lo zio lo sapesse!

JOSÉ FÉLIX - Il contratto non è ancora firmato ma è come se lo fosse. Oh oh! che sia ben chiaro: decima e imposta dovuti per quest'anno sono ancora di vostra competenza.

DUARTE - O questa poi! Ci mancherebbe. Come li pago io? ... io? la decima della casa che ... che io ho venduto al signor ... signor ...

JOSÉ FÉLIX - Tomás José Marques, vostro servitore, vostra signoria.- Ma certamente, mio signore, è come se tutto fosse già firmato e registrato pubblicamente. Io sono un uomo di parola, quello che dico, lo faccio. E i soldi sono pronti. Quando li vorrà prendere ...

DUARTE (a bassa voce) - Questo è davvero un farabutto; si vede proprio. Ma aspetta che ti prenda ... (a voce alta) Allora siccome i soldi sono pronti, mio caro signor Tomás José Marques, come non detto e le chiedo di consegnarmeli gentilmente.

JOSÉ FÉLIX - Questa poi! Ma certamente. (frugando nelle tasche dove, alla fine, trova una scatola di tabacco) Il contratto è stato firmato così come il registro del catasto.

BRÁS FERREIRA - Lui ha ragione.

JOSÉ FÉLIX - Inoltre, come il signor Duarte sa bene, ci sono ancora quei vecchi conticini ... non so se si ricorda ...

DUARTE (a bassa voce) - Non so come riesca a mentire così sfacciatamente ...

JOSÉ FÉLIX - E il saldo si trova già nella mani del notaio.

DUARTE - Che peccato! Volevo proprio vedere le banconote, signor Marques ... E per causa di mio suocero qui presente, e per altri motivi particolari che non sto qui a spiegarvi ... se mi potesse dare subito qui qualcosa almeno ... (a voce bassa) sarebbe ancora più divertente questo scherzo.

JOSÉ FÉLIX - Capisco: nella sua posizione ha bisogno di realizzare, monetizzare ... anche se solo per i suoi bisogni.

DUARTE - Per i miei bisogni!

JOSÉ FÉLIX - E allora! la ricevitoria generale di Santarém ...

BRÁS FERREIRA - Cosa? ma sta dicendo la verità? Ma tu non mi avevi appena detto che avevi già un lavoro?

JOSÉ FÉLIX - Il decreto è già stato firmato: lo sanno tutti. Il generale Lemos ha una certa influenza con i ministri ... Proprio stamattina sono stato assieme a lui. È una bravissima persona, il generale, e guardi che le è amico, signor Duarte, suo amico per davvero. E allora la signora Donna Matilde, la moglie del generale? Non ne parliamo. È vero: devo sgridare vostra signoria da parte sua. E questo non è bello: se ha promesso, deve mantenere. Quella musica, ... non si ricorda? quella modinha, per cui le ha scritto le parole ... doveva essere bellissima ma ancora non c'é la musica!

DUARTE (a voce bassa) - Porca miseria! questo è troppo! questo qua mi sta prendendo troppo in giro. (a voce alta) Senta un po', signore ... sa una cosa?

JOSÉ FÉLIX - A vostri piedi per servirla, vostra signoria, signor riscossore generale. Un posto magnifico, veramente redditizio e poco impegnativo! - Con un pochino di abilità e di savoir-faire - qualsiasi buon rapporto con il Tesoro, un amico fidato nelle compagnie-mostri ... si può fare molta strada in poco tempo. E grideranno - come abitudine - grideranno: il signor riscossore generale di qua, il signor riscossore generale di là! ... Lasciateli gridare: la gente ride e va avanti con la sua vita. La mia regola, la mia regola, è: quando sento idiozie, resto tranquillo e ... e con questo non disturbo nessuno. Servitore fedele. (Se ne va)

 

SCENA VII

Duarte, Brás Ferreira, Joaquina

DUARTE - Beh, in effetti è un gran parlatore!

BRÁS FERREIRA - Ti devo chiedere perdono, mio Duarte. Ti confesso che avevo dei sospetti nei tuoi confronti, e avevo anche dei dubbi.

DUARTE - Che cosa? ma zio? ...

BRÁS FERREIRA - Ma ora non più. Andiamo subito, immediatamente a casa del generale e mi presenterai come tuo suocero: lo voglio ringraziare.

JOAQUINA (a bassa voce) - È finita!

DUARTE (in difficoltà) - Oggi è ... domenica ... e oggi lui si trova nella sua proprietà di Lameda. È un luogo delizioso, Lameda, in riva al fiume Tago, con una vista, un'aria buona ... Ci andiamo una, due volte la settimana. E le dirò, signor Brás, che c'è lì un biliardo in cui ho lasciato il segno con delle carambole fantastiche ... ecco proprio l'altro giorno ... le voglio raccontare: la palla nera si trovava ...

BRÁS FERREIRA - Sì, sì, ma non è oggi che il generale giocherà a biliardo perché proprio ora questo Tomás José Marques mi ha detto che era stato assieme a lui stamattina. Siccome non mi va di andare da solo, andiamo insieme.

DUARTE - Domani, e ogni volta che lo vorrà, ma oggi mi è impossibile.

BRÁS FERREIRA - Ma perché?

DUARTE - Ho degli amici che mi attendono stamattina, una colazione tra ragazzi ... ma contiamo sulla sua presenza, mio caro suocero.

BRÁS FERREIRA - Purtroppo non posso: ho promesso di andare a pranzo con il barone Granja.

DUARTE - Oh che peccato! E io che avevo fatto preparare un magnifico pranzo, un vero ambigu con champanhe, naturalmente. Un Madera che batte non so quanti hoc e johannisberg che il Reno possa avere; e poi delle torte salate di gamberi e ostriche, due fagiani che mi sono arrivati ieri dall'Inghilterra col vapore, una prelibatezza! (Joaquina sembra che prenda nota della lista dei piatti)

BRÁS FERREIRA - Ah capisco ... Ma se sono solo le dieci di mattina e il tuo pranzo così come il mio è a mezzogiorno! e fino a quel momento abbiamo tempo a sufficienza per andare a casa del generale. Dai, vieni, dai ... E allora? Cosa c'è?

DUARTE (a bassa voce) - Ummm, insiste con questa visita.

JOAQUINA (a bassa voce) - Povero ragazzo non sa a quale santo votarsi!

BRÁS FERREIRA - Allora! Che hai? Perché stai lì fermo? Non puoi uscire di casa per mezzora soltanto?

DUARTE - Si sì , zio, ... .. già che non c'è un'altra soluzione, le dirò ... già che non posso più nascondere ciò che tanto desideravo ... sappia che non posso uscire di casa stamattina nemmeno per un minuto. (sottovoce) Ho una sfida da combattere e sto aspettando il mio avversario.

BRÁS FERREIRA - Oh mio Dio!

JOAQUINA - Ah eccola! Mi sembrava ... . ne arriva un'altra.

BRÁS FERREIRA - E allora quel pranzo di cui mi stavi parlando proprio ora?

DUARTE - Ecco ... ecco, il pranzo, mi attende ... Uno dei ragazzi che verrà per pranzo sarà il mio testimone.

BRÁS FERREIRA - Ahhh! un'altra testa matta come la tua! verrà fuori una bella cosa, non c'è dubbio ... No signore, ora tocca e me: sono io che andrò a trattare quell'affare.

DUARTE - No, no, lasci stare, zio, ce ne occupiamo noi. Si potrebbe compromettere ... noi siamo ragazzi, è un'altra cosa.

BRÁS FERREIRA - Lascia stare! Voglio sapere tutto di questa cosa, altrimenti addio matrimonio.

DUARTE, a bassa voce - Che diavolo di uomo! (a voce alta) E il suo pranzo a casa del barone Granja?

BRÁS FERREIRA - Che me n'importa del pranzo! che aspetti. Si tratta della tua vita, del tuo onore ... Tu, figlio del mio amico più grande, e ora mio figlio, che lo sei quasi o lo stai per diventare! Andiamo, dai, parlami, raccontami tutto.

DUARTE (a bassa voce) - È un bravo uomo, alla fin fine questo mio suocero. (a voce alta) Ora mi ascolti, signor Brás, e non prenda in considerazione queste cose con ammirazione che non è il caso, ce ne sono tanti, dei mal-entendus, uno scherzo alla fin fine.

BRÁS FERREIRA - Ma allora è stato un brutto scherzo! Mettere in pericolo la sua vita, quella di un amico! È così che lo considerate voi?

DUARTE - Innanzitutto è un inglese.

BRÁS FERREIRA - Fa lo stesso ... E per quale motivo lo devi picchiare?

DUARTE - Ma io non l'ho neanche sfiorato.

BRÁS FERREIRA - Neanche con le parole?

DUARTE - Allora le racconto l'accaduto. Ieri sono andato a cena fuori a Benfica ... una bellissima casa sulla strada ... il giorno era bellissimo, una bellissima giornata estiva. Dopo cena siamo andati a prendere il caffè in una deliziosa terrazza a pianterreno ... come un gazebo ... una bellezza! e guardi, un pochino sollevata da terra. La casa è stata fatta proprio quest'anno e ancora non è stata fatta la recinzione, ne tanto meno hanno messo la ringhiera alla terrazza ... guardi bene questo particolare ... guardi ...

BRÁS FERREIRA - Guardo, guardo, e sto per rabbrividire. Non è che è successo qualcosa?

DUARTE - Senta. La padrona di casa, una signora estremamente cordiale ... e anche giovane ... con degli occhi neri! ... la padrona di casa mi domanda se desidero dell'altro zucchero, e io avevo in mano la tazzina con un caffè meraviglioso e bollente ... Allora distratto nell'osservare la signora e nel dirle alcune cose gradevolissime ... lo zio mi capisce ... non ho notato che la tazzina era piena zeppa fino all'orlo e straboccava ... sopra le mie scarpe e io ... sento scaldarsi un piede e, improvvisamente, faccio un balzo all'indietro, spingo l'uomo che si trovava dietro di me proprio in quel momento verso ... verso il bordo del terrazzo e ... e ... per fortuna ...

BRÁS FERREIRA e JOAQUINA - E Gesù!

DUARTE - Nessun pericolo! ... cinque o sei palmi di altezza da terra ... ma per disgrazia proprio in quel momento passava un ufficiale inglese della nave ... non so, veniva da Sintra o altrove, credo, ma passava a piedi ... per un inglese è indifferente e, in quel momento il nostro uomo gli cadde proprio sopra le spalle.

JOAQUINA, ridendo - Ah ah ah! Non ce la faccio più!

BRÁS FERREIRA - Ma Joaquina, ridi?

JOAQUINA (contenendo le risate) - Oh, signore, è che non ce la faccio più! Non riesco a trattenermi.

DUARTE - Come se fosse successo a tutta la compagnia. L'inglese disperato mi perseguita, e insiste nel dire che l'ho fatto di proposito, che gli ho lanciato addosso l'uomo. E io che tento di sistemare la cosa, gli offro di vendicarsi, anzi gli offro addirittura un primo piano di avanzo, cioè, che lo lancino su di me dal secondo piano ... E lui che rifiuta tutto ... non c'è stato verso, ho dovuto dargli il mio adresse e lui il suo ... E lord Coockimbroock verrà più tardi a prendermi con un paio di pistole.

BRÁS FERREIRA (scuotendo la testa) - Ti confesso che questa storia mi sembra ogni volta più ... molto straordinaria ... Ma non importa, io non ti abbandono e voglio farti da testimone.

DUARTE (a voce bassa) - Uuuuu, ma quanto è testone questo qui! Vero o no? (a voce alta) Ma, signor Brás, sono io che ho degli scrupoli nel non volerla disturbare. E se lui non verrà? Non è la prima volta che accade. C'è della gentaglia in giro che alla prima cosa dice subito: "Il suo adresse ?' Pensate che lo facciano perché la gente non scappi? Nossignore, è che così scappano loro!

BRÁS FERREIRA - Va bene, se lui non verrà, saremo noi a raggiungerlo.

 

SCENA VIII

I personaggi già in scena, José Félix vestito da lord inglese, un domestico

DOMESTICO - Milord Coockimbroock!

BRÁS FERREIRA (sorpreso) - Cosaaa? ... per davvero? ...

DUARTE (sorpreso) - Un'altra! Questa è bella!

JOAQUINA (a bassa voce) - Bravo! ... vado ad avvertire la mia padrona ...

 

SCENA IX

José Félix, Duarte, Brás Ferreira

JOSÉ FÉLIX - Signorr, io venire a prendere vostra signorrie per quel piccolo diverrtissement di ... to exchange, voglio dirre, cambiarre due tirri di pistole tra noi due friendly.

DUARTE (a bassa voce) - La pistola, che diamine!

BRÁS FERREIRA - Mi dica, milord, il caso di ieri?

JOSÉ FÉLIX - Sì, è stato un caso very sgrradevole! E questo mi ha prrovocato molta colerra che io non mi trrovo più il mio hat - in sua lingua, mio cappello - come erra ieri. (fa vedere il cappello tutto schiacciato) You see? Lo vedde lei? Oh! io sono venuto a chiedere satisfecxion.

DUARTE (a bassa voce) - Ma allora sono io che non capisco ... sta' a vedere che alla fine avevo detto la verità?

JOSÉ FÉLIX - Oh, yes! fu uno scherzo very bad, cattivo. Io nono posso impedire vostra signorria di lanciare questo uomo, se le fa piacere, if you please, ma è uno stile della capitale urlare dalle finestre: 'uomo va?!' - Io portavo mio umbrella, e potevo aver aperto come quando si dice: 'acqua vai!' - ma a Lisbon questo di dire: 'acqua va!' no! - Oh, yes! non é stato acqua ma uomo! (sorridendo)

DUARTE (a bassa voce) - Accidenti! Si è proprio arrabbiato questo qua, ma mi sembra che questo voglia farsi gioco di me e io scoprirò chi è. (a voce alta) Ma signore, dato che è venuto per battersi contro di me, facciamolo, e subito!

BRÁS FERREIRA - Ma e quella moderazione di cui mi parlavi?

 

SCENA X

I personaggi già in scena e Amalia

AMALIA (arrivando in soccorso) - Oh mio Dio! Cos'è questa roba? Cos'è successo?

JOSÉ FÉLIX (a bassa voce ad Amalia) - Ci separi, svelto ... (a voce alta) Io non ti picchio.

DUARTE - Ma io picchio te. E ora vediamo.

BRÁS FERREIRA - E io ti ordino di star zitto. E subito! Ma che storia! ... (a bassa voce) E io che all'inizio credevo che fosse uno scherzo! ... è proprio vero. (a José Félix) Il signore è l'offeso.

DUARTE - Nossignore, l'offeso sono io.

BRÁS FERREIRA - Tu! tu che lo stavi per ammazzare, e che lo hai ferito!

DUARTE - Non è vero.

JOSÉ FÉLIX - É verro.

BRÁS FERREIRA - É vero sissignore, e la colpa è la sua, non c'è che dire.

DUARTE - Se lo dice mio zio, io non ho altro da aggiungere che credergli.

BRÁS FERREIRA - Per grazia di Dio! ha confessato la sua colpa ed ha ragione. Da parte sua, milord, spero che desista, che si dimentichi.

JOSÉ FÉLIX - Si, se il signorr sta molto triste, very sorry, se non aveva intenxion ...

BRÁS FERREIRA - No, non l'aveva.

DUARTE - Non l'avevo.

BRÁS FERREIRA - Bene, allora siamo a posto! si dimentichi di tutto e in segno di riconciliazione, milord, venga a pranzo da noi.

AMALIA - Meno male! (sospiro)

DUARTE (a bassa voce) - In verità non ho molto da lamentarmi. Sono ancora curioso di scoprire il burlone che ha deciso di farmi questo. (a bassa alta) Venite! Joaquina, Isidoro! uno di voi ...  Bisogna preparare subito qualcosa da mangiare.

BRÁS FERREIRA - Per chi?

DUARTE - Per il signore. Non ha detto che rimane a pranzo da noi?

BRÁS FERREIRA - Sì, a pranzo: e allora? Ma tu non hai il pranzo a casa pronto per un principe? Ti sei già dimenticato?

DUARTE - Ah! sì ... certamente ... ma forse un pranzo di forchetta e coltello ... senza il tè nero ... senza burro fresco ... non sarà di gradimento del milord.

JOSÉ FÉLIX - Sono io che chiedo perdono a vostrassignorrie. Il mio stomaco è cosmopolitan, e capisce tutte le lingue. Cena in français, english, portuguese, italian ... non importa, io pranza in Turchia, se necessario, e cena in Peru, se vostrassignorrie hanno piacere.

 

SCENA XI

I personaggi già in scena e Joaquina

JOAQUINA - Il pranzo è servito.

DUARTE (sorpreso) - Il pranzo!

JOAQUINA - Venga a vedere come è bella la tavola. (e lo porta verso la porta in fondo) Bottiglie di Champanhe, frutta, sformati, tutto ben apparecchiato ... non trova?

DUARTE - Non c'è dubbio: ecco il pranzo. È finita, non posso più mentire ... è inutile. - ora posso anche dire tutto quello che voglio. (a voce alta) Amalia! (e le dà il suo braccio).

BRÁS FERREIRA - Milord! (portandolo verso la porta in fondo. - Escono tutti tranne Joaquina.)

 

SCENA XII

Joaquina, da sola

Povero ragazzo! è rimasto a bocca aperta! E lui che non è abituato a fare questo ... Condannato a dire la verità ventiquattro ore di seguito! ... Ma anche per noi è un lavoraccio! perché mente con una disinvoltura tale e senza rendersi conto ... Si era già dimenticato della balla del pranzo. Fortunatamente eravamo attenti e preparati, e grazie al borsellino della mia padrona e alla vicinanza di Manuel Espanhol, in pochi minuti la bugia si è trasformata in verità ... E José Félix! Non penserete mica di vederlo come una scimmietta seduto a tavola con i miei padroni come se fosse come loro, razza di domestico! ... Ma lasciatelo stare che lui ha un'aria, un aria da saputello, che nessuno lo riconoscerà! ... E se lui butta la mano su qualcosa, lui si che è un mangione ... Ciò che lo copre è il fatto di farsi passare per un inglese ... così nessuno se ne accorge. - Ora cosa manca? Vediamo. Quella visita di ringraziamento al generale Lemos, questa poi non si può proprio evitare. A meno che ... È vero! Che il generale Lemos venga lui qua, come stanno arrivando gli altri. Vado ad avvertire José Félix che si sbrighi a pranzare e che si travesta anche da quell'altro. Non gli costerà molto, è il suo padrone. - Aaaaah! chi è questo? cosa vorrà questo signore?

 

SCENA XIII

Joaquina e Generale

GENERALE - Il signor Duarte Guedes è qui, vero?

JOAQUINA - Si trova qui, signore, è andato proprio ora a tavola per pranzare con il signor Brás Ferreira, che sta per diventare suo suocero.

GENERALE - Un pranzo di famiglia, un pranzo di fidanzamento. Che Dio non permetta che io li disturbi. Aspetterò.

JOAQUINA - Se è così gentile da dirmi il suo nome.

GENERALE - Non è necessario.

JOAQUINA - Non lo voglio sapere, è solo se le occorre qualcosa ...

GENERALE - Vengo per dire una cosa solamente a lui o a suo suocero.

JOAQUINA - Come vuole.

SCENA XIV

Brás Ferreira, Generale, Joaquina

BRÁS FERREIRA (con il tovagliolo in mano e parlando tra sé) - Arrivo, arrivo, milord, voglio solo ratificare il nostro trattato di alleanza con una bottiglia del mio Porto speciale, quello della fondazione della Compagnia che ho portato con me.

JOAQUINA (al generale) - Ecco che arriva il signor Brás Ferreira.

BRÁS FERREIRA - Cosa c'è?

JOAQUINA - C'è un signore che desidera parlare con il signor Brás Ferreira o con il suo genero. (a bassa voce) Prepariamo José Félix al suo nuovo ruolo che sta per rappresentarci.

 

SCENA XV

Generale e Brás Ferreira

GENERALE - Credo che lei sia il signor Brás Ferreira di Porto con cui ho l'onore di parlare? Molto lieto di vedere vostra signoria a Lisbona. La conosco da molto tempo di nome, e quasi posso affermare che siamo amici senza che ci siamo mai conosciuti prima. Il mio antico commilitone, il colonnello Luís Guedes, mi ricorda sempre l'amicizia che nutre per lei! Nelle sue lettere quasi non mi parla d'altro che di suo figlio e di vostra signoria.

BRÁS FERREIRA - Luís Guedes! Ma allora vostra signoria è ...

GENERALE - il suo più vecchio e migliore amico, il generale Lemos.

BRÁS FERREIRA - Ah! vostra eccellenza mi perdoni, ma perché si è disturbata, signor generale? Sono io che dovevo venire da lei, e oggi ero intenzionato a farlo - per ringraziarla di tutte le attenzioni che lei ha avuto verso colui che sta per diventare mio genero ... .

GENERALE - Attenzioni! non saprei proprio ... certamente lei non deve ringraziarmi di niente ... ma io ignoravo assolutamente ...

BRÁS FERREIRA - Cosa generale?

GENERALE - Che Duarte fosse a Lisbona.

BRÁS FERREIRA - Ma cosa mi dice, signore? Da ben tre mesi.

GENERALE - Ma io lo vidi solo una volta. Avant'ieri ho ricevuto una lettera di suo padre la quale mi è sembrata un vero enigma. Si lamenta del figlio che ancora non ha ottenuto la riscossione di Santarém e che ci contava tanto ... Ma che diamine! chi vuole una cosa, la chiede, no? Io non potevo indovinare, e sono venuto proprio qui ed ora per redarguirlo.

BRÁS FERREIRA - Redarguirlo? Sono io che devo redarguire il ragazzo anche per altre cose peggiori. Ma come è questa cosa, signore? Duarte non viene abitualmente a casa sua?

GENERALE - No, signore.

BRÁS FERREIRA - Non dico a Lisbona ma nella sua proprietà?

GENERALE - La mia proprietà? È cosa che non ho.

BRÁS FERREIRA - Cioè non è veramente una proprietà ... ma ... cioè una bellissima casa che lei possiede dall'altra parte del fiume con una vista magnifica, un biliardo ...

GENERALE - Sono così imbranato nel gioco che non ho mai osato avere un biliardo.

BRÁS FERREIRA - Eccolo là ... Guardi, generale, che questo è il sistema di bugie più elaborato che io abbia mai visto, e montato con una tale arte che non so ... Ma lasciamo stare: vostra eccellenza è qui e mi aiuterà a confonderlo. Con tutta certezza non gli darò mia figlia.

GENERALE - Ma che dice?! E io che son venuto con tanto piacere a portarle il mio regalo di matrimonio ...

BRÁS FERREIRA - Non sarà mai più mio genero.

GENERALE - E la sua parola?

BRÁS FERREIRA - La ritiro. E lui non ha di che lamentarsi. L'avevo avvertito che alla prima bugia che mi avesse detto, sarebbe tutto finito. Meno male che ci siamo trovati, generale, andiamo a vedere con quale faccia quel maledetto ... Oh! eccolo che arriva. La prego Generale, non dica il suo nome.

GENERALE (a bassa voce) - Santo cielo! E io che son venuto per portare i miei ossequi al povero ragazzo e a suo padre di cui sono tanto amico!

 

SCENA XVI

I personaggi già in scena, Duarte, Amalia, Joaquina

DUARTE - Eccovi qua! grande compagnia mi fate voi signori! - Il signor mio suocero che si alza da tavola nel bel mezzo del pranzo, e dopo un istante milord che scompare alla seconda bottiglia di Champanhe.

JOAQUINA - Sono venuti a cercarvi.

DUARTE - Non lo metto in dubbio. Forse qualche poveretto che si è trovato in cattive acque ... bisogna confessarlo ... quel soggetto è una persona molto servizievole ... e pure senza alcun interesse! - Mi dica una cosa, amabilissimo suocero, cosa abbiamo fatto stamattina?

BRÁS FERREIRA - Io avevo voglia di uscire ma siccome abbiamo visite, un amico di famiglia.

DUARTE - Mi perdoni, io non avevo avuto il piacere di vedere questo signore ... È di Porto?

BRÁS FERREIRA - Vero.

DUARTE - Ci giurerei ... Noi delle provincie del nord abbiamo un'aria franca, una fisionomia aperta, ... Se vostra signoria si tratterrà a Lisbona avrei molto piacere di accompagnarla, di farle da guida ... Non faccia complimenti, sinceramente, un amico di mio suocero!

GENERALE - Le faccio i miei complimenti, signor Brás Ferreira: suo genero sembra un ragazzo estremamente amabile.

BRÁS FERREIRA (sottovoce al generale) - Aspetti, aspetti, e dopo mi dirà. (a Duarte) Bisogna che tu sappia, mio caro amico, che questo signore arriva a Lisbona per certi affari che ha presso la segreteria di guerra, e che ha bisogno del beneplacito del generale Lemos.

DUARTE - Bene. Dicono che sia uomo giusto e imparziale, e tutti quanti lo stimano.

BRÁS FERREIRA - Giusto, giusto. Ma tu non avevi un rapporto stretto con lui? non glielo puoi chiedere usando la tua influenza?

DUARTE - Ah! certamente, sarei onorato di presentarvelo. Le piacerà, ne sono sicuro: un uomo gradevole e che senza esagerare posso dire un mio amico.

BRÁS FERREIRA (ridendo) - Ah ah ah!

GENERALE (sotto voce a Brás Ferreira) - Fino qui, credo dica la verità.

DUARTE - E allegro! Guardi a tavola non mi avrebbe lasciato da solo, no, non come avete fatto qui voi oggi con me. Proprio ieri abbiamo pranzato insieme a casa sua.

BRÁS FERREIRA e GENERALE - A casa sua?!

DUARTE - Sì, insieme, uno accanto all'altro.

BRÁS FERREIRA - Ma allora è cambiato molto da ieri ad oggi.

DUARTE - Perché?

BRÁS FERREIRA (indicando il generale) - Perché lui è qui e tu non l'hai riconosciuto.

DUARTE (sorpreso) - Il generale Lemos!

JOAQUINA (a voce bassa) - Siamo perduti.

AMALIA - Tutto è perduto, tutto è perduto.

DUARTE (ritornando in sé) - Cosa? Ma questo signore è il generale Lemos? Mi dispiace molto ma non ho l'onore di conoscerlo.

BRÁS FERREIRA - Non ne dubito, ma non per questo non cessa di essere lui in persona.

DUARTE - Mi perdonerà, zio, non dico certo il contrario ma non è stato con questo signore che io ho pranzato ieri ... la verità è questa. Come ciò accade, questo non lo so, ma a meno che non ci sia un altro generale Lemos a Lisbona ...

GENERALE - A Lisbona con il cognome Lemos non ne conosco altri che non sia il mio cugino colonnello Francisco de Lemos.

DUARTE - Esattamente. Certamente è stato a casa sua che me lo hanno presentato ieri, e probabilmente è stato con lui che ho pranzato.

GENERALE - Non ci sarebbe nessun dubbio nel credervi se non ci fosse una piccola difficoltà: lui da tre mesi vive in Inghilterra.

DUARTE (a voce bassa) - Diamine! (a voce alta) Senz'altro è tornato da poco, e nessuno lo sapeva ... perché lui ieri era a Lisbona.

BRÁS FERREIRA - Non c'era.

DUARTE - C'era e come!

BRÁS FERREIRA - Va bene ragazzo, mi dimenticherò di tutto se mi proverai che è vero.

 

SCENA XVII

I personaggi già in scena, un domestico, José Félix in divisa da brigadiere.

DOMESTICO - Il signor Lemos.

JOSÉ FÉLIX (mostrando scioltezza) - Allora, cos'è successo? Cosa?

GENERALE - Ah, cosa vedono i miei occhi! È il mio gagliardo Félix.

JOSÉ FÉLIX - Allora salute a tutti i signori presenti. Ti saluto, mio Duarte.

DUARTE - Oh il mio caro protettore! Confesso che stavolta non ci contavo più sul suo aiuto. Meno male che è venuto. Le presento mio suocero e suo cugino.

JOSÉ FÉLIX (cammina verso di loro con aria trionfale, ma all'improvviso riconosce il generale) -Santo Dio, il mio padrone!

GENERALE (a voce bassa)- E con la mia divisa, il birichino!

BRÁS FERREIRA (sorpreso) - Vi conoscete?! (Duarte, Brás Ferreira, José Félix e Amalia restano immobili per la sorpresa)

GENERALE - Che sfacciato! Sono rimasti tutti di stucco. Allora darò loro una mano, altrimenti questi qua non si alzano più. (a José Félix ) Allora signor mio cugino ...

TUTTI - Suo cugino!

GENERALE - Beh, che sorpresa è questa? Ma allora voleva nascondermi il suo ritorno a Lisbona?

DUARTE - Cosa? Ma questo signore è suo cugino, il colonnello Francisco de Lemos che è tornato dall'Inghilterra?

GENERALE - Sissignore. Perché? ... non lo sapeva?

DUARTE - Certamente no. - Ma oggi sembra proprio tutto una presa in giro, non invento altro che delle verità. - Ma non è mia la colpa, signor Brás, e in tutta coscienza lei è obbligato a darmi sua figlia.

GENERALE - Non c'è ombra di dubbio, signor Brás Ferreira, bisogna acconsentire a questo matrimonio. Non ci sono più bugie di cui accusarlo.

BRÁS FERREIRA - Tranne quella della ricevitoria di Santarém.

GENERALE - Eccovi il decreto. È il regalo di matrimonio che vi stavo per portare.

AMALIA - Ma allora è vero!

DUARTE - Certo che è vero, oggi è tutto vero. Allora, mio caro suocero, acconsenta, non c'è altra soluzione.

BRÁS FERREIRA - Sono sicuro che mi avete imbrogliato.

JOSÉ FÉLIX - Anch'io.

GENERALE - Anch'io. Nonostante ciò, andiamo, acconsenta ...

BRÁS FERREIRA - E cosa posso fare? Anche solo per curiosità e per sapere come va a finire questa storia.

JOSÉ FÉLIX (togliendosi il cappello e lanciandolo) - Evviva! La parola del signor Brás Ferreira è come una cambiale senza riscossione. Io ritorno al mio mestiere e mi metto ai piedi della mia cara Joaquina, del signor Tomás José Marques, di milord Coockimbroock, e di tutti. Io sarò il vostro fedele José Félix, domestico personale dell'eccellentissimo generale Lemos.

DUARTE - Ah, birichino, allora eri tu?

BRÁS FERREIRA - Come se tu non lo sapessi.

DUARTE - Glielo giuro che non lo sapevo, e che nemmeno lo conosco,

BRÁS FERREIRA - Ancora? Mi mancava solo questa, ma non la mando giù!

AMALIA - È vero, padre, e io ve lo spiegherò.

DUARTE - Giuro che oggi è stato l'ultimo giorno della mia vita nel quale mi sono lasciato cadere nella tentazione di questo maledetto vizio, che io non so nemmeno come è potuto succedere. Mi volevo difendere, e ne dicevo una dietro altra ... poi alla fine ... non lo so ... ma ora è finita: non dirò più altre bugie. Mi costa molta fatica. Mi sono visto disperato! Giuro che ho imparato la lezione e che sarò una brava persona. - José Félix, non mi dimenticherò mai più della lezione che mi hai dato, e ti prometto che ti darò una ricompensa.

JOSÉ FÉLIX - Davvero?

AMALIA (dandogli un borsellino pieno di monete) - E io ti pago subito.

JOSÉ FÉLIX - Meglio ancora. (soppesando il borsellino) - Queste sì che sono delle verità pure, e non lasciano mentire nessuno.

SIPARIO

Lugar: Lisboa

Personagens:
Brás Ferreira
Amália
Duarte Guedes
General Lemos
Joaquina
José Félix
Um lacaio
Um criado sem libré

ACTO ÚNICO

Sala de visitas elegante. Porta ao fundo e laterais. À esquerda, mesa com escrivaninha, etc.

 

CENA I

JOAQUINA, JOSÉ FELIX

Joaquina – Entre, senhor José Félix, entre. Isto são umas madrugadas!... Para uma pessoa como o senhor José Félix, o criado particular de um fidalgo da corte! Lá por fora ainda mal são nove horas...

José Félix – Nove horas... e fidalgo da corte!... Recolha o seu espírito, senhora D. Joaquina. Meu amo é general, estamos de acordo; nove horas deram há muito. Mas cá em Lisboa contam-se as horas e os fidalgos por outro modo. Lá na província, minha querida Joaquina...

Joaquina – Ai, como tu estás tolo! A província, a província... Ora isto! Saiba que eu venho do Porto, senhor José Félix, que é a segunda capital do reino, e a cidade eterna, como dizem os periódicos. Província será a terra de você, que há-de ser a Lourinhã, ou a aldeia de Paio Pires, ou coisa que o valha. E então?...

José Félix – Basta, Joaquina, basta; recolhe o teu espírito, que já aqui não está quem falou. Soube ainda agora que tinham chegado ontem à noite no vapor, que estavam aqui nesta hospedaria, que é pegada quase com a nossa casa; e vim logo, minha adorada Joaquina, reclamar o prémio de onze meses de eternas saudades.

Joaquina – E você, vamos a saber, você tem sido constante, fiel?...

José Félix – Horrivelmente fiel! Maldição, Joaquina, maldição!...

Joaquina – Que diz ele?...

José Félix – Se tu vens da!... da província não. Não, Joaquina, tu não vens da província, vens da cidade eterna... Virás. Maldição eterna sobre quem o duvidar! Mas vens, vens donde ainda se não sabe a língua das românticas paixões, dos sentimentos copiados do nu da natureza como nós cá a temos na Rua dos Condes, e nos folhetins das folhas públicas, que são o órgão da opinião incomensurável dos séculos.

Joaquina – Se te eu entendo...

José Félix – Ah! tu não entendes? Bem, Joaquina, bem. Nem eu: nem ninguém. Por isso mesmo, Joaquina. A moda é esta. Deixa: em tu estando aqui oito dias, ficarás mais perfeita do que eu; porque a tua alma de mulher é feita para compreender o meu coração de homem. E então, vês tu? Oh Joaquina,anjo, mulher, sopro, silfo, demónio! eu amo-te! amo-te, porque...

Joaquina – Cruzes!

José Félix – Não me interrompas, não me interrompas, deixa ir. Silfo, anjo,sopro, mulher! amo-te porque o meu coração está em brasa, e tenho umas veias, e estas veias... têm umas artérias... e estas artérias têm... não têm... as artérias não têm nada; mas batem, batem como os sinos que dobram pelofinado na hora do passamento, que é morrer, morrer, morrer... oh Joaquina, morrer! E que é a morte? É a vida que cai nos abismos estrepitosos da eternidade, que é, que é...

Joaquina – Isso é comédia, ou tu estás a mangar comigo?

José Félix – Isto é o drama das paixões, que o sentimento, a verdade...

Joaquina – Pois olha: tinha uma coisa muito séria que te dizer mas como tu estás doido, adeus!

José Félix – A poesia da vida é esta, Joaquina. Mas... mas passemos à vil prosa dos interesses materiais do país, se é preciso. Vá. Far-te-ei mais esse sacrifício. Que exiges tu de mim?

Joaquina – Que deixes essas patetices agora e oiças. Meu amo, o senhor Brás Ferreira, que é um ricaço como tu sabes, um daqueles negociantes do Porto que têm dinheiro como milho, vem de propósito a Lisboa para casar a menina. É uma filha única, e morre por mim, coitada! É um anjo! Prometeu-me que no dia que se assinassem as escrituras tinha eu o meu dote.

José Félix – Dote! Céus! um dote... Oh Joaquina, pois tu tens um dote?... Não quero saber de quanto. Quem eu! Maldição sobre mim!

Joaquina – Cem moedas.

José Félix – Oh! seja o que for, que me importa? O amor, o amor verdadeiro não conta os pintos do objecto amado... Não... E é em dinheiro de contado, sonante, Joaquina?

Joaquina – Sim senhor.

José Félix – Melhor: porque bem vês, com a minha educação, um rapaz que emigrei, estive em Paris, e hoje sou criado particular de um general... habilitado para ser mordomo de um clube dos de primeira ordem – a Galocha já eu recusei – bem vês, não podia formar uma aliança que me não desse os meios de sustentar a posição social em que me acho colocado. Mas tu tens dote; acabou-se. Recolho o meu espírito e estendo a minha mão.

Joaquina – Ai, José Félix! mas o casamento de minha ama ainda não estáfeito.

José Félix – Pois que há... que impedimentos?

Joaquina – Não sei... quando vínhamos no vapor, pareceu-me, vi que havia transtorno. O pai e a filha tiveram suas coisas a esse respeito. E a menina anda triste, desassossegada. Estou certa que há impedimento grande, há obstáculos...

José Félix – Obstáculos! Não há, não os pude haver. A minha paixão, a nossa felicidade, cem moedas sonantes, mil pintos c'os diabos! absolutamente não pode deixar de ser, há-de-se fazer este casamento, Joaquina... A honra, a delicadeza, tudo lhe ordena, senhora Joaquina, que vá já desenganar o papá. E se é preciso que eu tome parte na questão...

Joaquina – O caso era saber a gente o que é, e onde a coisa pega... Mas espere; olha, aí vem a senhora D. Amália: deixa-te tu estar e... Mas não vás tu fazer falta em casa a teu amo.

José Félix – Meu amo! Toma. Tu estás muito atrasada, Joaquina. Meu amo é um cavalheiro, um general, uma pessoa da primeira sociedade, portanto costumado a fazer esperar os outros, e a esperar ele pelos seus criados, que é a regra. Além disso, eu tenho licença por todo o dia, que houve lá uma coisa em casa... A senhora chorou, o senhor ralhou. Eu te contarei noutra ocasião, que hás-de rir. O caso é que hoje tenho o dia por meu. Ela aí vem, a tua ama. Vem triste, coitada! Firme, Joaquina! Olha que a coisa é séria para ti, um dote e um marido!

 

CENA II

Ditos e AMÁLIA

Amália – Joaquina! Joaquina! ando à tua procura. O senhor Duarte ainda não veio?

Joaquina – Não, minha senhora.

Amália – Que homem é esse com quem tu estavas a falar?

José Félix – Anda, apresenta-me como gente.

Joaquina – Minha senhora, é aquele rapaz de quem lhe eu dizia no Porto...

Amália – Ah! já sei: o senhor José Félix. Tens bom gosto, Joaquina. O pior é que vocês não têm de casar senão quando o meu casamento se fizer, tenhomuito medo que ainda esperem bem tempo.

Joaquina – Então porquê, minha senhora?

Amália – Ora! estou desesperada, transtornou-se tudo: meu pai quer quebrar com ele.

Joaquina – Com o senhor Duarte?

Amália – Sim: pois com quem?

José Félix,aparte – Meu Deus! e as nossas cem moedas?

Joaquina – Não é possível: a mesma família, a mesma riqueza, um casamento tão igual, tão acertado... Seu pai não se há-de atrever.

Amália – Nada, não! Veio a Lisboa – agora é que o eu sei bem – só para achar pretexto de o desmanchar.

Joaquina – Pois não o há-de achar. O senhor Duarte é um rapaz como há poucos. Juízo não lhe falta: suas doidices... não é, é pancada da mocidade. Isso passa depressa. Bom coração... não o há melhor. Quer a senhora saber?O mal que ele faz é por moda... todos assim são... e o bem que ele faz, que é muito, esse, minha senhora, não é moda que pegue.

Amália – Pois sim; mas já que falamos nos seus defeitos, sempre te digo queele que tem um, que se meu pai o vem a descobrir... Tenho-lho encoberto até agora, mas se ele o chega a conhecer, acabou-se, nunca mais lhe perdoa. Meu pai é um negociante dos antigos, que leva a honra e probidade, a lisura e averdade no trato, a um ponto de severidade que é quase rudeza... e Duarte é muito bom rapaz, não há dúvida; mas não sei se é distracção se é doidice, tomou o costume de nunca dizer uma palavra que seja verdade.

José Félix – Percebo: tem viajado muito...

Joaquina – Não, mas é morgado, e de raça quase castelhana...

José Félix – Entendo, entendo: echelas usted más blandas

.Joaquina – E de mais a mais, há seis meses que está em Lisboa...

José Félix – Onde todos os talentos se aperfeiçoam.

Amália – Enfim, meu pai declarou que à primeira mentira bem clara, bem provada em que o apanhasse, tudo estava acabado.

José Félix – Ora adeus! O senhor seu pai com efeito... ele ainda é parente, bem se vê, há-de ter sua costela espanhola... O seu projecto é outra espanholada também... Querer impedir que um rapaz do tom, da moda pregue a sua peta!... isso é mais do que formar castelos em Espanha, é querer meter o Rossio pela Betesga.

Amália – Meu pai é que o não entende assim: e eu não sei como hei-de avisar o Duarte.

Joaquina – Vou eu pôr-me à espera dele. Não tarda a vir por aí; e antes que entre e que fale com seu pai, hei-de avisá-lo que tome conta em si, e que não dê notícias senão as que forem oficiais... a ser possível.

Amália – Cala-te: oiço falar no quarto de meu pai; é a voz de Duarte.

Joaquina – É que entrou pela outra escada.

Amália – Está tudo perdido! Se ele falou com meu pai... aposto que já... Nunca vi: é que não pode, mente por hábito e sem saber o que faz.

Joaquina – Então agora o que se podia... o que era de mestre, era fazer que o senhor Brás Ferreira o não conhecesse. Por fim de contas, a nós que nos importa que ele minta, contanto que seu pai o não perceba?

José Félix – Ela tem razão, a Joaquina. E é mais fácil isso. Se a senhora D.Amália se confia em mim, e me autoriza...

Amália – Oh meu Deus! Se vocês encobrem aquele defeito a meu pai, fico-lhes numa obrigação... Depois em nós casando, eu o emendarei. Que se não fosse isso...

José Félix – Está claro, minha senhora. Mas agora é preciso que o senhor Duarte me não veja. Eu é que se pudesse ouvi-lo, e fazer assim ideia do seu modo...

Joaquina, apontando para uma alcova, à direita – Ora!... aquela alcova... e tem uma porta que dá direita na escada... Eles aí vêm: entra depressa, esconde-te.

 

CENA III

JOAQUINA, AMÁLIA, BRÁS FERREIRA, DUARTE

Brás Ferreira – Agora essa é demais!... Cem mil cruzados de renda!

Duarte – Pois é tal e qual como lho digo... uma senhora brasileira – marquesa, que é o menos que lá há; a marquesa de Paraguaçu. Engenhos de açúcar amoer, trezentos e seis; pretos... entre pretos, mulatos, cabras e cabritos, é uma conta que mete medo; sem falar em cajus, bananas, farinha-de-pau, papagaios e periquitos, que isso anda a rodo pela casa – pois a mesma em pessoa é que me pediu, a mim.

Brás Ferreira – Uma marquesa deveras!

Duarte – Marquesa deveras. E eu recusei: escuso de dizer porquê ... (olhando para Amália.)

Brás Ferreira – E que caminho levou essa fidalga? Tomara vê-la.

Duarte – Vê-la, coitada! Apenas lhe dei o fatal desengano, saiu daqui no primeiro navio para Pernambuco, de Pernambuco à Baía, da Baía para Niterói, de Niterói – que desgraça! – passava para o Rio de Janeiro naquele vapor que arrebentou... morreu escaldada a pobre da marquesa.

Brás Ferreira – Que pena!

Joaquina, aparte – Que fortuna!

Brás Ferreira – Se ela vivesse, queria saber...

Joaquina, aparte – Por isso Deus a levou: ainda bem!

Brás Ferreira – Sempre lhe acontecem coisas a este rapaz!

Duarte – Ainda isto não é nada. – Mas deixa-me falar com esta querida Amália.Que gosto que eu tenho de a tornar a ver! Mas chegou ontem, e não me manda dizer nada! Se eu tal soubesse, não tinha ido a S. Carlos, onde me sucedeu, contudo, uma aventura, à saída do teatro... Queriam roubar esta prima-dona que chegou há pouco... roubá-la... levá-la a ela numa sege... Acudo eu, duas bengaladas no boleeiro, deito a mão ao cavalo das varas, o da boleia espanta-se, quebra os tirantes, foge... os meliantes fogem também e... Mas que é isso, que tem? Que tristeza é essa? Então não sabe que seu pai consente enfim em nos unir hoje? hoje mesmo!...

Amália – É possível!

Duarte – Sim, deu-me a sua palavra que esta noite, depois de jantar, seassinavam as escrituras; mas com uma condição somente que me não quis dizer qual era. Disse-lha, não disse?

Amália – Disse, Duarte, disse; e bem medo tenho que já não esteja no seu poder cumpri-la.

Brás Ferreira – Pelo menos há-de-lhe custar, me parece. Mas quero ser justo, e não hei-de condenar sem provas. Por desgraça estou bem persuadido que te não hás-de ver aflito por me dares quantas eu queira daqui até à noite.

Duarte – O que a mim me parece é que no Porto deram em falar por enigmas, porque eu não entendo nada. Mas seja o que for: o que eu entendo bem é oamor que lhe tenho, Amália, a afeição tão verdadeira que me inspirou, e que me persuado merecer-lhe também. Estou tão contente de a ver... Separados há seis meses!

Brás Ferreira – Queira Deus que tu tenhas aproveitado este tempo, que adquirisses amigos, boas relações, protectores. Nas tuas cartas nunca mefalavas no general Lemos, o melhor amigo de teu pai. Dar-se-á caso que o não fosses visitar ou que deixasses de frequentar uma casa que?...

Duarte – Ao contrário, vou lá todos os dias. É a casa mais agradável de Lisboa: uma senhora extremamente amável... O outro dia compus eu uma modinha para ela... uma letra que não ficou feia... hoje tinha ficado de lhe ir levar amúsica.

Joaquina,a Amália – Jesus! que medo que eu tenho!

José Félix, que está em casa do general, tinha-mo dito decerto, se fosse verdade.

Duarte – O meu general, coitado! o meu santo general Lemos tem-me obsequiado e tem-me feito serviços... interessou-se por mim de uma maneira...O caso é que hoje tenho eu à minha disposição, para escolher, três lugares de primeira ordem, recebedor-geral em Évora, Santarém...

Brás Ferreira – Escolho eu: Santarém. E vamos já, já daqui sem demora a casado general.

Duarte – Ora! ainda agora chegou, se pode dizer, e há-de ir já tratar de negócios! Não senhor, cuidemos dos divertimentos primeiro. Quero eu fazer as honras da capital a esta senhora. Há hoje benefício em S. Carlos, toca o Liszt: mandei-lhe tomar uma frisa. Depois vamos ao baile do clube: temos quantos bilhetes quiserem; eu sou director.

Brás Ferreira – Tu és director, tu!

Duarte – É verdade: eleito por duzentos votos.

Brás Ferreira – Duzentos votos! pois quantos sócios tem o clube?

Duarte – Duzentos e um. Não perdi senão um voto; e mais foi cá por certa coisa que eu sei. – É verdade, e como se arranjam neste hotel? É o melhor de Lisboa. Os quartos não são grandes, não... Mas eu moro nos outros de cima, e então... foi egoísmo da minha parte...

Brás Ferreira – A falar a verdade, eu gostava mais do Cais do Sodré.

Duarte – Ora se eu tal soubesse, mandava arranjar um quarto da minha casa que é mesmo no fim da Rua do Alecrim.

Amália – A sua casa!

Brás Ferreira – Pois tu tens uma casa em Lisboa?

Duarte – E que me não custou cara. Assinei por trezentos contos na Companhia-monstro, vendi, ganhei dez por cento sem desembolsar cinco réis...bagatela! trinta contos de réis: não sabia o que lhe havia de fazer, comprei aquela casa.

Brás Ferreira – Com a breca! é fortuna.

Duarte – Uma casa linda, nova; saída por três ruas – e tenho quase tudo alugado: – tudo, ainda assim! menos o segundo andar que é o melhor, e para onde podiam ir se eu soubesse. Mas enfim, sempre era um segundo andar.

Brás Ferreira – Que me importa! Os segundos andares em Lisboa é o mais habitável das casas. Vou para lá morar eu para a tal casa.

Duarte – Que pena que eu tenho! Se tal adivinhasse, não a tinha vendido ontem.

Brás Ferreira – Pois já a vendeste?

Duarte – É verdade, trinta e três contos: e ainda ganhei... uma bagatela é certo, mas sempre é melhor que perder. E havia seus consertos, suas despesas que fazer.

Brás Ferreira – Consertos numa casa nova?

Duarte – Eu lhe digo: é que as águas-furtadas tinham sido feitas de empreitada, e bem sabe... Enfim vendi e não fiz mal. Trinta e três contos é mais certo, e não paga impostos e tal...

Brás Ferreira – E o comprador é pessoa segura?

Duarte – Oh! seguríssima. Um homem de uma fortuna imensa, um negociante retirado, Tomás José Marques... há-de conhecer...

Brás Ferreira – Não conheço: admira-me.

Duarte – Tem estado quase sempre no Brasil e em Inglaterra, veio-se estabelecer aqui agora. Compra tudo quanto aparece em bens de raiz. Esta manhã ficou ele de me trazer aqui o dinheiro. Não me dá cuidado nenhum.

Joaquina, aparte – Nem a mim.

Amália, baixo a Joaquina – Ai, Joaquina, que esta parece-me que é...

Joaquina, baixo a Amália – Também a mim.

 

CENA IV

Ditos e um criado da hospedaria

Criado, trazendo uma carta.

- Para o senhor Brás Ferreira, do Porto.

Brás Ferreira – Sou eu: dá cá. (abre) Ah! é para o tal pagamento. (O criado sai.) Vejamos as minhas contas: quanto tenho eu em dinheiro?... Dá-me licença, Duarte; tenho uns papéis que arranjar. Conversa com minha filha. (Tira a sua carteira, e vai sentar-se à esquerda.)

Amália, baixo a Duarte – Não se emenda, está visto.Duarte – De a adorar? não decerto.

Amália – Não é disso, é do seu maldito vício que nos deita a perder: meu pai jurou que desfazia o nosso casamento se daqui até à noite o apanhasse numa mentira.

Duarte – Oh meu Deus, o que fiz eu!

Amália – Pois que é, Duarte? Tudo quanto tem estado a dizer?...

Duarte – É verdade no fundo; acredite: agora os detalhes... os pormenores... eu não sei como isto é... não é com má tenção... mas a maior parte das vezes,as coisas contadas tais quais como elas são... ficam duma sensaboria tal...

Amália, com ironia – Que não pode resistir ao desejo de as enfeitar, e demostrar a riqueza da sua imaginação.

Duarte – Não torno mais. Juro-lhe que nunca mais.

Amália – Cale-se, que pode ouvir meu pai.

Duarte – Não me importa, não tenho medo: estou emendado e para sempre.Amália, prometo, hei-de ser o modelo dos maridos, leal, sincero, verdadeiro,sempre...

Amália – Sempre! Se meu pai ouvisse essa palavra, desfazia logo o nossocasamento.

Duarte – Amália, isso também é de mais!...

Brás Ferreira, chegando com um papel – Não tenho dinheiro que chegue. E eu sem me lembrar! Duarte, hás-de-me fazer um favor.

Duarte – Qual? Estou pronto.

Brás Ferreira – Uma letra de três contos de réis para descontar.

Duarte – Em bem má ocasião, co'a fortuna! não tenho um pinto.

Brás Ferreira – Não tens!... e aquele dinheiro?

Duarte – Qual dinheiro?

Brás Ferreira – O da tua casa.

Duarte – Da minha casa?... Ah sim, é verdade. É que actualmente...

Brás Ferreira – Já dispuseste dele?

Duarte – Não, não, isto é, de certo modo já; mas propriamente...

Amália, baixo a Duarte – Vê o que é mentir.

Duarte – Em suma, porque lhe não hei-de dizer francamente o que é, meu tio?... Eu tinha minhas dívidas...

Amália – Outra, Duarte?

Duarte – Não, esta não; é verdade puríssima. Um rapaz não pode viver sem isso. Ora sucedeu, por uma coincidência esquisita, que o comprador da minha casa, o tal senhor José Marques...

Brás Ferreira – Ainda agora disseste Tomás...

Duarte – Tomás José Marques, um lindo agiota de gema...

Brás Ferreira – Tinhas-me dito um negociante...

Duarte – Negociante, porque negoceia em papéis e descontos por atacado, e faz usura em grosso. Enfim, o meu honradíssimo homem, que já é comendador e sai conselheiro um dia destes, era o que me tinha emprestado o dinheiro. De sorte que na compra da casa, feitas bem as contas...

Brás Ferreira – E tu devias ao comprador?

Duarte – Uns dez a doze contos de réis.

Brás Ferreira – Então vendeste por trinta e três; tem de te dar ainda de tornas vinte e um contos.

Duarte, atrapalhado – Vinte contos de réis... É o que lhe eu dizia... (aparte) Como hei-de eu sair desta?

Brás Ferreira, olhando para ele – Dar-se-á caso que tu me pregasses uma das tuas?... que tal comprador não exista?...

 

CENA V

Ditos, JOSÉ FÉLIX, disfarçado em negociante velho, JOAQUINA

Joaquina – O senhor Tomás José Marques.

Duarte, pasmado – O senhor!...

Brás Ferreira, idem – Como?

José Félix, a Duarte – Peço-lhe desculpa, meu caro senhor Duarte, de o perseguir assim pelas casas alheias; mas a obrigação, como lá dizem, está primeiro que a devoção. E aqui, parece-me que todos parentes os senhores, não quer dizer nada... O senhor seu pai, creio eu?... E estas senhoras, suas manas? Tenho a honra de as cumprimentar. Custa-me vir importuná-lo... massão duas palavras, e já me retiro.

Duarte, aparte – Que história será esta?

Amália – Estes senhores querem tratar dos seus negócios... Meu pai dá licença, eu retiro-me.

Duarte – Para quê?... Eu por mim, não tenho segredos nenhuns...

José Félix – A falar a verdade, para uma senhora não é divertido ouvir tratar de títulos, registos, termos de posse, escrituras... ainda se fossem de casamento – vá, tem a gente paciência, recolhe o seu espírito, e...

Brás Ferreira – Vai, minha filha, vai: nós não tardamos também.

 

CENA VI

Ditos, menos AMÁLIA

José Félix – Então, meu caro senhor! eu venho acabar com isto: fazemos ou não fazemos o negócio da sua casa?

Duarte, admirado – Da minha casa?

José Félix – Da sua casa... ainda assim! da que vossa senhoria vendeu e eu comprei: não se trata senão de entrar de posse... É verdade: que cabeça a minha! Muitos recados da senhora D. Jacinta Marques, minha mulher, um criado de vossa senhoria. Já me ia esquecendo. É que eu, em se tratando de negócios, a respeito de tudo o mais recolho o meu espírito.

Duarte – Ah! então o senhor vem... (a Brás ) A mim sempre me sucedem coisas! Esta é a mais extraordinária...

Brás Ferreira – Que lhe achas tu extraordinário? Vendeste a casa...

Duarte – Está claro... pois isso não é o que me admira. Mas se o tio soubesse!...

José Félix – O contrato não está assinado, mas é como se o fosse. Oh! bem entendido: décima e impostos anexos, por este ano ainda lhe pertence a vossa senhoria pagá-los.

Duarte – Esta agora é melhor! Não me faltava mais nada. Com que eu hei-de pagar?... eu! a décima da tal dita casa que... que vendi ao senhor... senhor...

José Félix – Tomás José Marques, um criado de vossa senhoria. – Pois, meu senhor, é como se tudo tivesse assinaturas e sinais em público e raso. Eu sou homem de dizer e fazer. E o dinheiro está pronto; quando quiser...

Duarte, aparte – É uma pulha de entrudo; está visto. Mas deixa, que eu já te apanho. (alto) Então como o dinheiro está pronto, meu caro senhor Tomás José Marques, o dito dito, faz favor de mo entregar...

José Félix – Essa é boa! certamente. (Procurando nas algibeiras, donde, por fim, tira a caixa do tabaco.) Assinado o contrato, e certidão tirada do registo das hipotecas...

Brás Ferreira – Tem razão.

José Félix – Além disso, o senhor Duarte bem sabe, aquelas continhas velhas... não lhe venho a restar senão...

Duarte, aparte – Não sei como se pode mentir com aquele desembaraço..

.José Félix – E já está em poder do tabelião o saldo...

Duarte – Pois é pena! tinha vontade de ver as cruzes ao seu dinheiro, senhor Marques... E por causa deste senhor meu sogro, mais por outras razões particulares... se me pudesse dar aqui já algum ao menos... (aparte ) tinha maisgraça a mangação.

José Félix – Faço ideia: na sua posição, há-de-lhe ser preciso realizar... ainda que não seja senão para as suas fianças.

Duarte – As minhas fianças!

José Félix – Então! a recebedoria-geral de Santarém.

Brás Ferreira – O quê? pois ele será verdade?... O que tu me disseste ainda agora dum emprego?...

José Félix – O decreto está assinado: não há ninguém que o não saiba... O general Lemos tem uma influência com os ministros... Ainda esta manhã estive com ele. É um belo sujeito o general... e olhe que é seu amigo, senhor Duarte, seu amigo deveras. E então a senhora D. Matilde, a mulher do general? não falemos nisso. É verdade: tenho que ralhar com vossa senhoria da sua parte. Isso não é bonito; prometeu. deve Cumprir. Aquela música, não se lembra? para aquela modinha, que lhe fez a letra – e que há-de ser linda... mas não há música onde caiba.

Duarte, aparte – Irra! isto já é descoco demais... é já muita caçoada junta. (alto) Oh lá, senhor... sabe que mais?...

José Félix – Aos pés de vossa senhoria. senhor recebedor-geral. – Um lugar magnífico! verdadeiramente dos rendosos e pouco trabalhosos! – Com um poucachinho de jeito e de savoir-faire – quaisquer boas relações no tesouro, um amigo seguro nas companhias-monstros... pode-se andar muito caminho em pouco tempo. Hão-de gritar – é o costume – hão-de gritar: o recebedor-geral para aqui, o recebedor-geral para acolá!... Deixá-los gritar: ri-se a gente, e vai arranjando a sua vida. A minha regra, a minha regra, que é: em ouvindo tolices, recolho o meu espírito. E com isto não enfado mais. Criado e fiel cativo... (Vai-se.)

 

CENA VII

DUARTE, BRÁS FERREIRA, JOAQUINA

Duarte – Com efeito sempre é o maior falador!

Brás Ferreira – Tenho que te pedir perdão, meu Duarte: confesso-te que tinha desconfiado, estava em dúvida...

Duarte – O quê! pois meu tio?...

Brás Ferreira – Mas acabou-se, com isto acabou-se. Vamos já imediatamente a casa do general, e apresenta-me como teu sogro: quero-lhe agradecer.

Joaquina, aparte – Está perdido!

Duarte, atrapalhado – Hoje é... domingo... hoje está ele da outra banda na sua quinta da Lameda. É um sítio delicioso a Lameda, à borda do Tejo, uma vista, uns ares... Vamos lá, uma, duas vezes na semana: Sempre lhe digo, senhor Brás, que há ali um bilhar em que eu tenho feito as bolas mais espantosas... O outro dia carambolei... eu lhe digo como: a negra estava...

Brás Ferreira – Sim, sim; mas não é hoje que o general há-de jogar no tal bilhar, porque ainda agora este Tomás José Marques me disse que tinha estado com ele esta manhã. Assim, como eu não estou para ir só, vamos.

Duarte – Amanhã, cada vez que quiser; mas hoje é-me impossível.

Brás Ferreira – Então porquê?

Duarte – Tenho uns amigos à minha espera esta manhã – um pequeno-almoço de rapazes... mas contamos com o meu caro sogro.

Brás Ferreira – Eu não posso: prometi de ir almoçar com o barão da Granja.

Duarte – Ai está! E eu que tinha mandado fazer um almoço magnífico, umverdadeiro ambigu. Champanhe, já se sabe. Um cerceal da Madeira que bate quantos hocs e johannisbergs tem o Reno; – torta de camarões e ostras, e dois faisões que me chegaram ontem de Inglaterra pelo vapor, coisa preciosa!(Joaquina parece tomar sentido na lista dos pratos.)

Brás Ferreira – Ora vá – pois seja... Mas ainda não são senão dez horas: o teu almoço há-de ser como o meu, para o meio-dia: e daqui lá, temos tempo de sobejo para ir a casa do general. Assim, anda, vem... Então que é isso?

Duarte, aparte – Está teimoso com a tal visita.

Joaquina, aparte – O pobre rapaz não sabe com que santo se há-de pegar.

Brás Ferreira – Então! que tens tu? Que pasmaceira é essa? Não podes sair de casa por meia hora?

Duarte – Pois enfim, meu tio, já que não há outro remédio, vou-lhe dizer... jáque lhe não posso ocultar o que eu tanto desejava... saiba que não posso sair de casa esta manhã nem um minuto. (baixo) Tenho um desafio, e estou à espera do meu adversário.

Brás Ferreira – Oh meu Deus!

oaquina – Bem no dizia eu: aqui temos outra.

Brás Ferreira – E então aquele almoço que tu me dizias ainda agora?

Duarte – Lá está... lá está o almoço, posto lá, à espera... Um dos rapazes que aí vem almoçar é que me há-de servir de padrinho.

Brás Ferreira – Isso! outra cabeça doida como a tua: haviam de fazê-la bonita...Não senhor, toca-me a mim: eu é que hei-de arranjar esse negócio.

Duarte – Ora, não se meta nisto, deixe cá a gente. Pode comprometê-lo... nós somos rapazes, é outra coisa.

Brás Ferreira – Nada, nada! quero saber como isso é, como isso foi, senão adeus casamento.

Duarte, aparte – Que diacho de homem! (alto) E o seu almoço em casa do barão da Granja?...

Brás Ferreira – Importa-me cá almoço nem meio almoço! que espere o almoço.Trata-se da tua vida, da tua honra... Tu, filho do meu maior amigo, e agora meu filho, que és quase como se o fosses já! Vamos, fala, conta-me lá como isso foi, quero saber tudo por miúdo.

Duarte, aparte – É um homem capaz, por fim de contas, o meu sogro. (alto) Ora pois oiça, senhor Brás, e não tome estas coisas em ponto de admiração...é um caso como há tantos, um mal-entendu, uma brincadeira por fim.

Brás Ferreira – Não está má brincadeira! pôr em perigo a sua vida, a de um amigo! Assim é que vocês o entendem...

Duarte – Primeiro que tudo, é um inglês.

Brás Ferreira – É o mesmo... E para que hás-de ir tu logo às do cabo, logo comas mãos à cara?...

Duarte – Eu não lhe toquei.

Brás Ferreira – Ou com palavras?...

Duarte – Eu lhe digo como a coisa se passou. Fui ontem jantar fora, a Benfica... uma casa linda à beira da estrada... O dia estava belo, um dia de Verão. Depois de jantar viemos tomar café para um terraço delicioso que fica mesmo rente com a casa... É uma espécie de quiosque... uma lindeza! faça ideia... e pouco elevado do chão. A casa fez-se este ano, ainda lhe não puseram grades no terraço... repare bem nesta circunstância... note...

Brás Ferreira – Noto, noto, e faz-me estremecer. Querem ver que sucedeu alguma?

Duarte – Oiça. A dona da casa, senhora extremamente amável... e moça ainda... uns olhos pretos!... a dona da casa pergunta-me se quero mais açúcar... Eu tinha a xícara na mão, o café soberbo e a ferver... Eu entretido a olhar para a senhora e a dizer-lhe algumas coisas agradáveis... o tio bem sabe... não reparei na xícara que estava muito cheia a deitar por fora... e eu de sapatos... Sinto escaldar-se-me um pé de repente, dou um pulo à retaguarda, empurro um sujeito que estava por trás de mim... para a borda do terraço... e com a fortuna...

Brás Ferreira e Joaquina – E Jesus!

Duarte – Perigo nenhum!... cinco ou seis palmos de altura... Mas a desgraça foi que justamente nesse momento passava um oficial inglês da nau... viria de Sintra ou das Laranjeiras, mas vinha a pé... para um inglês é indiferente; e o meu sujeito cai-lhe mesmo em cima dos ombros.

Joaquina, rindo – Ah ah ah! Já não posso mais.

Brás Ferreira – Ó Joaquina, pois tu ris-te?...

Joaquina, contendo o riso – Oh! senhor, é que eu já não posso... não me pude conter.

Duarte – O mesmo sucedeu a toda a companhia. O inglês desesperado embirra comigo, teima que eu o fiz de propósito, que lhe atirei com o homem...Eu procuro acomodar a coisa; ofereço-lhe a desforra, dando-lhe até um primeiro andar de partido, isto é, que o atirem a ele do segundo sobre mim...Recusa tudo... não houve remédio senão dar-lhe a minha adresse; ele dá-me a sua... E lord Coockimbroock aí vem logo buscar-me com um par de pistolas.

Brás Ferreira, abanando a cabeça – Confesso-te que a tal história sempre me parece bem extraordinária... Mas não importa, eu não te largo, e quero ser teu padrinho.

Duarte, aparte – É cabeçudo ou não é? (alto) Mas, senhor Brás, eu faço escrúpulo de lhe pregar uma maçada... E se ele não vier?... Não era a primeira que sucedia. Há por aí sujeitinho que, é mais pequena coisa, tem logo na boca: 'A sua adresse?' Cuidam que é para a gente lhe não escapar? Não senhor, é para se escaparem eles.

Brás Ferreira – Pois bem, se ele não vier, iremos nós ter com ele.

 

CENA VIII

Ditos, JOSÉ FÉLIX de inglês, um criado

Criado – Milord Coockimbroock!

Brás Ferreira, espantado – O quê?... pois deveras?...

Duarte, admirado – Temos outra! Esta agora ainda é melhor.

Joaquina, aparte – Bravo!... vou dizer a minha ama, e adverti-la...

 

CENA IX

JOSÉ FÉLIX, DUARTE, BRÁS FERREIRA

José Félix – Sinhórr, eu vem tómarr vóssinhórrie pôr o pequena diverrtissemente de... to exchange, querr dizerr, trrócar dois tirras de pístolentrre nós ambas amiguevolmente.

Duarte, aparte – À pistola, c'os diachos!

Brás Ferreira – Pois quê, milord ! o caso de ontem?...

José Félix – Essa foi muito disagrréavel! E ésto foi por guarrdarr todo o cólerra que me tem causade, que eu guarrdarr meu sombréro – em pórrtuguiz, meu chapello – como ele esteve ontem. (mostra o chapéu com o fundo dentro) Vêvóssinhorrie? Oh! eu vem pedirr satisfácxion in forma.

Duarte, aparte – Agora é que eu já não entendo. Estou a ver se por acaso...Não fosse eu dizer a verdade?

José Félix – Oh, yes! foi um brincadeiro muito má. Eu não impedir vóssinhorrie de atirrar com homem, se faz-lhe prazer, if you please; mas é estilo de suo capital gritar primeirra de janela: 'homem vai!' – Eu trazia meu umbella, podia ter abrrido, como faz quando dizem: 'aguo vai!' – que é sempre um grrande peto em Lisbon, este de dizer: 'aguo vai!' – Oh, yes! não é aguo, vóssinhorrie...(sorrindo.)

Duarte, aparte – Irra! Chegou-me a mostarda ao nariz, com o tal engraçado tolo que apostou de mangar comigo: hei-de saber quem ele é. (alto) Pois, senhor, uma vez que veio para se bater, havemo-nos bater, e já.

Brás Ferreira – Essa é que é a moderação que tu me dizias?...

 

CENA X

Ditos e AMÁLIA

Amália, acudindo – Oh meu Deus! que é isto?

José Félix, baixo a Amália – Separe-nos, ande... (alto) Eu não bato a mim.

Duarte – Mas mim bate a ti. Agora o veremos.

Brás Ferreira – E eu mando-te que te cales. Que tal está! Ai que eu!... (aparte)E eu que cuidava ao princípio que era uma brincadeira!... e o jogo é a valer. (a José Félix) O senhor é o ofendido...

Duarte – Não senhor, o ofendido sou eu.

Brás Ferreira – Tu! tu que o ias matando, aleijando pelo menos!

Duarte – Não é verdade.

José Félix – É verrdade.

Brás Ferreira – É verdade sim senhor: a culpa é sua, não há que duvidar.

Duarte – Se meu tio o diz, não tenho remédio eu senão acreditá-lo.

Brás Ferreira – Ora graças a Deus! que confessou a sua culpa, e entrou na razão enfim. Da sua parte, milord, espero que desista, que se esqueça...

José Félix – Se o senhórr está muito triste, very sorry, se não tinha intenxion...

Brás Ferreira – Não tinha, não.

Duarte – Não tive.

Brás Ferreira – Então vamos! esqueça-se tudo; e em sinal de reconciliação, milord, há-de almoçar connosco.

Amália – Ainda bem! respiro.

Duarte, aparte – Verdade, verdade, não tenho muito de que me queixar. Ainda eu lhe sou obrigado ao tal maganão que embirrou a fazer-me este serviço.(alto) Oh lá! Joaquina, Isidoro! algum de vocês... É preciso mandar arranjar depressa alguma coisa...

Brás Ferreira – Para quê?

Duarte – Pois o senhor almoça connosco...

Brás Ferreira – Almoça: e então? Tu tens almoço em casa para um príncipe. Já te esqueceste?

Duarte – Ah! sim... decerto... Mas talvez um almoço de garfo... sem chá preto...sem manteiga fresca... não será do gosto de milord ...

José Félix – Eu peço o seu perdão, vóssinhorrie. O meu stomago é cosmopolitana, e entende todos línguas; janta em francês, pórtuguiz... nãoimporta; almoça com Turquia se é preciso, e ceia sobre Peru, se vóssinhorrie dá prazer.

 

CENA XI

Ditos e JOAQUINA

Joaquina – O almoço está na mesa.Duarte, espantado – O almoço!...

Joaquina – Venha cá ver como está bonita a mesa.(leva-o à porta do fundo) Garrafas de Champanhe, fruta, pastelão, tudo tão bem posto... hem?

Duarte – Não há dúvida: o almoço ali está. Acabou-se, já me não deixam mentir... é escusado. – Agora posso dizer o que eu quiser. (alto) Amália! (Dá- lhe o braço.)

Brás Ferreira – Milord! (conduzindo-o para a porta do fundo. – Saem todos menos Joaquina.)

 

CENA XII

JOAQUINA, só

Pobre rapaz! ficou como pateta! Se ele não está acostumado a isto...Condenado a falar verdade vinte e quatro horas a fio!... Também olhe que nos dá um trabalho! porque mente com um desembaraço e sem a menor consideração... Já se tinha esquecido da peta do almoço. Felizmente que nós estamos prevenidos, e graças ao bolsinho de minha ama e à vizinhança doManuel Espanhol, em poucos minutos se fez da peta verdade... E José Félix! Não verão o meco sentado à mesa com meus amos como se fosse gente, opedaço de lacaio!... Mas deixem estar que o tratante tem um ar, sabe tomaruns modos, que quem o não conhecer!... Em que ele se deita a perder decerto, é que aquilo é um comilão... O que lhe vale é fazer de inglês... não se repara. –Agora que mais falta? Vejamos. A tal visita de agradecimento ao general Lemos: essa não se pode evitar. Só se... É verdade; o general Lemos que venha cá... como têm vindo os outros. Vou avisar José Félix que se avie de almoçar e nos represente mais esse figurão. Não lhe há-de custar muito... é seu amo. – Ai! que é isto, que quer este senhor?

 

CENA XIII

JOAQUINA e o GENERAL

General – O senhor Duarte Guedes está aqui, não é assim?

Joaquina – Está sim senhor, foi agora para a mesa almoçar com o senhor Brás Ferreira, seu sogro que está para ser.

General – Um almoço de família, almoço de noivos... Não permita Deus que eu tal perturbe. Esperarei.

Joaquina – Se faz favor de dizer o seu nome.

General – Não é preciso.

Joaquina – Não é para saber... é que se fosse coisa que...

General – É coisa que eu lhe quero dizer só a ele ou a seu sogro.J

oaquina – Como queira.

 

CENA XIV

BRÁS FERREIRA, GENERAL, JOAQUINA

Brás Ferreira, de guardanapo na mão, falando para dentro – Eu venho, milord,eu venho: quero ratificar o nosso tratado de aliança com uma garrafa especial do meu Porto, é da fundação da Companhia, trouxe-o eu comigo.

Joaquina, para o general – Aqui vem o senhor Brás Ferreira.

Brás Ferreira – O que é isso?

Joaquina – Um senhor que lhe quer falar, ao senhor Brás Ferreira ou a seu genro. (aparte) Vamos ensaiar José Félix no novo papel que tem de representar.

 

CENA XV

GENERAL e BRÁS FERREIRA

General – Creio que é o senhor Brás Ferreira do Porto a quem tenho a honra de falar? Muita satisfação de ver a vossa senhoria em Lisboa. Conheço-o há muito de nome, e quase que posso dizer somos amigos sem nos termos visto. O meu antigo camarada, o coronel Luís Guedes sempre me encarece por tal modo a amizade que lhe tem! Nas suas cartas quase que me não fala de outra coisa senão de seu filho e de vossa senhoria.

Brás Ferreira – Luís Guedes! Então vossa senhoria é...

General – O seu mais antigo e melhor amigo, o general Lemos.

Brás Ferreira – Ah! vossa excelência perdoe, por quem é. Mas porque se incomodou, senhor general? Eu é que devia ir aos seus pés... e hoje mesmo tencionava fazê-lo – para lhe agradecer todas as bondades que tem tido com meu genro... que está para ser.

General – Bondades! eu não sei... decerto não tem nada que me agradecer...mas é sua culpa. Eu ignorava absolutamente...

Brás Ferreira – O quê, general?

General – Que Duarte estivesse em Lisboa.

Brás Ferreira – Que me diz, senhor? Há três meses.

General – Ainda o não vi uma só vez. Antes de ontem recebi eu uma carta deseu pai, que me pareceu um enigma: queixa-se de que o filho não tenha ainda obtido a recebedoria de Santarém que tanta conta lhe fazia... Mas que diacho! quem quer alguma coisa, pede-a. Eu não podia adivinhar, e vinha aqui de propósito ralhar com ele.

Brás Ferreira – Ralhar, tenho eu que ralhar com o tal menino por outras muito piores. Mas como é isto, senhor? Pois Duarte não vai habitualmente a sua casa?

General – Não senhor.

Brás Ferreira – Não digo em Lisboa, mas à sua quinta?

General – A minha quinta? É coisa que não tenho.

Brás Ferreira – Pois não digo quinta... não seja... mas a linda casa que tem da outra banda com uma vista magnífica, um bilhar...

General – Sou tão desastrado que não jogo o bilhar.

Brás Ferreira – Estava visto... Faça ideia, general, que é o sistema de mentiras mais complicado que nunca vi, e combinado de modo que ainda não sei... Mas deixá-lo: vossa excelência está aqui, há-de-me ajudar a confundi-lo... Com toda a certeza não lhe dou minha filha.

General – Por quem é! Eu que vinha com tanto gosto trazer-lhe a minha prenda de casamento...

Brás Ferreira – Não há-de ser meu genro.

General – E a sua palavra?

Brás Ferreira – Retiro-a: e ele não tem direito de se queixar... Avisei-o de que, à primeira mentira em que o apanhasse, tudo estava acabado. Ainda bem que o encontrei, general: vamos a ver com que cara o maldito do rapaz... Oh! ele aí vem: peço-lhe que não diga o seu nome.

General, aparte – E esta! Eu que vinha para obsequiar o pobre do rapaz, e a seu pai de quem sou tão amigo!

 

CENA XVI

Ditos, DUARTE, AMÁLIA, JOAQUINA

Duarte – Ora com efeito! forte companhia fazem os tais senhores! – O senhor meu sogro levanta-se no meio do almoço, e daí a um instante milord desaparece à segunda garrafa de Champanhe.

Joaquina – Vieram procurá-lo.

Duarte – Não duvido... algum pobre rapaz que se achou em aperto... Que é preciso confessar... o tal sujeito é a criatura mais serviçal... E então sem nenhum interesse! – Diga-me uma coisa, amabilíssimo sogro, que fazemos nós esta manhã?

Brás Ferreira – Eu tinha vontade de sair; mas temos aqui uma visita, um amigo da família...

Duarte – Perdoe... eu não tinha tido o gosto de ver este senhor... É do Porto?

Brás Ferreira – É verdade.

Duarte – Ia jurá-lo... Nós os das províncias do Norte temos um ar de franqueza, um aberto de fisionomia... Se vossa senhoria se demorar em Lisboa, terei muito gosto de o acompanhar, de lhe servir de guia... Não faça cerimónia comigo... sinceramente lho peço... um amigo de meu sogro!...

General – Dou-lhe os parabéns, senhor Brás Ferreira: o seu genro parece um rapaz extremamente amável.

Brás Ferreira, baixo ao general – Espere, espere, e depois falará. (a Duarte) É preciso que saibas, meu caro amigo, que este senhor vem a Lisboa para negócios que tem na secretaria da guerra, e precisa muito do valimento do general Lemos.

Duarte – Melhor... Dizem que é um homem justo e imparcial; e toda a gente o estima.

Brás Ferreira – Pois sim... mas tu que tens relações de intimidade com ele, não podias pela tua influência?

Duarte – Ah! certamente... terei a honra de lho apresentar. Há-de gostar dele, verá: um homem agradável e que, sem basófia, é meu amigo.

Brás Ferreira, rindo – Hem! General, baixo a Brás Ferreira – Até aqui, acho que diz a verdade.

Duarte – E alegre!... Olhe: à mesa me não deixava ele só, como aqui me fizeram. Ainda ontem almoçámos nós juntos em sua casa.

Brás Ferreira e General – Em casa dele?!

Duarte – Sim, juntos, ao pé um do outro.

Brás Ferreira – Então muito mudado está ele de ontem para cá.

Duarte – Porquê?

Brás Ferreira, apontando para o general – Porque ele aqui está, e tu não o conheceste.

Duarte, surpreendido – O general Lemos!

Joaquina, aparte – Estamos perdidos.

Amália – Tudo, tudo está perdido.

Duarte, tornando a si logo – O quê! Pois este é o senhor general Lemos? Muito sinto... não tenho a honra de o conhecer.

Brás Ferreira – Não duvido... mas nem por isso deixa de ser ele em pessoa.

Duarte – Há-de-me perdoar, meu tio: eu não digo o contrário; mas não foi com este senhor que eu almocei ontem... a verdade pura é esta. Como isto foi é que eu não sei; mas a não ser que haja outro general Lemos em Lisboa...

General – Em Lisboa do apelido de Lemos nem eu conheço senão meu primo o coronel Francisco de Lemos.

Duarte – Exactamente. Pois foi em casa dele, decerto, que ontem me apresentaram, e provavelmente com ele é que eu almocei.

General – Não teria dúvida nenhuma em o acreditar, se não fosse uma pequena dificuldade: e é que há três meses que está em Inglaterra.

Duarte, aparte – Co'a breca! (alto) É que voltaria há pouco, sem se saber...porque ele ontem estava em Lisboa.

Brás Ferreira – Não estava.

Duarte – Estava tal.

Brás Ferreira – Pois bem, rapaz, esqueço-me de tudo... se me provares essa.

 

CENA XVII

Ditos, um criado, JOSÉ FÉLIX com farda de brigadeiro, etc.

Criado – O senhor Lemos.

José Félix, afectando desembaraço – Então que é isto, que é isto?

General – Que vejo! É o meu brejeiro do meu Félix.

José Félix – Ora vivam meus senhores... Adeus, meu Duarte.

Duarte – Oh meu querido protector! Confesso que desta vez já não contava com o seu auxílio... Ainda bem que veio... Vou apresentá-lo a meu sogro e a seu primo.

José Félix, indo para eles com ar chibante, reconhece de repente o general – Santo Deus, meu amo!...General, aparte – E com a minha farda, o maroto!

Brás Ferreira, espantado – Conhecem-se! (Duarte, Brás Ferreira, José Félix e Amália ficam todos imóveis de admiração.)

General – Que painel! Enterraram-se todos até ao joelho. Ora vamos a dar-lhes a mão, que eles por si não se levantam . (para José Félix ) Então senhor meu primo...

Todos – Seu primo!

General – Que espanto é esse? Pois queria esconder de mim a sua volta a Lisboa?

Duarte – O quê? Pois este senhor é seu primo, o coronel Francisco de Lemos que voltou de Inglaterra?

General – Sim senhor. Porquê?... não lhe faz conta?

Duarte – Certamente que faz. – Mas é que isto hoje parece mesmo um acinte...não invento senão verdades. – Pois não é minha culpa, senhor Brás; mas, em consciência, está obrigado a dar-me sua filha.

General – Não há dúvida, senhor Brás Ferreira; é preciso consentir neste casamento. Já não tem mentiras de que o acusar.

Brás Ferreira – Excepto a da recebedoria de Santarém.

General – Aqui está o decreto. É a prenda de casamento que lhe eu trazia.

Amália – Pois é possível!

Duarte – Aposto que é verdade... tudo é verdade hoje. Assim, meu caro sogro, consinta, não há remédio...

Brás Ferreira – Estou certo que me enganaram.

José Félix – E eu também.

General – E eu também... Apesar disso, vamos, consinta...

Brás Ferreira – Que lhe hei-de eu fazer? Ainda que não seja senão por curiosidade e para saber esta adivinhação.

José Félix, atirando com o chapéu – Viva! A palavra do senhor Brás Ferreira é letra que não tem desconto. Eu ritorno al mio mestiere e ponho aos pés da minha cara Joaquina... o senhor Tomás José Marques... milord Coockimbroock, e sobre todos, o seu fiel José Félix, criado particular do excelentíssimo general Lemos.

Duarte – Ó maroto, pois eras tu?

Brás Ferreira – Faz-te de novas.

Duarte – Juro-lhe que eu não sabia nada, e que nem sequer o conheço...

Brás Ferreira – Continuamos?... Não faltava senão esta que é a mais difícil de engolir!

Amália – E contudo é verdade, meu pai. Eu lhe explicarei como isto foi.

Duarte – Protesto-lhe que hoje foi o último dia da minha vida que me deixei cair neste maldito vício... E nem eu sei como foi; queria-me defender... vinham umas atrás das outras... por fim... não sei... Mas acabou-se: não torno mais amentir; custa muito, dá muito trabalho. Vi-me em ânsias! Juro que me hei-de emendar... já estou emendado. – José Félix, nunca me hei-de esquecer da lição que me deste, e prometo pagar-ta.

José Félix – Deveras?

Amália, dando-lhe uma bolsa – E eu pago-ta já.

José Félix – Melhor ainda. (apalpando a bolsa) Isto sim que são verdades puras... e não deixam mentir ninguém.

Cai o pano.

Representada, a primeira vez, em Lisboa, no teatro de Tália, pela sociedade particular do mesmo nome, em sete de Abril de MDCCCXLV.

Introduzione

João Baptista da Sousa Leitão de Almeida Garrett, detto Almeida Garrett, è una figura carismatica delle cultura, letteratura e storia portoghese con una vita costellata di andirivieni, arresti, rifugi all'estero, esili, contestazioni e vicende che lo portarono a dire: "Se non sono in esilio o proscritto, non so chi sono". Nato ad Oporto il 4 febbraio del 1799 e battezzato il 10 dello stesso mese nella Chiesa di Sant'Ildefonso, secondo figlio di un sigillatore reale, inizialmente destinato alla carriera ecclesiastica, vive in Rua Dr. Barbosa de Castro n. 37-41 fino all'età di cinque anni, e dal 1809 al 1816 parte con la famiglia per le Azzorre dove hanno delle proprietà, scappando dalla seconda invasione francese, che ha al comando il maresciallo Soult, e lì comincia a scrivere sotto il nome di Josino Duriense. Nel 1817 fonda una loggia massonica, nel 1818 si iscrive all'Università di Coimbra dove comincia a leggere i primi autori romantici, scrivendo la prima versione di un'importante opera, Il ritratto di Venere, che sarà accusata più tardi di essere "materialista, atea ed immorale". Nel 1822, già nella capitale, assieme al grande amico giornalista e drammaturgo Luís Francisco Midosi dirige diverse rappresentazioni e fonda il quotidiano femminile "O Toucador"; amicizia, questa, importante perché gli permette di conoscere la sua prima moglie Luisa Midosi, quando lei ha 14 anni e lui 23. La sua vita politica comincia nel 1823, periodo del suo primo esilio in Inghilterra a seguito al primo arresto per contestazioni, ma nel 1824 è già in Francia e nel 1828, dopo la morte del re e della sua prima figlia e dopo essere stato amnistiato, torna in Portogallo, dove resta fino al 1829 quando parte per Londra, come segretario del governo in esilio, in seguito all'ascesa al potere in Portogallo del re D. Miguel.

L'anno 1832 è un anno di fuoco pieno di contestazioni e ribellioni tant'è che Garrett partecipa anche alla spedizione liberale che sbarca ad Oporto, assieme a tantissimi compagni. Lì è reintegrato nuovamente come ufficiale, lavorando presso la segreteria dello stato del Regno, cumulando quest'incarico con quello più prestigioso nella commissione che si stava occupando del progetto per l'elaborazione del testo del Codice Penale e la regolamentazione del Trattato sul Commercio.

Nel 1834 è nominato console generale in Belgio, ma all'inizio dell'anno seguente è di nuovo in Portogallo dove viene nominato ambasciatore in Danimarca. Sentendosi "scaricato" da tutti i governi partecipa attivamente ad una rivolta, dando inizio così alla sua carriera di parlamentare. Dal 1836 al 1842 è il periodo più importante perché lo porta non solo alla presentazione del progetto del Teatro Nazionale, futuro Teatro D. Maria II in onore alla regina che lo volle a tutti i costi, ma anche alla creazione della Sovrintendenza Generale dei Teatri e del Conservatorio Nazionale del Teatro e all'elaborazione del decreto che istituisce il diritto d'autore.

Nel 1839, dopo essere stato nominato cronista-storiografo del regno, tiene un corso di Storia politica, letteraria e scientifica del Portogallo nel XVI secolo, ma è nel 1851 che Almeida Garrett ottiene la consacrazione ufficiale, quando viene chiamato per primo a redigere un progetto per la legge elettorale, poi è eletto plenipotenziario nelle negoziazioni con la Santa Sede e scelto come delegato intestatario della commissione per la riforma della Accademia delle Scienze, diventando visconte, deputato e ministro degli affari esteri. Muore nel 1854 nella sua casa di Lisbona, in Rua Santa Isabel, vittima di un male incurabile di origine epatica.

Il giocoso testo teatrale con un titolo che traduce un ossimoro, "Dire la verità mentendo", fu rappresentato in pubblico per la prima volta a Lisbona, nel teatro Tália, dalla compagnia omonima, il sette di aprile del MDCCCXLV.

Fonti bibliografiche

AAVV, Dizionario Mondiale di Letteratura. Milano: Rizzoli-Larousse, 2002

AAVV, Leituras - Revista da Bibilioteca Nacional, n.º 4, 1999 [https://sigarra.up.pt/up/pt/web_base.gera_pagina?P_pagina=1006604]

Monteiro, Ofélia Paiva, O essencial sobre Almeida Garrett. Lisboa: Imprensa Nacional-Casa da Moeda, 2001.

Saraiva, António José e Lopes, Óscar, História da Literatura Portuguesa, Porto, Porto Editora, 1975


©inTRAlinea & Anabela Cristina Costa da Silva Ferreira (2016).
"Dire la verità mentendo". Translation from the work of Almeida Garrett.
This translation can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/translations/item/2203

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