La traduzione della poesia per bambini:

imparare a giocare con le parole, imparare a prendersi cura delle parole

By Gloria Bazzocchi (University of Bologna, Italy)

Abstract

English:

This study approaches the translation of children's poetry from an educational perspective. For translator trainees, dealing with verses addressing young readers may be a productive way of exploring the potential of words, in their dual facets of meaning and sound, thus fostering the development of their literary translation skills. This paper offers examples of Spanish nursery rhymes by Carmen Gil and free verse poems by María José Ferrada and their translations into Italian. The examples illustrate how these experiences can be highly formative and also that they are complementary: on the one hand, trainees learn how to play with language–their creativity constrained by metre and rhyme–and, on the other, they learn how to take care of words in novel and unique combinations within poems. In both sides of this coin, illustrations encourage the acquisition of multimodal translation skills.

Italian:

Il presente studio si concentra sulla traduzione della poesia per bambini in chiave didattica. Per il traduttore in formazione, infatti, confrontarsi con i versi dedicati ai lettori più piccoli costituisce un interessante strumento per esplorare le potenzialità delle parole, nella loro doppia natura di senso e di suono, sviluppando, in questo modo, la propria competenza traduttiva in ambito letterario. Si porteranno, quindi, esempi di traduzione dallo spagnolo in italiano di filastrocche di Carmen Gil e di poesie in verso libero di María José Ferrada, mostrando come si tratti di esperienze altamente formative e complementari: se da un lato si impara a giocare con la lingua, seppure attraverso una creatività vincolata da metro e rima, dall’altro si impara a prendersi cura delle parole nella loro combinazione originale e inedita all’interno del testo poetico. In entrambi i casi, poi, la presenza delle illustrazioni favorisce l’acquisizione di competenze paratraduttive.

Keywords: children's poetry, nursery rhymes, Carmen Gil, María José Ferrada

©inTRAlinea & Gloria Bazzocchi (2023).
"La traduzione della poesia per bambini:"
inTRAlinea Special Issue: Tradurre per l’infanzia e l’adolescenza
Edited by: Mirella Piacentini, Roberta Pederzoli & Raffaella Tonin
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/2617

1. Introduzione

Come abbiamo avuto modo di mostrare in studi precedenti (Bazzocchi 2019, 2021), cimentarsi con la poesia per bambini rappresenta per il traduttore in formazione un’opportunità privilegiata per riflettere sulle parole, esplorarne le potenzialità, sia a livello di suono che di senso, nonché per sviluppare la propria competenza traduttiva in campo letterario.

Nell’ambito della poesia dedicata ai lettori più piccoli, possiamo distinguere due tipi di esperienze di traduzione particolarmente interessanti che, come vedremo, si rilevano complementari. La prima è legata a quella che Carminati (2011: 38) definisce “poesia allo stato nascente”, ovvero le filastrocche, in cui le parole si fanno “giocattolo”, assecondando la tendenza, naturale nei più piccoli, ad esplorare la lingua attraverso il potere dei suoni, delle rime, delle assonanze e delle consonanze. La seconda riguarda, invece, una poesia più intima in verso libero in cui, come afferma Carofiglio (2015: 13-14), la parola poetica risponde solo a sé stessa con l’unica funzione di “creare un mondo altro, in una partitura di parole, di suoni, di cortocircuiti verbali che accendano scintille emotive”.

Nel caso delle filastrocche, caratterizzate dall’impiego di una lingua ingegnosa, il traduttore dovrà mettere in gioco tutta la sua creatività, nel limite dei vincoli che metrica e rima impongono; per la poesia che si discosta dai modelli ludici per farsi più lirica e riflessiva, affidandosi al verso libero, dovrà invece prendersi cura delle parole, così come dei silenzi tra un verso e l’altro, nonché delle figure retoriche di cui è intessuto il testo. In entrambi i casi, trattandosi di poesia illustrata, dovrà acquisire anche abilità di tipo paratraduttivo, quindi imparare a tradurre la sinergia tra illustrazioni e parole.

Date queste premesse, in diverse occasioni abbiamo cercato di favorire esperienze didattiche di traduzione di poesia per bambini sia in aula sia all’interno di tesi di laurea. Di seguito, presenteremo alcuni di questi esempi derivanti dalla traduzione in italiano di filastrocche di Carmen Gil e poesie di María José Ferrada, evidenziando le abilità e le strategie che occorre mettere in atto quando si traducono versi destinati all’infanzia. 

2. Giocare con le parole: la traduzione delle filastrocche di Carmen Gil

Le filastrocche, come sostiene Tognolini (in Polvani 2017), più che puntare sulla natura delle parole si affidano alla loro disposizione: “Disposizione che cammina su due piedi: la sorpresa nel senso e l’incanto nel suono”. Questo comporta, dal punto di vista fonetico, il ricorso a una metrica ben precisa, con versi assonanzati o rimati, spesso ripetuti o appena variati, mentre dal punto di vista del contenuto, grazie all’impiego di una lingua fantasiosa e giocosa, si presentano situazioni irreali o immaginarie. Ne sono un buon esempio la filastrocca Chi non fa non falla (1998) di Stefano Bordiglioni

Chi non fa non falla,
chi non ba non balla,
chi non mo non molla
e chi non co non colla;
chi non cu non culla,
chi non se non sella,
chi non vi non villa
e chi non zo non zolla;
chi non ste non stella,
chi non spi non spilla,
chi non bo non bolla
e chi non pa non palla.

così come Filastrocca corta e gaia di Gianni Rodari (1993)

Filastrocca
corta e gaia,
l'abbaino
non abbaia,
la botte più grossa
non è un bottone,
la mela più rossa
non è un melone,
ed il mulo
più piccino
non sarà mai un mulino.

Se immaginassimo di tradurre questi due componimenti in una qualsiasi lingua straniera, per poterne mantenere gli aspetti caratterizzanti, sia metrici che linguistici, dovremmo, in realtà, riscriverli. Lo dimostra bene Nasi che si è cimentato nella traduzione in inglese di Filastrocca corta e gaia, proponendo alcune “versioni on probation” (2015: 78). La prima, di tipo interlinguistico, preoccupata di restituire il significato dei termini, approda a un nonsense del tutto insoddisfacente; la seconda, concentrata sulla resa dei giochi di parole, attraverso la ricerca di legami semantici tra i termini, finisce per sacrificare del tutto l’aspetto ritmico; infine, la terza si fonda sul tentativo di rendere il rapporto, simile alla sciarada, tra mela-melone, botte-bottone, mulo-mulino, pur non potendo riprodurre il gioco con diminutivi e accrescitivi. Poco a poco, attraverso la descrizione di tutta una serie di ragionamenti basati su libere intuizioni e associazioni, Nasi giunge a una vera e propria riscrittura, frutto di un duro lavoro sul testo fonte che occorre guardare, ammirare e interrogare “cercando di comprenderlo, coglierlo nella sua complessità, tenendo ben presente tuttavia che saremo sempre lettori e creatori di un modo, uno dei modi possibili, di esistenza di quel testo” (ibid.: 124).

Si capisce, dunque, come dal punto di vista didattico proporre la traduzione di filastrocche costituisca un esercizio estremamente utile e stimolante, del tutto simile a quello che Rodari suggerisce nella sua Grammatica della fantasia (2010: 43) quando parte da un verso di Carducci per esplorane tutte le possibilità lungo la catena sonora delle analogie o dei significati: “[l]’utilità dell’esercizio è quella di un allenamento dell’immaginazione a deragliare dai binari troppo consueti del significato, a tener d’occhio i lampi, anche minimi, che da ogni parola, anche la più banale, possono scoppiare in tutte le direzioni”.

Nel caso della traduzione occorre però tenere conto dei diversi vincoli che il testo di partenza impone, siano essi di tipo intratestuale, paratestuale, intertestuale o extratestuale. Se quindi traduzioni di questo tipo sono “palestre divertenti oltre che molto formative per i traduttori” (Nasi 2015: 124), sarà necessario, di volta in volta, capire “da quale vincolo partire o quale vincolo sacrificare, nella perenne alternanza di perdite e guadagni di cui è inevitabilmente costituita la traduzione” (ibid.).

Un esempio della “creatività vincolata” a cui fa riferimento Nasi è dato dalla traduzione delle filastrocche di Carmen Gil, una delle autrici più rappresentative nell’ambito della letteratura per l’infanzia spagnola contemporanea. Nata nel 1962, la scrittrice andalusa ha pubblicato molti libri di filastrocche e di racconti caratterizzati da un uso giocoso della parola[1], così come è noto il suo impegno per avvicinare i bambini alla poesia, tramite corsi e seminari di lettura e di scrittura nelle scuole. La muove, in questo senso, la profonda convinzione che la poesia, vera fonte di educazione artistica, sviluppa la sensibilità estetica, arricchisce il vocabolario, stimola l’immaginazione e la fantasia. Per questo, nei suoi testi, attraversati da una fine ironia, mostra di saper giocare in modo raffinato con i suoni, senza però rinunciare al contenuto, come vedremo negli esempi che seguono tratti da due album illustrati: El libro de las princesas e Recetas para el corazón.

2.1. El libro de las princesas

Pubblicato nel 2011, El libro de las princesas è un album illustrato composto da diciotto filastrocche in cui Gil rovescia l’immagine stereotipata di una delle protagoniste per eccellenza dei racconti infantili, la principessa, così come dell’immaginario che la circonda. Ecco allora i ritratti giocosi di principesse atipiche come la calciatrice e la pirata, oppure di una Bella Addormentata che spaventa e allontana tutti con il suo potente russare; un rospo verde, rugoso e viscido che non vuole affatto diventare un principe o una scimmia dispettosa come animale da compagnia; menù repellenti a base di tortillas de gusanos o espuma de escarabajos e il divertente annuncio di vendita di un castello, con tanto di drago e fantasma compresi nel prezzo.

Dal punto di vista metrico, le strofe sono tutte di quattro versi e un unico tipo di metro per componimento (quinari, senari, settenari oppure ottonari), a cui si aggiunge la rima che può essere baciata, alternata o incrociata. Queste caratteristiche imprimono al testo un ritmo molto marcato, particolarmente adatto alla lettura a voce alta. Le illustrazioni, poi, caratterizzate dal tratto onirico di Sonia Sanz, si sviluppano sull’intera pagina, avvolgendo il lettore in modo sorprendente. Non si limitano, infatti, a descrivere quanto il testo propone, ma ne ricreano l’ambientazione attraverso l’uso sapiente di colori sempre diversi, la personificazione degli elementi naturali e l’espressività dei volti, su cui spiccano grandi occhi capaci di trasmettere le più svariate emozioni. La fusione tra testo e illustrazioni agisce profondamente sull’immaginazione del lettore, creando quell’esperienza totale che Valentino Merletti (2006: 41) ha definito come “prodigio di sintesi narrativa e qualità artistica, utilissimo per abituare il lettore a cogliere le diverse potenzialità espressive della parola e dell’immagine”.

Passando alla traduzione[2], viste le dominanti legate al metro e alla rima, come strategia di fondo occorre innanzitutto rispettare i vincoli di tipo formale, senza contraddire l’aspetto legato all’immagine, mantenendo comunque la funzione comunicativa del testo di partenza. Considerare imprescindibile la riproduzione della metrica è una caratteristica propria della traduzione della poesia per bambini, come afferma Morillas (2021: 248-249):

La diferencia con respecto a la poesía con destinatario adulto radica en que, por lo general, en la traducción de textos infantiles se espera, y casi se da por sentado, que quien traduzca va a mantener esos recursos sonoros […] mientras que en la traducción de poesía para un público destinatario adulto «se perdona» por ejemplo si un texto rimado no se traduce con rima porque la prioridad se desplaza hacia el plano semántico.

Vediamo come esempio l’incipit della filastrocca dal titolo La princesa Ramona, in cui si racconta di una principessa che non fa che confondere fischi per fiaschi, a causa di una corona troppo grande che spesso le cade sugli occhi:

A la princesa Ramona,
lo que le ocurre, quizás,
es que lleva una corona
de dos o tres tallas más.

Come possiamo notare, si tratta di versi ottonari, con rima alternata ABAB. Facendo leva sul fatto che anche in italiano Ramona e corona rimano tra loro, si può partire da questo elemento per ricostruire il primo e il terzo verso, rispettando l’ottonario: “La principessa Ramona / porta in testa una corona”. Per i rimanenti, si traduce alla lettera l’ultimo (un ottonario, tenendo in conto delle sinalefi: di- du-eo- tre- ta-gliein-più) per poi ricreare il secondo a partire dalla rima, con soluzioni del tipo: lo si vede da quaggiù / e lo vedi anche tu / ma che brutta schiavitù. Con quest’ultima variante, peraltro, si introduce una parola come “schiavitù”, non presente nel testo originale, ma particolarmente adatta al contesto:

La principessa Ramona,
ma che brutta schiavitù,
porta in testa una corona
di due o tre taglie in più.

 Si può quindi affermare che il traduttore di filastrocche agisce allo stesso modo di colui che le crea, come ben descrive Tognolini con un’efficace similitudine (2005):

Scrivere filastrocche assomiglia al gioco del calcio. Giocando a calcio si corre col pallone al piede, ma più spesso lo si “allunga”, cioè lo si calcia avanti – anche lontano – e lo si insegue per raggiungerlo, e calciarlo avanti ancora. Scrivendo filastrocche si fa qualcosa di simile: si pensa il primo verso, che finisce con una parola; si cerca un’altra parola che fa rima con questa, la si lancia avanti come una palla fino in fondo al secondo verso, che è ancora vuoto; e poi si procede riempiendo di parole questo vuoto fino a raggiungere quella palla. Ed ecco il secondo verso che fa rima col primo.

Un altro esempio di creatività che nasce da un vincolo metrico è dato dalla traduzione degli antroponimi. Accanto a casi come quello appena visto in cui Ramona rimane tale anche in traduzione, ve ne sono altri che richiedono un cambiamento, come nella filastrocca La mascota de Lota, che vede come protagonista una scimmietta che ne combina di tutti i colori:

La princesa Lota
tiene una mascota:
un mono travieso,
chato y rabitieso.

Visto che in italiano non si può riprodurre lo stesso gioco di parole che esiste in spagnolo tra Lota e mascota, occorre ricrearne uno che ne calchi il principio. Ecco quindi che traducendo mascota con “portafortuna”, la principessa potrà chiamarsi “Luna”, da cui il titolo della filastrocca: “Il portafortuna di Luna”. E se l’originale è caratterizzato da versi senari con rima baciata (AABB), per la sua versione in italiano si può pensare di trasformare l’intero componimento in settenari:

La principessa Luna
ha un suo portafortuna:
una scimmia burlona,
una gran buontempona.

Rispetto all’originale, nella descrizione dell’animaletto si sacrificano aspetti fisici, non rilevanti per il seguito della storia o a livello di illustrazione, insistendo invece su quelli caratteriali, attraverso due aggettivi, “burlona” e “buontempona”, ben giustificati dalle azioni successive, come addormentarsi sul trono, nascondere la corona e usare lo scettro come bastone.

2.2. Recetas para el corazón

Anche in questo caso si tratta di un album, pubblicato nel 2016, in cui sono presenti ventiquattro brevi filastrocche, tutte in versi ottonari e in rima (incrociata o alternata), illustrate da Teresa Saco Burgos. Come si può leggere nell’apparato paratestuale dell’album, si tratta di un “poemario chispeante y musical, que trasmite valores como la alegría, la generosidad, la ternura, la comprensión, el sentido del humor, el optimismo… Todo sazonado con un puñado de carcajadas y macerado en sonrisas. Garantizamos que sus recetas producen efectos mágicos”.

Tramite l’espediente del ricettario e ingredienti quali baci, abbracci, carezze, buonumore, sorrisi, tenerezza, dolcezza e perdono, si propongono piccole lezioni di vita: ridere molto, amare profondamente, perseguire la tolleranza, la generosità e la comprensione, coltivare la poesia e la fantasia, con cui superare i giorni grigi, le paure e le difficoltà.

Da un’attenta analisi del testo originale, emerge che per poter creare le sue particolari ricette, Gil si basa su due campi semantici fondamentali, che rispecchiano la finalità perseguita. Il primo, prevalente, si riferisce al mondo della cucina con verbi generici come agregar, añadir, dejar, hervir, mezclar, mover, poner oppure più specifici, quali aderezar, aliñar, amasar, dorar, espolvorerar, flambear, salpimentar; sostantivi che indicano strumenti di lavoro (cuchara, plato, horno, microondas, olla) o modi di cottura (baño María, ebullición, juliana, vapor), alimenti (cacao, canela, huevos, limón, manzana, orégano, patatas, pescado, tomillo) o pietanze (asado, bizcocho, cocido, consomé, croquetas, ensalada, estofado, flanes, gazpacho, helado, menestra, merengue, postre, pizza, potaje, revuelto, sopa, tarta, tartaletas, tostadas). Il secondo si rifà invece alla sfera dei sentimenti: abrazos, alegría, amor, besos, bondad, buen humor, cariño, comprensión, dulzura, esperanza, optimismo, paciencia, perdón, respeto, sonrisas, ternura, tolerancia.

Un altro aspetto da tenere in considerazione è l’uso dell’imperativo con cui il destinatario viene coinvolto in prima persona: echa un poco de alegría, amasa bien el cariño, dora con mucha paciencia, ecc. Da sottolineare, al riguardo, la scelta inclusiva di Gil, che si rivolge a una cocinera e a un cocinero, come appare espressamente nel componimento Ensalada de palabras.

Questi aspetti rilevati in fase di analisi rappresentano quel “duro lavoro” sul testo fonte a cui accenna Nasi (2015: 164), lavoro che consente di individuare i vincoli intratestuali da tenere presente in fase traduttiva: “Individuare queste forze vettoriali che tengono insieme il testo è indispensabile per poi tentare di situarle e ricompattarle in una nuova cultura” (ibid.).

Il vincolo gerarchicamente preponderante, anche in questo caso, è dato dalla metrica: mantenere ottonari e rime nel testo tradotto è infatti fondamentale, dal momento che si tratta di una peculiarità che conferisce coesione all’intera raccolta e la rende particolarmente musicale. Anche la presenza dei campi semantici sopra elencati costituisce un altro vincolo, ma sarà comunque possibile spaziare al loro interno adottando soluzioni diverse, purché coerenti.

Proponiamo come esempio la filastrocca Revuelto de cuentos, in cui si gioca con la polisemia del termine revuelto che nel linguaggio gastronomico indica le “uova strapazzate” mentre, in senso generico, è un participio del verbo revolver che significa “mischiare”, “rimestare”, “mettere in disordine o sottosopra”, proprio come avviene con i personaggi dei racconti per bambini citati nella filastrocca:

Colorea con tus ceras,
un pirata muy miedoso,
dos princesas caballeras,
y deja todo en reposo.

Más tarde, si se te antoja,
un lobo requeteblando,
y a Caperucita Roja
gruñendo de cuando en cuando.

Una abuelita marchosa,
un príncipe metepatas,
un dragón con falda rosa…
¡Y sírvelos con patatas!

Partendo dal titolo, per mantenere la polisemia data da revuelto, si può optare per “pasticcio”, un termine che rimanda sia all’ambito culinario sia all’idea di fondo della filastrocca, quindi renderlo con “Pasticcio di racconti”[3]. Dopodiché, strofa per strofa, si procede partendo dal vincolo gerarchicamente prevalente, quello metrico, ricostruendo ottonari e rime alternate, per poi passare a quello relativo al contenuto, con il ribaltamento delle caratteristiche dei personaggi e l’impiego di termini appartenenti al campo semantico della cucina. Di seguito una possibile versione, frutto di questa procedura:

Su colora coi pastelli
un pirata timoroso,
principesse assai ribelli,
metti poi tutto a riposo.

Poi continua, se ne hai voglia,
con un lupo un po’ vigliacco,
Cappuccetto che lo imbroglia,
e gli sferra un bell’attacco.

Una nonna avventurosa,
poi un principe burlone,
ed un drago tutto rosa…
da servire a colazione!

Le illustrazioni che accompagnano i testi costituiscono, in questo caso, un importante vincolo paratestuale dal momento che spesso riprendono elementi del testo per metterli in risalto, oppure forniscono interpretazioni alternative, facendo leva sull’immaginazione del piccolo lettore. In quest’ultima filastrocca, ad esempio, si vedono Cappuccetto Rosso che spunta da dietro a un albero del bosco, con un’espressione piuttosto minacciosa, mentre il lupo, al contrario, si nasconde preoccupato. Se in un’ipotetica pubblicazione in italiano la casa editrice decidesse di mantenere le stesse illustrazioni, anche in traduzione non si potrebbe prescindere da queste due figure. Vi è poi un caso, quello della ricetta Croquetas de sueños, in cui l’immagine condiziona in modo ancora più significativo la traduzione:

Para hacer buenas croquetas
dora con mucha paciencia
musarañas, tres planetas
y una luna de Valencia.

Maréalos y adereza,
con hilos de fantasía,
pájaros en la cabeza
y un gramo de poesía.

Amasa la masa luego
con mil formas diferentes,
antes de ponerla al fuego,
¡y verás qué bien te sientes!

Come si può notare, nella seconda strofa, uno degli ingredienti con cui si invita a condire le crocchette, è pájaros en la cabeza, espressione fraseologica che si usa per descrivere una persona piena di sogni, fantasie, illusioni. L’illustratrice lo riprende facendo uscire alcuni uccellini dalla folta e rossa chioma di un bimbo o una bimba che appare ritratto/a di spalle. Non potendo tradurre in modo letterale l’espressione, in quanto priva di significato in italiano, si può pensare di introdurre l’elemento degli uccellini nell’ultima strofa la cui versione risulterà diversa dall’originale, ma pienamente coerente rispetto ai vincoli intratestuali e paratestuali:

Se vuoi far delle crocchette
metti sogni nel cassetto,
aria fritta e nuvolette
per il tuo manicaretto.

Quindi impasta ben l’impasto
con l’aiuto di uccellini,
cuocerai poi il tuo antipasto
steso in tanti rotolini.

Alla fine per condire
usa un po’ di fantasia,
ed aggiungi per servire
qualche grammo di poesia.

3. Prendersi cura delle parole: la traduzione della poesia di María José Ferrada

Come abbiamo anticipato nell’introduzione, un altro tipo di poesia per bambini è quello che si lascia alle spalle gli aspetti più ludici della parola per concentrarsi sul senso, sulla capacità della lingua di stabilire relazioni profonde tra le cose, tramite l’impiego di figure retoriche quali metafore, sinestesie, similitudini, personificazioni, ecc. Come ben riassume Senís (2021: 66), “una poesía en que lo que se pone en primer plano no es la textura fónica de los versos, con sus repeticiones y demás, sino el abordaje metafórico de la mímesis, las imágenes, lo imaginario que nos ayuda a iluminar lo que nos rodea”. Questo non significa che venga a mancare l’importanza del suono perché, come ricorda García Montero (2009: 120), per i poeti la lingua è come uno strumento musicale, una chitarra o un pianoforte che fa sì che le parole “suenen como teclas o cuerdas afinadas, para componer una melodía, un tono de voz, una explicación personal y convincente de las travesuras del mundo”.

Rispetto al destinatario possiamo affermare che l’esperienza della poesia è la stessa che vive l’adulto perché, come sostiene Rodari (1972), la poesia esiste autonomamente, a prescindere da chi riceve il suo messaggio; l’importante, come sottolineano Porta e Raboni (1978: 7), è riuscire a “mettersi in situazione, cioè a intuire in modo assolutamente concreto il rapporto con i destinatari, nella fattispecie i bambini, (rapporto che, non dimentichiamolo, non avviene tanto sul piano della comunicazione, quanto sul piano della sollecitazione e della liberazione di energie fantastiche)”. I bambini, infatti, sono capaci di intuizioni interpretative che nascono dal pensiero simbolico che li caratterizza: “[p]ara los niños la sustitución de un objeto por otro no es en ningún caso incomprensible, sino el pan cotidiano de muchos de sus juegos, en los que un palo puede transformarse sucesivamente en espada, avión, barco, varita mágica o escopeta” (García Carcedo 2004: 58).

Il traduttore dovrà quindi imparare a prendersi cura delle parole, che potranno essere facili o difficili   ma mai casuali in quanto scelte dal poeta in base alla loro valenza semantica e sonora. Come afferma Ardissino (2021: 16), “la poesia offre al lettore tutto il linguaggio, a 360°, quindi lo espone a una ricchezza eguagliata da nessun altro discorso”. Questo perché il poeta “vede quello che vediamo noi, ma traendone parole che con la loro armonia e figurabilità sublimano la realtà” (ibid.).

Anche in questo caso, occorre mettere in atto un attento lavoro di analisi del testo fonte per poter riprodurre nella versione tradotta lo stesso linguaggio evocativo e le stesse figure retoriche, affinché l’esperienza poetica del destinatario di arrivo sia la stessa di quello di partenza. Infine, sarà importante tenere presente le illustrazioni che accompagnano i testi poetici, specialmente quando tra i due diversi codici si crea una forte integrazione[4]. Comunque sia, le parole della lingua d’arrivo non solo non potranno entrare in contraddizione con le immagini (fermo restando che le illustrazioni rimangano le stesse anche nella versione tradotta), ma dovranno dialogare con queste, in modo da sollecitare nel destinatario una lettura attiva e interpretativa.

Una delle voci liriche più rappresentative in ambito ispanico è sicuramente quella di María José Ferrada, (1977), scrittrice cilena che ha dedicato la maggior parte della sua produzione letteraria proprio alla poesia per l’infanzia, ricevendo importanti riconoscimenti, tra cui l’ultimo, di grande prestigio, il Premio Iberoamericano SM de Literatura Infantil y Juvenil (2021). Per esprimere la sua raffigurazione della poesia, Ferrada si rifà al verso di Neruda in cui la cipolla viene definita estrella de los pobres:

La vita non è sempre facile e non possiamo sapere se un giorno sulla nostra tavola ci sarà soltanto una cipolla, ma sono certa che se saremo in grado di vedere una stella in quella cipolla, la nostra prospettiva sarà di colpo migliore. La poesia per me è questo: più che un genere, è uno sguardo sulle cose. Uno sguardo in grado di illuminarle, di scaldarci nei momenti difficili[5].

La capacità di guardare oltre all’apparenza ha generato quella che possiamo definire una vera e propria “poetica delle cose”, tanto che la parola cosas ricorre nei titoli di tre dei suoi libri: El lenguaje de las cosas (2011), El árbol de las cosas (2015) e La tristeza de las cosas (2017). Inoltre, come ha dichiarato lei stessa [6], se non fosse stato per l’editore anche il suo primo romanzo, Kramp (2017), si sarebbe chiamato El mecanismo de las cosas. Questo sguardo profondo sulle cose si allarga poi a tutta la realtà, quindi anche alla natura e al mondo animale, entrambi molto rappresentati nella sua opera. Vediamo alcuni esempi inerenti a questi temi, tratti dalle raccolte poetiche El lenguaje de las cosas e Animalario, con le rispettive proposte di traduzione.

3.1. El lenguaje de las cosas

Pubblicata per la prima volta in Spagna dalla piccola ma coraggiosa casa editrice El Jinete Azul nel 2011, con i raffinati disegni di Pep Carrió, questa raccolta racchiude ventitré poesie dedicate a oggetti che abitualmente si trovano all’interno di una casa e che, grazie alla personificazione, parlano una propria lingua, sospirano, esprimono sentimenti e preoccupazioni. Inoltre, trasfigurati metaforicamente, aprono nuovi scenari in ambienti quotidiani: le tazze diventano piscine in cui servire il tè, le tende si trasformano in sciarpe per le finestre, gli ombrelli in fiori di tela impermeabile e così via. Racconta Ferrada che per i bambini la poesia è qualcosa di naturale. Infatti, quando a partire da questo libro chiede loro di immaginare di essere degli alieni appena arrivati sulla Terra e di descrivere gli oggetti che vedono per la prima volta, “concentrati nel gioco di far finta che le scarpe siano delle automobili o che un sasso sia una persona, stanno costruendo e vivendo le proprie metafore. In questo senso prendono la poesia molto più sul serio degli adulti”[7].

Riportiamo come esempio il componimento Las lámparas, in cui non siamo lontani dalla trasformazione delle cose che il bambino opera attraverso il pensiero magico:

Las lámparas que cuelgan del techo
son los soles de la casa.
Se encienden y es como si un pequeño día
naciera dentro de la noche.
Un día que solo durará algunas horas
y en el que cabe la sopa de la cena.
Las lámparas pequeñas
–esas que viven sobre las mesillas de noche–
parecen en cambio crisantemos amarillos o panales.
Por eso confunden la habitación con un jardín
y hay días en que no saben
si son lámparas o una especie rara de luciérnagas.

Si tratta di una piccola descrizione lirica di uno scenario domestico in cui oggetti come lampadari e lampade da notte si trasformano, metaforicamente, in elementi della natura, mostrando la bellezza quasi invisibile della quotidianità.

Questo avviene grazie all’impiego di diverse figure retoriche, a cominciare dalla personificazione degli oggetti: se encienden, viven sobre las mesillas de noche, confunden la habitación, no saben si son lámparas. Vi sono poi metafore e antitesi: las lámparas que cuelgan del techo / son los soles de la casa; es como si un pequeño día / naciera dentro de noche; similitudini: las lámparas pequeñas / parecen en cambio crisantemos amarillos o panales; anafore: las lámparas / las lámparas; enjambement: las lámparas que cuelgan del techo / son; se encienden y es como si un pequeño sol / naciera; y hay días en que no saben /si son; allitterazioni: son los soles; una especie rara de luciérnaga.

Dal punto di vista grafico è importante notare gli spazi bianchi tra un verso e l’altro che imprimono un ritmo lento e pausato a tutto il componimento. In questo modo, le immagini che si creano nella mente del lettore si svelano a poco a poco, creando un effetto di sorpresa e meraviglia. Come afferma Carminati (2011: 67), gli spazi bianchi, “quel vuoto di carta e di voce in cui galleggiano le parole dopo essere emerse con lentezza o prepotenza, sono silenzi. È un vuoto che non è vuoto, anzi è pieno di suono che echeggia, di vita e respiro, di presenza”.

Questa raccolta è stata la prima a far conoscere e apprezzare María José Ferrada anche nel nostro paese[8], con un valore speciale aggiunto, a livello personale, dato che la sua traduzione è nata all’interno di un progetto di tesi di laurea triennale[9]. Nel 2017, infatti, la casa editrice Topipittori ha pubblicato, nella sua collana “Parola magica”, Il segreto delle cose, con illustrazioni di Gaia Stella e traduzione di Marta Rota. Quella che segue è la versione in italiano della poesia sopra riportata:

Le lampade
Le lampade che pendono dal soffitto
sono i soli della casa.
Si accendono ed è come se un piccolo giorno
nascesse dentro la notte.
Un giorno che durerà soltanto qualche ora
e in cui c’è posto per la minestrina della cena.
Le lampade piccine,
quelle che vivono sopra ai comodini,
sembrano invece narcisi gialli o alveari.
Per questo scambiano la stanza per un giardino
e ci sono giorni in cui non sanno
se sono o lampade o una rara specie di lucciole.

Possiamo apprezzare l’attenzione nel riprodurre le figure retoriche del testo originale che abbiamo messo in evidenza, così come è interessante soffermarsi sulla resa di tre parole: lámparas, sopa e crisantemos. Notiamo la scelta di tradurre lámparas sempre con lo stesso termine, “lampade”, anche quando, nel primo verso, la traduzione più naturale sarebbe “lampadari”. Adottare l’iperonimo, infatti, consente di mantenere i rimandi intratestuali e l’anafora, quindi di garantire il protagonismo dell’oggetto e la coesione stessa del componimento. Nel caso di sopa, i traducenti possono essere “zuppa” o “minestra”, ma la scelta del diminutivo “minestrina” aggiunge una connotazione affettiva che, considerato il destinatario, consente un avvicinamento al suo mondo, quindi ne facilita l’immedesimazione. Infine, notiamo la sostituzione dei fiori originali, crisantemos, a cui sembrano assomigliare le lampade da notte, con “narcisi”, per evidenti ragioni di tipo culturale derivanti dal fatto che per via della loro fioritura nel mese di novembre, i crisantemi in Italia vengono collegati alla commemorazione dei defunti, simbologia del tutto estranea in Cile. La sostituzione con “narcisi” non solo consente di mantenere l’aggettivo (gialli), ma crea una bella analogia con la forma dell’abat-jour a cui il fiore è paragonato.

3.2. Animalario

La raccolta Animalario (2012) contiene ventuno brevi liriche in versi liberi, dedicate ciascuna a un animale diverso, la cui rappresentazione grafica è affidata all’illustratrice María Hergueta.

Per certi versi, il libro si può inserire nell’antico filone dei bestiari medievali che avevano il compito di catalogare e descrivere animali reali o fantastici, mettendone in luce i relativi vizi o virtù da cui si dovevano trarre insegnamenti di tipo morale e religioso. La loro valenza didattica, la presenza di illustrazioni, così come il racconto leggendario che spesso li accompagnava, hanno reso tale genere molto popolare anche tra i bambini, come tuttora dimostrano, con diverse declinazioni, le pubblicazioni a disposizione sul mercato editoriale italiano[10].

Nel caso del libro di María José Ferrada il richiamo al genere del bestiario si limita al fatto che vengono presentati animali appartenenti ai più svariati habitat, da quello domestico, come il gatto, il cane, la gallina, il cavallo o il coniglio a quello selvatico, come il cervo o la volpe. Vi sono poi gli animali della giungla, come la giraffa, l’elefante, il leone e la zebra e animali marini come il cavalluccio e il granchio, e ancora uccelli, come il gufo, il condor e il pavone, anfibi come la rana, rettili come la lucertola e la tartaruga. Ferrada propone un piccolo ma intenso ritratto di ognuno, partendo dal concetto che grazie alla loro peculiare vocación de orejas y de ojos (come si può leggere nella poesia che introduce la raccolta), sono in grado di guardare e ascoltare il mondo. Proprio per questo, attraverso verbi all’imperativo quali dime, enséñame, háblame, l’io poetico chiede loro di svelargli i segreti della natura, quello che si cela dietro alle apparenze.

Grazie all’impiego di metafore e di similitudini mai scontate, il piccolo lettore viene introdotto al linguaggio poetico in modo naturale, ma allo stesso tempo profondo: “Similitudini, metafore, sinestesie e personificazioni sono concentrati di senso. In poco spazio, con poche parole, stabiliscono nuove relazioni con le cose del mondo: così facendo, ci fanno guardare il mondo con occhi diversi” (Carminati 2011: 82). Ecco allora che gli occhi della talpa sono cortinas cerradas e il suo cuore una lámpara pequeña / para alumbrar lo oscuro, la chioma del leone è una mezcla de corona y estrella de abrigo, la rana veste un impermeable verde e la gallina un abrigo de plumas, il cavallo es un príncipe e la volpe un pariente pequeño del sol.

Un’altra caratteristica della raccolta è la sua musicalità, non derivante dalla metrica (il verso è libero e non si ricorre alla rima, se non in un caso, in modo accidentale), ma dall’impego di figure di suono ripetute come onomatopee (l’hop-hop del cavalluccio marino o il croac croac della rana) e allitterazioni (¿Es verdad que tu trompa es también / una trompeta? nel ritratto dell’elefante o Bailaba y brillaba / como llama recién nacida, in quello della volpe, in cui il primo verso è anche una paronomasia). Il ritmo, invece, è spesso scandito dalla presenza di anafore (si vedano le domande rivolte alla zebra: ¿Es verdad, cebra / que escapaste galopando de la mesa / del pintor? / Es verdad que perteneces a una especie / mitad animal y mitad dibujo? o la richiesta al passero: Enséñame gorrión tu escala musical / Enséñame tu canto, pequeño director / de orquesta). Molti sono anche gli enjambement, con un esempio su tutti dato dall’incipit della poesia dedicata al granchio:

¿Es verdad, cangrejo
que el mundo son todas las ciudades
que el movimiento del mar construye encima
de la arena?

In traduzione sarà quindi necessario tenere presenti tutti questi aspetti e ascoltare le parole anche attraverso gli spazi bianchi e le pause di fine verso che consentono di comprendere meglio il testo, lasciando il tempo di visualizzare le immagini che, di volta in volta, si creano. Per capire come questo si concretizza, portiamo l’esempio della poesia intitolata El conejo[11]:

El conejo detuvo un segundo su carrera

 

ahí frente a sus ojos:
la margarita
su leve movimiento de flor y bailarina .

 

Ahí:
el peral
sus frutos
colgando –como soles– de las ramas .

 

Ahí:
Tantas cosas bailando .

 

Detuvo un segundo su carrera, el conejo
y luego atravesó la huerta
como se atraviesa el cielo
cuando se es nube
y afuera es marzo.

Il coniglio ha interrotto la sua corsa per un attimo

 

lì di fronte ai suoi occhi:
la margherita
il suo leggero movimento di fiore e ballerina.

 

Lì:
il pero
i suoi frutti
che pendono – come soli – dai rami.

 

Lì:
tante cose che ballano.

 

Ha interrotto la sua corsa per un attimo, il coniglio
e poi ha attraversato l’orto
come si attraversa il cielo
quando si è nuvola
e fuori è marzo.

 

El conejo di María José Ferrada (testo originale e proposta di traduzione)

Come possiamo notare, anche graficamente, la poesia ha due movimenti: uno lento e quasi sincopato, segnato dai bianchi dei versi che si susseguono, dopo il primo, introdotti dall’avverbio di luogo ahí, ripetuto anaforicamente tre volte, e uno più veloce coincidente con l’ultima strofa. Il primo corrisponde alla corsa interrotta del coniglio attratto da qualcosa che colpisce il suo sguardo e fa sì che pure il lettore, dopo ogni pausa, si fermi per guardare, attraverso gli occhi dell’animale, lo spettacolo della natura trasfigurato dal linguaggio poetico: la margarita / su leve movimiento de flor y bailarina; el peral / sus frutos / colgando –como soles– de las ramas; tantas cosas bailando. Nell’ultima strofa, invece, dopo la ripresa (con anastrofe) dell’incipit, i versi procedono senza interruzione, assecondando il ritmo veloce dell’animale che si dilegua fugace, come fanno le nuvole nel cielo di marzo.

La traduzione proposta rispetta il testo originale sia per quanto riguarda le pause, gli spazi e le figure retoriche (similitudini, allitterazioni, anafore, anastrofe, enjambement), facendo attenzione alle riprese intratestuali di certi termini come “ballerina-ballano”; “ha attraversato, attraversa” e alle ripetizioni: “ha interrotto la sua corsa per un attimo”. Da notare, infine, la scelta di rendere il pretérito indefinido non con il passato remoto, ma con il passato prossimo. In questo modo si vuole favorire l’immedesimazione del lettore che, altrimenti, potrebbe pensare che quanto descritto sia solo un ricordo lontano, non ripetibile.

4. Conclusioni

Dalla rassegna di esempi che abbiamo portato, frutto di esperienze didattiche nell’ambito della traduzione dallo spagnolo in italiano, si evince come attraverso il confronto con la poesia per bambini il traduttore che si sta formando abbia l’opportunità di acquisire e sviluppare diverse competenze che hanno a che fare, nello specifico, con il linguaggio poetico.

Nel caso delle filastrocche si impara a tradurre all’interno di forme metriche in cui il numero di sillabe e la presenza delle rime scandiscono il ritmo e la musicalità di quello che Piumini (in Gotti 2021: 111) definisce come un “giocattolo verbale”. Si impara, quindi, a essere creativi pur rispettando vincoli ben precisi, come quelli intratestuali e paratestuali che abbiamo presentato attraverso i testi di Carmen Gil. Con la poesia in verso libero di María José Ferrada si impara che le parole vengono scelte, accostate e disposte nel testo con lo scopo di dire qualcosa di più rispetto a quello che normalmente dicono, anche se si riferiscono a oggetti banali e quotidiani. Occorre quindi prendersene cura, pesarle e soppesarle nella loro resa in italiano, per poi ricollocarle all’interno del testo poetico, rispettando la forma e le figure retoriche che ne amplificano il valore connotativo.

Riteniamo che entrambe le manifestazioni poetiche offrano al traduttore la possibilità di confrontarsi in modo significativo e complementare con forme di manipolazione creativa della lingua, immergendolo in una speciale esperienza traduttiva che, proprio come la poesia, “è un invito ad affondare i denti nella polpa delle parole, a masticarle con gusto, lasciando espandere il sapore di suoni e significati” (Carminati 2011: 47). 

Bibliografia

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Valentino Merletti, Rita, Tognolini, Bruno (2006) Leggimi Forte. Accompagnare i bambini nel grande universo della letteratura, Milano, Salani Editore.

Note

[1] Alcuni suoi libri sono stati tradotti anche in italiano, tra cui l’ultimo per NubeOcho Ti mangio di baci (2019).

[2] L’album è stato oggetto della tesi di laurea triennale di Vittorio Zanotti dal titolo: “El libro de las princesas di Carmen Gil: proposta di traduzione di un libro di poesia illustrata per l’infanzia” (a.a. 2015-2016). Le traduzioni in italiano qui proposte sono invece il frutto di successive esperienze di traduzione collaborativa in aula.

[3] Questa è la proposta avanzata da Maria Pia Adinolfi, nella tesi di laurea triennale dal titolo “Recetas para el corazón di Carmen Gil: proposta di traduzione di un libro di poesia illustrata per l’infanzia” (a.a. 2020-2021). Gli esempi di traduzione presentati nell’articolo sono stati successivamente elaborati in esperienze di traduzione collaborativa in aula.

[4] Una delle collane più interessanti in tal senso è quella di Kalandraka che raccoglie le opere che dal 2008 a oggi hanno vinto il Premio di poesia per bambini “Ciudad de Orihuela”.

[8] Successivamente sono stati pubblicati Kramp (2018), Un albero, una gatta, un fratello (2019), Una nave di nome Mexique (2019), Niños (2021), Lo spazio tra i fili d’erba. Consigli per incontrare una poesia (2022) e Case (2022).

[9] La tesi di Marta Rota si intitola: “El lenguaje de las cosas di María José Ferrada: parole, versi e immagini. Proposta di traduzione di un libro di poesia illustrata per l'infanzia” (a.a. 2013-2014).

[10] Tra i più recenti: Bestiario accidentale (2012, Vànvere), Bestiario immaginario (2013, Gallucci), Bestiario dei tempi moderni (2014, Delta), Bestiario meccanico. Animali straordinari, veicoli fantastici (2015, Terre di mezzo), Bestiario fantastico (2016, CoccoleBooks), Bestiolario (2017, Passabao), Bestiario degli animali niente male (2021, De Agostini), Bestiario artistico (2021, Sabir), Bestiario di intelligenza artificiale (2022, Franco Cosimo Panini).

[11] La traduzione è quella proposta nella tesi di laurea triennale di Fiammetta Niccolai dal titolo: “Un viaggio alla scoperta del mondo della poesia per bambini. Animalario di María José Ferrada: proposta di traduzione” (a.a. 2019-2020).

About the author(s)

Gloria Bazzocchi has been an associate professor at the University of Bologna since 2010. She researches mainly in translation and language, as well as in the contrast between Italian and Spanish. She is particularly interested in the translation of children’s literature, the translation of terminology used by young people, the translation of poetry, as well as the teaching of translation. She has participated in several national and international projects and collaborated with study centres and magazines in Spain. She is currently teaching Translation from Spanish into Italian and Translation for the Publishing Industry (Spanish).

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©inTRAlinea & Gloria Bazzocchi (2023).
"La traduzione della poesia per bambini:"
inTRAlinea Special Issue: Tradurre per l’infanzia e l’adolescenza
Edited by: Mirella Piacentini, Roberta Pederzoli & Raffaella Tonin
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/2617

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