Paula Becker a Rainer Maria Rilke

Translated by: Andrea Sirotti

Paula Becker to Rainer Maria Rilke by Sujata Bhatt
A Better Colour for Solitude, Carcanet, Manchester 2002


Certo che lo so che hai gli occhi azzurri – Così azzurri che ti ho quasi sposato – Così azzurri, così eroici che mi fa ancora male farti abbassare lo sguardo. Ma non è questo il punto. Il punto è che oggi i tuoi occhi sono diventati scuri quando mi hai vista da sola, in piedi alla finestra con la collana d’ambra. Perché non dovrei accennare al tuo mento sfuggente – perché non dovrei rivelare la tua bocca per come l’ho vista? La verità non appartiene solo a te – La verità non appartiene a nessuno. Forse questo ritratto che ti faccio è più intimo del sesso – Le ore che passiamo insieme nella mia stanza – mentre tutta Parigi è chiusa fuori! Nessuno ha mai osato vederti come ti ho visto io. In tutte queste ore sono io l’artista: per una volta, sono io a non essere femmina o maschio – ma entrambi e anche nessuno dei due – Io sono l’artista che capisce la luce sulla tua pelle. Di notte dormo coi dipinti intorno a me. Ma più di ogni altro tengo in mente il tuo ritratto, i miei sogni – Cosa posso offrirti di più onesto, più appassionato? Guarda, ecco il mio segreto, guarda, l'ho nascosto sotto la tua lingua – La tua lingua che nessuno può vedere in questo ritratto ho fatto – la tua lingua, là, dentro l'oscurità della bocca eternamente aperta. E quando ci siamo baciati, adesso, pensavi ai gigli del mio vecchio atelier? Ti sei ricordato i nostri primi giorni a Worpswede? Come negavamo il nostro amore – Le ore passate e parlare – le tazze calde di tè – infinite e fumanti nelle nostre mani – Le ore passate a parlare col sottofondo costante della pioggia – la pioggia che cadeva – lieve, insistente – Le candele accese per accogliere le tue parole – Come ci siamo amati in quegli ultimi giorni prima che noi sposassimo l’amore sbagliato – E quando ci siamo baciati stamattina, guardati dagli occhi dei miei quadri – hai pensato che eravamo ancora due artisti, due incomprese solitudini che cercano di proteggersi a vicenda? O eravamo semplicemente un uomo e una donna incapaci di fare a meno l’uno dell’altra? E tuttavia sempre incapaci di stare in piedi, nudi, uno di fronte all’altra. È amore quello che dovremmo darci? È sesso? Non lo so. Ma so che una parte di me ti ha sempre amato – e ha sempre avuto paura di amarti – Non potrò mai essere la rosa nelle tue poesie – la fanciulla addormentata – Non potrei mai essere così innocente e immobile. E tu non potresti mai entrare insieme agli alberi nei miei paesaggi ai colori nei miei cieli – Ma non lo vedi, ora con questo ritratto cosa sto cercando di dirti: guarda, io ti ho visto nudo, più nudo di quanto ti abbia visto nessun’altra – E questa volta non mi sottraggo dalla confusione nei tuoi occhi. Te lo devo dire, questo ritratto resterà così com’è – È compiuto nella sua incompiutezza. E non posso dipingere i tuoi occhi blu finché non mi mostri come vivere per l’arte – per la grandezza dell’arte – senza colpa. Mostrami come vivere fino in fondo il desiderio, come vivere il desiderio – e rimanere, però, sempre fedeli a se stessi. Dammi un colore migliore per la solitudine –
Of course I know your eyes are blue – So blue that I almost married you – So blue, so heroic, it still hurts to stare you down. But that is not the point. The point is today your eyes got so dark when you saw me alone, simply standing by the window in my amber necklace. Why should I not hint at your weak chin – why should I not reveal your mouth as I have seen it? Truth does not belong to you alone – Truth does not belong to anyone. Maybe this portrait that I’m making of you is more intimate than sex – All these hours we spend together in my room – while all of Paris stays locked outside. No one has dared to see you the way I have. All these hours I am the artist: For once, it is me who is not female, not male – but both and also neither – I am the artist who understands the light on your skin. Nights I sleep with my paintings around me. But most of all, I keep your portrait in my mind, my dreams – What can I offer you that is more honest, more passionate? Look, here is my secret, look, I have hidden it beneath your tongue – Your tongue that no one can see in this portrait I have done– your tongue, there, inside the darkness of your eternally open mouth. And when we kissed, just now, did you think of the lilies in my old atelier? Did you remember our early days in Worpswede? How we denied our love for each other– The hours we spent talking– the hot cups of tea– endless and steaming in our hands– The hours we spent talking against the constant sound of rain– the rain falling– gently, persistently– The candles I lit to welcome your words– How we loved each other those last days before each of us married the wrong beloved– And when we kissed this morning, watched by all the eyes in my paintings– did you think we were still two artists, two misunderstood solitudes trying to protect each other? Or were we simply a man and a woman unable to let go of each other–? And yet always unable to stand undressed before each other. Is it love we should give each other? Is it sex? I don’t know. And yet, I know a part of me has always loved you– has always been afraid of loving you– I could never be the rose in your poems– the sleeping girl– I could never be so innocent and so motionless. And you could never fit in with the trees in my landscapes the colours in my skies– But don’t you see, now in this portrait I’m trying to say: Look, I have seen you naked, more naked than anyone else has seen you– And this time, I do not flinch from the confusion in your eyes. I must tell you, this portrait shall remain the way it is– It is finished in its unfinishedness. And I cannot paint your eyes blue until you can show me how to live for art– for the greatness of art– without guilt. Show me how you live out desire, live out every urgent desire– and yet, always remain true to yourself. Give me a better colour for solitude–
Certo che lo so che hai gli occhi azzurri – Così azzurri che ti ho quasi sposato – Così azzurri, così eroici che mi fa ancora male farti abbassare lo sguardo. Ma non è questo il punto. Il punto è che oggi i tuoi occhi sono diventati scuri quando mi hai vista da sola, in piedi alla finestra con la collana d’ambra. Perché non dovrei accennare al tuo mento sfuggente – perché non dovrei rivelare la tua bocca per come l’ho vista? La verità non appartiene solo a te – La verità non appartiene a nessuno. Forse questo ritratto che ti faccio è più intimo del sesso – Le ore che passiamo insieme nella mia stanza – mentre tutta Parigi è chiusa fuori! Nessuno ha mai osato vederti come ti ho visto io. In tutte queste ore sono io l’artista: per una volta, sono io a non essere femmina o maschio – ma entrambi e anche nessuno dei due – Io sono l’artista che capisce la luce sulla tua pelle. Di notte dormo coi dipinti intorno a me. Ma più di ogni altro tengo in mente il tuo ritratto, i miei sogni – Cosa posso offrirti di più onesto, più appassionato? Guarda, ecco il mio segreto, guarda, l'ho nascosto sotto la tua lingua – La tua lingua che nessuno può vedere in questo ritratto ho fatto – la tua lingua, là, dentro l'oscurità della bocca eternamente aperta. E quando ci siamo baciati, adesso, pensavi ai gigli del mio vecchio atelier? Ti sei ricordato i nostri primi giorni a Worpswede? Come negavamo il nostro amore – Le ore passate e parlare – le tazze calde di tè – infinite e fumanti nelle nostre mani – Le ore passate a parlare col sottofondo costante della pioggia – la pioggia che cadeva – lieve, insistente – Le candele accese per accogliere le tue parole – Come ci siamo amati in quegli ultimi giorni prima che noi sposassimo l’amore sbagliato – E quando ci siamo baciati stamattina, guardati dagli occhi dei miei quadri – hai pensato che eravamo ancora due artisti, due incomprese solitudini che cercano di proteggersi a vicenda? O eravamo semplicemente un uomo e una donna incapaci di fare a meno l’uno dell’altra? E tuttavia sempre incapaci di stare in piedi, nudi, uno di fronte all’altra. È amore quello che dovremmo darci? È sesso? Non lo so. Ma so che una parte di me ti ha sempre amato – e ha sempre avuto paura di amarti – Non potrò mai essere la rosa nelle tue poesie – la fanciulla addormentata – Non potrei mai essere così innocente e immobile. E tu non potresti mai entrare insieme agli alberi nei miei paesaggi ai colori nei miei cieli – Ma non lo vedi, ora con questo ritratto cosa sto cercando di dirti: guarda, io ti ho visto nudo, più nudo di quanto ti abbia visto nessun’altra – E questa volta non mi sottraggo dalla confusione nei tuoi occhi. Te lo devo dire, questo ritratto resterà così com’è – È compiuto nella sua incompiutezza. E non posso dipingere i tuoi occhi blu finché non mi mostri come vivere per l’arte – per la grandezza dell’arte – senza colpa. Mostrami come vivere fino in fondo il desiderio, come vivere il desiderio – e rimanere, però, sempre fedeli a se stessi. Dammi un colore migliore per la solitudine – Of course I know your eyes are blue – So blue that I almost married you – So blue, so heroic, it still hurts to stare you down. But that is not the point. The point is today your eyes got so dark when you saw me alone, simply standing by the window in my amber necklace. Why should I not hint at your weak chin – why should I not reveal your mouth as I have seen it? Truth does not belong to you alone – Truth does not belong to anyone. Maybe this portrait that I’m making of you is more intimate than sex – All these hours we spend together in my room – while all of Paris stays locked outside. No one has dared to see you the way I have. All these hours I am the artist: For once, it is me who is not female, not male – but both and also neither – I am the artist who understands the light on your skin. Nights I sleep with my paintings around me. But most of all, I keep your portrait in my mind, my dreams – What can I offer you that is more honest, more passionate? Look, here is my secret, look, I have hidden it beneath your tongue – Your tongue that no one can see in this portrait I have done– your tongue, there, inside the darkness of your eternally open mouth. And when we kissed, just now, did you think of the lilies in my old atelier? Did you remember our early days in Worpswede? How we denied our love for each other– The hours we spent talking– the hot cups of tea– endless and steaming in our hands– The hours we spent talking against the constant sound of rain– the rain falling– gently, persistently– The candles I lit to welcome your words– How we loved each other those last days before each of us married the wrong beloved– And when we kissed this morning, watched by all the eyes in my paintings– did you think we were still two artists, two misunderstood solitudes trying to protect each other? Or were we simply a man and a woman unable to let go of each other–? And yet always unable to stand undressed before each other. Is it love we should give each other? Is it sex? I don’t know. And yet, I know a part of me has always loved you– has always been afraid of loving you– I could never be the rose in your poems– the sleeping girl– I could never be so innocent and so motionless. And you could never fit in with the trees in my landscapes the colours in my skies– But don’t you see, now in this portrait I’m trying to say: Look, I have seen you naked, more naked than anyone else has seen you– And this time, I do not flinch from the confusion in your eyes. I must tell you, this portrait shall remain the way it is– It is finished in its unfinishedness. And I cannot paint your eyes blue until you can show me how to live for art– for the greatness of art– without guilt. Show me how you live out desire, live out every urgent desire– and yet, always remain true to yourself. Give me a better colour for solitude–
Sujata Bhatt, una delle voci più innovative e originali della poesia contemporanea in inglese, è nata nel 1956 ad Ahmedabad (India) ha vissuto a lungo negli Stati Uniti e in Germania, a Brema, dove vive attualmente con il marito, lo scrittore tedesco Michael Augustin e la figlia. Nel 1992 è stata writer-in-residence all’Università di Victoria, Canada. Le sue poesie sono state pubblicate in Inghilterra (da Carcanet) e in India (da Penguin). Le sue opere comprendono: Brunizem (1988), Monkey Shadows (1991), The Stinking Rose (1994), Augatora (2000). Del 1997, è l’uscita delle poesie scelte Point no Point. Il suo ultimo volume, da cui sono tratte le poesie che presentiamo, è A Better Colour for Solitude, Carcanet, Manchester 2002, dedicato alla pittrice tedesca Paula Modersohn Becker. La sua produzione poetica ha ottenuto ampi riconoscimenti sia in India che in Gran Bretagna, tra cui, nell’1988 il Commonwealth Poetry Prize (Asia) e l’Alice Hunt Bartlett Award. Alcune sue poesie sono state tradotte in italiano su diverse riviste (tra cui “Tratti”, “Testo a Fronte”, “Lo Straniero”, “Semicerchio”) e antologie (tra cui L’India dell’anima Le Lettere, Firenze 2000). Poetessa tipicamente apolide e transnazionale, la Bhatt vive tutti i suoi trasferimenti in modo sempre piuttosto traumatico (il rigoglioso giardino davanti alla casa di Poona sarà nelle sue poesie quasi il riferimento ad un eden perduto). Il migrare è tuttavia per lei una straordinaria ricchezza da un punto di vista culturale e linguistico. L’uso dell’inglese, ad esempio, scelto a scapito della lingua madre, il gujarati, avviene secondo un’interessante stratificazione. Bhatt, per così dire, impara l’inglese “due volte”. La prima da piccola a New Orleans (l’inglese americano), la seconda in età scolare in un istituto di suore cattoliche a Poona (la versione britannica). Questa situazione la porta a riflettere più di altri sull’uso della lingua come medium comunicativo, anche nel senso della mediazione culturale. La scelta dell’inglese, però, non esclude mai la compresenza delle altre lingue. Il procedimentopuò essere consapevole, come avviene ad esempio in alcune poesie esplicitamente bilingui come la bellissima Search for My Tongue (in Brunizem); o più spesso inconsapevole come avviene in molti altri casi in cui l’influenza della lingua madre e delle altre lingue indiane (lingue, per così dire, ‘sorelle’), danno uno straordinario - e sotterraneo - apporto di originalità ed efficacia all’inglese. Una delle cose che sorprendono, oltre alla capacità di “creare linguaggio” è l’incredibile forza visuale delle poesie, molte delle quali direttamente ispirate alle arti figurative. Bhatt sembra in grado di trovare nelle sfumature di colore, nella traccia di un disegno, conclusioni esistenziali di grande pregnanza come nella poesia ispirata a un ritratto di Rilke eseguito da Paula Becker in cui fa dire alla pittrice «I am the artist: / For once, it is me who is / not female, not male-- but both / and also neither-- I am the artist / who understands the light on your skin.» («sono io l’artista: / per una volta, sono io che non sono / né femmina, né maschio -- ma entrambi / e anche nessuno dei due -- Io sono l’artista / che capisce la luce sulla tua pelle») Si può dire che questa visione sovrasessuale (o intersessuale) dell’artista è spesso presente nelle poesie della Bhatt, anche, paradossalmente, in quelle di contenuto erotico, in cui spesso avviene l’osservazione “equidistante” di entrambi le componenti come nella bellissima poesia giovanile The Kama Sutra Retold (da Brunizem) dove viene descritta la scoperta dell’amore adolescente: Questo non significa che il “personale”, il vissuto femminile, non sia importante per Sujata. Moltissime delle poesie riguardano certamente esperienze tipicamente femminili (come ad esempio le mestruazioni o il parto, l’essere figlia, o madre, o sorella), ma sono sempre presentate nella loro valenza universale. Una delle poesie più antologizzate di Sujata è White Asparagus (in Monkey Shadows) che inizia, in modo sorprendente, con una domanda: «Chi parla mai delle forti correnti / che scorrono nelle gambe, nei seni / di una donna incinta / al quarto mese?». Sembra evidente il desiderio di parlare, di rivelare, di far capire, di squarciare il velo su tutto quello che per molto tempo è stato silente, taboo, nascosto. Ed è qui che il personale diventa politico. Secondo Sujata (e per la verità anche secondo molte donne poeta dell’India), è stato fatto troppo silenzio su ciò che riguarda le istanze del femminile, spesso dalle donne stesse - il tipico, secolare, silenzio sottomesso delle donne indiane riprodotto in tanti romanzi o film - e il compito dell’autrice è quello di spezzare questo silenzio storico, con un’emotività lirica e sonora, una voce discreta ma decisa, densa di sensualità straniata e scevra dall’intimismo rivendicativo o autocommiserativo. Il dar voce alle “cose delle donne”, al loro corpo e al pensiero indissolubilmente legati, significa anche entrare in comunicazione con l’altro, come si vede anche nella scelta del titolo della raccolta Augatora. Questa è una parola alto tedesca antica che indicava la finestra e che poteva significare sia “porta dell’occhio” che “apertura a forma di occhio”. L’etimo di Augatora rimanda quindi a un movimento visivo dall’interno all’esterno, uno sguardo su paesaggi reali o immaginati, ma, anche, allo stesso tempo, a un movimento dall’esterno all’interno, una breccia che collega i landscapes e i cityscapes con la geografia interiore. Paesaggi che, in modo simile al vento in una casa, penetrano e s’affacciano, invasivi, all’occhio della memoria. Questo procedimento di uscita-entrata, di interscambio, porta a un necessario e doloroso confronto dell’individuo con il mondo “esterno” (l’universo maschile, l’occidente, ecc.). Solo da questo confronto con il “fuori”, solo attraverso la negoziazione, l’esposizione di parti del “dentro”, della propria identità culturale, avviene, nel dolore, la vera crescita umana e sociale, la vera “emancipazione”

©inTRAlinea & Andrea Sirotti (2004).
"Paula Becker a Rainer Maria Rilke". Translation from the work of Sujata Bhatt.
This translation can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/translations/item/985

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