Interpretare interagendo, interagire interpretando / Interpreting in interaction, Interaction in interpreting
By Caterina Falbo & Laura Gavioli (Università di Trieste & Università di Modena e Reggio Emilia)
Abstract
Keywords:
©inTRAlinea & Caterina Falbo & Laura Gavioli (2025).
"Interpretare interagendo, interagire interpretando / Interpreting in interaction, Interaction in interpreting"
inTRAlinea Special Issue: Interpreting in interaction, Interaction in interpreting
Edited by: Laura Gavioli & Caterina Falbo
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/2713
Nel 1999, in un articolo fra i più noti, apparso nel numero di The Translator dedicato a Dialogue Interpreting e diretto da Ian Mason, Francesco Straniero Sergio affermava:
What is needed is a new awareness of the interpreter’s social competence, i.e. how his or her communicative competence is enacted in the form of appropriate conversational behaviour. For this to happen, a shift from cognitive to socio-linguistic research is necessary (Straniero Sergio 1999a: 323)
La consapevolezza che l’interprete sia un agente sociale – ossia che opera nel e contribuisce al contesto sociale a tutti gli effetti – Francesco l’aveva acquisita attraverso la lettura costante delle più recenti pubblicazioni scientifiche ma anche sperimentando sul campo, in qualità di professionista dell’interpretazione, soprattutto nell’ambito televisivo ma non solo, come l’interprete si inserisca e partecipi attivamente all’interazione. Tale consapevolezza diventa un vero e proprio programma di ricerca racchiuso in un articolo dal titolo “Verso una sociolinguistica interazionale dell’interpretazione” inserito in un volume dedicato all’interpretazione simultanea e consecutiva in prospettiva didattica (Straniero Sergio 1999b). Inutile dire che nel panorama estremamente tradizionale e tradizionalista del discorso sull’interpretazione di conferenza nelle modalità consecutiva e simultanea dell’epoca, tale articolo non fu pienamente compreso ma appare ora lungimirante se non addirittura visionario. Sicuramente Francesco attuò questo suo programma con grande curiosità e passione.
Scorrendo i titoli delle sue pubblicazioni, che riportiamo in calce a questa introduzione, è facile osservare come abbia anticipato molte delle tematiche trattate negli articoli che compongono questo numero speciale di inTRAlinea. L’attenzione al contesto specifico e ai ruoli degli interagenti, le dinamiche interazionali che si delineano grazie ai contributi verbali e non-verbali di ogni partecipante, il posizionamento dell’interprete quale risultato della propria e dell’altrui agentività, la qualità intesa come prodotto derivante dalle condizioni specifiche in cui si effettua l’interpretazione sono solo alcuni degli aspetti che Francesco ha indagato nel suo lavoro di ricerca.
Ora, a ventisei anni di distanza da quegli articoli programmatici e a quattordici anni dalla sua prematura scomparsa, questo numero raccoglie contributi che dimostrano come la direzione indicata da Francesco abbia dato frutto. Innanzi tutto, tutti gli articoli qui pubblicati dimostrano come l’interprete attui la propria competenza quale agente sociale in contesti specifici. Cinque articoli esplorano l’interprete in interazione in contesti mediatici studiando conferenze stampa, talk show, interviste e discorsi tenuti in eventi pubblici. Senza alcun dubbio l’ambito mediatico è quello in cui rientra la maggior parte della ricerca prodotta da Francesco e a cui si lega non solo l’agentività dell’interprete ma anche l’obiettivo della spettacolarizzazione avente come oggetto l’interprete e il processo interpretativo o ancora l’interesse per una ricerca ecologica che lo portò alla costituzione del grande archivio di interpretazioni mediatiche CorIT e alle riflessioni sui corpora e la confrontabilità dei risultati, racchiuse soprattutto nel volume collettaneo Breaking Ground in Corpus-based Interpreting Studies pubblicato postumo nel 2012 (Straniero Sergio e Falbo 2012).
I rimanenti cinque contributi, pur non essendo legati a contesti mediatici, si concentrano sulla dimensione interazionale dell’interpretazione in ambito sanitario, amministrativo (richiedenti asilo) e didattico, traendo spunto da contributi di Francesco che, pur non essendo incentrati sull’interpretazione per i servizi pubblici, mettono in risalto alcuni concetti chiave della sua ricerca. Ne sono un esempio il rapporto fra interpretazione e mediazione o l’interesse per la ripetizione quale elemento di coesione e coerenza nel discorso co-prodotto che costituisce il tema di un articolo pubblicato nel 2012 dal titolo “Repetition in Dialogue Interpreting” (Straniero Sergio 2012a) e della sua ultima e non ancora pubblicata monografia. Quanto alla relazione fra interpretazione e mediazione, il titolo stesso della sua monografia del 2007, Talkshow Interpreting: la mediazione linguistica nella conversazione-spettacolo, indica l’inscindibile unità fra interpretazione e mediazione intesa come capacità di adattamento alla specifica situazione comunicativa e alle dinamiche interazionali messe in atto dai partecipanti all’interazione. Del resto, già nel 1998, in un articolo intitolato “Notes on cultural mediation” (Straniero Sergio 1998), è possibile ravvisare alcuni dei punti chiave del dibattito che si è sviluppato in seguito. Alcuni articoli di questo numero approfondiscono tematiche annunciate da Francesco, sottolineando che l’interpretazione consiste in un insieme di azioni attraverso le quali l’interprete trae e dà senso al detto degli interagenti e al proprio dire, coordinando e partecipando in modo puntuale all’interazione e favorendo la reciproca comprensione. L’interpretazione è dunque agency (Baraldi 2023) e discrezionalità (Skaaden 2023) e pertanto, come afferma Wadensjö (1998: 106), “it is not an empirical question whether interpreters are translators or mediators – they cannot avoid being both”.
Questo numero speciale di inTRAlinea contiene articoli in francese, inglese e italiano e la presente introduzione è redatta sia in italiano sia in inglese. Tale scelta risponde al criterio della varietà linguistica perché la presenza di più lingue è elemento essenziale alla preservazione della ricchezza culturale che ogni lingua porta con sé. Traduzione e interpretazione sono ancora uno degli strumenti più potenti per tutelare la ricchezza che le lingue rappresentano e per rendere effettive società in cui più lingue coabitano (Cook 2010). Anche per Francesco (per esempio Straniero Sergio 2012b), la presenza di due o più lingue sulla scena mediatica fornisce spunti interessanti per il pubblico avvicinandolo, tra le altre cose, al bellissimo spettacolo del “parlare in lingue diverse”.
I dieci articoli che compongono questo numero sono stati presentati durante due giornate di studio tenutesi il 30 e 31 marzo 2023 all’Università di Trieste presso quello che è ora il Dipartimento di Scienze Giuridiche, del Linguaggio, dell’Interpretazione e della Traduzione, dove Francesco si è formato e ha lavorato durante tutta la sua carriera. Come anticipato, cinque articoli sono incentrati sul contesto mediatico declinando ciascuno specifiche situazioni comunicative.
Nel primo articolo Emanuele Brambilla analizza, a distanza di vent’anni, le interpretazioni simultanee effettuate durante le conferenze stampa della Formula Uno del 2022 adottando l’impostazione elaborata da Francesco in un contributo del 2003 (Straniero Sergio 2003). Il corpus analizzato consta di sole tre conferenze stampa tutte tradotte dallo stesso interprete, ma nonostante l’esiguità dei dati analizzati, l’autore riesce a confermare alcuni dei risultati ottenuti da Francesco, ossia il ricorso alle cosiddette strategie di emergenza e la preminenza dell’obiettivo di intrattenere il pubblico. Brambilla inoltre dimostra come le osservazioni di Francesco sulla qualità delle interpretazioni nel contesto specifico fossero vere. Dimostra infatti che nel caso delle interpretazioni analizzate, la competenza dell’interprete relativamente a concetti e termini tecnici gli abbia consentito di esercitare un’agency tale da poter raggiungere un livello qualitativo apprezzabile.
Raffaela Merlini e Laura Picchio esaminano diversi tipi di eventi in cui è presente l’interprete nel contesto del Giffoni Film Festival, una manifestazione cinematografica internazionale per bambini, bambine e adolescenti, che si svolge a Giffoni, città della provincia di Salerno. Applicando il concetto di footing e quello di positioning, le autrici analizzano comparativamente eventi trasmessi in streaming ed eventi non trasmessi in streaming dimostrando come i primi abbiano un impatto sul posizionamento del conduttore, dell’ospite straniero e dell’interprete nell’interazione. Lo streaming fa sì che l’ospite acquisisca una posizione dominante rispetto all’interprete che resta un po’ nell’ombra, mentre gli eventi non in streaming sono caratterizzati da maggior dinamicità e dialogicità. Il diverso posizionamento degli interagenti incide sulla dimensione interazionale dell’interpretazione che, a sua volta, crea distanza o vicinanza tra gli ospiti del festival e il giovane pubblico.
Nel terzo articolo, Shanì Harari, Amalia Amato e Gabriele Mack si concentrano su uno dei temi centrali della ricerca di Francesco (Straniero Sergio 2007), ossia l’interpretazione come attività ancorata alla situazione comunicativa del talk show e a ciò che aveva definito ‘industria dell’intrattenimento’ (‘the industry of entertainment’). Le autrici ampliano l’obiettivo dello studio analizzando le modalità con cui l’interprete contribuisce allo show attraverso lo sguardo, le espressioni del viso e la gestualità non solo per coordinare i turni di parola, ma anche con lo scopo di partecipare ad azioni quali scherzare, prendere in giro qualcuno o imitarlo. Lo studio conferma i risultati di Francesco e inoltre evidenzia come la dimensione multimodale dell’interpretazione contribuisca, insieme alla componente verbale, a fare spettacolo. La conclusione delle autrici è che lungi dall’essere invisibile, l’interprete partecipa in modo assolutamente visibile allo show attraverso scelte professionali adeguate e ispirate dalla situazione comunicativa.
La visibilità dell’interprete nel talk show viene trattata anche nel quarto contributo redatto da Antonella Sannolla, Natacha Niemants e Gabriele Mack. Negli eventi comunicativi analizzati dalle autrici, l’interprete lavora in simultanea e a distanza, essendo collocato non nello studio televisivo ma in una stanza separata, il che lo rende presente solo in voce. Questa sua assenza dallo schermo televisivo tuttavia viene compensata dai partecipanti all’interazione presenti in studio, conduttore e ospite, che verbalizzano riferimenti espliciti all’interprete, alle sue repliche e alle modalità di coordinamento dei turni a cui ricorre. Lungi dall’essere fine a se stessa, questa visibilità dell’interprete contribuisce all’obiettivo mediatico prioritario: intrattenere e divertire il pubblico.
L'insieme dei contributi dedicati al contesto mediatico si chiude con l’articolo di Han Wang e Mariachiara Russo incentrato sull’analisi multimediale delle pratiche messe in atto dall’interprete in consecutiva durante eventi pubblici disponibili su YouTube and Weibo, estratti dal corpus CIPEs italiano-cinese, e finalizzate al coordinamento dei turni di parola. In particolare, le autrici si concentrano sulla segmentazione (chuncking) del discorso, sulla negoziazione dei punti di transizione dall’interlocutore primario all’interprete e vice versa. Wang e Russo fanno precedere l’analisi del corpus selezionato da un’ampia rassegna sui temi principali che caratterizzano la riflessione e la ricerca su corpora di interpretazione sviluppando così una delle ultime tematiche cui Francesco si è dedicato nei suoi studi.
La seconda parte del numero raccoglie i contributi dedicati all’interpretazione dialogica per i servizi pubblici, in particolare nell’ambito delle visite mediche, dei colloqui con richiedenti asilo e di quelli fra genitori e insegnanti, e all’insegnamento dell’interpretazione dialogica in corsi universitari. Daniele Urlotti sviluppa una delle ultime tematiche di ricerca di Francesco, ossia la ripetizione in interazioni mediate da interprete. Urlotti studia la ripetizione da parte dell’interprete di parti del discorso prodotto dagli altri partecipanti nelle interazioni fra medico e paziente e fra genitori e insegnanti. L’autore dimostra come le ripetizioni esaminate siano finalizzate a verificare che gli utenti, siano essi pazienti o genitori, abbiano compreso le informazioni fornite o i contenuti dello scambio. Inoltre nei contesti studiati da Urlotti, che risultano particolarmente estranei alle persone migranti e in cui l’inglese è usato come lingua franca, la ripetizione da parte dell’interprete risulta essere un modo per accertarsi che ciò che viene detto dagli interlocutori alloglotti corrisponda effettivamente a ciò che vogliono dire e permette di evitare il ricorso ad alternative sul piano linguistico che potrebbero rappresentare un ostacolo a livello interazionale.
La ripetizione è il filo conduttore anche del contributo di Pascale Janot e Caterina Falbo che però si concentrano in particolare sulle richieste di ripetizione formulate da apprendenti-interpreti a livello di laurea triennale e di laurea magistrale nell’ambito di interazioni simulate. Le analisi condotte mettono in luce forme, collocazioni e funzioni della richiesta di ripetizione in ambito didattico, evidenziando varie tipologie di sequenze, soprattutto di riparazione, a cui la richiesta di ripetizione dà avvio. I risultati suggeriscono che, per quanto attiene alle interazioni esaminate, il ricorso alla richiesta di ripetizione nelle sue varie forme dipende dalle competenze linguistiche e interazionali degli studenti e delle studentesse di interpretazione.
Il coinvolgimento dell’interprete in contesti particolarmente sensibili è il tema sviluppato da Anne Delizée che, nel suo contributo, studia l’interazione mediata da interprete nell’ambito della salute mentale. Delizée incrocia l’analisi di interviste ai partecipanti agli incontri (medico, paziente, interprete) con l’analisi delle interazioni, per enucleare le aspettative degli interagenti sul coinvolgimento dell’interprete. Studia in particolare le modalità con cui i partecipanti posizionano l’interprete nell’interazione e quelle messe in atto dall’interprete per rispondere alle loro aspettative. Lungi dal considerarlo un partecipante distaccato, operatori sanitari e pazienti ritengono che l’interprete debba partecipare anche emotivamente alla narrazione del paziente in modo da stabilire una relazione di fiducia che consenta all’interprete di comprendere pienamente e rendere compiutamente ciò che il paziente ha espresso.
Claudio Baraldi e Laura Gavioli propongono una riflessione sul significato di mediazione nell’interpretazione sanitaria svolta da mediatori interculturali riferendosi a concetti sviluppati nell’ambito di un diverso tipo di mediazione, quella legale monolingue tesa alla risoluzione di controversie. In entrambi i casi, anche in ambito legale, ‘mediare’ non significa schierarsi con una delle parti. I mediatori sia legali sia interculturali ricorrono a pratiche discorsive, le quali pur riformulando (anche in ambito legale) ciò che hanno detto gli interlocutori, non comportano la sostituzione dell’interlocutore da parte del mediatore, ma facilitano la partecipazione degli interagenti in replica a quanto riformulato dal mediatore, favorendo così l’intervento personale e il dialogo fra di essi. Sostituirsi all’interlocutore infatti non corrisponde a rendere la comunicazione efficace, né per i mediatori in ambito legale né nel contesto della mediazione interculturale.
L’articolo di Cecilia Wadensjö chiude questo numero speciale di inTRAlinea. Il contributo della studiosa alla ricerca sull’interpretazione come interazione è più che noto e in questa pubblicazione Wadensjö si dedica a un altro dei temi trattati da Francesco, ossia le sequenze di riparazione, ma sviluppandolo nel contesto dei colloqui con richiedenti asilo. Contrariamente a quanto avviene nel talk show, dove le sequenze di riparazione assumono una funzione umoristica, nei colloqui con richiedenti asilo esse rischiano di ostacolare lo scambio di informazioni. Ciò sembra derivare dal fatto che in tali colloqui la riparazione non proceda in modo fluido a causa delle molteplici attività che il rappresentante dell’istituzione porta avanti simultaneamente (porre le domande, valutare possibili incoerenze nel racconto del richiedente, scrivere il verbale) e della presenza di due lingue, fattori che, contrariamente a quanto avviene nelle interazioni monolingui, rendono arduo verificare quale sia il significato che gli interlocutori attribuiscono ai vari elementi che compongono il processo di riparazione con il rischio che si creino incomprensione o malintesi.
I dieci contributi qui raccolti evidenziano le sfide con cui l’interprete si confronta in svariati tipi di interazione e contesti. L’approccio che unisce tutti gli articoli è di tipo descrittivo declinato in modi diversi a seconda che si tratti di descrivere le pratiche interpretative di apprendenti-interpreti, le competenze interazionali, le strategie di attribuzione di senso a ciò che viene detto, la ripetizione, le sequenze di riparazione e la negoziazione del turno, la funzione dello sguardo e della gestualità. Sebbene nessuno dei contributi presenti veri e propri materiali didattici – cosa di cui si avverte sicuramente la necessità in ambito accademico e non solo –, tutti offrono spunti concreti che potranno consentire di portare in classe l’autenticità del dato reale a beneficio degli studenti e delle studentesse di interpretazione arricchendo così il loro percorso formativo. Come ricercatore e come docente, Francesco ha sempre scritto e operato per allontanare l’insegnamento dell’interpretazione dal prescrittivismo e avvicinarlo invece all’osservazione dell’interprete in azione nel mondo reale, ossia della “genuine interpreter performance in action” (Straniero Sergio 1999a: 324).
In his contribution to a well-known collection edited by Ian Mason and published in the journal The Translator in 1999, Francesco Straniero Sergio wrote:
What is needed is a new awareness of the interpreter’s social competence, i.e. how his or her communicative competence is enacted in the form of appropriate conversational behaviour. For this to happen, a shift from cognitive to socio-linguistic research is necessary (Straniero Sergio 1999a: 323)
Francesco had achieved a new awareness of the interpreter’s activity as a social agent not only by getting in touch with the most recent literature on interaction, but also through his own experience, on the field, as a professional interpreter. By interpreting in specialised settings, like the media setting, he could concretely appreciate how interpreters engage and actively participate in the interaction, operating within and contributing to the social context of the ongoing bilingual talk. Francesco’s awareness became a full-fledged research program, published for the first time in a paper called “Verso una sociolinguistica interazionale dell’interpretazione" ("Toward an Interactional Sociolinguistics of Interpreting") (Straniero Sergio 1999b) and included in a volume dedicated to new perspectives in simultaneous and consecutive interpreting teaching. Needless to say, in the extremely traditional and traditionalist environment foregrounding research on conference interpreting at the time, the paper was not fully understood. Nowadays, it appears farsighted, almost visionary. Francesco implemented his program with no hesitation and much curiosity and passion.
The contributions to this special issue of inTRAlinea develop the theories and concepts that Francesco pioneered. Simply going through the titles of his papers and volumes, a full list of which is provided just following this introduction, one can appreciate the relevance he attributed to the specific context of interpreting and the roles of the interlocutors in the interpreted talk, the interactional dynamics manifested through verbal and nonverbal communication, the interpreters’ positioning as a result of their own and others' agency, and finally interpreting quality seen as the product of the specific conditions in which interpretation takes place rather than as the virtuoso display of a single performer.
Twenty-six years after these papers were published and fourteen years after he left us, this InTRAlinea special issue is intended to pay tribute to the work of Francesco by giving evidence that the direction of research in Interpreting Studies that he contributed to outline is now spread and growing successfully. There are several aspects of Francesco’s research that this issue addresses. First and foremost, all the collected papers show ways in which interpreters manifest their social competence in specific and specialised interactional environments.
Five papers explore media settings like press conferences, talk shows, interviews and public speeches. The media setting is the one encompassing most of Francesco’s research. It was by looking at interpreted media events that Francesco noted the interpreter’s exercise of agency in participating in the show by making interpreting processes and performance part of the show. It was the media setting that Francesco explored at length, painstakingly collecting data which could provide comparable instances of media interpreting and that constitute what is now known as the CorIT corpus, one of the largest archives of media interpreting in the world. The collective volume Breaking Ground in Corpus-based Interpreting Studies, published posthumously in 2012 (Straniero Sergio and Falbo 2012), contains Francesco’s reflections on media interpreting as a representable eco-system.
The remaining five contributions concentrate on interpreting in healthcare, administrative (asylum seekers), and educational settings. While not related to interpreting in and for the media, they focus on the interactional dimension of interpreting which constituted a key methodological concept in Francesco’s research. Some papers look at repetition as an element of cohesion and coherence in co-produced discourse, a topic which Francesco addressed in a paper called "Repetition in Dialogue Interpreting" (Straniero Sergio 2012a) and of his latest, yet-to-be-published monograph. As for the relationship between interpretation and mediation, the very title of Francesco’s 2007 monograph, Talkshow Interpreting: la mediazione linguistica nella conversazione-spettacolo, addresses mediation as the ability, intrinsic to interpreting processes, to adapt discourse to specific communicative situations and to the interactional dynamics of talk. But a much previous paper, “Notes on cultural mediation” (Straniero Sergio 1998), already highlighted some of the key points of the debate on mediation that developed subsequently.
Francesco’s work as well as the papers collected in this issue show that “mere interpreting”, as the translation activity of interpreters is sometimes called, is simply “not interpreting”. Interpreting involves a complex of mechanisms by which interpreters make and give sense to the others’ talk and theirs, coordinate participation and participate in the interaction in appropriately contextualised ways, by facilitating mutual understanding of those interlocutors who do not speak each other language. Interpreting involves agency (Baraldi 2023) and the exercise of discretion (Skaaden 2023), and, in this sense, as Wadensjö (1998: 106) puts it: “it is not an empirical question whether interpreters are translators or mediators - they cannot avoid being both”. This collection of papers shows that mediating is part and parcel of interpreting and accounts for the interpreters’ orientation to the context in which they (inter)act.
This special issue is trilingual, French, English and Italian, and this introduction too is provided in both English and Italian. This choice was made to maintain language variety because a variety of languages is fundamental to preserve the cultural richness that diversity entails. Interpreting and translation are still one of the strongest means we have to preserve linguistic richness and, in many ways, an instrument to achieve multilingual societies (Cook 2010). Francesco, in his work (for example Straniero Sergio 2012b), suggested that two (or more) languages on stage raise a number of interesting points for the audience and make the choice of speaking in different languages an enjoyable opportunity in the show.
Most of the ten papers collected in this special issue were first delivered during a commemoration day held at what is now called the Department of Legal, Language, Interpreting and Translation Studies of Trieste University (30-1/03/2023), where Francesco studied and worked. As mentioned above the first five papers analyse media settings or public events that is situations in which interpreting involves an overhearing public.
In the first article, Emanuele Brambilla analyses, twenty years later, the simultaneous interpretations performed during the 2022 Formula One press conferences, adopting the approach developed by Francesco in a 2003 article (Straniero Sergio 2003). Brambilla’s corpus is much smaller than Francesco’s (three press conferences) and features one interpreter only. The author, however identifies some of the strategies and goals that were found in Francesco's work, namely the use of so-called emergency strategies and the primary goal of entertaining the audience. Brambilla also shows that Francesco's observations regarding the complexity of interpreting in the Formula One context were true. He shows, however, that his interpreter’s familiarity with the specific context, as well as expertise in technical concepts and terms, allow him to exercise agency over linguistic choices and thus achieve an appreciable level of quality.
In the second paper in the collection, Raffaela Merlini and Laura Picchio examine different types of interpreted occurrences in the context of the Giffoni Film Festival, an international cinema event for children and adolescents, taking place in the town of Giffoni (Salerno province, Southern Italy). Intersecting the concept of footing and that of positioning, Merlini ad Picchio compare streamed and non-streamed events showing the impact of streaming on the positioning of the host, the guest and the interpreter. Streamed events collocate the guest in a predominant position and the interpreter somehow aside, while non-streamed events look much more dynamic and dialogic. This difference in positioning affects the interactional dynamics of interpreting, which, in turn, contribute to create distance or closeness between the guest(s) and the young public.
Shanì Harari, Amalia Amato and Gabriele Mack, in the third contribution to this collection, work on what has been a key issue in Francesco’s research (Straniero Sergio 2007), that is interpreting as a situated activity in the (talk) show and in the context of what he referred to as the industry of entertainment. The paper extends the research scope to the visual dimension including analysis of gaze, facial expressions and gesticulations not only to coordinate turns at talk, but also to participate in joking, teasing and mimicking. The study then not only confirms Francesco’s findings, but it highlights how multimodal interpreting practices contribute, together with verbal behaviour, to show-making. The conclusion of Harari and colleagues is that far from being invisible, interpreters participate “visibly” in the show, making professionally contextualised choices.
The visibility of the interpreter in the talk show is also the object of the fourth paper in the collection, by Antonella Sannolla, Natacha Niemants and Gabriele Mack. In this case, interpreting is provided in the simultaneous modality, through an off-camera voice. The interpreter is thus offstage, completely unseen by the audience, but is made visible both by the other participants’ reference to the person behind the voice and by his own turn-taking coordination devices as well as responses to the participants’ solicitations to “reveal himself” for the audience entertainment.
The last paper in the first set of five, by Han Wang e Mariachiara Russo focuses again on multimodal analysis, but in this case interpreting is provided in the consecutive modality with the interpreter using visual practices to coordinate the speakers’ contributions and theirs. The data for the authors’ multimedia analysis of consecutive interpreting practices are public events available on YouTube and Weibo, drawn from the Italian-Chinese CIPEs corpus. Specifically, the authors look at segmentation (chunking) of speech, highlighting the ways in which transition points are negotiated from the primary interlocutor to the interpreter and vice versa. Wang and Russo introduce their analysis of the selected corpus with a broad overview of the main issues in corpus studies and interpreting corpora, thus developing one of the latest topics Francesco addressed in his research.
The second set of five papers includes analyses of dialogue interpreting in public settings (healthcare consultations, parent-teacher meetings at school and asylum seeking encounters) and in interpreter-training settings with a view on learners’ interpreting practices. The first paper of this set, by Daniele Urlotti, explores a type of sequence that was central to Francesco’s latest inquiries, that is sequences involving repetitions in interpreted talk. The interpreters in Urlotti’s data are so-called intercultural mediators providing interpreting service between doctors and patients and parents and teachers and the object of the study is interpreters’ repetitions of their interlocutors’ turns at talk. The paper shows that interpreters’ repetitions are used with migrant patients or parents to double-check the service users’ and their own understanding of the information discussed. In a context that is highly unfamiliar to the migrant interlocutors and in which English is spoken as a second language, repetitions show up as a way to check what the patient/parent actually wants to say, without introducing language alternatives which may create further difficulty in the interaction.
Repetition is also the object of the contribution of Pascale Janot and Caterina Falbo. In this case, the authors do not look at interpreters’ repetitions, but at interpreters’ requests for their interlocutors to repeat what they have just said. The data Janot and Falbo analyse are data from a teaching/learning context in which interpreting students are trained to interpret in role-played dialogic situations. The authors show that the forms and functions of requests that the interpreting-students use to get a repetition of what was said by their interlocutors, trigger different types of sequences, mainly repair sequences, and throw light on the students’ mastery of both the French language and the interactional dynamics in which they act as interpreters.
The interpreters’ involvement in sensitive specialised areas is the topic discussed in Anne Delizée’ contribution, a study of interpreted interaction in mental healthcare. Combining a thematic analysis of interviews to the participants with an analysis of their encounters, Delizée discusses the participants’ expectations of interpreters’ relational involvement. She looks at the ways in which the participants position the interpreter in talk, and the interpreter complies with the interlocutors’ expectations. Far from being a “detached” participant, the interpreter is “positioned”, by both patients and medical staff, as someone who participates, even emotionally, in the patients’ narratives so that a relationship of trust is generated for these narratives to be fully understood, rendered and treated.
Claudio Baraldi and Laura Gavioli’s study offers a reflection on the meaning of mediating in interpreting carried out in healthcare settings by intercultural mediators. They use concepts taken from studies of monolingual legal dispute resolution in which mediating is the sole task of the participating mediator. They show that in either the work of bilingual mediators in Italian healthcare and that of mediators in dispute resolutions, mediating does not coincide with advocating, not even in the legal setting. Mediators, both legal and intercultural, use relaying practices, that while repeating what the participants said, do not replace that participant, rather they facilitate both participants to intervene and talk to each other. Replacing one of the participants does not appear, in either dispute resolutions or intercultural mediation, to facilitate communication.
The last paper in the collection is a contribution by Cecilia Wadensjö, an author whose influence on studies about interpreting as interaction is well-known. Wadensjö takes up another topic in Francesco’s research, that is repair in interpreted talkshows and analyses repair sequences in asylum seeking interviews. Differently from the talkshow context in which repair has mainly teasing, humoristic functions, asylum seeking interviews show dynamics putting information exchange at risk. Both the case officer’s multiple and simultaneous tasks (interviewing, evaluating the possible inconsistencies in the applicant’s narrative and typing the minutes) and the bilingual nature of the interpreted encounter make it difficult for the three interlocutors to carry out repair smoothly, since identifying how they are understood – or misunderstood – by their respective counterparts my not be as clear as in monolingual conversation.
In conclusion, the ten papers in this collection show the challenges that interpreters meet in a variety of types of interaction, from media events to public service. They use a descriptive approach, including description of learners’ interpreting, interactional capacities, meaning-making strategies, practices of repeat, repair and turn-taking negotiation, use of register, vocabulary, gaze and posture. While none of the papers in the collection provides teaching materials, a task that still needs to be implemented, they offer concrete ground for developing interpreting-learners’ skills as observed in authentic interaction. This approach seems to accomplish one of Francesco’s desired direction to move interpreter training out of prescriptive rules and into guidelines based on observation of “genuine interpreter performance in action” (Straniero Sergio 1999a: 324).
References
Baraldi, Claudio (2023) “Agency in and for mediating in public service interpreting” in The Routledge Handbook of Public Service Interpreting, Laura Gavioli and Cecilia Wadensjö, London/New York, Routledge: 46-62.
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Skaaden, Hanne (2023) “’Interpreter’s Mistake’: Why Should Other Professions Care About the Professionalization of Interpreters?” in The Routledge Handbook of Public Service Interpreting, Laura Gavioli and Cecilia Wadensjö, London/New York, Routledge: 261-276.
Straniero Sergio Francesco (1998) “Notes on Cultural Mediation”, The Interpreters’ Newsletter 8, 151–168.
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------ (2012b) “‘You are not too funny’. Challenging the Role of the Interpreter on Italian Talkshows” in Coordinating Participation in Dialogue Interpreting, Claudio Baraldi and Laura Gavioli (eds), Philadelphia/Amsterdam, John Benjamins: 71–97.
------ and Caterina Falbo (eds) (2012) Breaking Ground in Corpus-based Interpreting Studies. Frankfurt am Main, Peter Lang.
Wadensjö, Cecilia (1998) Interpreting as interaction, London, Longman.
©inTRAlinea & Caterina Falbo & Laura Gavioli (2025).
"Interpretare interagendo, interagire interpretando / Interpreting in interaction, Interaction in interpreting"
inTRAlinea Special Issue: Interpreting in interaction, Interaction in interpreting
Edited by: Laura Gavioli & Caterina Falbo
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/2713