Letteratura digitale per l’infanzia e traduzione:

riscritture digitali di Alice’s Adventures in Wonderland

By Sara Amadori (Università di Bergamo, Italia)

Abstract

English:

The study focuses on the genres of the book app and the enhanced book, which renovate the publishing offer aimed at children and adolescents. An analysis of two French digital rewritings of Alice’s Adventures in Wonderland, both published in a bilingual English-French version, is proposed. The article shows that the digital paratexts of these versions have a strategic function at both an editorial and a translation level. The choices made at the peritextual level confirm the need of these digital publishers to influence the reception of their products by presenting them as heirs to a long paper tradition. The translation practices, which establish a synergic relationship with the digital peritexts, are oriented according to the addressee that these peritexts prefigure and contribute to projecting an editorial ethos that responds both to promotional needs and to positioning in the field.

Italian:

Lo studio si focalizza sui generi della book app e dell’enhanced book, che rinnovano l’offerta editoriale rivolta all’infanzia e all’adolescenza. Viene proposta un’analisi di due riscritture digitali francesi di Alice’s Adventures in Wonderland, entrambe pubblicate in versione bilingue inglese-francese. L’articolo mostra che i paratesti digitali di queste versioni hanno una funzione strategica sia a livello editoriale che traduttivo. Le scelte fatte a livello peritestuale confermano infatti il bisogno di questi editori digitali di orientare la ricezione dei loro prodotti presentandoli come eredi di una lunga tradizione cartacea. Le pratiche traduttive, che instaurano un rapporto sinergico con i peritesti digitali, si orientano in base al destinatario che tali peritesti prefigurano e constribuiscono a proiettare un ethos editoriale che risponde sia ad esigenze promozionali che di posizionamento nel campo.

Keywords: traduzione digitale, paratesto digitale, paratraduzione, editoria digitale per l'infanzia, digital translation, digital paratext, paratranslation, digital publishing for children

©inTRAlinea & Sara Amadori (2023).
"Letteratura digitale per l’infanzia e traduzione: riscritture digitali di Alice’s Adventures in Wonderland"
inTRAlinea Special Issue: Tradurre per l’infanzia e l’adolescenza
Edited by: Mirella Piacentini, Roberta Pederzoli & Raffaella Tonin
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/2614

1. Editoria digitale per l’infanzia e nuovi generi: la book app e l’enhanced book

Con l’avvento dell’ipad di Apple, nel 2010, si sono verificati profondi cambiamenti nel mercato editoriale. Nuovi prodotti quali e-book, enhanced book e book app, per via della loro natura multimodale e interattiva, hanno cominciato ad affascinare le giovani generazioni, determinando, nel corso dell’ultimo decennio, un fiorire di questo segmento di mercato. Se i volumi di vendita negli Stati Uniti restano decisamente più elevati (Dufresne 2012), nel 2013 era già possibile parlare di un mercato europeo emergente: come rileva Korsemann, le book app destinate a un pubblico di digital natives ‘‘have proven to be the most popular book-apps in the Apple App Store especially in Europe’’ (2012: 17). Gary, nella sua analisi del segmento dell’editoria digitale per l’infanzia francese, su cui si focalizza questo studio, lo conferma (2013: online).

La letteratura digitale per l’infanzia è dunque un ambito di ricerca recente e ancora poco esplorato (Frederico 2014: online; Yokota e Teale 2014: 577; Kummerling-Meibauer 2015: 57)[1], così come quello della sua traduzione. Dedicheremo una prima parte di questo studio, dopo avere proposto una definizione di enhanced book e di book app, alle nuove pratiche editoriali adottate dai pure player in questo ambito, e vedremo come la dimensione paratestuale di questi testi acquisti un ruolo strategico, in un’ottica non solo editoriale ma anche traduttiva. Il corpus analizzato è formato da due riscritture digitali francesi di un classico della letteratura per l’infanzia, Alice Adventure’s in Wonderland (1865) di Lewis Carroll. Più precisamente focalizzeremo la nostra attenzione sulla book app Alice for the iPad / Alice sur l’ipad (2010) del pure player Atomic Antelope e sull’enhanced book Alice au pays des merveilles et de l’autre côté du miroir (2015) dell’editore Diane de Selliers.

Per riflettere su cosa sia la “traduzione digitale” (Nadiani 2007: 108), e su come questa si configuri nell’ambito della letteratura per l’infanzia, è necessario ripensare l’edizione in termini di “editorializzazione” (éditorialisation), come auspicano Sinatra e Vitali-Rosati. Con il termine i due studiosi descrivono l’insieme delle pratiche che organizzano e strutturano i contenuti digitali, così come le loro modalità di distribuzione (2014: 60). La book app e l’enhanced book, evoluzioni di quello che Bouchardon definisce “récit littéraire interactif” nato sul web (Bouchardon 2014), sono due nuovi “tecnogeneri” (technogenres) (Paveau 2017: 296-297) letterari per l’infanzia, che si differenziano sia per la loro configurazione multimodale che per il loro canale di distribuzione. L’enhanced book permette un’esperienza di lettura lineare, che si realizza in uno spazio testuale chiuso, simile a quello del libro stampato. È caratterizzato da una notevole multimodalità: le illustrazioni vi possono essere animate o statiche, e possono essere affiancate da estratti musicali o audiovisivi attivabili attraverso semplici gesti interattivi (Unsworth e Zhao 2016: 89).  Gli enhanced book, distribuiti e letti attraverso applicazioni di lettura quali iBook o Kindle, sono generalmente in formato e-Pub, poiché l’interattività che li caratterizza è più debole rispetto a quella delle book app, e tale formato si rivela più “sostenibile” per gli editori (Gary 2013: online). La book app è invece caratterizzata da una notevole multimodalità e interattività. In questi prodotti, venduti sull’App Store di Apple o su Google Play di Android, il testo può essere associato a immagini, animazioni, estratti audio o video, ma anche a giochi o ad altre attività ludo-educative. Come spiega Sargeant, le book app “incorporate higher levels of interactivity, the reader […] becomes the user: people read ebooks, whereas they use book apps” (2015: 459-461).

La concezione e la realizzazione di enhanced book e book app richiede nuove competenze editoriali e un’intensa collaborazione tra editori, autori, illustratori, eventuali traduttori e ingegneri informatici in grado di digitalizzare le creazioni. Anche la commercializzazione di questi prodotti digitali cambia radicalmente, e deve adeguarsi alle politiche dei grandi distributori, primo fra tutti Apple. Come conferma Tréhondart (2018: online), “[l]es modalités d’éditorialisation du livre numérique sont, en effet, indissociables des stratégies industrielles des Gafam[2], qui produisent et détiennent supports et logiciels de lecture, ‘architextes’ de conception […] et plateformes de diffusion et de commercialisation”. Gli stessi editori, che siano pure player o grandi casi editrici che hanno investito sul segmento del digitale per l’infanzia, insistono sulla problematicità e la scarsa sostenibilità delle politiche di Apple (Gary 2013: online). L’azienda, per mantenere i loro prodotti in vendita sull’App store, li obbliga a continue operazioni di aggiornamento (Zheng Ba 2018: 200), che si rivelano essere costi aggiuntivi difficilmente affrontabili per gli editori stessi. La conservazione di questi prodotti digitali sulle piattaforme di distribuzione è pertanto problematica, e le rendite derivanti dalla loro pubblicazione non sempre soddisfacenti. In tale contesto, la traduzione è innanzitutto una risorsa per ampliare il più possibilile il ventaglio dei possibili acquirenti: per questo tali prodotti sono pubbicati spesso in versione almeno bilingue, se non plurilingue.

Il digitale modifica dunque profondamente il “gesto editoriale” (geste éditorial) (Ouvry-Vial 2007: 79-80) dei pure player che pubblicano letteratura digitale per l’infanzia e l’adolescenza. Analizzare tale “gesto” significa coniugare lo studio dell’opera, intesa sia come configurazione linguistico-discorsiva che come oggetto visibile, con una riflessione che valuti l’insieme delle scelte editoriali e delle tensioni di natura politica, ideologica, culturale, sociale ed economica che le determinano. In questo studio vedremo come la book app e l’enhanced book invitino a ripensare la nozione stessa di peritesto ed epitesto nell’universo digitale: in particolare, le scelte fatte dagli editori a livello peritestuale creano un’interessante simbiosi con le pratiche traduttive, e contribuiscono a proiettare un “ethos editoriale” (ethos éditorial) (Maingueneau 2013: 23) che risponde sia a esigenze promozionali che di posizionamento nel campo.

2. “Nativi digitali” o “immigrati digitali”: varietà del “gesto editoriale”

Se la classificazione di questi nuovi prodotti digitali per l’infanzia resta una questione problematica per la quale si possono adottare approcci diversi (Carioli 2018: 24-29), la categorizzazione proposta da Prieto (2015: 40) appare pertinente ai fini della presente ricerca. La studiosa propone infatti una distinzione tra testi “nativi digitali” (native digital) e testi “immigrati digitali” (immigrant digital). I testi nativi vengono concepiti fin dall’inizio come prodotti digitali, mentre gli altri sono il risultato di un processo di adattamento al digitale di una versione cartacea preesistente. Questo trasferimento “transmediale” produce una traduzione “intersemiotica” (Jakobson 1963: 79), che può essere di due tipi secondo Unsworth e Zhao (2015: 89). Può realizzare un “prestito translucido” (translucent borrowing), che presenta il medium precedente come profondamente migliorato e rinnovato dal digitale, oppure una “ristrutturazione” (refashioning), attraverso la quale il medium precedente viene rimodellato, pur restando presente e percepibile per il lettore o la lettrice. Questo secondo tipo di “ristrutturazione” dà vita a quelle che Farkas chiama “paratextual book app” (2017: online), ossia dispositivi digitali costruiti a partire dalla materialità del testo cartaceo e che esibiscono il rapporto con la loro fonte. Una book app o un enhanced book “paratestuali” tendono dunque a manifestare il loro rapporto con la tradizione letteraria cartacea così come con il contesto accademico ed editoriale che ha canonizzato l’opera, spesso un classico della letteratura per l’infanzia. Le due riscritture digitali di Alice’s Adventures in Wonderland che analizzeremo ne sono un esempio. In entrambi i casi è infatti esplicita la volontà di portare avanti il dialogo con la versione cartacea inglese di Lewis Carroll.

Da numerose interviste a pure player, analizzate da Tréhondart (2019; 2014; 2013), emerge del resto in modo esplicito la volontà di questi editori di creare prodotti che stabiliscano un rapporto di filiazione con la tradizione della letteratura per l’infanzia cartacea. Questa infatti assicura loro parte di quel prestigio che i lettori e le lettrici sono naturalmente disposti a riconoscere al libro stampato. Attraverso la scelta di precise “forme modello” (formes modèles), ossia di protocolli di lettura che contribuiscono al potenziale di azione di un testo digitale e che ne orientano la ricezione rievocando formati editoriali precedenti (Saemmer 2015: 119), i pure player intendono suscitare l’impressione di poter fare di questi testi digitali una lettura immersiva, lineare, non eccessivamente ludica né interattiva, simile a quella che si fa di un libro stampato. Il contesto culturale della lettura tradizionale è dunque costantemente riattivato attraverso precise scelte editoriali che rivolgono grande attenzione al paratesto, ossia proprio a “ce par quoi un texte se fait livre” (Genette 1987: 7-8).  Per questo, come rileva Tréhondart, “la couverture, la table des matières, l'inscription fixe du texte sur des ‘pages’-écrans, le principe de la pagination, sont souvent conservés et remédiatisés pour fournir des repères connus aux lecteurs, et les aider, par un jeu de mimétisme et de reconnaissance, à se mouvoir dans le texte numérique” (2014: online).

3. Letteratura digitale e paratesto: tra tradizione e innovazione

Se, come constata Garavini (2016: online), “per quanto riguarda il paratesto nella traduzione della letteratura per l’infanzia, il numero di ricerche rimane ancora relativamente esiguo”, nuovi prodotti digitali quali enhanced book e book app offrono un’interessante occasione di approfondire la riflessione in merito. Come conferma McCracken infatti,

Gerard Genette’s formulations on paratexts […] need augmentation and modification for the analysis of transitional electronic texts. Elements such as covers, epigraphs, footnotes, auto-commentaries and publishers’ ads take on new paratextual functions in the age of digital reading and join a large array of new paratexts not developed in print literature. (2013: 106)

La letteratura digitale è dunque caratterizzata da nuove forme di paratestualità, sia a livello epitestuale[3] (Carioli 2018: 30; McCracken 2013: 110) che peritestuale. Secondo McCracken vanno distinti i peritesti digitali centripeti da queli centrifughi. I peritesti centrifughi “draw readers outside the text” (2013: 106-107), portandoli ad esempio a navigare su Internet; quelli centripeti invece “expan[d] textuality by drawing readers into activity along centripetal paths” (2013: 112). Un esempio di peritesto centripeto è dunque la copertina: elemento di protezione e di delimitazione del testo stampato, sul digitale essa diventa un’icona cliccabile, che permette di entrare all’interno del programma informatico. Potrà riportare, come quella cartacea, nome dell’autore, titolo dell’opera, logo o nome dell’editore, accompagnati da un’immagine statica, oppure essere una “copertina animata”, che associa suoni, musiche e brevi estratti video (Tréhondart 2013: 183). Altri peritesti centripeti sono l’indice, solitamente interattivo, e che può assumere diverse “forme modello”, o la stessa “pagina-schermo”, di cui si può fare una lettura verticale (scrolling) o orizzontale, e che può essere manipolata per attivare immagini o animazioni. Soprattutto nei testi rivolti a un giovane pubblico i pure player evitano un ethos editoriale troppo “sperimentale” e non abusano di tali risorse multimodali, nel timore che possano determinare un’eccessiva ludicizzazione della ricezione (Tréhondart 2014: online). Vedremo ora come si configurano i peritesti digitali delle due riscritture di Alice’s Adventures in Wonderland considerate in questo studio e in che misura prefigurino il potenziale pubblico delle rispettive opere.

3.1. Il peritesto digitale di Alice sur l’ipad

La versione inglese dell’app di Atomic Antelope (2010), Alice for the ipad, riporta il testo integrale di Carroll con le illustrazioni di Tenniel. La versione francese, Alice sur l’ipad, ne rappresenta un distillato, ispirato a The Nursery Alice (1890), una riscrittura per un pubblico di giovanissimi lettori e lettrici (0-5 anni) realizzata dallo stesso Carroll, che cercò di rendere la sua Alice più coinvolgente e “interattiva”, prefigurando così le versioni digitali contemporenee dell’opera (Susina 2012: 91-92). Le illustrazioni sono quelle di Tenniel, che colorò per The Nursery Alice una selezione di 20 immagini uscite nella versione integrale del 1865.

La book app, una volta scaricata dall’App store sul tablet, assume la forma di un’icona che riprende il volto di Alice in una delle illustrazioni di Tenniel. Cliccando sull’icona, compare l’immagine del coniglio bianco, che osservando l’orologio dice: “Oh mon dieu, mon dieu, je vais être en retard!”

Fig. 1 – Alice sur l’ipad (2010) © Atomic Antelope

La prima “pagina-schermo” esprime già una volontà di ibridare versione cartacea e digitale, citando un celebre passaggio dell’opera e la relativa illustrazione per allietare la breve attesa durante la quale si realizza il caricamento e l’apertura dell’app. La copertina (fig. 2) riprende a sua volta diversi dettagli delle illustrazioni di Tenniel, ma non viene fornita nessuna altra informazione: non è indicato il nome dell’autore, del traduttore, dell’editore, né la data di edizione (alcune di queste informazioni sono presenti solo a livello epitestuale, sull’App store).

Fig. 2 – Alice sur l’ipad (2010)  © Atomic Antelope 

Il volto del gatto del Cheshire in copertina (in basso al centro) rimanda a un altro peritesto centripeto, l’indice interattivo: nell’app inglese una lista con i titoli dei dodici capitoli permette di raggiungerli con un semplice click. L’app francese, essendo una riduzione del testo inglese, perde la divisione in capitoli, ma ciascuna delle 50 pagine, di cui viene proposto un elenco verticale, è associata a un’immagine interattiva della pagina stessa, che permette di raggiungerla rapidamente. La lettura del testo si fa orizzontalmente, passando da una pagina all’altra con le frecce bianche presenti nella parte bassa dello schermo. Le pagine, in cui si alternano le illustrazioni di Tenniel riprodotte fedelmente o modificate in modo da essere interattive, sono di un color seppia che intende ricreare l’effetto della carta invecchiata e consumata dal tempo. Tale scelta è un’ulteriore conferma del fatto che Atomic Antelope abbia voluto “ristrutturare” una vecchia edizione cartacea del classico[4] per un pubblico di giovanissimi lettori e lettrici. Sull’App store il prodotto è del resto consigliato a partire dai 4 anni: in questa versione digitale, che porta a compimento il progetto di The Nursery Alice di Carroll, il rapporto testo-immagine diventa infatti primario, e l’interattività migliora la comprensione della storia, dal momento che il lettore o la lettrice partecipano fisicamente, con i loro gesti, alla sua costruzione. Complessivamente, l’apparato peritestuale è piutosto tradizionale: sono presenti solo peritesti centripeti, che non portano fuori dal testo, garantendo un’esperienza di lettura lineare. Le opzioni interattive favoriscono una lettura immersiva e non eccessivamente ludica, che può essere comparata a quella di un albo illustratto pop-up cartaceo.

3.2. Il peritesto digitale di Alice di Diane de Selliers

L’apparato peritestuale di Alice au pays des merveilles et de l’autre côté du miroir (2015) dell’editore Diane de Selliers prefigura invece un destinatario adulto: una lunga tradizione ha ormai fatto di questo classico un’opera per adulti più che per bambini (Shavit 1981: 175-176). Non stupisce dunque che l’età di lettura del prodotto non sia specificata sull’IBook store. L’enhanced book è in versione bilingue francese-inglese: il testo inglese è quello integrale di Carroll, la traduzione francese è di Parisot, accompagnata dalle note di Gattégno estratte dalle Œuvres di Carroll pubblicate per la “Bibliothèque de la Pléiade”. L’enhanced book è un altro esempio di “ristrutturazione” di un’edizione cartacea di Alice’s Adventures in Wonderland realizzata a partire dai dipinti del pittore olandese Andrea. Il libro è stato dapprima pubblicato in versione cartacea nel 2006 in formato 150x180 cm, nella collana “Les grands textes de la littérature illustrés par les grands peintres”, e poi ripubblicato nel 2015 nella collana “La petite collection”. È dunque il risultato di una duplice traduzione “intersemiotica”: quella di Andrea, che ha interpretato, ricreato e ritradotto in immagini il testo di Carroll, rinnovando una lunga tradizione di riscritture iconiche del classico (Iché 2012; Nières-Chevrel 2014), e quella di Medioni, che, dando vita alla versione digitale, ha reso l’opera del pittore viva ed estremamente dinamica.

La traduzione transmediale del testo cartaceo è accompagnata da un ricco apparato peritestuale, che la rende particolarmente interessante per un pubblico adulto. Cliccando sulla copertina del volume, che riporta nome dell’autore, dell’illustratore e dell’editore, si accede a un indice interattivo (peritesto centripeto) incorniciato da citazioni iconiche delle immagini di Andrea che illustrano il testo e che ci offrono un’anteprima dei diversi volti della sua metamorfica Alice (fig. 3).

Fig. 3 - Alice au pays des merveilles et de l’autre côté du miroir (2015) © Diane de Selliers 

L’indice interattivo propone diversi testi: l’“Avant propos de l’éditeur”, che racconta com’è nata l’idea dell’edizione cartacea e di quella digitale; la prefazione, “De l’autre côté des pixels”, scritta appositamente per l’enhanced book da Lambron, e la postfazione “Alice et le code Andrea”, sempre di Lambron, che era la prefazione all’edizione cartacea. È possibile anche scegliere di passare direttamente alla lettura dei capitoli, cliccando su “Les Aventures d’Alice au pays des merveilles”, oppure utilizzare un altro peritesto centripeto: un sommario interattivo iconico che scorre orizzontalmente (nella parte inferiore della “pagina-schermo”) e che permette di orientarsi tra i diversi capitoli dell’opera usando le illustrazioni che il pittore ha dedicato a ciascuno di essi. Sempre da questa interfaccia, cliccando su “Les éditions Diane de Selliers”, si raggiunge una pagina dedicata all’edizione cartacea (fig. 4): in questo caso il link al sito dell’editore, un peritesto centrifugo, consente di accedervi e acquistare il volume. Senza uscire invece dalla “pagina-schermo” dell’enhanced book è possibile cliccare sulla sezione “Revue de presse” e leggere alcuni estratti di autorevoli recensioni del libro, attraverso una rivoluzionaria forma di epitesto situato nel corpo interattivo del testo stesso (fig. 4). 

Fig. 4 - Alice au pays des merveilles et de l’autre côté du miroir (2015) © Diane de Selliers 

Di questo enhanced book è possibile fare due tipi di lettura. Si possono scorrere i capitoli orizzontalmente per ammirare solo i quadri che ciascuno ha ispirato ad Andrea: questi, una volta cliccati, vengono visualizzati a tutto schermo e possono essere ingranditi in certi punti per ammirarne i dettagli, attraverso una modalità interattiva caratteristica dei cataloghi virtuali di musei e mostre (Saemmer e Tréhondart 2017). Il lettore o la lettrice cui interessa invece il dialogo testo-immagine entrerà all’interno di ogni capitolo per leggerlo: la pagina in questo caso va fatta scorrere verticalmente, e i dettagli dei quadri di Andrea si presentano inaspettatamente, attraversando lo schermo e imponendo la loro presenza sul testo scritto. Anche alcune parole evidenziate in giallo sono interattive, e fanno comparire immagini estratte dai dipinti di Andrea, che possono essere statiche o animate. 

Nel capitolo 4 è particolarmente interessante il passaggio in cui Alice dice: “On devrait faire un livre sur moi, on le devrait!” (2015: n.p.). Nella frase la parola livre, in giallo, è interattiva. Cliccandola si apre l’immagine dell’edizione cartacea che progressivamente scompare, per lasciare spazio a un’altra “pagina-schermo” contenente tutte le informazioni presenti nel frontespizio del volume. Il peritesto di questo torna dunque all’interno della versione digitale, per ribadire il rapporto di filiazione tra digitale e cartaceo, e con un’evidente finalità promozionale. Le diverse forme di peritesto interattivo appena descritte confermano d’altra parte la volontà di Diane de Selliers di proiettare un ethos editoriale più sperimentale rispetto a quello di Atomic Antelope, in linea con la scelta di realizzare una versione digitale del classico che si rivolge a un pubblico meno giovane e più abituato alla navigazione ipertestuale.

4. Nuove pratiche traduttive in contesto digitale

Book app ed enhanced book invitano non solo a ripensare la nozione di paratesto editoriale, ma richiedono anche di riflettere sulle nuove pratiche traduttive adottate dagli editori, così come su quella che Yuste Frías (2010) chiama la “paratraduction”. Come spiega lo studioso, la nozione di “paratraduzione” riguarda “toutes les indications de l’extra-texte susceptibles d’apporter des précisions soit sur le statut des textes traduits, soit sur la façon dont ils sont perçus et présentés comme traductions et par le propre polysystème traductif et par d’autres polysystèmes d’accueil” (2010: 294). Pensare la “paratraduzione” in contesto digitale significa dunque interrogarsi su come in questi nuovi prodotti il testo tradotto venga effettivamente presentato come una traduzione e percepito come tale. La loro natura icono-testuale richiede inoltre di riflettere sulle difficoltà che crea al traduttore la traduzione di un’“icono-lettera” (Amadori 2020) di natura ibrida, plurisemiotica e multimodale. Il pubblico a cui tali prodotti sono destinati si conferma infine un elemento di fondamentale importanza per valutare le pratiche traduttive e paratestuali degli editori.

4.1. Autorialità della traduzione e destinatario/destinataria

Alice sur l’ipad si presenta come un adattamento del testo di partenza per un pubblico di bambine e bambini in età prescolare e scolare, e le scelte fatte a livello peritestuale prefigurano, come si è visto in precedenza, tale pubblico. Ci riferiremo alla persona che si è occupata della redazione del testo da accompagnare alle illustrazioni di Tenniel nell’app francese con l’abbreviazione Anon., per indicare un’istanza editoriale non definita. Uno dei tratti distintivi di questi nuovi prodotti digitali è del resto proprio quello di essere il risultato di un lavoro collaborativo e dunque l’emanazione di un’autorialità plurima, non sempre dotata di un’identità personale (Paveau 2017: 28-29).

Analizzando le scelte di Anon., a livello macrotestuale si è potuto rilevare il ricorso sistematico all’omissione di ampi passaggi, in particolare di quelli nei quali si concentrano i principali problemi di natura culturale che il testo di Carroll pone al traduttore francese. Nel capitolo II della versione francese, ad esempio, scompare il passaggio in cui il traduttore deve decidere se trascrivere o adattare alcuni antroponimi, e dunque stabilire quale nazionalità attribuire ai personaggi e ad Alice; sempre in questo capitolo viene omessa How does the little crocodile, parodia di una celebre nursery rhyme. Il capitolo VII non riporta buona parte del dialogo tra il Cappellaio e la Lepre, il racconto del Cappellaio della sua disputa col tempo così come l’allusione al fatto che dopo di essa per lui sia sempre l’ora del tè. In questo modo viene evitata la difficile resa di tea-party, un momento fortemente connotato nell’immaginario socio-culturale inglese e che non ha equivalenti francesi (Romney 1984: 274). Viene inoltre omessa anche la parodia della celebre filostrocca Twinkle, twinkle little star di Jane Taylor, che diventa in Carroll Twinkle, twinkle little bat. Scompare infine da questo capitolo tutto il racconto del Ghiro, con le sue difficoltà traduttive di natura linguistico-culturale (Cammarata 2002: online). Un ultimo esempio: se il capitolo X è integralmente omesso, dal IX scompare invece il dialogo di Alice col Grifone, l’incontro con la Finta Tartaruga e tutto il suo racconto, ricco di giochi di parole e di riferimenti al sistema scolastico inglese del periodo vittoriano (Rickard 1972: 61-62).

A livello microtestuale, Anon. riprende ampiamente la traduzione di Papy, uno dei più noti traduttori francesi di Alice’s Adventures in Wonderland, pubblicata nel 1961 da Jean-Jacques Pauvert. Lo rivelano chiaramente alcune scelte fatte da Anon. in diversi passaggi a lungo discussi dai traduttologi che hanno analizzato le numerose traduzioni francesi del libro. Nel capitolo I, ad esempio, Alice beve la pozione che le permette di rimpicciolirsi e il cui gusto è determinato da una serie di sapori tipicamente inglesi, tra cui quello del custard, che Anon., come Papy (2017: 18)[5], traduce con il francese “crème renversée” (Alice sur l’ipad 2010: 7), un dolce francese simile, sebbene di consistenza diversa. Il capitolo II comincia con la celebre esclamazione di Alice, che, sorpresa per quello che le sta succedendo, usa un’espressione inglese scorretta: “‘Curioser and curioser!’ cried Alice (she was so much surprised, that for the moment she quite forgot how to speak good English)” (Alice for the ipad 2010: 22). Anon. traduce con “de plus-t-en plus curieux” (Alice sur l’ipad 2010: 10), riprendendo la brillante trovata di Papy (2017: 21). Il capitolo V pone il problema dell’identità maschile o femminile da attribuire al caterpillar, a cui Alice si rivolge con sir. Alcuni traduttori francesi hanno cercato di mantenere il maschile, ad esempio traducendo con ver de soie, altri hanno scelto come traducente chenille, dando all’animale un’identità femminile. È questo il caso di Papy (2017: 62), come di Anon. (2010: 20-21). Similmente l’houka che fuma il bruco nel testo di Carroll è tradotto con narguilé sia da Papy che da Anon. In questo stesso capitolo, infine, Papy sceglie di rendere lo you inglese con il ricorso alle due forme francesi tu e vous (2017: 61-62): Alice si rivolge con la forma di cortesia vous al bruco antropomorfizzato, mentre l’animale si rivolge alla bambina in modo più diretto e informale, ricorrendo al tu. Tale scelta, che riflette anche il rapporto gerarchico che si instaura tra i due personaggi nell’immagine di Tenniel (Nières-Chevrel 2014: 295), è ancora una volta ripresa da Anon. (2010: 21-22).

La scelta editoriale di fare riferimento alla traduzione di Papy denota, contrariamente all’omissione di interi passaggi del testo di partenza, un interesse per il valore estetico e letterario dell’opera di Carroll e una volontà di non snaturarla totalmente. Eccellente anglista, Papy ha proposto al pubblico francese la prima edizione annotata del testo, avendo compreso che sono la lingua e la cultura inglese la materia stessa dell’invezione carrolliana. Come constata infatti Nières-Chevrel,

Papy va donc s’attacher avec le plus grand soin au rendu des allusions, des jeux de mots et des parodies, n’hésitant pas à ajouter quelques notes en bas de page. […]  La traduction de Papy construit ainsi un système hiérarchique qui se révèle parfaitement équivalent à celui qu’avait graphiquement dessiné John Tenniel. […] Alice au pays des merveilles perd avec lui son statut de compagnon de route du surréalisme français, mais se voit dans le même temps reconnu comme un classique majeur de la culture victorienne, toutes générations confondues. (2014 : 295)

Alice sur l’ipad è dunque un interessante esempio di pratiche traduttive ibride, che da un lato vanno nella direzione dell’adattamento, ma dall’altro vogliono preservare parte del valore estetico e letterario dell’opera di Carroll. L’assenza di indicazioni a livello peritestuale che permettano di capire come si sia lavorato a livello di trasferimento interlinguistico riflette la scelta di un destinatario/destinataria più pronto a “leggere” le immagini di Tenniel rispetto al testo scritto. Proprio le immagini nate in senso al testo inglese e migrate nell’app sono infatti l’elemento culturalmente più connotato che rimane nell’adattamento francese.

L’Alice au pays des merveilles di Diane de Selliers, a livello peritestuale, esplicita invece chiaramente che la traduzione francese è di Parisot, considerato “one of the most successful translators of Alice” (Rickard 1975: 63). Il nome del traduttore, così come le note di commento di Gattégno che arricchiscono la traduzione, sono una garanzia della qualità dell’opera digitale e contribuiscono a ribadirne il prestigio e il valore letterario a un pubblico adulto. L’editore stesso promuove del resto le sue scelte editoriali nell’“Avant-propos”:

Le texte de Lewis Carroll est reproduit dans son intégralité, dans la très belle traduction d’Henri Parisot qui a su à son tour jouer et transformer les jeux de mots et contresens de l’auteur tout en gardant le sens de l’œuvre. […] Les notes de Jean Gattégno pour l'édition française permettent de mieux comprendre l’intelligence de la traduction française et le poids de la société victorienne. (2015 : n.p.)

Sempre nell’“Avant-propos”, l’editore spiega che la versione integrale del testo inglese è presente nell’enhanced book perché Andrea ha illustrato l’opera a partire da questa, e non dalla traduzione di Parisot. Tale informazione è strategica per comprendere la particolarità dell’icono-testo che viene proposto al lettore o alla lettrice francese.

4.2. Il cortocircuito testo-illustrazioni: problema o risorsa traduttiva?

Le due versioni digitali di Alice considerate invitano a ripensare il rapporto testo-illustrazioni nell’ambito di una più ampia riflessione sulla “paratraduction” (Yuste Frías 2010). La natura icono-testuale di questi prodotti richiede infatti di mobilitare strategie traduttive comparabili a quelle ordinarie nella traduzione audiovisiva. Come constata Yuste Frías, “[q]uand le traducteur traduit pour l’écran […] [l]e péritexte iconique occupe une place prépondérante […] et n’est pas seulement partie intégrante du texte mais aussi de l’environnement ‘numérique’ dans lequel le texte est lu à l’aide d’un support informatique qui situe toujours le traducteur et ‘devant’ et ‘dans’ l’image” (Yuste Frías 2010: 291). Proprio per via di questa profonda sinergia testo-immagine, secondo Yuste Frías, “[l]e traducteur ne devrait plus laisser à d’autres agents le traitement du visible quand il (para)traduit le couple texte-image” (2010: 295). Questa posizione, del tutto condivisibile, diventa problematica quando si analizza la traduzione di una book app o di un enhanced book. Per questi prodotti, infatti, il testo iconico preesiste spesso alla traduzione, e il “(para)traduttore” non ha modo di intervenire su di esso. Come dimostrato in un precedente studio, solo se nel momento della progettazione del libro digitale si tiene conto del fatto che dovrà anche essere tradotto, e delle relative problematiche linguistiche, culturali e simboliche insite in tale trasferimento, il traduttore riuscirà a tradurre nella sua densità plurisemiotica l’“icono-lettera” del testo di partenza (Amadori 2020).

Nelle due Alice digitali esaminate, in cui l’immagine preesiste alla traduzione o non nasce in simbiosi con essa, sono diversi gli esempi in cui si verifica un vero e proprio cortocircuito iconico-verbale. In Alice sur l’ipad (2010: 7) viene ripresa ad esempio l’immagine di Tenniel in cui Alice è raffigurata con in mano la bottiglietta che di lì a poco berrà per rimpicciolirsi (fig. 5). Al collo della bottiglietta, che nell’app diventa un elemento interattivo con cui il lettore o la lettrice può giocare, è attaccata l’etichetta “DRINK ME”, identica per l’app inglese e per quella francese. In quest’ultima tuttavia il testo scritto recita: “Alice vit sur la table un petit flacon […] portant autour du goulot une étiquette de papier sur laquelle étaient magnifiquement imprimés en grosses lettres ces deux mots: BOIS MOI”. Il lettore o la lettrice francese che cercherà l’espressione “BOIS MOI” nell’immagine vi troverà invece l’espressione “DRINK ME”.

Fig. 5 - Alice sur l’ipad (2010) © Atomic Antelope 

Anche nel caso dell’Alice di Diane de Selliers le illustrazioni realizzate a partire dal testo inglese risultano parzialmente incoerenti per il lettore o la lettrice francese. Il capitolo II si intitola “Pool of tears”: Andrea, lasciandosi ispirare da questo titolo, modernizza la rappresentazione del laghetto di lacrime facendone una piscina (in inglese swimming pool, fig. 6). Nella versione francese il titolo del capitolo è “La mare de larmes”: il riferimento alla piscina risulterà dunque quantomeno bizzarro, a meno che il lettore o la lettrice non abbia letto la postfazione di Lambron, che spiega che, proprio come a Carroll, al pittore olandese piace giocare con le parole e con le immagini. Il peritesto ha dunque un ruolo essenziale nella ricezione della traduzione, poiché ne riduce in modo significativo l’appartente incoerenza icono-testuale.

Fig. 6 - Alice au pays des merveilles (2015) © Diane de Selliers 

Il capitolo VII offre un esempio simile. L’Alice di Andrea vi si scontra fisicamente col Tempo, personificato nel testo carrolliano (fig. 7). Quando il Cappellaio la accusa di non avere mai parlato con lui, la protagonista risponde: “Perhaps not […] but I know I have to beat time when I learn music” (2015: n.p.). Andrea rappresenta dunque una Alice che prende a botte il tempo (beat time). Parisot, anziché ricorrere all’anglicismo battre le temps, traduce con “à mon cours de musique on m’a appris à marquer le temps” (2015: n.p.). La nota interattiva di Gattégno esplicita il gioco di parole del testo inglese, commentando la scelta di Parisot. A questo passaggio fa del resto riferimento anche la postfazione, che, come nel caso di swimming pool, ribadisce che le illustrazioni sono state realizzate a partire dal testo inglese, permettendo a lettori e lettrici di comprendere l’icono-testo apparentemente illogico della versione francese. Entrambi gli esempi evidenziano la funzione strategica dei peritesti nella ricezione di questi prodotti digitali, in particolare quando questi sono “immigrati digitali” con illustrazioni che vivono “di vita propria” rispetto alla traduzione.

Fig. 7 - Alice au pays des merveilles (2015) © Diane de Selliers 

La presenza delle immagini può del resto essere considerata anche una risorsa traduttiva, nella misura in cui queste possono reintrodurre nel testo tradotto elementi fortemente connotati in senso linguistico o socio-culturale talora occultati dalla traduzione stessa. Presenteremo di seguito due esempi pertinenti tratti dal nostro corpus. Uno dei problemi con cui tutti i traduttori di Alice’s Adventures in Wonderland hanno dovuto confrontarsi è la resa in francese di Mock Turtle, il nome della Finta Tartaruga che Alice incontra nel capitolo IX. Come spiega Romney, Mock turtle fa riferimento a un piatto tipico inglese, la mock turtle soup. Si tratta di una zuppa a base di testa di vitello (da cui l’illustrazione di Tenniel, in cui il personaggio ha il corpo di una tartaruga e la testa e le zampe di un vitello, fig. 8a), più economica rispetto alla vera e propria zuppa di tartaruga, un piatto particolarmente prelibato e lussuoso (probabilmente ignoto al lettore o alla lettrice francese). La resa di Parisot con “Tortue fantaisie”, come precisa Romney, “n’évoqu[e] quoi que ce soit de précis dans l’esprit d’un lecteur français” (1984: 275). Il sostantivo fantaisie, in funzione avverbiale, usato in riferimento a un prodotto serve infatti semplicemente a relativizzarne l’autenticità.

Sebbene talora Andrea si ispiri alle illustrazioni di Tenniel, in questo caso ne prende le distanze: la sua tartaruga non ha più le zampe e la testa di vitello (fig. 8b), e non è ritratta su una roccia, bensì sopra un barattolo di Mock Turtle soup, che vuole essere una citazione delle scatole di Campbell’s soup di Warhol. L’immagine reintroduce dunque, attualizzandolo, il riferimento culturale alla mock turtle soup essenziale nel testo carrolliano, che la scelta del traduttore aveva cancellato. Anche in questo caso gioca un ruolo strategico la nota di commento, che spiega il riferimento alla zuppa inglese e la scelta traduttiva di Parisot, fungendo dunque da ponte con il testo di partenza e rendendolo nuovamente presente per il lettore o la lettrice francesi.

Fig. 8a – Alice sur l’ipad (2010) © Atomic Antelope

Fig. 8b – Alice au pays des merveilles © Diane de Selliers

Nel capitolo XI, in cui sono numerosi i riferimenti al sistema giuridico inglese vittoriano, troviamo un altro esempio in cui l’immagine diventa una risorsa traduttiva. Il fatto che i giudici inglesi portino una parrucca di lana è un dato culturalmente connotato, che può creare problemi al giovane lettore o alla giovane lettrice francese, abituati invece al tocco (toque) dei giudici. I traduttori francesi, come constata Romney, hanno spesso fatto ricorso all’adattamento, creando talora evidenti incongruenze rispetto all’immagine (1984: 276). In Alice sur l’ipad viene omessa tutta la prima parte del capitolo, in cui vengono descritti il tribunale, i giurati e il giudice: se il capitolo XI comincia nell’app inglese a p. 211 e l’illustrazione di Tenniel viene presentata a p. 232, nell’app francese la stessa immagine di Tenniel (fig. 9) apre il racconto del processo, dopo che questo è stato semplicemente annunciato dalla frase “le procès va s’ouvrir” (2010: 44). Tale scelta editoriale, che produce un effetto di immediata ricezione del contesto per il lettore o la lettrice bambini, va nella direzione di un adattamento rivolto a un pubblico di giovanissimi, per i quali la comprensione dell’immagine è immediata. L’illustrazione di Tenniel, essendo culturalmente connotata, rivela dunque al lettore o alla lettrice una realtà giuridica diversa, ed evita il ricorso al canale verbale. L’imporsi dell’immagine sul testo, che il digitale favorisce, risulta dunque essere in questo caso una possibile strategia traduttiva, in grado di far conoscere anche a un giovane pubblico una cultura “altra”.

Fig. 9 – Alice sur l’ipad (2010) © Atomic Antelope 

5. Conclusione

L’analisi delle due versioni digitali di Alice considerate mostra che l’immagine, nata in seno al testo di partenza, nel momento in cui viene ad affiancare il testo tradotto, è una possibilità di “ouvrir l’Étranger en tant qu’Étranger à son propre espace de langue”, come auspica Berman (1999: 75). Essa permette una forma di accoglienza nel testo d’arrivo di quello che definiremo uno “Straniero” iconico. Come conferma Yuste Frías “con la llegada del hipertexto el texto ha dejado de ser algo cerrado y estable para convertirse en algo totalmente abierto” (2005: online). L’immagine, che affianca il testo o che talvolta si impone su di esso nascondendolo (si vedano ad esempio le figg. 6 e 7), significa tanto quanto la parola scritta, e al contempo tende a trasformare il testo verbale in una forma plastica (Yuste Frías 2010: 299). Come conferma Paveau, “[q]ue l’image prenne le pas sur le langage articulé sans l’effacer, bien au contraire, mais en le reconfigurant, de manière iconique (par une iconisation du texte), constitue une hypothèse congruente avec les observations réalisées en ligne. L’image apparaîtrait alors comme une forme légitime du texte” (2017: 308). Se nel libro digitale il segno linguistico tende a diventare icona (Benveniste 2012: 95), la traduzione della sua “icono-lettera”, intesa come configurazione in cui si manifesta uno “Straniero” (Berman 1984; 1999) icono-testuale, diventa dunque un momento di dialogo e di ibridazione intersemiotica.

L’effettiva capacità della traduzione digitale di questi nuovi prodotti per l’infanzia di accogliere uno “Straniero” icono-testuale va valutata in base a diversi fattori, innanzitutto alla luce della distinzione proposta tra prodotti “nativi digitali” e “immigrati digitali”. Questi lasciano infatti un diverso margine d’azione al traduttore a livello “paratraduttivo”. Se “paratradurre” significa, nel caso dei testi “nativi digitali”, pensare fin dal momento della loro progettazione come possa configurarsi un prodotto bilingue o plurilingue in grado di educare alla diversità linguistico-culturale e letteraria, per le book app e gli enhanced book “immigrati digitali”, come quelli considerati in questo studio, si conferma essenziale il ruolo giocato dalla dimensione peritestuale, poiché il traduttore non può “paratradurre” le immagini.

I due peritesti digitali analizzati sono un esempio interessante di come sia possibile prefigurare attraverso determinate scelte icono-testuali il pubblico dell’opera. Le forme peritestuali dell’enhanced book di Diane de Selliers riconfigurano digitalmente peritesti tradizionali come prefazioni e note di commento, perché tale prodotto si rivolge a lettrici e lettori adulti o adolescenti. Nel caso di un pubblico più giovane, come quello di Alice sur l’ipad, l’apertura allo “Straniero” icono-testuale carrolliano avviene invece principalmente grazie alle immagini. Se la multimodalità resta in questo senso una risorsa, si potrebbe tuttavia auspicare in futuro un più ricco apparato peritestuale anche per questi prodotti che si rivolgono a un pubblico in età prescolare o scolare, che sfrutti il carattere plurisemiotico di questi dispositivi discorsivi. Una prefazione al testo di una book app come Alice sur l’ipad potrebbe ad esempio assumere la forma di un semplice e breve testo orale raccontato da una voce narrante, o di un breve documento audiovisivo che prepari il giovane lettore e la giovane lettrice dell’opera ad accogliere lo “Staniero” che vi si manifesta.

La ricerca di una maggiore sinergia tra traduzione e paratraduzione digitale dei testi per l’infanzia attenuerebbe il rischio di offrire ai digital natives di oggi, cittadini di domani, prodotti che si adeguano a quell’uniformizzazione e a quell’appiattimento culturale verso i quali si orienta il mercato, anche quello dell’editoria digitale per l’infanzia e l’adolescenza, come rileva Yokota (2015: 84). Sarebbe necessario e urgente un lavoro di sensibilizzazione a riguardo degli editori che operano sul mercato del digitale per l’infanzia: il loro “gesto editoriale” subisce infatti forti pressioni di natura economica, e la traduzione è in primis per loro un modo per raggiungere un pubblico più vasto possibile. L’adozione di un approccio traduttivo “est-etico” (esth-éthique) (Pederzoli 2012: 289) e, più in generale, le politiche traduttive di questi editori digitali sembrano essere subordinate al loro bisogno di un riconoscimento, ancora lungi dall’essere effettivo (Zheng Ba 2018: 225), nel campo letterario, testimoniato dal tentativo di riaffermare, a livello peritestuale, un rapporto di filiazione con la tradizione letteraria cartacea.

Corpus Studiato

Alice for the iPad / Alice sur l’ipad (2010), London, Atomic Antelope.

Alice au pays des merveilles et de l’autre côté du miroir de Lewis Carroll, illustré par Pat Andrea (2015), ebook réalisé par les éditions Diane de Selliers en écho au livre, conception éditoriale et suivi d’édition par Joséphine Barbereau, conception graphique, animation et développement par Félix Medioni, traduction française par Henri Parisot.

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Note

[1] Il tratto distintivo di questa nuova letteratura per l’infanzia è la sua natura multimodale: il testo (spesso letto ad alta voce da un narratore nelle opere rivolte ai più piccoli) è associato a immagini fisse o in movimento, al suono e/o alla musica (Perret-Truchot 2015: online). Un’opera digitale per bambine e bambini, ragazze e ragazzi ha quattro caratteristiche essenziali: è un prodotto infomatico che ha una natura plurisemiotica e interattiva, e che determina nuove pratiche di lettura “arricchite” e non necessariamente lineari (Prieto 2015: 50).

[2] I grandi produttori e distributori di tecnologie digitali sono Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft.

[3] Le piattaforme da cui vengono scaricati book app ed enhanced book e il ruolo che svolgono a livello epitestuale meriterebbero ulteriori approfondimenti, a cui non potremo tuttavia dedicarci in questa sede.

[4] Al seguente link l’editore descrive tale operazione di “ristrutturazione”: https://theliteraryplatform.com/news/2010/04/making-alice-for-the-ipad/  

[5] Si veda, per i riferimenti alla traduzione di Papy, Alice au pays des merveilles, traduit de l’anglais par J. Papy, illustrations de J. Tenniel, Paris, Gallimard/Belin, 2017.

About the author(s)


Sara Amadori ha ottenuto il titolo di Dottore in Lingue, Culture e Comunicazione Interculturale presso il Dipartimento di Interpretazione e Traduzione (D.I.T.) dell'Università di Bologna. Attualmente è ricercatrice presso il Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Straniere dell’Università di Bergamo. Ha dedicato diversi studi alla traduzione poetica, rivolgendo particolare attenzione all’opera di poeta e traduttore di Yves Bonnefoy. Si è più recentemente interessata alla letteratura digitale e per l’infanzia e alla loro traduzione. Le sue ricerche si sono inoltre aperte alla traduzione in prospettiva di genere e al mondo editoriale. I suoi interessi di ricerca includono infine l'analisi del discorso (letterario e non) e dell'argomentazione. Ha pubblicato il volume Yves Bonnefoy, père et fils de son Shakespeare (Hermann, 2015). È la traduttrice italiana della raccolta poetica Childhood, di Emily Grosholz (con illustrazioni di Lucy Vines), e del saggio Apologie de la polémique di Ruth Amossy.

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©inTRAlinea & Sara Amadori (2023).
"Letteratura digitale per l’infanzia e traduzione: riscritture digitali di Alice’s Adventures in Wonderland"
inTRAlinea Special Issue: Tradurre per l’infanzia e l’adolescenza
Edited by: Mirella Piacentini, Roberta Pederzoli & Raffaella Tonin
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Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/2614

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