“Editoria per l’infanzia, traduzione e genere per una letteratura senza stereotipi”:

un dibattito tra case editrici

By Roberta Pederzoli Valeria Illuminati (University of Bologna, Italy)

©inTRAlinea & Roberta Pederzoli Valeria Illuminati (2023).
"“Editoria per l’infanzia, traduzione e genere per una letteratura senza stereotipi”: un dibattito tra case editrici"
inTRAlinea Special Issue: Tradurre per l’infanzia e l’adolescenza
Edited by: Mirella Piacentini, Roberta Pederzoli & Raffaella Tonin
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Resoconto di una tavola rotonda organizzata nell’ambito del Progetto AlmaIdea “La traduzione di testi per l’infanzia in una prospettiva di genere: aspetti teorici e applicati”, in occasione della quale le direttrici e i direttori editoriali di otto case editrici indipendenti italiane, Luisella Arzani (EDT – Giralangolo/Sottosopra), Donatella Caione (Matilda editrice), Maria Silvia Fiengo (Lo Stampatello), Monica Martinelli (Settenove), Davide Musso (Terre di mezzo Editore), Della Passarelli (Sinnos), Sara Saorin (Camelozampa) e Federico Zaghis (BeccoGiallo), hanno discusso di editoria, letteratura per l’infanzia, traduzione e questioni di genere.

1. Introduzione

Il 25 ottobre 2018 si è tenuta presso il Teaching Hub del Campus di Forlì la tavola rotonda Editoria per l’infanzia, traduzione e genere: per una letteratura senza stereotipi, a cui hanno partecipato otto case editrici italiane indipendenti e attive nella pubblicazione di testi sensibili alle tematiche di genere e improntati al rispetto delle diversità: BeccoGiallo; Camelozampa; EDT – Giralangolo/Sottosopra; Lo Stampatello; Matilda editrice; Settenove; Sinnos; Terre di mezzo Editore.

La tavola rotonda è stata organizzata nell’ambito di un progetto AlmaIdea “La traduzione di testi per l’infanzia in una prospettiva di genere: aspetti teorici e applicati” (cfr. Pederzoli, Illuminati 2021), e più in generale nell’ambito delle attività del Centro MeTRa (Centro di Studi interdisciplinari sulla Mediazione e la Traduzione a opera di e per Ragazze/i), del Dipartimento di Interpretazione e Traduzione dell’Università di Bologna a Forlì. In particolare, è stata realizzata in sinergia con il progetto europeo “Gender identity: Child readers and library collections” (G-BOOK), finanziato nell’ambito del programma Europa Creativa della Commissione Europea (2017-2019), volto a promuovere una letteratura per l’infanzia “positiva” dal punto di vista dei ruoli e modelli di genere, ovvero aperta, plurale, varia, priva di stereotipi, improntata al rispetto e alla valorizzazione delle diversità, realizzando in particolare la prima bibliografia europea di testi inglesi, francesi, italiani, spagnoli, bulgari e bosniaci, originali e tradotti, per bambine e bambini dai 3 ai 10 anni positivi dal punto di vista dei ruoli e dei modelli di genere.[1]

La tavola rotonda è stata pensata come momento di riflessione sulle case editrici indipendenti italiane che, nel caso della letteratura per ragazze e ragazzi, svolgono da alcuni anni un’attività pionieristica e indispensabile pubblicando libri originali e innovativi su tematiche spesso trascurate dall’editoria mainstream, quali ad esempio quelle di genere (Illuminati 2017; Fette 2018; Sezzi 2019; Lepri 2019; Illuminati, Pederzoli 2021; Forni 2021; Pederzoli, Illuminati 2021).

L’attività di queste case editrici si scontra spesso con difficoltà di varia natura, legate al contesto socioculturale e politico, talvolta ostile ad alcune tematiche considerate delicate e divisive, ma anche economiche. Negli ultimi anni, ad esempio, Lo Stampatello ha pubblicato novità con produzioni dal basso, concentrandosi però per ragioni economiche principalmente sul mantenimento del catalogo storico della casa editrice. Donatella Caione, editrice di Matilda, ha invece per molte ragioni deciso di interrompere le sue attività alla fine del 2022. Anche in ragione di queste difficoltà, riteniamo fondamentale far conoscere le attività e le pubblicazioni di queste case editrici, che hanno davvero segnato una svolta per la letteratura per l’infanzia italiana e che continuano a offrire un contributo straordinario in termini di qualità e innovatività all’editoria del nostro paese.

Dal confronto con i e le rappresentanti delle case editrici che sono intervenuti.e sono emersi importanti spunti di riflessione, anche in relazione al ruolo che la traduzione svolge nella pubblicazione di libri senza stereotipi e all’interno della linea editoriale che ciascuna casa editrice si dà. Nelle pagine che seguono, riportiamo dunque la presentazione di ciascuna casa editrice, seguita da alcune considerazioni sulla traduzione presentate alla tavola rotonda.

2. BECCOGIALLO – Federico Zaghis, socio fondatore e direttore editoriale

BeccoGiallo è specializzata nella pubblicazione di fumetti e quando abbiamo fondato la casa editrice, nel 2005, questo significava già andare contro gli stereotipi. In realtà è nata molto prima, tra i banchi di scuola. Al liceo, io e il mio attuale socio ci siamo conosciuti e abbiamo fondato il classico giornale di scuola nel quale, da appassionati della rivista linus, pubblicavamo vignette satiriche. Negli anni siamo rimasti amici e abbiamo sviluppato questo progetto che mette insieme due nostre passioni, per il racconto di realtà e per il fumetto, e si è concretizzato nel 2005 per raccontare fatti reali, eventi storici, biografie attraverso il linguaggio del fumetto. Il nome BeccoGiallo è un omaggio al foglio satirico antifascista degli anni ’20 Il Becco Giallo, la prima rivista a grande diffusione a inserire delle vignette tra le sue pagine.

Gli stereotipi hanno sempre un’origine e per capire come sono nati e si sono sviluppati nella nostra società, sentivamo molto pressante la necessità di raccogliere una serie di storie che fanno parte della memoria collettiva italiana, ma che venivano e vengono ancora oggi ignorate o sono poco conosciute. Le tematiche affrontate creano un puzzle non molto incoraggiante, ma che è bene conoscere per evitare che attecchiscano degli stereotipi. Per questo bisogna cercare di raccontare in maniera fruibile la storia, e qui interviene il fumetto. Tra i libri che fanno parte della primissima collana, Cronaca o Cronaca storica, che oggi si chiama Graphic journalism, si trovano le storie di Falcone e Borsellino e di Peppino Impastato, il delitto Pasolini, le stragi di Piazza Fontana e di Bologna, il sequestro Moro, Ustica, e le biografie, ad esempio di Primo Levi, Fabrizio De André, di cui ci piaceva lo sguardo anticonformista, Gramsci, Adriano Olivetti e tante altre.

Fino al 2014, non traducevamo praticamente nulla e pubblicavamo solo autrici e autori italiani. Oggi la produzione è aumentata e abbiamo raggiunto circa quaranta titoli l’anno, di conseguenza abbiamo iniziato a tradurre. Ad esempio, nella collana Graphic journalism ospitiamo diverse traduzioni, tra cui Lupi bianchi. Rapporto sul terrorismo neonazista in Europa di David Schraven e Jan Feindt (2018), tradotto dal tedesco, che tratta una tematica, quella dell’antifascismo e dell’antinazismo, che ci sta a cuore.

Nel corso degli anni si è aggiunta anche una collana di illustrazione per ragazzi e ragazze, CriticalKids, nata dalle richieste di genitori che cercavano materiale e fumetti per bambini e bambine sulle tematiche trattate dalla nostra casa editrice, considerando che i nostri fumetti sono rivolti a un pubblico a partire dai 14 anni. In questa collana abbiamo pubblicato una serie tradotta dallo spagnolo, ideata da Equipo Plantel e composta da quattro libri (Le donne e gli uomini, 2017; Come può essere la democrazia, 2017; Così è la dittatura, 2018; Le classi sociali, 2018), editi da Media Vaca, casa editrice di Barcellona premiata alla Fiera del libro di Bologna nel 2016 nella sezione Non Fiction. Si tratta di testi originariamente pubblicati nel 1978, in una Spagna appena uscita dal franchismo, che hanno un approccio semplice e diretto, persino crudo, nell’affrontare le tematiche e gli stereotipi di genere o le questioni legate a democrazia, dittatura e classi sociali. Quello che ci ha colpito e interessato è il fatto che i contenuti di questi libri sono ancora attuali e che purtroppo, rispetto ai temi affrontati, dal 1978 ad oggi le cose non sono molto cambiate. Sempre per il pubblico più giovane, nel 2016 abbiamo aggiunto anche delle collane di fumetti per bambini.e, come le due serie molto anticonformiste Adele crudele e Ariol, entrambe tradotte dal francese e composte da un numero consistente di volumi.

Webcomics è un’altra collana che accoglie molti libri tradotti, soprattutto dagli Stati Uniti, come Sarah’s Scribbles di Sarah Andersen, un fumetto molto conosciuto e diffuso, o i volumi di Cassandra Calin (Prendersela comoda, 2018; Oggi esco di casa!, 2021), autrice canadese di origine rumena seguitissima su Instagram e Facebook. In entrambi i casi, abbiamo tradotto i fumetti a seguito di proposte da parte di fan delle autrici, un vantaggio anche in termini commerciali perché alcune di loro sono anche le fondatrici di fanpage, un fenomeno caratteristico del mondo dei webcomics. Sarah’s Scribbles è una serie che critica molto esplicitamente gli stereotipi, la cui autrice ha preso posizioni molto forti contro Trump, un atto di coraggio notevole da parte sua perché è una persona molto timida e anche perché, avendo 4 milioni di followers, può davvero spostare le opinioni. Lunarbaboon (Chris Grady, 2017) è un altro webcomics, arrivato da una proposta ed ha per protagonista un papà genitore a tempo pieno, un “casalingo”, mentre la mamma porta a casa lo stipendio, invertendo la rappresentazione tradizionale. Infine, nei webcomics di Liz Climo viene messo in scena un mondo di animali tutti amici tra loro e anti-stereotipato.

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La nostra collana più vivace è certamente quella dei webcomics, un contenitore di libri in cui riceviamo e ci aspettiamo tante proposte da parte di chi poi normalmente traduce il testo. Talvolta le proposte arrivano da semplici fan che desiderano solo vedere il testo pubblicato e non sono interessati.e a tradurlo. Inviare una proposta in quanto fan di un webcomics è vantaggioso anche per noi, perché se siete appassionati.e di quel webcomics ne conoscerete bene anche tutto il mondo narrativo, i riferimenti, e potrete evitare alcuni errori in cui può cadere chi traduce conoscendo solo superficialmente questo mondo. Nel caso di Sarah’s Scribbles, ad esempio, ci era stata proposta una traduzione ben fatta, con un lessico alto da un punto di vista letterario, ma che non c’entrava nulla con il linguaggio e il gergo che Sarah Andersen usa con i suoi followers. Questo è importante anche per le serie di fumetti per bambini e bambine che traduciamo, come Ariol di Emmanuel Guibert e Marc Boutavant o Adele crudele di Mr Tan e Diane Le Feyer. Queste serie si sviluppano su più volumi, dando vita a tutto un mondo narrativo che va conosciuto; di conseguenza chi traduce il primo volume deve aver letto anche gli altri libri per non perdere riferimenti ricorrenti. La traduzione di queste serie, tra l’altro, ha dato origine ad animate discussioni in casa editrice. Nel caso di Adele crudele, Mortelle Adèle in francese, la traduzione del titolo è stata uno dei nodi più grandi, perché scegliere il nome di una serie, soprattutto se è il nome della protagonista, è una questione molto delicata da più punti di vista, sia filologico, per correttezza nei confronti di chi l’ha ideata, sia commerciale. Tradurre “mortelle” è stata un’impresa notevole e abbiamo valutato molte opzioni. Potevamo lasciarlo in francese, però da un punto di vista commerciale non sarebbe stato molto efficace, oppure potevamo scegliere tra varie soluzioni: “micidiale Adele”, “mortale Adele”, “terribile Adele”, “Adele al fiele”, anticommerciale anche questo. Alla fine abbiamo scelto “Adele crudele”, che ci è sembrato particolarmente calzante perché Adele è una Mafalda dai capelli rossi, per nulla politically correct, tanto che alcune e alcuni insegnanti hanno giudicato alcuni suoi comportamenti non consoni, perché non le interessano i vestiti, ce l’ha a morte con il mondo delle bambole e delle biondine svampite, ma soprattutto ce l’ha a morte con i genitori, conformisti e benpensanti. Insomma Adele è e fa tutto il contrario di ciò che le viene insegnato.

Tornando alle proposte, oltre ai webcomics anche un’intera serie può essere una buona opzione, perché quando acquistiamo dei libri all’estero, facciamo un investimento sotto molti punti di vista: comunicazione, energie, denaro. Però se una serie attecchisce e ha un numero di volumi che permette di portare avanti la pubblicazione per tre, quattro, cinque anni con soddisfazione, per noi è più facile investire.

Naturalmente ci sono lingue in cui per formazione siamo più deboli o lingue che non conosciamo affatto, come il tedesco, il neerlandese, il fiammingo. In questi paesi si pubblicano libri molto interessanti e il mondo del fumetto, specie nei Paesi Bassi e in Belgio, è molto raffinato e acculturato. Anche in questo caso, fare scouting è una buona strada per chi vuole farci delle proposte.

Infine, per quanto riguarda problemi di traduzione o eventuali censure, all’inizio il nostro slogan era “BeccoGiallo fumetto di impegno sociale”, anche se poi lo abbiamo un po’ modificato. In ogni caso non ci siamo mai fatti remore nel tradurre in un certo modo rischiando di urtare la sensibilità di qualcuno, perché il nostro fine è proprio quello di scuotere le coscienze su alcune tematiche, quindi in traduzione solitamente non smussiamo nulla.

3. CAMELOZAMPA – Sara Saorin, fondatrice ed editrice, insieme a Francesca Segato

Camelozampa è una piccola casa editrice e ha questo nome un po’ insolito perché è nata dalla fusione di due realtà ancora più piccole. Inizialmente non volevo fare l’editrice, ero prima di tutto e sono tuttora una traduttrice. Desideravo molto che venisse pubblicato un romanzo di un autore francese per adulti, Alexandre Jardin, che ho proposto a varie case editrici a cui non interessava. Alla fine ho deciso di fondare io stessa una casa editrice, che si chiamava Camelopardus. Poi ho scoperto l’esistenza di Zampanera a pochi chilometri di distanza. Insieme all’editrice, Francesca Segato, abbiamo capito che la cosa più conveniente per entrambe era unire le forze, e così è nata Camelozampa, il cui nome è una crasi dei nomi delle case editrici originarie.

La nostra vocazione è rivolta all’internazionalità: unendo le competenze di Francesca, che conosceva bene il settore della letteratura per l’infanzia, con le mie conoscenze da traduttrice delle modalità di acquisto e vendita dei diritti, abbiamo gettato le basi della nostra nuova casa editrice. Abbiamo iniziato traducendo classici per l’infanzia anglosassoni e francofoni e parallelamente abbiamo pubblicato autori e autrici italiane.

Il nostro progetto editoriale è rivolto principalmente a bambini, bambine e adolescenti. La nostra attività editoriale si basa su tre principi: la bibliodiversità, ovvero l’offerta di una grande varietà di proposte; la biblioarcheologia, la riscoperta di opere del passato che non sono più presenti o non sono mai arrivate nel mercato italiano; una logica a km zero nella produzione e stampa dei libri. La nostra è inoltre un’editoria di catalogo: anche se abbiamo qualche successo editoriale non possiamo contare sulla tiratura dei grandi bestseller, di conseguenza teniamo vivo il nostro catalogo attraverso un’attività costante di valorizzazione. Per introdurre le novità serve invece un continuo lavoro di ricerca, che non si basa soltanto sulle proposte che ci arrivano direttamente da autori e autrici o dagli agenti delle case editrici straniere. Ci affidiamo anche all’aiuto di persone che conoscono bene la letteratura per l’infanzia, ad esempio docenti universitari, traduttori e traduttrici. Per noi la cosa più importante è la qualità delle opere: non siamo una casa editrice che si è data uno scopo o che pubblica libri su particolari argomenti, anche se le questioni di genere e l’inclusione stanno molto a cuore anche a noi, ma per prima cosa cerchiamo un libro che offra una bella storia e che abbia una buona qualità iconica e stilistica. Ad esempio, abbiamo una collana di libretti, Gli Arcobaleni, piuttosto brevi dal punto di vista del numero di pagine ma che secondo noi hanno un peso specifico molto alto, perché affrontano tematiche forti, a volte anche difficili, che piacciono molto ai ragazzi e alle ragazze, nonostante le reticenze degli adulti, sempre timorosi nel mostrare loro le difficoltà della vita. Poi c’è la collana di albi illustrati Le piume, pensata per i più piccoli, mentre Peli di gatto è una collana di narrativa dedicata alla scuola primaria.

Per quanto riguarda gli stereotipi di genere, non ricerchiamo specificamente libri o romanzi che li tematizzino, ma di fatto molte delle nostre opere affrontano questo argomento. Ad esempio stiamo pubblicando Madelief, una serie di cinque volumi per la scuola primaria dell’autore neerlandese Guus Kuijer con una protagonista femminile forte, che non ha peli sulla lingua e difende i suoi amici, un po’ tipo Pippi Calzelunghe. La serie sta avendo molto successo, anche se qualche insegnante era titubante perché nel primo volume la protagonista decide che non vuole un marito e che si vuole sposare con la sua amica Rose. Eppure è un libro del 1975 che si legge in tutta Europa… Ancora, Zagazoo è un albo di Quentin Blake del 1998 che parla dell’arrivo di un bambino in famiglia e ci mostra due diverse coppie, in cui c’è assoluta collaborazione e condivisione dei compiti. Il romanzo francese 3300 secondi di Fred Paronuzzi (2018) racconta le storie di quattro ragazzi che, nell’arco di 3300 secondi, quindi di un’ora di scuola, si trovano ciascuno a una svolta in un momento critico della vita. Il romanzo si apre proprio con Léa, una ragazza che si è appena dichiarata via messaggio a una sua compagna di classe, un personaggio che lo scrittore ha voluto inserire per raccontare una bella storia d’amore. Parlandone con un altro famoso autore, Bernard Friot, abbiamo osservato come in molti casi nei libri si parli di argomenti importanti come fossero dei problemi; ad esempio l’omosessualità fra adolescenti è spesso presentata in chiave problematica. Al contrario, nel romanzo di Paronuzzi, dei quattro ragazzi l’unica a non avere problemi è proprio Léa, che è corrisposta dalla sua amata. Infine anche noi abbiamo avuto un libro che ha suscitato molte polemiche, La famiglia x di Matteo Grimaldi (2017). Il romanzo racconta la storia di un ragazzo i cui genitori biologici finiscono in carcere, e che viene affidato prima a una signora anziana e poi a una coppia di uomini, ma che può anche fare affidamento su molte altre persone, amici, professori, ecc. Alla fine il protagonista arriva alla conclusione che la sua famiglia è un’incognita, una “X” formata da tutte queste variabili, ovvero le persone che si incontrano nella vita e che ci aiutano.

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In un primo momento, mi occupavo di tradurre personalmente tutti i romanzi dall’inglese e dal francese. In seguito, abbiamo molto apprezzato le proposte di pubblicazione di traduttrici e traduttori, ai quali affidavamo poi il lavoro. È stato questo il caso della nostra prima traduzione esternalizzata, Troppa fortuna, un romanzo di Hélène Vignal (2011), proposto e tradotto dalla studiosa e docente universitaria Mirella Piacentini, che è stato selezionato come miglior opera tradotta da IBBY Italia nel 2012. La pubblicazione di questo romanzo è stata importante anche per la creazione della collana Arcobaleni, che all’epoca non esisteva, ma di cui abbiamo intuito il bisogno in quel momento. Per quanto riguarda i rapporti con i nostri traduttori e traduttrici, prediligiamo il contatto diretto, ad esempio in fiera, e in generale chiediamo loro di segnalarci pubblicazioni adatte al nostro catalogo preparando una breve scheda di valutazione e una proposta di traduzione di un campione dell’opera.

Un grande aiuto alla pubblicazione di opere tradotte ci è arrivato dall’Unione Europea: siamo riuscite infatti a vincere un bando di Europa Creativa, che prevede la traduzione di dieci titoli provenienti da vari paesi e che ci ha permesso di aprirci a quelle lingue e letterature che, per mancanza di competenza linguistica, non conoscevamo, come il neerlandese.

Per quanto riguarda le problematiche traduttive, in alcuni casi interveniamo sul turpiloquio, le cosiddette “parolacce”, perché talvolta la parola volgare scritta ha un peso maggiore in italiano rispetto ad altre lingue. Succede ad esempio con la parola francese “merde” che, se tradotta letteralmente, non produce lo stesso effetto in italiano, suonando molto più scurrile.

Per quanto riguarda le questioni di genere, abbiamo avuto diversi problemi con la traduzione di una trilogia francese di Gaia Guasti che ha per titolo La voix de la meute. Alla fine abbiamo optato per La voce del branco, mantenendo la parola “branco”, anche se in italiano è connotata molto negativamente e richiama la cronaca nera, avendo quasi perso l’accezione zoologica originaria. Inoltre, una delle protagoniste è una cagna rossa, ma in italiano la parola “cagna”, come quasi tutti i femminili di animali, ha una forte connotazione sessuale negativa. In questo caso abbiamo optato per un adattamento definendola una “lupa”, nel timore che la traduzione letterale suggerisse a chi legge implicazioni negative del tutto assenti nell’originale.

Purtroppo in Italia esiste un problema di censura preventiva che spesso colpisce le tematiche di genere, nel senso che molte case editrici non osano affrontare certi temi considerati difficili. In Veneto abbiamo avuto anche casi di censura vera e propria di libri per ragazzi e ragazze ritenuti colpevoli di diffondere la “teoria gender”[2], e dunque ritirati dalle scuole o dalle biblioteche da alcuni sindaci. Noi, però, non ci siamo mai lasciate intimidire.

Il problema è che esistono effettivamente argomenti difficili da portare nelle scuole. Molti e molte docenti sono disponibili, altri hanno paura di possibili reazioni negative da parte dei genitori. Questo avviene non soltanto per gli argomenti scabrosi, che riguardano la sessualità, ma anche in altri casi. Ad esempio, alcuni docenti avevano qualche titubanza a leggere a scuola Nella pancia della balena di Alice Keller (2017), storia di una mamma separata che non torna a casa e del figlio che rimane solo. Alcune tematiche poi sono particolarmente delicate. Camelozampa ha pubblicato ad esempio un romanzo molto bello di Marie-Aude Murail, La figlia del Dottor Baudoin (2017), che parla dell’interruzione volontaria di gravidanza a un pubblico di adolescenti. Non si tratta soltanto della classica storia di una ragazza che resta incinta e non sa se abortire, perché questo è un romanzo corale, in cui sono presenti molte figure femminili che si sono trovate a questo bivio. Ad esempio la madre di famiglia che è incinta e scopre di dover fare una chemioterapia, un’altra che scopre di essere tradita dal marito, di conseguenza accettare di portare avanti la gravidanza vorrebbe dire in qualche modo rimanere con il marito fedifrago, insomma molte sfaccettature di uno stesso argomento. In questo caso non abbiamo avuto problemi di censura, però è interessante osservare che l’editore storico di questa scrittrice in Italia, Giunti, non ha pubblicato proprio questo romanzo, considerato uno dei migliori che ha scritto, probabilmente per una forma di censura preventiva. Del resto si tratta di un grande editore che si rivolge a un pubblico molto ampio e che forse non può o vuole permettersi di avventurarsi in questo genere di argomenti. Noi piccoli editori, al contrario, abbiamo e rivendichiamo maggiore libertà di azione, di conseguenza chi ha proposte che potrebbero essere “scomode” sarà più facilmente accolto fra le case editrici medio piccole rispetto alle grandi.

Concludo dicendo che non siamo favorevoli all’addomesticamento in traduzione; al contrario riteniamo che il testo tradotto sia uno strumento per aprire finestre su nuovi mondi, nuove realtà, per questo non troviamo opportuno un adattamento eccessivo. Lasciamo che le ragazze e i ragazzi esplorino un po’, fuori dal loro orticello, e nel caso in cui non conoscano una parola hanno tutti gli strumenti per controllare in pochi secondi cosa vuol dire.

4. EDT GIRALANGOLO/SOTTOSOPRA – Luisella Arzani, direttrice editoriale

Giralangolo è un marchio per ragazzi e ragazze della casa editrice EDT, che pubblica tra le altre cose le guide Loneley Planet in Italia. Naturalmente il fatto che EDT sia una grande casa editrice incide in termini di distribuzione e posizionamento sul mercato di Giralangolo e influenza le scelte di catalogo. Giralangolo può vantare un catalogo variegato, composto da illustrati, narrativa, i cosiddetti fuoriserie, libri particolari per il tipo di formato (ad esempio libri gioco), o ancora Milly Molly, la prima collana con cui è nato il marchio, 12 anni fa.

Nel 2014, Giralangolo ha creato una nuova serie di libri illustrati dedicata all’identità di genere, in una prospettiva di contrasto agli stereotipi e di educazione al rispetto. EDT e Giralangolo hanno deciso di sposare questa “causa editoriale” perché un editore generalista deve capire quali sono le esigenze di un dato momento storico e trovare prodotti che soddisfino queste necessità, sopperendo a eventuali mancanze sul mercato editoriale. Ci occupiamo di questi temi perché vogliamo raccontare a bambini e bambine ciò che succede nel mondo. Nel caso di Sottosopra è stato creato un marchio e uno slogan – “Una collana di libri per bambine e bambini” – per conferirgli un’identità precisa all’interno di un catalogo più vasto. Per la nostra casa editrice è importante avere un’offerta che sia la più varia possibile, e quando ti occupi di temi specifici e delicati come questi è bene che siano disseminati all’interno del catalogo per raggiungere un pubblico molto ampio. L’obiettivo primario è andare a intercettare il/la cliente occasionale, che entra in libreria senza cercare un libro su un argomento specifico, ma può essere attirato da un albo illustrato per il suo titolo e avvicinarsi a queste tematiche. In altre parole, non si tratta soltanto di intercettare chi è già interessato a quel tema, la sfida vera è quella di riuscire a portare pian piano, come tante gocce, questi libri e queste aspirazioni anche nelle case di chi non necessariamente vi è già sensibile.

L’obiettivo primario è di fare libri belli, divertenti, di qualità e solo successivamente preoccuparsi che vendano bene. In questa collana abbiamo pubblicato nel tempo un’ampia rassegna di testi. In questi anni l’attenzione a queste tematiche è cresciuta molto, anche grazie alle polemiche e alle opposizioni che ci sono state e che, quantomeno, sono servite per parlarne. Anche noi abbiamo avuto libri inseriti in liste di volumi vietati o osteggiati, ad esempio Una bambola per Alberto (di Charlotte Zolotow, illustrazioni di Clothilde Delacroix, 2014) e La principessa e il drago (di Robert Munsch, illustrazioni di Michael Martchenko, 2014), che sono anche, non casualmente, fra i nostri libri più venduti. Si tratta infatti di albi pubblicati in ambito anglosassone negli anni ’70 e che, ancora adesso, vengono utilizzati nei corsi sulla parità di genere negli Stati Uniti. In questi anni ci siamo rese conto di quanto sia importante pubblicare storie il cui argomento sia l’identità di genere, riscontrando al tempo stesso molte difficoltà nel trovare libri adeguati. Per questo motivo, quando abbiamo avviato la collana abbiamo sentito la necessità di affidarci a un’esperta che ci indirizzi e ci dica cosa ha senso proporre e cosa rischia invece di diventare un capovolgimento dello stereotipo, un antistereotipo, che può diventare addirittura dannoso. Questa esperta è Irene Biemmi, una studiosa dell’Università di Firenze che si occupa di pedagogia di genere e letteratura per l’infanzia. Con lei valutiamo i libri di editori stranieri che arrivano dagli agenti, proposte di autori e autrici italiane, che non sono molte e sono spesso di valore discutibile, e bibliografie, in particolare di testi inglesi e francesi. Facendo questo lavoro di ricerca ci siamo rese conto di come alcuni albi concepiti negli anni ’70 siano più solidi, mentre spesso quelli più recenti tendono a inseguire una moda, diventando controproducenti perché eccessivi, troppo dichiaratamente “pro”. Una bambola per Alberto e La principessa e il drago sono storie che garbatamente raccontano cose ovvie, cioè che un bambino può giocare, oltre che con il trenino e la palla, anche con una bambola, o che una principessa può decidere di non sposare il principe. Dal mio punto di vista è importante proporre alternative che allarghino il ventaglio senza restringerlo né cancellare ciò che c’era prima. Insomma ci siamo dette che forse bisogna andare a recuperare quello che è stato fatto in passato, perché veniva fatto in tempi “non sospetti”, in cui non c’era questa voglia di rivendicazione molto forte, che spesso nei libri finisce per essere controproducente.

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Anche da noi le proposte che arrivano da traduttori e traduttrici sono sempre ben accolte, ma tutte sono subordinate a una prova di traduzione. Se la prova è soddisfacente affidiamo il lavoro a chi ha proposto il testo. Valutiamo innanzitutto la correttezza rispetto alla lingua d’origine, quindi la conoscenza della lingua di partenza, tipicamente il francese e l’inglese, e la padronanza della lingua italiana. A volte capita che chi traduce comprenda perfettamente un’espressione inglese, ma non riesca a renderla efficacemente in italiano. Spesso osservo nelle traduzioni una scarsa varietà lessicale, la tendenza a utilizzare gli stessi stilemi, gli stessi avverbi e aggettivi, e questo capita tipicamente con la lingua inglese, mentre in italiano è necessario talvolta rendere le frasi in modo più fluido, più verboso e scorrevole, rispetto alla sintesi che contraddistingue l’inglese. Questo per me è un presupposto di base, nel senso che dal mio punto di vista conta molto di più la capacità di offrire una varietà linguistica e lessicale, una padronanza della lingua e la capacità di rendere in italiano l’atmosfera, lo spirito, il tono del testo originale rispetto a un puro e semplice errore di traduzione, che in fase di editing si può correggere, mentre se il tono, lo stile e il lessico sono monotoni e piatti non si possono più cambiare.

Le proposte vengono sempre valutate con i tempi consueti di una casa editrice che ne riceve una gran quantità; cerchiamo sempre di vagliarle tutte, e, se sono buone, le discutiamo con il traduttore o la traduttrice e richiediamo una prova di traduzione. Nel caso di Sottosopra è un po’ diverso perché la curatrice, Irene Biemmi, fa una selezione preventiva a partire dai testi originali, scegliendo quelli più adatti alla collana. A volte ci è capitato di intervenire sulle illustrazioni, ad esempio nel caso di Cenerentola e la scarpetta di pelo di Davide Calì (2017), un albo che l’autore ha pubblicato dapprima in inglese e poi in francese e che noi abbiamo acquistato in traduzione francese. Nell’ultima tavola di questo libro, una tavola muta, Cenerentola dopo il ballo si rende conto che tutto sommato il principe non le piace affatto, esce dal palazzo e, tornando verso casa, vede la pubblicità di una fiera di mestieri per le ragazze. L’illustrazione propone una panoramica dei vari stand con i mestieri, tutti convenzionalmente considerati come maschili: ad esempio in primo piano ci sono due ragazze che fanno a braccio di ferro, mentre altre due sono vestite da guerriere e impugnano una lancia. A nostro avviso, si trattava di un capovolgimento degli stereotipi eccessivo e limitante: l’idea è di proporre altri modelli senza sostituire per forza quelli vecchi. Di conseguenza abbiamo chiesto a un’illustratrice alcune modifiche, di “alleggerire” alcune immagini e inserirne altre, perché, ad esempio, anche fare la parrucchiera può consentire di mantenersi da sé, senza aver bisogno di un principe.

Per quanto riguarda invece la narrativa, cerco di essere il più rispettosa possibile del testo originale. La nostra narrativa ha proprio come obiettivo di proporre in Italia storie di adolescenti, situazioni quotidiane o episodi che si svolgono a scuola, ambientati in altri paesi o epoche storiche, di conseguenza credo sia importante lasciare i riferimenti culturali del testo di partenza e talvolta anche alcune espressioni idiomatiche. Ad esempio in un romanzo di Françoise Dargent dedicato a Nureyev a un certo punto si dice che il protagonista diventa “rosso come una barbabietola”. La traduttrice aveva optato per l’espressione idiomatica italiana, “rosso come un peperone”, ma io ho preferito il riferimento alla barbabietola, perché la storia si svolge nella Russia degli anni ’50, in cui i peperoni erano pochi ma c’erano molte barbabietole.

Il lavoro con traduttrici e traduttori deve svolgersi a quattro mani: io collaboro sempre con loro, e a meno che non mi renda conto che c’è stato un atteggiamento superficiale, ho sempre il massimo rispetto per le traduzioni, pensando che un aggettivo, una congiunzione, un avverbio siano stati valutati molte volte prima di essere collocati lì, quindi se ho delle perplessità ne discuto col traduttore.

Le piccole case editrici devono essere attente, non devono essere mai superficiali per non rischiare di avere problemi di credibilità e pubblicare libri inadeguati al loro catalogo. Le cosiddette linee guida vengono concordate di volta in volta con chi traduce a seconda delle caratteristiche del testo, anche per conoscersi reciprocamente. In particolare la traduttrice/il traduttore deve capire cosa vuole la casa editrice. Ci sono editori che intervengono molto sul testo, che tendono a edulcorare, operare dei tagli, fare modifiche significative, ma non è il nostro caso.

Rispetto alle questioni di genere, ricordo un unico intervento significativo su un libro illustrato della nostra collana. Si tratta de Il grande libro dei mestieri di Eric Puybaret (2014), un albo in cui vengono descritti vari mestieri. In questo caso abbiamo optato per una piccola forzatura nella traduzione dal francese declinando i mestieri sia al maschile che al femminile, laddove invece nel testo originale alcuni mestieri erano solo maschili e altri mestieri solo femminili, ma in quel caso si è trattato di una forzatura coerente con lo spirito della collana.

5. LO STAMPATELLO – Maria Silvia Fiengo, fondatrice ed editrice, insieme a Francesca Pardi

Quando abbiamo fondato Lo Stampatello, io e mia moglie, Francesca Pardi, non ci sognavamo di aprire una casa editrice e ancora oggi abbiamo altri lavori. Quando è nata la nostra prima figlia ci siamo subito rese conto, andando in libreria, che i libri offrivano una rappresentazione del mondo molto rigida e parziale, soprattutto per quanto riguardava le famiglie non tradizionali. In particolare non c’erano libri che lasciassero a bambini e bambine una visione della famiglia e del mondo più aperta e fluida. Abbiamo iniziato a comprare libri stranieri, in cui nostra figlia potesse rispecchiarsi, perché in quella fase, all’inizio della vita cognitiva, il libro è fondamentale per ritrovarsi ed è anche uno strumento di conoscenza e di crescita. Successivamente, abbiamo iniziato a scrivere noi stesse libri per nostra figlia e man mano che lei cresceva, compagni di scuola e amici ci chiedevano consigli sui libri da leggere. Alla fine abbiamo stampato un librettino per noi, con una tiratura di 100 copie che sono subito finite. Era un libro in cui si raccontava la storia della nostra famiglia, che poi è diventato Piccola storia di una famiglia (di Francesca Pardi e BUM illustrazioni, 2011). Lo abbiamo mandato ad alcuni editori, con la volontà di dire io esisto, faccio parte del mondo e in quel discorso pubblico che sono i libri e la libreria ci sono anche io. Il testo avrebbe dovuto essere pubblicato da un grande editore, che all’ultimo ha fatto marcia indietro, sostenendo che era troppo particolare e affrontava un tema troppo difficile. A quel punto abbiamo capito che non ci sarebbe stato un editore pronto a fare questo passo e abbiamo fondato la nostra piccola casa editrice pubblicando questo primo libro, era il 2011.

Ci interessava anche raccontare altre situazioni famigliari e avevamo pensato di proporre una collaborazione ad Altan: visto che il nostro discorso era minoritario nei contenuti, volevamo che parlasse un linguaggio riconoscibile dal punto di vista delle immagini. All’epoca, la Pimpa era il personaggio preferito di bambine e bambini di quella fascia d’età, perciò abbiamo pensato di proporlo ad Altan che, però, non si sentiva a suo agio a illustrare esseri umani in un libro per questo pubblico, dal momento che i suoi personaggi umani sono sempre un po’ “mostruosi”. Francesca Pardi ha allora rielaborato il testo introducendo personaggi animali e trasformandolo in quello che è poi diventato Piccolo uovo (2011), lo ha mandato ad Altan che, dopo una settimana, ci ha inviato le illustrazioni per il libro. Altan ha avuto un ruolo importante per questa storia, che parla esplicitamente di omosessualità a bambini e bambine, un enorme tabù in un paese omofobo come l’Italia. Per farla breve, il libro ha avuto un grande successo, ha vinto il Premio Andersen per la fascia 0-6 anni nel 2012, ma è anche finito subito al centro di una serie di polemiche e di vicende, anche giudiziarie, che hanno poco a che fare con la letteratura per l’infanzia e con gli albi illustrati. Dopo queste prime esperienze, con una casa editrice ormai fondata, desideravamo che la nostra produzione non rimanesse limitata a un discorso minoritario, ma potesse rivolgersi a tutti e tutte, pubblicando testi in cui venivano affrontate anche altre tematiche. Avendo ricevuto una piccola eredità, abbiamo deciso di ampliare la casa editrice, stampando una trentina di libri, che hanno tutti una vocazione sociale, perché quello che caratterizza Lo Stampatello, il nostro esistere come casa editrice, è la volontà di operare un cambiamento.

Oltre all’omogenitorialità, che ci contraddistingue e che forse rimane la nostra novità editoriale, trattiamo le tematiche di genere, strettamente correlate; ci siamo occupate anche di discorsi minoritari, pubblicando testi che raccontano ad esempio le migrazioni (Il mio primo giorno in Italia e mi scappa la cacca di Maria Silvia Fiengo e Raffaele Fiengo, illustrazioni di Antongionata Ferrari, 2014) o parlano delle diverse dis/abilità. Trattando temi così difficili, ci siamo sempre basate sulla realtà: la collana Piccola storia di una famiglia, oltre che di omogenitorialità parla di genitori single (Una mamma e basta di Francesca Pardi e Ursula Bucher, 2013), di famiglie allargate (Qual è il segreto di papà, storia di una famiglia separata in cui il papà è gay e vive con un altro uomo, scritto da Francesca Pardi e illustrato da Desideria Guicciardini nel 2011), di adozione. I nostri libri partono sempre da storie vere, sia perché ci interessa il discorso della testimonianza, sia perché quando si parte dalla realtà si è sempre molto meno attaccabili. Esistiamo e in questo modo esistiamo anche nei libri.

Per noi è difficile stare al passo con i ritmi dell’editoria per ragazzi e ragazze, che impone di pubblicare costantemente nuovi titoli, perché non abbiamo finanziatori esterni, né una base economica molto solida. Paradossalmente la nostra novità rimangono i nostri primi libri e le nuove pubblicazioni vengono finanziate con le produzioni dal basso, concentrandoci su testi in cui crediamo particolarmente. È il caso di The girl guide (di Marawa Ibrahim e Sinem Erkas, 2019) che affronta in maniera inedita l’adolescenza e i cambiamenti del corpo; ad esempio nel libro si parla di mestruazioni oppure del rapporto con i social network in una maniera veramente libera rispetto agli stereotipi di genere, che sono ancora molto forti in questa generazione.

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Essendo una casa editrice di sole due persone che fanno tutto in casa, anche la traduzione viene gestita internamente: dal francese e dall’inglese traduce Nicoletta Pardi, la madre di Francesca, che ha lavorato a lungo come traduttrice di fumetti. Negli altri casi, se riceviamo delle proposte interessanti, incarichiamo chi ce le ha sottoposte di occuparsi della traduzione. Il lavoro di scouting è particolarmente prezioso nel caso di lingue rare, in particolare da paesi del Nord Europa o dai Paesi Bassi che offrono una produzione interessante, così come è importante per noi che traduttori e traduttrici si attivino per attingere a finanziamenti.

Un ambito che ci interessa sono i libri a tematica LGBTQ+ per bambini.e, purché non siano libri a tesi o troppo didascalici, ma con personaggi a tutto tondo, fuori dagli stereotipi. Il tema può essere trattato anche in maniera indiretta, ad esempio attraverso personaggi secondari. Spesso le proposte italiane sulle tematiche risentono di una rappresentazione stereotipata, in cui l’omosessualità è descritta in maniera drammatica come un problema. La traduzione è importante anche per altre tematiche tabù, ad esempio l’aborto e per libri considerati non pubblicabili dalla maggior parte degli editori per gli argomenti che affrontano.

Per quanto riguarda invece la questione delle sfide traduttive, posso dire che in alcuni casi siamo intervenute sui testi di partenza. Ad esempio, nel tradurre gli albi di Elisabeth Brami sui diritti dei bambini e delle bambine, ci siamo rese conto che la Francia vive i ruoli e le identità di genere in maniera diversa rispetto all’Italia. Nel volume dedicato ai papà, uno dei diritti è quello di arrabbiarsi e alzare la voce. Per noi, in Italia, non era ammissibile, perciò abbiamo discusso a lungo con l’editore e l’autrice, perché in un paese sessista, dove esiste un machismo violento, ci sembrava di legittimare degli atteggiamenti per noi inaccettabili. Abbiamo dunque modificato quella pagina, scrivendo “ma non aver voglia di arrabbiarsi o alzare la voce”.

Un altro esempio interessante di intervento fatto in fase di traduzione riguarda La nonna in fuga (di Janneke Schotveld e Annet Schaap, 2014), romanzo neerlandese che racconta le avventure un po’ alla Pippi Calzelunghe di una nonna, un personaggio femminile divertente e anticonformista, e della sua nipotina. In una di queste, le due entrano in una chiesa cattolica e fra le altre cose pasteggiano con le ostie. Ci siamo chieste se in un paese cattolico come l’Italia questo gesto fosse percepito come blasfemo e, dopo averne discusso con l’autrice, abbiamo deciso di modificare questo passaggio. Più che di censura ci è sembrata un’opera di traduzione, che consiste nel trasporre una realtà e visione del mondo in un’altra, perché quel libro non voleva essere blasfemo, voleva semplicemente essere divertente.

Più recentemente, in The girl guide abbiamo aggiunto un paragrafo per parlare di contraccezione, assente nel testo di partenza, ma che ci sembrava importante. Per noi tradurre è in qualche maniera una riscrittura, un’operazione che non interessa solo le parole, ma che implica anche una trasposizione del senso che un libro può avere in un paese e del senso che deve poi avere nel nostro. Quindi c’è un lavoro di riadattamento, come nei casi in cui abbiamo chiesto di utilizzare espressioni più inclusive. Ad esempio, avendo una particolare sensibilità sull’omogenitorialità, abbiamo chiesto di sostituire “la mamma e il papà” con “le mamme e i papà”, un plurale che include tutti i genitori.

6. MATILDA EDITRICE – Donatella Caione, fondatrice ed editrice

Matilda è una piccola casa editrice nata da un’esigenza personale di madre, perché mia figlia intorno agli otto-nove anni si era stancata di leggere solo libri che parlavano di principesse o personaggi femminili in cui lei non riusciva a identificarsi, e mi chiedeva perché i personaggi che le piacevano fossero tutti maschi. La mia infanzia di appassionata lettrice era stata contraddistinta al contrario da bellissimi personaggi femminili, da Pippi Calzelunghe a Nancy Drew. Ho sentito quindi l’esigenza, nel momento in cui stavo iniziando quest’attività, di scegliere storie in cui le protagoniste fossero diverse dalle bambine presenti nella maggior parte dei libri disponibili in quel momento sul mercato. All’epoca, parliamo di quasi vent’anni fa, il mercato editoriale era diverso, c’era una forte presenza di stereotipi sessisti. Purtroppo ci sono ancora, ma esistono anche molte pubblicazioni innovative e di qualità. Oltre a fare l’editrice, sono impegnata anche nel volontariato e faccio parte di un’associazione che si occupa di contrasto alla violenza contro le donne. Combinando le due attività, l’associazionismo e l’editoria, ho sentito la necessità di approfondire alcune tematiche, proprio perché avevo bisogno di un certo tipo di testi per svolgere quest’attività. Sono nati così una serie di libri più specifici riguardo al tema del genere, in cui si parla dell’importanza di un linguaggio che nomini il maschile e il femminile, o in cui si raccontano storie di donne importanti del passato, sia come singole figure sia come categorie, ad esempio le lotte delle mondine o delle donne partigiane. Abbiamo pubblicato un albo illustrato, Una strada per Rita di Maria Grazia Anatra e illustrato da Viola Gesmundo (2017), sulla mancanza di una toponomastica femminile nei nomi delle strade, e un altro ancora, Se dico no è no, di Anna Maria Piccione e Viola Gesmundo (2018), in cui abbiamo cercato di spiegare alle bambine e ai bambini che ci sono cose su cui si ha il diritto di dire no, a cominciare dal rispetto per il proprio corpo. Anche a un bacio o a una carezza non graditi possiamo e dobbiamo dire no. Abbiamo quindi raccontato di bambine libere di scegliere i propri sogni, le proprie ambizioni, di perseguire i propri desideri. Abbiamo inoltre dedicato due pubblicazioni, entrambe di Maria Grazia Anatra, Possiamo tenerlo con noi (2018) e La bambina che aveva parole (2020), a un progetto sulla violenza assistita, un tema di cui si parla pochissimo.

I nostri sono libri che non parlano solo alle bambine, ma anche ai bambini, anche se purtroppo, a causa di stereotipi molto radicati, se un libro ha un bambino in copertina si rivolge a tutti, mentre se in copertina c’è una bambina non è così. Ad esempio non credo che se Harry Potter avesse avuto per titolo Hermione Granger avrebbe avuto il successo straordinario che ha avuto. Di conseguenza credo sia importante pubblicare libri che abbiano bambine nel titolo e sulla copertina pur rivolgendosi anche ai maschi, che sono ancora più condizionati da un’educazione stereotipata. Infatti se diciamo a una bambina che è un maschiaccio quasi le facciamo un complimento, mentre il contrario non è altrettanto vero, fare la “femminuccia” è un insulto perché il bambino si abbassa al femminile. È importante incoraggiare i bambini ad esprimere i propri sentimenti. Al contrario se incoraggiamo un bambino a manifestare la sofferenza non attraverso le lacrime ma con rabbia, magari prendendo a calci le cose, stiamo già in qualche modo legittimando quella che in futuro potrebbe diventare una forma di violenza. Non è mia intenzione dare precetti o consigli, bensì fornire nuovi modelli e possibilità, incoraggiando le bambine a sentirsi libere, anche di voler essere principesse, ma chiedendoci al tempo stesso quanto la società e l’educazione che ricevono le renda capaci di compiere scelte davvero autentiche. Si tratta di educare al pensiero critico, alla facoltà e capacità di scelta, sapendo che si devono avere anche le basi culturali per farlo. E questa libertà si può costruire attraverso i giochi, i messaggi dei media e i libri.

Matilda è nata come casa editrice Mammeonline, all’interno di una comunità di mamme, sui temi dell’infertilità, della fecondazione assistita e della genitorialità. Poi crescendo l’area dell’infanzia è diventata prevalente e sei anni fa ho sentito l’esigenza di darle un nome che parlasse di più di quello che faccio. Il nome si riferisce alla Matilda di Roald Dahl, ma è anche un acronimo: Multicultura, Accoglienza, Tenacia, Identità, Lettura, Diversità, Affettività. I temi prevalenti sono le diversità, l’affettività, l’identità di genere, ma anche la multiculturalità e l’accoglienza, che sono strettamente collegate (solitamente chi è sessista è anche razzista), i due discorsi devono procedere in parallelo e incrociarsi. Ho poi scoperto la ricerca di una femminista americana, Matilda Joslyn Gage, che ha studiato per prima quello che si chiama “l’effetto Matilda”, ovvero il sistematico oscuramento dei risultati scientifici ottenuti dalle donne, e il nome Matilda mi è piaciuto ancora di più.

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Non ho tradotto molti libri, perché a me piace farli nascere, riflettendo con le amiche autrici sui temi da sviluppare. Essendo impegnata nell’associazionismo, considero però molto importante il tema di un linguaggio che nomini il femminile. Conosco le linee guida nell’ambito del linguaggio amministrativo, e credo che sia necessario svilupparne anche in ambito letterario. Nel caso di Matilda, ho sempre affidato la traduzione di libri in lingua straniera ad amiche che sono anche autrici e che conoscono così bene il mio pensiero e la mia linea editoriale da sapere cosa è importante per me in traduzione.

In italiano facciamo molta fatica a nominare il femminile, a volte lo viviamo quasi come una difficoltà, e nel caso della letteratura è una faccenda delicata. Ad esempio in un albo, un testo di poche parole che per sua natura è anche un po’ poetico, non funziona ripetere meccanicamente “bambini” e “bambine”, di conseguenza bisogna trovare un modo per nominarli e nominarle tutte senza utilizzare un linguaggio ripetitivo. Ma ho anche scoperto, pur invidiando un po’ le lingue come l’inglese in cui questo problema non si pone perché esiste il neutro, che a volte dover specificare il femminile è anche una grandissima opportunità. Ad esempio in un albo illustrato che ho tradotto, L’elefante sulla luna (di Gosia Herba e Mikolaj Pa, 2018), la protagonista è un’astronoma e in inglese viene chiamata “the lady astronomer”, mentre in italiano non ho avuto un attimo di esitazione nell’eliminare quel “lady” necessario in inglese, perché “the astronomer” non avrebbe detto niente sul sesso della protagonista. Ho pensato in quel caso che è molto più potente dire “l’astronoma” invece di “la signora astronoma”, utilizzando l’epiteto “signora” che spesso si usa per le donne mentre gli uomini vengono chiamati con i titoli professionali. Ritengo dunque importantissimo educare a questo uso del linguaggio di genere, il che implica anche uno studio, perché in base al tipo di testo occorre trovare le formule adatte. Al contrario nel linguaggio amministrativo è facilissimo evitare di dire “i cittadini e le cittadine” optando per la “cittadinanza”, così come a scuola basta dire “il corpo docente” per non dover ripetere “i docenti e le docenti”. Allo stesso modo, quando parliamo ai bambini e alle bambine, dobbiamo trovare espressioni che li nominino tutti.

In alcuni casi chi traduce deve svolgere un ruolo di mediazione, conoscere il contesto di cui si sta parlando in maniera approfondita. Sto leggendo in questo momento un libro molto bello, Stupro a pagamento di Rachel Moran, che secondo me è tradotto molto male, da una persona che non conosce a fondo il mondo della prostituzione, della violenza contro le donne e del sessismo. Noto frasi che mi creano disagio e sono sicura che non appartengono alla lingua originale, ma solo alla traduzione. Ne ho avuto conferma quando una studentessa italiana a Madrid ha dedicato la sua tesi alla traduzione di un libro che ho pubblicato, Chiamarlo amore non si può (2014), una raccolta di racconti sulla violenza contro le donne che è anche uno dei più venduti della casa editrice. La studentessa ha dimostrato come sia molto difficile tradurre quel libro, a causa dei diversi contesti culturali in Spagna e in Italia, in particolare per quanto riguarda il modo in cui viene considerata la violenza contro le donne, in cui vengono considerati i rapporti tra i giovani e le giovani o il sessismo, per questo la sua traduzione richiede una conoscenza profonda delle società dei due paesi. Quindi in questo senso chi traduce deve essere anche un mediatore o una mediatrice culturale.

7. SETTENOVE – Monica Martinelli, fondatrice ed editrice

Settenove è nata nel 2013 con l’obiettivo di dare un piccolo contributo alla prevenzione delle discriminazioni e della violenza di genere. Si tratta di un progetto integrato, declinato in molte tipologie testuali: albi illustrati, narrativa, audiolibri, saggistica, proposte per educatori ed educatrici, formazione continua per operatrici.tori dei centri antiviolenza e centri di trattamento maltrattanti. Il nome della casa editrice deriva dal 1979, anno dell’emanazione della CEDAW, la Convenzione internazionale contro ogni forma di discriminazione e violenza contro le donne, che per la prima volta ha identificato lo stereotipo di genere come seme della violenza.

Il progetto nasce da una mia esigenza, che non deriva tuttavia da esperienze personali negative. Ho una formazione giuridica, che mi ha portato a fare ricerca nell’ambito della violenza di genere durante i miei studi in Spagna, entrando in contatto con alcuni centri antiviolenza.

Lavorare in ambito editoriale contro la violenza di genere significa lavorare sulla percezione e l’immaginario. Gli albi illustrati fanno parte di un progetto più ampio e non sono rivolti soltanto a decostruire gli stereotipi, ma soprattutto a costruire immaginari e a riportare la complessità del reale all’interno di queste forme narrative.

I primi libri con i quali Settenove si è affacciata sul mondo editoriale sono quattro: Meat market, un saggio di denuncia di Laurie Penni (2013), editorialista del Guardian, e tre libri per l’infanzia. Si tratta di C’è qualcosa di più noioso che essere una principessa rosa di Raquel Díaz Reguera (2013), il libro che ha venduto più copie nella storia di Settenove, June e Léa di Sandra Desmazières, illustrazioni di Sandrine Bonini (2013), e Papà aspetta un bimbo di Frédérique Loew, illustrazioni di Stéphane-Yves Barroux (2013). Questi tre titoli volevano dare un’impronta alla casa editrice all’insegna della propositività. C’è qualcosa di più noioso che essere una principessa rosa è un albo di rottura, perché dichiaratamente rompe i cliché di un personaggio tipico per le bambine e i bambini, mentre Papà aspetta un bimbo narra la storia di un papà che durante i nove mesi di gravidanza attende la nascita del figlio, un immaginario che spesso nei libri per l’infanzia non viene rappresentato. June e Léa non tratta apparentemente tematiche di genere, perché racconta la vita di due sorelle che vivono praticamente in simbiosi, affrontando il distacco e poi la ricucitura del rapporto. In realtà nel corso delle pagine, le due ragazze immaginano molti futuri e mestieri possibili, fino a ritrovarsi come donne mature, adulte, ciascuna con la propria individualità.

Percentualmente i libri di decostruzione di stereotipi, negli albi illustrati, sono meno numerosi rispetto a quelli che propongono nuove rappresentazioni. Ad esempio, in Cielo di lentiggini di Inês D'Almëy, illustrazioni di Alicia Baladan (2018), tradotto dal portoghese, due bambine giocano con il corpo, immaginando che le lentiggini siano la via lattea posata su una di loro, mentre i nei dell’altra sono gli indizi di una mappa. Nel libro non viene affrontato il tema del difetto, bensì il riconoscimento della diversità reciproca del corpo, della bellezza e unicità di ciascuno.a di noi.

C’è poi la collana Educazione al genere, che raccoglie esperienze italiane ed estere di prevenzione delle discriminazioni di genere, esperienze già avviate sul campo e presentate in chiave divulgativa per educatori.trici e operatori.trici dei centri antiviolenza. Alcuni dei volumi riguardano l’educazione delle giovani generazioni all’affettività e al genere in una prospettiva di prevenzione della violenza contro le donne, ad esempio Di pari passo. Percorso educativo contro la violenza di genere di Nadia Muscialini (2013) e Leggere senza stereotipi. Percorsi educativi 0-6 anni per figurarsi il futuro di Elena Fierli, Giulia Franchi, Giovanna Lancia, Sara Marini (Associazione S.Co.S.S.E, 2015).

Un’altra recente collana, Storie nella storia, realizzata in collaborazione con la Società italiana delle storiche, cerca di mettere al centro la vita delle donne, facendo emergere il loro contributo. Nel primo volume, Preistoria di Elisabetta Serafini e Caterina Di Paolo (2018), si fa riferimento anche al contributo di bambini e bambine alla costruzione del mondo; ricerche molto recenti hanno infatti evidenziato che i giochi trovati in alcuni insediamenti sono stati costruiti direttamente da loro. Altre offrono una rappresentazione della vita famigliare diversa da quella che ci è stata proposta tradizionalmente nei manuali di storia, dimostrando che le donne avevano una vita molto attiva e un ruolo fondamentale nella raccolta e nell’agricoltura, da cui dipendeva la sopravvivenza.

Infine la collana Scellino raccoglie saggi prevalentemente di denuncia e inchieste sullo sfruttamento sessuale e lavorativo, come nel caso di Oro rosso. Fragole, pomodori, molestie e sfruttamento nel Mediterraneo, di Stefania Prandi (2018).

Nei nostri libri affrontiamo tematiche spesso difficili da far accettare in Italia e che in alcuni casi hanno incontrato una certa reticenza da parte del pubblico o forme di censura indiretta. È questo il caso di Noi tre di Zita Dazzi (2017), un romanzo per giovani adulti in cui si parla esplicitamente di uno stupro. L’autrice aveva presentato questo libro a una grande casa editrice che era intervenuta per renderlo in qualche maniera presentabile al suo pubblico; alla fine, dopo un lungo lavoro di riscrittura le hanno detto che non era possibile pubblicarlo. Zita Dazzi l’ha proposto a Settenove, e io ho deciso subito di pubblicarlo, perché è un libro bellissimo, con dei personaggi ben tratteggiati e una rappresentazione realistica e non moraleggiante dello stupro, priva dei luoghi comuni che accompagnano spesso questo tipo di violenza. Eppure è uno dei libri che fatico di più a vendere, un romanzo che crea difficoltà, non soltanto a chi non vuole affrontare il tema, perché è un po’ tabù, ma anche a chi vorrebbe affrontarlo ma non se la sente di portarlo a scuola. Ho parlato con molte.i insegnanti che hanno provato a farlo adottare nelle classi, però poi hanno scelto altri testi.

Un nostro libro che invece viene sistematicamente letto nelle scuole è Mia di Antonio Ferrara (2015), che racconta di un femminicidio tra adolescenti, dal punto di vista del carnefice. Si capisce subito chi è l’assassino, quindi non è un giallo, e tutto il libro è volto a capire attraverso le parole del protagonista cosa lo ha portato a compiere quel gesto terribile, ovvero i turbamenti, la mancanza di educazione sentimentale, le difficoltà, la gente che non ha colto nulla, tutto il contesto sociale.

Infine, molto velocemente, rispetto alla questione “gender”, Settenove è nata nel 2013, proprio in piena polemica sulla “teoria del gender”, di conseguenza sono abituata a gestire questa difficoltà, anche con insegnanti e dirigenti delle scuole.

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Inizialmente ho scelto i testi da tradurre in giro per l’Europa, sfogliando fra i volumi delle librerie delle donne e femministe spagnole, francesi e inglesi. Nel corso del tempo si sono consolidati anche i contatti con gli agenti, e sono arrivate proposte da parte di traduttrici e traduttori, autrici e autori italiani. La modalità di scelta preferita rimane tuttavia la consultazione dei cataloghi degli editori esteri, anche se non mi limito a ciò che gli agenti propongono, tendenzialmente le ultime novità, ma vado anche a scavare nella produzione passata. In effetti sapendo che Settenove è una casa editrice femminista, gli agenti propongono testi molto didascalici. All’estero esistono invece libri meravigliosi, che hanno all’interno tutti gli elementi per essere “perfetti”, cioè una realtà rappresentata in maniera complessa con personaggi a tutto tondo, realistici e con molte sfaccettature. Le proposte che ci arrivano da autori.trici italiane sono anch’esse nella maggioranza dei casi molto didascaliche e per questo molte vengono scartate, ad eccezione delle proposte che non tematizzano esplicitamente le questioni di genere o le affrontano a diversi livelli e che, anche per questa ragione, possono essere inserite a catalogo.

Per quanto riguarda le difficoltà di traduzione, posso citare il caso di Buffalo Belle, un magnifico albo illustrato di Olivier Douzou (2017), che parla della fluidità di genere ed è interessante per parlare anche di tematiche transgender nell’infanzia, raccontando la storia di una bambina che crede di essere un bambino, ma non ne è del tutto sicura. In questo caso la traduzione ha coinvolto più persone per la complessità del testo di partenza perché l’autore aveva invertito in alcune parole all’interno del testo francese le sillabe ‘il/elle’, che sono anche i due pronomi maschile e femminile, evidenziandole in grassetto. Sfogliando le pagine si leggeva in maniera molto fluida un testo con un impatto visivo splendido, basato su un gioco di parole che rimanda alla contaminazione dei generi. Nella versione italiana è stato mantenuto l’aspetto poetico e fluido dell’albo attraverso una forma di riscrittura, affidata a Giusi Quarenghi, una scrittrice e poeta italiana, che in alcuni punti ha rimaneggiato il testo per renderne l’effetto, in accordo con l’autore e illustratore Olivier Douzou.

Il lavoro di selezione e traduzione riguarda spesso anche recuperi dal passato, come nel caso di Storia di Giulia, un libro degli anni ’70 ripubblicato da Settenove (2015), frutto di un gruppo di avanguardisti francesi che volevano rivoluzionare la letteratura per l’infanzia, rappresentando anche le difficoltà dell’essere bambino e bambina. In Italia fu pubblicato per la prima volta dalla casa editrice Dalla parte delle bambine con il titolo Chiara, la bambina che aveva un’ombra-ragazzo (1978), mentre noi abbiamo ripreso il titolo originale, Storia di Giulia. I libri degli anni ’70 erano quasi didascalici, forse adesso possono sembrare eccessivi, ma sono così diretti da essere ancora attuali e dirompenti. All’epoca potevano essere pubblicati, poiché era un momento di grande fermento, mentre adesso è più complicato, infatti Storia di Giulia che aveva un ombra da bambino è ancora considerato un libro difficile. C’è un primo accenno alla sessualità di Giulia, perché si dice che si accarezza tra le gambe, e c’è il tema dei modelli di genere, della genitorialità (con una rappresentazione dei genitori piuttosto negativa) e del comportarsi da maschio o da femmina.

8. SINNOS – Della Passarelli, direttrice editoriale

Sinnos ha una doppia identità: casa editrice e Cooperativa sociale. È nata nel carcere romano di Rebibbia nel 1990, dall’iniziativa di un piccolo gruppo di detenuti italiani e stranieri e di volontari e volontarie, io insegnavo lì come volontaria. La cooperativa aveva come obiettivo il reinserimento lavorativo e ha iniziato la sua attività come service per altre case editrici, facendo quindi un mestiere in cui si fa fatica, anche dal punto di vista economico, perché in Italia manca un sostegno alla lettura da parte delle istituzioni; mancano biblioteche di pubblica lettura dignitose e con fondi adeguati; mancano biblioteche scolastiche che siano luoghi aperti, di conoscenza, in cui chiunque può trovare il suo libro e appassionarsi alla lettura. Tornando alla storia di Sinnos, incoraggiati da uno dei detenuti in particolare, abbiamo trovato la nostra linea editoriale: pubblicare libri per bambine.i e per ragazze.i che trattano i temi della multicultura, dell’interculturalità, testi attenti ai fenomeni dell’emarginazione e alla comprensione delle “differenze”.

I primi anni sono stati segnati da libri molto “didascalici”, libri bilingui, scritti da autrici e autori immigrati per un pubblico sia italiano sia straniero, dei libri ponte tra storie, lingue, tracce di culture diverse. Erano gli anni in cui l’Italia scopriva di essere non solo un paese di immigrazione ma anche un paese razzista, anni in cui nasce una letteratura per adulti scritta da autrici e autori immigrati che imparano la nostra lingua e grazie a Sinnos ci sono anche storie raccontate in prima persona che possono parlare anche al pubblico più giovane. Queste biografie, che compongono la nostra prima collana, I Mappamondi, pubblicata fino al 2000 circa, davano voce alle persone immigrate che stavano arrivando nel nostro paese, ma erano anche un modo per conoscerci, per conoscere non solo percorsi di vita diversi ma anche per riflettere su di noi, sono testi che raccontano chi siamo stati. Su presupposti simili riposa anche l’altra collana interamente bilingue, Zefiro, che raccoglie invece fiabe della tradizione orale provenienti dal mondo.

Un’altra collana fondamentale per il nostro catalogo, inaugurata nel 1995 con Lorenzo e la Costituzione di Daniela Longo e Rachele Lo Piano e ancora attiva, è Nomos, una collana giuridica, dedicata al diritto e ai diritti. Esplorando queste tematiche, è stato inevitabile arrivare a toccare la storia e i diritti delle donne. Nel 2011, abbiamo così pubblicato Nina e i diritti delle donne di Cecilia D’Elia e Rachele Lo Piano, con un’introduzione di Mariella Gramaglia, un albo divulgativo che all’epoca, eravamo nel pieno del berlusconismo, è diventato una sorta di manifesto per alcune donne e per una parte di femminismo. Il racconto della storia delle donne prosegue con il graphic novel per la fascia 10-13 anni Cattive ragazze di Assia Petricelli e Sergio Riccardi, pubblicato nel 2013. Si tratta di un testo che è diventato per noi molto importante, che ci ha fatto crescere e viaggiare molto, anche geograficamente, come casa editrice, grazie agli incontri, ai laboratori nelle scuole e ai progetti che sono nati da questo libro. Cattive ragazze è un libro per le ragazze ma anche per i ragazzi: al suo interno si trovano non solo storie di donne audaci e coraggiose che spesso nessuno conosceva, come Franca Viola che è un po’ la nostra Rosa Parks, ma anche uomini meravigliosi. Ricordiamoci che l’editoria italiana è ricca di storie di donne: la casa editrice Dalla parte delle bambine, la collana Sirene edita da EL, le biografie di Donne nella scienza di Editoriale scienza o quelle a fumetto pubblicate da BeccoGiallo sono esempi che precedono le Storie della buonanotte per bambine ribelli e che vanno riconosciuti. L’editoria per ragazzi e ragazze è fatta ed è stata fatta molto e soprattutto da donne, penso a Gabriella Armando o a Rosellina Archinto, che ci hanno aperto la strada. Naturalmente non vogliamo smettere di parlare di donne, ma essendo una casa editrice piccola, con circa 24 titoli all’anno, è difficile riuscire a pubblicare tutto quello che vorremmo, variando come facciamo tra i generi e rivolgendoci a diverse fasce d’età (albi illustrati, narrativa, graphic novel, fumetto a partire dai sei anni, ecc.). Di conseguenza, scegliamo quelle storie di donne che ad esempio possono cambiare punto di vista, come Pioggia di primavera (di Paolina Baruchello e Andrea Rivola, 2015), all’apparenza una leggenda cinese ma in realtà una storia di sovversione femminile fantastica, in cui una ragazza impara a difendersi grazie a una maestra di kung fu. Contro corrente (di Alice Keller e Veronica Truttero, 2017) è un fumetto a partire dagli otto anni e racconta la storia vera della prima nuotatrice ad aver attraversato la Manica, dal punto di vista di sua cugina che, imitandola, compirà la sua personale piccola traversata. Eugenia l’ingegnosa (di Anne Wilsdorf, 2016) è un albo che arriva dalla Svizzera ed è stato voluto dall’associazione delle architette e dalle ingegnere svizzere. Una ragazza in cima (di Francesca Brunetti e Marianna Coppo, 2017) è la storia di Henriette, la prima donna a scalare il Monte Bianco, che non ha mai visto il suo essere donna come un limite o un ostacolo. La prima volta che sono nata (di Vincent Cuvellier e Charles Dutertre, 2013) è un altro nostro longseller, un libro che viene da Gallimard, con una protagonista decisamente potente, che sceglie cosa fare e cosa essere (principessa, moglie, madre per scelta) e che mette in scena l’interscambiabilità dei ruoli genitoriali e la sua normalità (il papà che dà la pappa, il padre che si commuove, ecc.).

Come casa editrice, pubblichiamo molti autori fiamminghi e belgi, con cui abbiamo anche un rapporto diretto. Questo ci permette di avere di fatto pochi problemi sulle differenze di genere, perché c’è molta attenzione e riflessione da parte loro su tali tematiche. Naturalmente ci interessa parlare e raccontare anche dei bambini e dei ragazzi, offrendo modelli alternativi, come in Il cavaliere saponetta (di Kristien In-‘t-Ven e Mattias De Leeuw, 2015), Oscar nel club della via lattea (di Bart Moeyaert, 2016) o Celestiale (di Francesca Bonafini, 2018), che racconta l’amore e che mostra che ci sono uomini diversi, fuori dalla rappresentazione che ne viene data in tanta narrativa per adolescenti. Concludo con un ultimo libro, un fumetto doppio, D’amore e altre tempeste (di Annette Herzog e Katrine Clante, 2018), che mette in scena un doppio punto di vista, lui e lei, l’innamoramento, la scoperta dell’amore e della sessualità. In questo fumetto che arriva dalla Danimarca, la sessualità e l’amore vengono raccontati con una libertà straordinaria.

Anche grazie alle nostre radici, Sinnos cerca ancora oggi nei libri storie che portino con loro anche i valori in cui crediamo, senza però scrivere libri a tesi, con intenti moraleggianti. Questo spiega perché spesso cerchiamo queste storie fuori dall’Italia. Purtroppo la scrittura italiana per ragazzi e ragazze è ancora imbrigliata in quella necessità di fare la morale e di insegnare, un’idea di letteratura superata. Tuttavia, si inizia a notare un miglioramento della qualità anche nelle proposte che riceviamo da autrici e autori italiani, forse proprio perché sollecitati da queste novità, dalle letture straniere, dagli stimoli delle case editrici.

Il nostro lavoro di editori per ragazzi e ragazze è un lavoro militante che non è quello dell’editoria tout court: andiamo nelle scuole, portiamo i nostri autori e autrici in classe, facciamo parte di associazioni che promuovono e educano alla lettura. Siamo appassionate.i, facciamo questo mestiere perché ci piace molto e ci crediamo.

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Come casa editrice, abbiamo iniziato a tradurre tardi, anche se le traduzioni presenti nel nostro catalogo sono progressivamente aumentate, perché, come si diceva, la produzione estera è di qualità e ha la capacità di sovvertire senza essere didascalica. Una parte consistente dei testi tradotti sono fiamminghi e neerlandesi e per la loro traduzione ci affidiamo principalmente a Laura Pignatti. Dal momento che traduce per noi da molto tempo, il processo traduttivo e editoriale è molto simile a quello di una proposta che ci arriva in italiano. Questa collaborazione è diventata ormai un lavoro a quattro mani tra la traduttrice e l’editor, quindi se ci sono problemi e dubbi di traduzione oppure modifiche e aggiustamenti da fare, c’è un confronto diretto e un dialogo costante. Censure non ce ne sono mai capitate.

Nei nostri libri, soprattutto quando traduciamo, cerchiamo di portare un’altra visione del mondo, un’altra parte di mondo, di conseguenza se ci sono delle cose che non sono esattamente come sono in Italia va bene così, cioè ti mostro che cosa fa un.a adolescente in un altro paese. Con gli autori fiamminghi che abbiamo in catalogo, ad esempio Stefan Boonen, Melvin, Bart Moeyaert, succede anche che in occasioni come la Fiera del libro per ragazzi di Bologna, importantissima per noi per fare scouting, ci facciano vedere i libri in anteprima; in qualche caso abbiamo proposto delle modifiche al testo e alle illustrazioni, che sono state poi accolte anche dalla casa editrice madre.

Per quanto riguarda le lingue di partenza, abbiamo tradotto poco dal francese e dall’inglese, spesso gestendo il processo traduttivo internamente. Ad esempio, Eleonora Armaroli ha tradotto dei testi brevi dal francese, mentre per l’inglese abbiamo lavorato con Federico Appel, uno dei nostri redattori, perché essendo anche uno scrittore, ha trovato una sintonia particolare con alcuni dei testi. Sempre per l’inglese, Paolina Baruchello ha tradotto Quentin Blake e alcuni libri ad alta leggibilità pubblicati da Barrington Stokes, storica casa editrice scozzese specializzata in questa tipologia di testi.

Grazie alle proposte di traduzione abbiamo scoperto, invece, due testi danesi: L’acchiappacattivi (di Rasmus Bregnhøi, 2018) e D’amore e altre tempeste, che è stato affidato a due traduttrici. Si tratta infatti di un racconto a due voci, e volevamo mantenere questa dualità. Nella traduzione di questo graphic novel abbiamo avuto discussioni costruttive con le traduttrici per risolvere alcuni nodi. Nel libro temi come la scoperta della sessualità vengono affrontati con estrema delicatezza, ci sono tuttavia passaggi in cui ad esempio si parla di desideri quasi pornografici del ragazzo, che hanno richiesto una riflessione e un confronto con le traduttrici.

9. TERRE DI MEZZO EDITORE – Davide Musso, editor della collana L’Acchiappastorie

Terre di mezzo ha una storia particolare. Nasce a Milano nel 1994, non come casa editrice ma come giornale di strada, sulla scia degli street paper britannici, un mensile scritto da giovani giornalisti professionisti e venduto esclusivamente in strada da persone con difficoltà economiche, prevalentemente straniere. Come rivela il nome, si volevano raccontare le “terre di mezzo”, le terre di confine, vere o metaforiche, le storie che non facevano notizia ed erano quasi ignorate dai media. Adottando una prospettiva diversa rispetto alla narrazione prevalente, le inchieste e i reportage trattavano di immigrazione, nuove povertà, carcere, storie di strada, stili di vita attenti agli altri e all’ambiente, lavoro e vite precarie. Queste tematiche hanno trovato pian piano spazio anche nei libri, come mezzo per esplorare la diversità e conoscere l’Altro. Uno dei primissimi volumi pubblicati è stato non a caso Pappamondo, una guida ai ristoranti stranieri di Milano alla scoperta di nuove tradizioni culinarie.

Negli anni la casa editrice si è strutturata su diversi filoni e conta diverse collane, non solo per bambini e bambine o per ragazzi e ragazze, per esplorare questa diversità e ricchezza anche con linguaggi diversi. È innegabile, tuttavia, che i testi per la fascia d’età 0-12 siano cresciuti molto negli ultimi anni e L’Acchiappastorie è diventata la nostra collana principale. Circa la metà delle novità pubblicate ogni anno sono albi illustrati e narrativa per 8-12 anni, un genere che abbiamo iniziato a esplorare più di recente, mentre gli albi fanno parte del nostro catalogo storico.

Il nostro obiettivo è affrontare queste tematiche attraverso storie avvincenti e divertenti e, per gli albi, con illustrazioni che colpiscano suscitando curiosità e interesse, senza un intento didattico o didascalico. Non abbiamo la pretesa di insegnare qualcosa, ma vogliamo mostrare che nel mondo esistono le diversità e che può essere interessante conoscerle. Non siamo pertanto specializzati sulle tematiche di genere, sebbene siano presenti, ovviamente, nei nostri libri, che offrono in genere rappresentazioni non stereotipate. Ad esempio, l’albo Brontorina (di James Howe e Randy Cecil, 2017) racconta la storia di una brontosaura che vorrebbe fare la ballerina. Nonostante sia aggraziata nei movimenti, all’inizio per Brontorina non è così semplice inseguire il suo sogno: è troppo grande per la sala prove e non trova delle scarpette su misura per lei. Sentendosi inadatta decide di mollare, ma la lungimirante Madame Lucille, insegnante di danza e direttrice della scuola, capisce che è solo una questione di punti di vista: il problema non è Brontorina, ma la sala prove, che è troppo piccola, così la scuola si trasferisce all’aperto, accogliendo chiunque pensi che la danza sia la sua strada. In Geronimo, Amedeo e le giraffe (di Nicolas Gouny, 2014), Geronimo è un orsetto che si sente giraffa, ma non viene accettato né dalle giraffe né dagli orsi. Tutto cambia quando incontra Amedeo, un elefante che si sente una giraffa, e capisce che nel mondo c’è posto per tutte e tutti. Il ladro di polli (di Béatrice Rodriguez, 2011) racconta la storia di un amore impensabile: una volpe ruba una gallina, probabilmente pensando che quella sarà la sua cena, ma durante la fuga, la volpe e la gallina si innamorano, con grande stupore degli altri animali che si erano lanciati all’inseguimento. Sono esempi di albi in cui cerchiamo di raccontare e spiegare a bambini e bambine che le etichette rischiano di diventare gabbie e che l’amore ha forme diverse, nessuna “sbagliata”.

Con i nostri libri e con le storie che raccontiamo vogliamo raggiungere un pubblico più ampio possibile, intercettare anche il lettore e la lettrice occasionale, parlare a chi magari non si è mai posto delle domande su determinate tematiche; secondo noi, trovare la storia giusta, non ideologica è un buon modo per arrivare alle persone. Ad esempio, Olga di Elise Gravel è una serie cha ha per protagonista una ragazzina un po’ fuori dagli schemi e si rivolge a una fascia d’età abbastanza ampia, 8-10 anni, ma è assolutamente fruibile anche da lettori e lettrici più piccoli. È un libro per tutti e tutte, che rompe con lo stereotipo secondo cui i testi a tematica scientifica sarebbero destinati solo a bambini e ragazzi, uno stereotipo ancora molto radicato come dimostra la campagna online lanciata dalla libreria Controvento di Filomena Grimaldi. Olga, all’apparenza sempre un po’ di malumore, sogna di diventare una zoologa da grande perché adora gli animali, mentre non ama molto gli esseri umani, in particolare le sue due insopportabili vicine, che pensano solo a come vestirsi e pettinarsi, ma alla fine si scoprirà che anche Olga aveva qualche pregiudizio su di loro. Un’altra serie che è davvero per tutti i lettori e le lettrici è Dory Fantasmagorica di Abby Hanlon, la cui protagonista è una bambina iperfantasiosa, che inventa personaggi pazzeschi e si diverte anche con niente; spesso questa serie viene considerata solo per bambine semplicemente perché ha una protagonista femminile. Un altro esempio interessante è la serie per 8-10 anni Warren e Drago (di Ariel Bernstein e Mike Malbrough, 2018). All’inizio della storia, Warren si trasferisce in una nuova città con la propria famiglia e va a conoscere i vicini di casa, una famiglia con due mamme. Il libro non sottolinea o spiega assolutamente questo elemento, ma si limita a presentarlo per quello che è: una cosa assolutamente normale. Nel corso della storia, continueranno le frequentazioni tra le due famiglie e questo può essere un modo per toccare certi temi senza creare chiusure, perché talvolta abbiamo semplicemente paura di quello che non conosciamo. Soprattutto per queste fasce d’età occorre riuscire a parlare in primis a genitori, insegnanti, educatori e educatrici, che fanno da filtro nella scelta dei libri, perché i bambini e le bambine si farebbero molti meno problemi. È importante raggiungere i genitori e far capire loro che non esistono libri da maschi o libri da femmine, cosa non sempre semplice.

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La traduzione è fondamentale per la nostra attività editoriale. La gran parte dei libri per il pubblico più giovane che pubblichiamo sono tradotti. Stiamo cercando di aumentare la proposta di autori e autrici italiane, anche se è difficile, mentre mi sembra che l’offerta sia molto più ampia e interessante per gli illustratori e le illustratrici. La scelta dei testi da tradurre viene fatta prevalentemente tramite contatti diretti con la casa editrice o attraverso agenzie letterarie incontrate di persona alle fiere di settore o online. Riceviamo in genere poche proposte di traduzione, inoltre spesso non rientrano nella nostra linea editoriale o non corrispondono a quello che stiamo cercando in quel momento. Finora le proposte ricevute non si sono mai concretizzate, ma nel caso verrebbe chiesta una prova di traduzione, perché aver avuto il fiuto per trovare un titolo interessante, non significa essere automaticamente la persona giusta per tradurlo.

Nel nostro flusso di lavoro, tendenzialmente la prova di traduzione è richiesta per la narrativa, meno per gli albi, perché puntiamo a lavorare con traduttori e traduttrici con un minimo di esperienza, meglio se nella traduzione di narrativa per ragazzi e ragazze. In ogni caso, se la prova di traduzione è buona, non abbiamo chiusure verso professioniste.i più giovani, anche se la prova non è comunque una garanzia per la qualità del prodotto finale, perché subentrano anche altri fattori pratici, organizzativi, economici e lavorativi. Per quanto riguarda gli albi illustrati, visto che in casa editrice leggiamo quattro lingue – inglese, francese, tedesco e spagnolo – generalmente sono tradotti internamente, dal momento che sono testi più brevi, quindi più rapidi da tradurre, anche se non è sempre vero perché alcuni richiedono un grande lavoro di adattamento. La traduzione dei testi più lunghi di narrativa viene pagata a cartella, con tariffe analoghe a quelle applicate dai grandi editori. A questo proposito, esiste anche una questione di etica professionale, che si pone soprattutto per le traduttrici e i traduttori più giovani, vale a dire che non si dovrebbero mai accettare traduzioni al di sotto di una certa tariffa, tantomeno tradurre gratis, perché si tratta di dumping e non fa bene né a chi traduce da tempo né a chi si affaccia alla professione.

Sono abbastanza favorevole all’adattamento del testo, anche se naturalmente dipende dai libri, e credo, anche se può sembrare banale, che un bravo traduttore debba essere un bravo scrittore, debba saper scrivere bene. È vero che fortunatamente esiste la revisione delle traduzioni, ma dover intervenire in modo massiccio in questa fase è lavoro aggiuntivo per noi. Credo anche che forse non tutti.e sono adatti.e a tradurre qualsiasi testo, per sensibilità o per esperienza, in alcuni casi scatta la scintilla, forse anche per talento perché è un lavoro in cui c’è bisogno anche di questo. Per quanto riguarda l’adattamento, in alcuni casi lasciare il riferimento, specie se culturale, come nel testo originale rischia di non renderlo comprensibile. Ad esempio, in un romanzo tradotto di recente veniva citata una rivista americana di gossip utilizzando solo il nome della testata, un riferimento che qualsiasi persona americana capisce. La bambina protagonista lo coglie subito e infatti si stupisce che sua madre la stia sfogliando perché non è il suo genere di letture. Lasciare la testata così avrebbe fatto perdere un passaggio importante nella costruzione del personaggio, quindi abbiamo deciso di non citare il nome ma di renderlo semplicemente con “rivista di gossip”. In alternativa, si poteva citare la testata e mettere un breve inciso “rivista di gossip”. Cercare soluzioni di questo tipo è preferibile rispetto alle note, che, se non sono davvero giustificate, non aiutano la lettura. In ogni caso, la scelta dipende sempre dal libro, dal tipo di testo, dalle indicazioni dell’editore, ecc.

Per ora non ci è mai capitato di fare censure e penso che sia importante approfondire gli elementi problematici. Ad esempio, di recente abbiamo pubblicato un albo americano degli anni ’60, inedito in Italia, in cui veniva utilizzata la parola “Indians”. Ci siamo posti il problema di come tradurlo in italiano. L’America degli anni ’60 era diversa dall’America di oggi, sicuramente all’epoca non esisteva il politicamente corretto, altro tema ampio, e l’autrice non era assolutamente razzista, ma per noi era importante capire come renderlo oggi, per non dare per scontato che si traduca “indiani”. Il termine “pellerossa” era da escludere perché è considerato razzista. Un’altra possibilità era “nativi americani”, che però suonava male nella frase, ma avremmo comunque sorvolato se fosse stato il termine più rispettoso. Approfondendo abbiamo scoperto che anche le varie comunità di nativi americani non condividono le stesse definizioni: alcuni si autodefiniscono “indiani” (esistono radio e quotidiani con la parola “indiano” nella testata), altri preferiscono “nativi americani” e così via. Traducendo, a un certo punto, va fatta una scelta e l’importante è che sia la più rispettosa possibile.

Bibliografia

Fette, Julie (2018) “Gender in contemporary French children’s literature: the role of Talents Hauts”, Children’s literature association quarterly 43(1): 285-306.

Forni, Dalila (2021) “LGBTQ families and Picturebooks: new perspectives In italian children’s literature”, in International LGBTQ+ Literature for Children and Young Adults, B.J. Epstein e Elizabeth Chapman (eds.), London/New York, Anthem Press: 129-145.

Illuminati, Valeria (2017) “‘Speak to me in capital letters!’ Same-sex parenting, new families and homosexuality in picturebooks published by Lo Stampatello”, in Fractures and disruptions in children’s literature, Ana Margarida Ramos, Sandie Mourão, Maria Teresa Cortez (eds), Newcastle upon Tyne, Cambridge Scholars Publishing: 228-243.

Illuminati, Valeria, Roberta Pederzoli (2021) “Le politiche editoriali delle case editrici indipendenti e femministe italiane fra traduzione e rinnovamento”, in Tra genere e generi. Tradurre e pubblicare testi per ragazze e ragazzi, Roberta Pederzoli, Valeria Illuminati (eds), Milano, FrancoAngeli: 105-154, URL: https://series.francoangeli.it/index.php/oa/catalog/book/736  

Lepri, Chiara (2019) “Education on Diversity. The Contribution of Early Childhood’s Literature”, Studi sulla Formazione 22, n° 2: 325-336, URL: https://oajournals.fupress.net/index.php/sf/article/view/10825  

Pederzoli, Roberta, Valeria Illuminati (eds) (2021) Tra genere e generi. Tradurre e pubblicare testi per ragazze e ragazzi, Milano, FrancoAngeli, URL: https://series.francoangeli.it/index.php/oa/catalog/book/736  

Sezzi, Annalisa (2019) “‘A doll’, said his brother. ‘Don’t be a creep!’ Challenging gender stereotypes and promoting gender diversity in the Italian translation of William’s Doll”, in Adele D’Arcangelo, Chiara Elefante, Valeria IIluminati (eds) Translating for children beyond stereotypes - Traduire pour la jeunesse au-delà des stéréotypes, Bologna, Bononia University Press: 79-105.

Note

[1] Cfr. [url=http://www.g-book.eu/it]http://www.g-book.eu/it[/url]. A dicembre 2020, ha preso avvio il progetto G-BOOK 2: “European teens as readers and creators in gender-positive narratives”, che propone un ampliamento sia in termini di fascia d’età, concentrandosi sulla produzione destinata a 11-14 anni, sia in termini linguistici-geografici, introducendo il tedesco tra le lingue proposte.

[2] La “teoria del gender” in realtà non esiste, ma è un’invenzione strumentale di detrattori e detrattrici degli studi di genere, un ambito di studi interdisciplinare nato negli Stati Uniti alla fine degli anni ’70. Si tratta nella maggior parte dei casi di associazioni o movimenti politici ultraconservatori e ultracattolici, contrari alle istanze del femminismo e alle rivendicazioni del movimento LGBTQ+, così come, nel caso delle giovani generazioni, a percorsi di educazione all’affettività e rispetto delle diversità.

About the author(s)

Roberta Pederzoli is Associate Professor of French Language and Translation at the University of Bologna – Department of Interpreting and Translation, Forlì Campus. She dedicated her PhD dissertation to the translation of children’s literature and published the monograph, "La traduction de la littérature d’enfance et de jeunesse et le dilemme du destinataire" (Peter Lang 2012). She coordinated an Almaidea project funded by the University of Bologna on publishing and translating for young people from a gender perspective. As part of this project, she co-edited with Valeria Illuminati the volume "Tra genere e generi. Tradurre e pubblicare testi per ragazze e ragazzi" (FrancoAngeli 2021). She is a member of the MeTRa Centre and was project assistant of the European projects G-BOOK1 and 2 (“Gender Identity: Child Readers and Library Collections” and “European teens as readers and creators in gender-positive narratives”; http://www.g-book.eu). Her research combines her interests in translation, gender studies, children’s literature, and language studies on gender.

Valeria Illuminati is Junior Assistant Professor at the University of Bologna – Department of Interpreting and Translation, Forlì Campus. She holds a Dual Award International PhD in Translation Studies (University of Bologna and Durham University, UK) and teaches French Language at the University of Bologna (Forlì Campus). She edited with Roberta Pederzoli the volume "Tra genere e generi. Tradurre e pubblicare testi per ragazze e ragazzi" (2021) and has recently published the book "La traduzione dei classici per l’infanzia in una prospettiva di genere" (2022). Her research combines her interests in translation, gender studies and children’s literature. She is also interested in the field of audio-visual translation and is currently working on audio description for the visually impaired. She is a member of the MeTRa Centre (https://metra.dipintra.it) and participated in the European projects G-BOOK1 and 2 (http://www.g-book.eu).

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©inTRAlinea & Roberta Pederzoli Valeria Illuminati (2023).
"“Editoria per l’infanzia, traduzione e genere per una letteratura senza stereotipi”: un dibattito tra case editrici"
inTRAlinea Special Issue: Tradurre per l’infanzia e l’adolescenza
Edited by: Mirella Piacentini, Roberta Pederzoli & Raffaella Tonin
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/2611

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