Un’analisi descrittiva della traduzione dei dialoghi dei personaggi di Andrea Camilleri in castigliano

By Margherita Taffarel (Autonomous University of Barcelona, Spain)

Abstract

English:

The international success of Andrea Camilleri’s novels has stimulated the debate on the relationship between Italian and dialects and on the possibility (or impossibility) of reproducing the linguistic mosaic created by the author through translation. Translating the characters’ dialogues represents a challenge, since they are characterized by the simultaneous presence of standard Italian, Sicilian dialect and the so-called “regional Italian”. The translation of Camilleri’s novels into Spanish poses two major problems. In the first place, there is a linguistic gap, since the presence of language variety is more significant in Italian than in Spanish. Furthermore, the social and pragmatic implications associated to the use of dialects in Italy represent a major issue when dealing with the translation of texts characterized by linguistic variety. Despite the progressive decrease in the number of speakers, dialects are still present in Italy and everyday communication involves different language varieties, although, at times, speakers use them unconsciously. In the specific case of Camilleri’s novels, the use of diastratic and diatopic varieties (standard Italian, regional Italian and Sicilian dialect) contributes to portray each character as an individual. Besides, it allows the readers to identify with a mixed language which has been considered as inferior and vulgar for a long time and, nevertheless, is widely used in everyday communication and in literature.

Italian:

Il successo internazionale dei romanzi di Andrea Camilleri ha favorito il dibattito sulla relazione tra l’italiano e i dialetti e sulla possibilità (o impossibilità) di riprodurre il mosaico linguistico creato dai dialoghi dei suoi personaggi. Dal punto di vista traduttivo, la resa delle voci dialettali dei personaggi rappresenta una sfida e, nel caso specifico della traduzione in castigliano, crea fondamentalmente due tipi di problemi. In primo luogo, esiste una divergenza linguistica, dato che il castigliano presenta una varietà dialettale minore rispetto all’italiano. In secondo luogo, gli aspetti sociali e pragmatici associati all’uso dei dialetti in Italia costituiscono un problema fondamentale per la traduzione di testi caratterizzati da variazione linguistica. Nonostante la progressiva diminuzione del numero dei parlanti, la presenza dei dialetti in Italia è ancora forte e la grande varietà linguistica del repertorio italiano fa parte, in modo più o meno cosciente, della realtà di tutti gli italiani. L’uso, da parte dell’autore, delle varietà diatopiche (italiano standard, varietà regionale, dialetto) e diastratiche del repertorio linguistico contribuisce alla caratterizzazione dei personaggi e permette ai lettori l’identificazione con una lingua che, considerata come incolta e volgare per molti anni, è stata recuperata e valorizzata dalla letteratura.

Keywords: variazione linguistica, dialetto geografico e sociale, andrea camilleri, traduzione letteraria, analisi descrittiva, linguistic variety, geographic and social dialect, literary translation, descriptive analysis

©inTRAlinea & Margherita Taffarel (2012).
"Un’analisi descrittiva della traduzione dei dialoghi dei personaggi di Andrea Camilleri in castigliano"
inTRAlinea Special Issue: The Translation of Dialects in Multimedia II
Edited by: Giovanni Nadiani & Chris Rundle
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/1843

1. Introduzione

Andrea Camilleri è uno degli autori italiani più conosciuti e amati, tanto in Italia come all’estero. Il suo peculiare uso della lingua, che combina l’italiano standard, le varietà regionali e popolari e il dialetto siciliano ha favorito il dibattito sulla relazione tra la lingua nazionale e i dialetti in Italia e sulla possibilità (o impossibilità) di riprodurre il mosaico linguistico creato dall’autore in altre lingue.

In quest’articolo presenteremo il modello di analisi e i risultati derivati da uno studio descrittivo sulla presenza del dialetto geografico e sociale e dei colloquialismi nel romanzo Il cane di terracotta dell’autore siciliano e nella versione spagnola El perro de terracota, tradotta da María Antonia Menini Pagès.[1] L’obiettivo dell’analisi è verificare la presenza di dialetto geografico e sociale e di colloquialismi nel testo originale e analizzarne il ruolo nella caratterizzazione dei personaggi come punto di partenza per identificare i problemi traduttivi causati dalla variazione linguistica.

2. Dialetto e traduzione

2.1. Il linguaggio di Andrea Camilleri

La presenza del dialetto nella realtà italiana è ancora forte, nonostante la progressiva diminuzione del numero di parlanti. La gran varietà del repertorio linguistico forma parte, in modo più o meno cosciente e attivo, della cultura di ogni italiano: i dialetti locali e, in misura ancora più forte, le varietà regionali vengono impiegati costantemente nella comunicazione quotidiana e sono stati utilizzati ampiamente dal cinema, dal teatro e dalla letteratura per le loro qualità espressive.

Camilleri utilizza un ampio repertorio linguistico che va dall’italiano standard al dialetto siciliano passando per l’italiano regionale (varietà diatopica), l’italiano popolare (varietà diastratica) e l’uso di colloquialismi o termini propri del linguaggio burocratico (varietà diafasica). Queste varietà del repertorio contribuiscono a caratterizzare i vari personaggi e a renderli linguisticamente riconoscibili agli occhi del lettore. Inoltre, uno stesso personaggio può utilizzare il repertorio linguistico a seconda della situazione comunicativa o dell’interlocutore. È il caso del commissario Montalbano, il protagonista del romanzo analizzato. Come possiamo vedere negli esempi seguenti, Montalbano si dirige al collega Fazio, agente del commissariato, utilizzando forme del siciliano e dell’italiano regionale, mentre parla in italiano (a volte introducendo alcuni dialettalismi) con la fidanzata Livia, che è di Genova.

Fazio: “Combinato così lei alla conferenza non si può apprisintare”.
Montalbano: “Che pigliasti lezione da quelli dell’Antimafia?”
Montalbano: “Livia, scusami se t'interrompo. Ho poco tempo, anzi non ne ho per niente. Mi hai pigliato che già ero sulla porta, stavo uscendo”.
Livia: “Allora esci e buonanotte”.

Generalmente Montalbano utilizza l’italiano anche in situazioni più formali, come quando l’interlocutore è il questore di Montelusa, l’Agrigento della finzione letteraria. Tuttavia, quando deve “fare breccia” nel cuore di qualche funzionario per ottenere un favore, il commissario non esita a utilizzare l’odiato “burocratese”:

“Io devo chiudere la pratica, capisce? Non posso lasciare un iter sospeso”.
Alle parole iter e pratica l'atteggiamento di Biraghìn, burocrate dell'Istituto case popolari, cangiò di colpo.

Esilarante è l’imitazione di questo tipo di linguaggio da parte di Catarella, impiegato del commissariato “raccomandato” da un suo potente zio. Catarella cerca di imitare il linguaggio dei verbali di polizia allo scopo di apparire più professionale, creando tuttavia l’effetto contrario: 

“E fu proprio che allora allora sentii il rompo d’una potente motogigletta. Pigliato il binoccolo che portavo a tracollo, caustamente m’affacciai e confermato ne fui. Trattavasi di motogigletta roscia”.

Nel caso di Catarella l’autore attinge tanto all’italiano regionale quanto al popolare, creando un vero e proprio idioletto “catarelliano” che lo stesso Montalbano e i suoi colleghi definiscono “taliàno”.

L’analisi del linguaggio di questo personaggio è particolarmente complessa a causa della sovrapposizione della dimensione diastratica e diatopica, caratteristica tipica dell’italiano (Grassi, Sobrero, Telmon, 2003: 10) che rende difficile separare i tratti linguistici derivati dall’influenza del dialetto geografico da quelli più fortemente legati alla dimensione socio-economica del parlante. Inoltre, nel caso di Catarella, esiste una sovrapposizione di forme dialettali con forme più propriamente idiolettali, come si può notare nei seguenti esempi: di pirsona pirsonalmente, a casa sò di lei, tutto calmezza e placitità, caustamente m’affacciai e confermato ne fui, parli col dottori per tilifono.

2.2. Problemi di traduzione della variazione linguistica

La traduzione di un testo caratterizzato dalla presenza di variazione linguistica può rivelarsi un’operazione particolarmente complessa. Nel caso analizzato esiste, in primo luogo, una divergenza linguistica derivata dalla maggior varietà dialettale e regionale dell’italiano rispetto al castigliano, nonché da notevoli differenze nella diffusione dei dialetti sul territorio. Come afferma García Mouton, escluse le regioni bilingui, l’uso esclusivo del castigliano è ampiamente diffuso in tutto il territorio (2007: 28). Nel caso del nostro paese, la situazione si rivela molto meno omogenea. Secondo una recente indagine dell’Istat, che analizza l’uso del dialetto e dell’italiano in tre contesti relazionali (in famiglia, con amici, con estranei) e per diverse fasce d’età:

È significativo l’uso misto di italiano e dialetto nei tre contesti relazionali considerati: in famiglia parla sia italiano sia dialetto il 32,5% delle persone di 6 anni e più, con gli amici il 32,8% e con gli estranei il 19%. Usa prevalentemente il dialetto in famiglia il 16% della popolazione di 6 anni e più (8 milioni 801mila persone). La quota scende al 13,2% nelle relazioni con gli amici e al 5,4% con gli estranei (2006: 1).

Al di là dei dati numerici, che rivelano un uso ancora forte del dialetto, soprattutto in ambito familiare o in contesti informali, la relazione tra l’italiano e i dialetti è complessa e non libera da contraddizioni: da un lato, i dialetti sono stati considerati per molto tempo come un simbolo di ignoranza o di appartenenza a una classe sociale popolare, idea che ha contribuito al cosiddetto “mito puristico che vede il dialetto come deviazione, errore, corruzione, incultura” (De Mauro e Lodi, 1993: 8). D’altro lato, la “crociata” contro il suo uso non ha evitato né il suo impiego da parte di milioni di italiani né il suo uso nel mondo del cinema (Sordi, Totò), del teatro (De Filippo), della musica (De André) o della letteratura (Gadda, Pasolini, Sciascia). Come affermano nuovamente De Mauro e Lodi:

La valutazione sociale dei dialetti è molto varia da una regione all’altra, dall’una all’altra classe sociale. La secolare dialettofobia della scuola italiana ha certamente ottenuto dei risultati: molti si vergognano di farsi sorprendere a parlare il loro dialetto. Così l’uso tranquillo del dialetto si ha o nelle zone di fuga migratoria (Veneto, Sicilia, Sud più profondo o interno) dove sono assenti parlanti d’altro dialetto o nelle zone in cui un gruppo sociale, borghese o operaio che sia, si sente così forte da non temere, anzi da ostentare, a volte, di parlare dialetto (1993: 35).

L’uso del dialetto può quindi essere legato a un senso di appartenenza o attaccamento alla tradizione spesso vissuto in forma incosciente dagli stessi parlanti. Ritornando al linguaggio di Camilleri, le ragioni per cui i suoi personaggi (non) utilizzano il dialetto possono rispondere a diversi fattori e per “cogliere” l’identità linguistica di un personaggio spesso dobbiamo affidarci all’intuizione. L’uso del dialetto o della varietà regionale da parte del commissario Montalbano, ad esempio, sembra rispondere a motivi di attaccamento alla propria terra, alla lingua usata in famiglia e non dipende dalla sua classe sociale. L’uso del siciliano da parte di Adelina, la collaboratrice domestica del commissario, è invece legato a una motivazione differente: il personaggio utilizza il siciliano perché è la lingua che conosce meglio.

Il traduttore si trova quindi di fronte a problemi che vanno al di là delle difficoltà di tipo linguistico poiché non si tratta solo di capire il testo di partenza ma anche di comprendere perché viene utilizzata una determinata varietà del repertorio.

2.3. La variazione linguistica in traduttologia

Il testo analizzato rappresenta una sfida dal punto di vista traduttivo. In primo luogo, la variazione linguistica rappresenta una questione poco trattata nell’ambito della traduttologia per lo meno fino a tempi recenti. Le proposte per la traduzione di testi caratterizzati dalla presenza di variazione linguistica sono diversificate.

La maggior parte degli autori ritiene che l’utilizzo di un dialetto nel testo d’arrivo sia poco praticabile. Newmark (2005) ad esempio considera l’uso di un dialetto in traduzione come non necessario, dato che un effetto equivalente può essere trasmesso attraverso la manipolazione della lingua d’arrivo. Si rivela cauta la posizione di Rosa Rabadán (1991), che ritiene che l’uso di un dialetto nel testo d’arrivo sia di difficile applicazione e possa creare un risultato poco naturale per il lettore. L’uso di un equivalente funzionale viene scartato a favore dell’impiego della lingua standard, posizione corroborata, secondo l’autrice, dalla pratica traduttiva che preferisce questa soluzione “semplice ma sicura” (1991: 112). Sulla stessa linea, Mayoral considera che un metodo di traduzione “dialetto per dialetto” potrebbe creare uno shock culturale nel lettore e avere connotazioni satiriche (1999: 87).

Catford si rivela più possibilista rispetto all’eventualità di impiegare un dialetto nella lingua d’arrivo. In questo caso il traduttore può utilizzare diversi criteri di scelta, sebbene il più coerente, probabilmente, sia la scelta di un dialetto equivalente dal punto di vista sociale o umano (1970: 146). In Discourse and the Translator (1990), Hatim e Mason prendono in considerazione varie dimensioni della variazione linguistica. Nel caso del dialetto geografico i due autori considerano le difficoltà che può comportare la sua traduzione non solo sul piano linguistico ma anche a causa delle implicazioni sociali e politiche ad esso associate. In questo senso, i due autori si dimostrano cauti e considerano la possibilità di “giocare” con un uso non standard della grammatica e con variazioni nel lessico (1990: 43).

La proposta di Josep Julià si allontana significativamente dalle posizioni analizzate finora. Julià ritiene che il rifiuto dell’impiego del dialetto nel testo d’arrivo si basi sul concetto di intraducibilità. Tuttavia, esso può essere applicato non solo alla variazione linguistica ma alla traduzione in generale, cosa che non ha impedito secoli di pratica traduttiva (1994: 571). Julià considera che il rifiuto di questo metodo riveli un culto eccessivo per il testo originale e critica l’associazione dialetto-comicità affermando che l’opzione “dialetto per dialetto” è sempre possibile.

Le affermazioni di alcuni traduttori di Camilleri ci permettono di capire che la scelta di un metodo di traduzione concreto non è limitata solo da questioni linguistiche ma dipende soprattutto dal grado di accettabilità di una deviazione dalla lingua standard nella cultura di arrivo. Dominique Vittoz, traduttrice al francese, ritiene che il maggior ostacolo alla traduzione sia rappresentato da “lo scrupolo accademico e il centralismo linguistico” del francese (2004: 188), fattori che rendono difficile l’accettazione, da parte del pubblico, di una deviazione dalla norma standard. La testimonianza di Stephen Sartarelli, traduttore all’inglese, sembra confermare quest’opinione: egli afferma che esiste una tendenza, da parte delle case editrici nordamericane, a “far conformare il testo a degli standard prescritti, sia stilistici che grammatici-linguistici, di piegare la lingua (anche in traduzione) alla sua versione più immediatamente familiare e comprensibile” (2004: 214).

Nel caso della Spagna è interessante notare la convivenza di due traduzioni, al castigliano e al catalano. Come afferma Caterina Briguglia analizzando l’opera di Camilleri Il birrario di Preston, i due traduttori impiegano metodi differenti: più concretamente, il traduttore catalano rivela una maggiore propensione all’uso di dialetti nel testo d’arrivo, scelta corroborata da una tradizione non sconosciuta in ambito catalano (2009: 237-238).

3. Un’analisi descrittiva de Il cane di terracotta

In quest’articolo descriviamo la metodologia utilizzata e i risultati ottenuti da un’analisi descrittiva della traduzione della variazione linguistica nei dialoghi di tre personaggi del romanzo Il cane di terracotta, con speciale attenzione al dialetto geografico e sociale. L’obiettivo di questo studio è analizzare il linguaggio dei personaggi selezionati nel testo in italiano e nella versione in castigliano allo scopo di evidenziare, da un lato, le caratteristiche linguistiche dell’opera originale e, dall’altro, i principali problemi riscontrati dalla traduttrice, nonché le soluzioni e le strategie impiegate per risolverli.

3.1 Ipotesi e obiettivi

L’ipotesi di partenza è l’esistenza di una forte tendenza all’eliminazione di termini ed espressioni dialettali e colloquiali nella traduzione al castigliano dell’opera analizzata.

Gli obiettivi dell’analisi sono:

  1. Analizzare qualitativamente l’uso del dialetto geografico e sociale e del registro colloquiale a livello lessicale e morfosintattico nell’originale.
  2. Analizzare il peso del dialetto e del registro colloquiale nella caratterizzazione dei tre personaggi selezionati.
  3. Analizzare a livello qualitativo e quantitativo la presenza o l’assenza dei tratti dialettali e del registro colloquiale nel testo d’arrivo per verificare l’ipotesi iniziale di una forte tendenza alla standardizzazione del linguaggio.
  4. Verificare quali sono le tecniche di traduzione più utilizzate nel testo d’arrivo.
  5. Verificare se esiste un diverso trattamento dei tratti dialettali e del registro colloquiale nei tre personaggi analizzati.

3.2. Corpus

Il corpus analizzato è formato dai dialoghi di tre personaggi del romanzo nella versione italiana e nella sua traduzione al castigliano. Nel testo originale vengono evidenziati i tratti lessicali e morfosintattici dialettali o appartenenti al registro colloquiale mentre nella versione in castigliano si verificano le soluzioni adottate dalla traduttrice. I personaggi analizzati sono stati selezionati perché presentano caratteristiche linguistiche differenti, che analizzeremo brevemente.

Il primo personaggio, Fazio, è un’agente del commissariato di Vigàta e collega di Montalbano. Il suo linguaggio presenta caratteristiche simili a quelle del protagonista e del narratore del romanzo, i quali utilizzano sia l’italiano standard sia forme lessicali e morfosintattiche del dialetto siciliano. I tratti dialettali si notano nell’uso di avverbi (tanticchia, fora), verbi (haiu, èssiri, circondari) e in parole di uso frequente (bongiorno, stamatina, nenti, aieri). L’uso di forme di dialetto sociale, al contrario, è scarso. Il linguaggio di Fazio, quindi, sembra essere caratterizzato dal punto di vista diatopico e non diastratico: a queste due dimensioni dobbiamo aggiungere quella diafasica che si realizza attraverso l’uso frequente di colloquialismi (manco invece di “neanche” o fottere invece di “rubare”).

Il secondo personaggio analizzato, Catarella, è un’agente del commissariato di Vigàta “raccomandato” da uno zio. Nei romanzi della serie di Montalbano lo ritroviamo spesso al centralino del commissariato, incaricato di ricevere e trasmettere messaggi. Il personaggio presenta un linguaggio complesso caratterizzato dalla sovrapposizione di tratti dialettali e idiolettali. Come afferma lo stesso Camilleri:

Catarella è in ogni ufficio che si rispetti. Catarella è un personaggio preso dalla realtà. Il questore di Agrigento mi chiamò per dirmi: ‘Scusi, ma lei l’ha copiato dal nostro Sangiorgi?’. No, l’ho copiato da mio padre: mio padre aveva un attendente che era esattamente come Catarella. Quando io pubblicavo delle poesie su “Mercurio”, gli chiesi di comprarmi la rivista ad Agrigento perché non arrivava a Porto Empedocle e lui mi portò il mercurio liquido dalla farmacia (Capecchi, 2000: 123).

L’italiano di Catarella si avvicina alla cosiddetta varietà popolare, descritta da Grassi, Sobrero e Telmon:

Coloro che hanno come madre lingua il dialetto, o comunque non hanno molta dimestichezza con la lingua nazionale, quando si sforzano di parlare italiano realizzano una lingua che per le sue caratteristiche assomiglia un po’ alle ‘varietà di apprendimento’(1998: 166).

Alcune delle caratteristiche segnalate dagli autori e che riscontriamo nel linguaggio di Catarella sono: una morfologia semplificata; un lessico povero e sovraesteso; una sintassi semplice con prevalenza di paratassi; la presenza di anacoluti e forme verbali irregolari (mi saprebbi fare la nominata); l’uso incorretto delle preposizioni (il loco istesso da dentro del cui io mi trovavo); il ricorso a pronomi ridondanti (a casa sò di lei) e alla semplificazione di parole difficili (il mio sangue ci desi per la trasposizione). Inoltre, si riscontrano formule che il personaggio copia dal linguaggio poliziesco e burocratico, ma con scarsi risultati (confermato ne fui, trattavasi di motogigletta roscia). Come affermano gli autori citati: “chi scrive le usa per rimediare alle debolezze della propria competenza linguistica, nel tentativo di adattarsi alle costanti stilistiche del testo burocratico” (1998: 166). Come abbiamo detto, il linguaggio di Catarella è di difficile definizione poiché mescola forme del dialetto geografico e sociale e tratti idiolettali che, tuttavia, presentano un substrato dialettale: per esempio l’espressione di pirsona pirsonalmente, ripetuta in questo romanzo così come in altri della serie di Montalbano, è una marca personale del parlato di Catarella ma, allo stesso tempo, presenta caratteristiche fonologiche derivate dall’influenza del siciliano (ad esempio, la fusione della e chiusa con la i).

Il terzo personaggio analizzato è quello di Adelina, la collaboratrice domestica del commissario Montalbano. Questo personaggio si esprime quasi esclusivamente in dialetto siciliano. Ritroviamo quindi molti tratti dialettali di tipo lessicale (vossìa, travaglio, ‘ngugliati) e morfosintattico (non ci capii niente di quello che disse; havi cinco jorna ca si teni la stissa cammisa). Nel linguaggio di Adelina riscontriamo anche diverse forme di dialetto sociale. Tuttavia, come abbiamo affermato in precedenza, la sovrapposizione della dimensione diatopica e diastratica rende difficile la separazione netta tra il dialetto geografico e sociale. Come afferma Berruto “nella situazione italiana, è praticamente impossibile separare la variazione diatopica da quella diastratica, e marcatezza diastratica implica solitamente marcatezza diatopica” (1993: 10).

3.3. Metodologia e risultati dell’analisi descrittiva

Il modello utilizzato per lo studio del corpus è basato sulla replica, unità d’analisi ideata da Merino per la comparazione dei testi teatrali e delle loro traduzioni (1995: 147) e ripresa da Romero Ramos (2003, 2010). I dialoghi dei personaggi selezionati con i propri interlocutori sono introdotti da una breve descrizione del contesto e le repliche sono analizzate una per una allo scopo di evidenziare la presenza di tratti dialettali o colloquiali, tanto lessicali quanto morfosintattici. La validità del modello è stata verificata attraverso uno studio pilota del personaggio di Catarella, che ha preceduto lo studio completo[2].

Riportiamo un esempio dell’analisi qualitativa di una replica.

Situazione 1 (capitolo 2, pagine 26–27)
[Il commissario Montalbano chiama l’agente Fazio. È notte fonda, ma Fazio è sveglio perché pochi minuti prima ha ricevuto una chiamata del commissariato. In città è avvenuto un furto, ma Montalbano avverte Fazio di essere coinvolto in una missione molto più importante, che richiede anche la sua presenza].
TESTO ORIGINALE
Montalbano: “Fazio, sei già vigilante a quest’ora?”
F: “Sissi, duttù. Manco mezzo minuto fa m’ha telefonato Catarella”.
M: “Che voleva?”
F: “Poco ci capii, s’era messo a parlare taliàno. A occhio e croce pare che stanotte hanno sbaligiato il supermercato di Carmelo Ingrassia, quello grosso che sta tanticchia fora di paese. Ci sono andati almeno con un tir o un camion grosso”.
TESTO D’ARRIVO
M: “Fazio, ¿ya estás de guardia a esta hora?
F: “Sí, duttù. No hace ni medio minuto que me ha telefoneado Catarella”.
M: “¿Qué quería?
F: “Casi no me he enterado, se ha puesto a hablar «taliàno». Me ha parecido entender que esta noche han saqueado el supermercado de Carmelo Ingrassia, aquel grande que hay en las afueras del pueblo. Tienen que haber ido con un tir o un camión muy grande”

Nella prima replica ritroviamo l’uso di duttù, forma abbreviata del siciliano dutturi (dottore, letteralmente “doctor”) tradotto con un prestito nel testo d’arrivo. Ritroviamo, inoltre, l’uso del colloquialismo manco (neanche, “tampoco”).

Replica 1

“Sissi, duttù. Manco mezzo minuto fa m’ha telefonato Catarella”.

“Sí, duttù. No hace ni medio minuto que me ha telefoneado Catarella”.

TO

TIPO

TRADUZIONE

SOPPR/

MANT

TECNICA

 

TIPO

duttú

DGl

duttù

Mant.

Prestito

DGl

manco

COLl

No [hace] ni

Soppr.

Ø

Ø

Legenda:

DG

 

Dialetto geografico

DGl

DGms

Lessicale

Morfosintattico

DS

 

Dialetto sociale

DSl

DSms

Lessicale

Morfosintattico

COL

 

Colloquialismo

 

COLl

COLms

Lessicale

Morfosintattico

SUPR/MANT

Soppressione o mantenimento della forma dialettale o colloquialismo.

Ø

Nessuna tecnica utilizzata / nessun tratto dialettale o colloquialismo.

Tab.1: Esempio dell’analisi qualitativa

All’analisi qualitativa di tutti i dialoghi dei tre personaggi selezionati ha fatto seguito un’analisi quantitativa, il cui scopo è riunire i dati considerati significativi per lo studio del linguaggio dei personaggi nel testo originale e nella traduzione in castigliano. I dati raccolti si dividono in tre grandi blocchi:

1. Tratti dialettali presenti nel testo originale. In questo blocco, si raccolgono i dati relativi al numero di repliche e alla percentuale di parole caratterizzate dalla presenza di tratti dialettali o di registro colloquiale. Quest’ultimo dato contribuisce a dare un’idea del peso della presenza del dialetto nel linguaggio dei tre personaggi. Infine si raccolgono informazioni sul numero di tratti dialettali per ogni categoria analizzata: dialetto geografico (lessicale o morfosintattico); dialetto sociale (lessicale o morfosintattico) e colloquialismi (lessicali o morfosintattici).

Riportiamo di seguito i risultati ottenuti, riuniti in un’unica tabella per i tre personaggi. È importante sottolineare che, nei casi in cui i dati numerici sono troppo scarsi per essere considerati statisticamente significativi, essi sono contraddistinti da un asterisco.

 

FAZIO

CATAR.

ADEL.

TOTALE REPLICHE TESTO ORIGINALE

44

21

13

REPLICHE SENZA TRATTI DIALETTALI/COLLOQUIALI

15 (34%)

1 (5%)

0 (0%)

REPLICHE CON TRATTI DIALETTALI /COLLOQUIALI

29 (66%)

20 (95%)

13 (100%)

Parole contenenti tratti dialettali/colloquiali

17%

38%

71%

Numero di tratti dialettali/colloquiali

90

84

119

Tipo

Dialetto geografico

 

79 (88%)

69 (83%)

110 (92%)

 

Tratto lessicale

64 (81%)

58 (84%)

94 (85%)

Tratto morfosintattico

15 (19%)

11 (16%)

16 (15%)

Dialetto sociale

 

1 (1%)*

13 (15%)

8 (7%)*

 

Tratto lessicale

0 (0%)*

5 (38%)

5 (64%)*

Tratto morfosintattico

1 (100%)*

8 (62%)

3 (37%)*

Colloquialismo

 

10 (11%)

2 (2%)

1 (1%)

 

Tratto lessicale

9 (90%)

2 (100%)*

0 (0%)*

Tratto morfosintattico

1 (10%)

0 (0%)*

1 (100%)*

Tab. 2: Tratti dialettali o colloquiali presenti nel testo originale. Queste percentuali non sono considerate statisticamente significative perché calcolate su un numero totale inferiore a 10.

Come possiamo notare da questi dati, il personaggio maggiormente caratterizzato da tratti dialettali è Adelina (71% delle parole), seguita da Catarella (38%) e infine da Fazio (17%). Il personaggio che più utilizza il dialetto geografico è nuovamente Adelina (92% dei tratti dialettali), seguito da Fazio (88%) e Catarella (83%). Quest’ultimo, invece, è il personaggio che utilizza il maggior numero di forme di dialetto sociale (15%), seguito da Adelina (7%*) e infine da Fazio (1%*). Questi dati confermano quantitativamente i risultati dell’analisi qualitativa dei tre personaggi svolta in precedenza. Infine, possiamo sottolineare che i tratti di dialetto sociale si realizzano principalmente attraverso la morfosintassi, mentre nel caso del dialetto geografico prevale la realizzazione lessicale.

2. Tratti dialettali presenti nel testo d'arrivo. I dati raccolti ci permettono di paragonare il testo originale e la sua traduzione per quanto riguarda la presenza di tratti di dialetto geografico e sociale o di colloquialismi. Il primo dato analizzato è il numero di repliche caratterizzate dalla presenza di dialetto o di colloquialismi rispetto al numero totale di repliche. In secondo luogo, si sono raccolti dati sulle percentuali di conservazione e di soppressione dei tratti dialettali geografici, sociali e dei colloquialismi (tanto lessicali quanto morfosintattici) nel testo d’arrivo in comparazione con il testo originale.

Riportiamo di seguito i risultati ottenuti:

 

FAZIO

CATAR.

ADEL.

TOTALE REPLICHE TESTO META

44

20

13

REPLICHE SENZA TRATTI DIALETTALI/COLLOQUIALI

40 (91%)

14 (70%)

10 (77%)

REPLICHE CON TRATTI DIALETTALI /COLLOQUIALI

4 (9%)

6 (30%)

3 (23%)

Numero di tratti conservati

6 (7%)

8 (10%)

14 (12%)

Tipo

Dialetto geografico

 

2 (3%)

7 (10%)

8 (7%)

 

Tratto lessicale

2 (3%)

7 (12%)

6 (6%)

Tratto morfosintattico

0 (0%)

0 (0%)*

2 (12%)

Dialetto sociale

 

0 (0%)*

1 (8%)

6 (75%)*

 

Tratto lessicale

0

0 (0%)*

4 (80%)*

Tratto morfosintattico

0 (0%)

1 (12%)

2 (67%)*

Colloquialismo

 

4 (40 %)

0 (0%)*

0 (0%)*

 

Tratto lessicale

3 (33%)*

0 (0%)*

0

Tratto morfosintattico

1 (100%)*

0

0 (0%)*

Numero di tratti soppressi

84 (93%)

76 (90%)

105 (88%)

Tipo

Dialetto geografico

 

77 (97%)

62 (90%)

102 (93%)

 

Tratto lessicale

62 (97%)

51 (88%)

88 (94%)

Tratto morfosintattico

15 (100%)

11 (100%)

14 (88%)

Dialetto sociale

 

1 (100%)

12 (92%)

2 (25%)

 

Tratto lessicale

0

5 (100%)*

1 (20%)*

Tratto morfosintattico

1 (100%)*

7 (88%)*

1 (33%)*

Colloquialismo

 

6 (60%)

2 (100%)*

1 (100%)*

 

Tratto lessicale

6 (67%)*

2 (100%)*

0

Tratto morfosintattico

0 (0%)*

0

1 (100%)*

Queste percentuli non sono considerate statisticamente significative perché calcolate su un numero totale inferiore a 10

Tab. 3: Tratti dialettali o colloquiali presenti nel testo d’arrivo

I dati rivelano una forte tendenza all’eliminazione delle forme dialettali sia geografiche che sociali. Possiamo notare che non esistono differenze significative tra i tre personaggi per quanto riguarda la standardizzazione dei termini dialettali, poiché la percentuale di mantenimento è bassa nei tre casi (il 7% per Fazio, il 10% per Catarella e il 12% per Adelina). Nello specifico, le percentuali di conservazione del dialetto geografico sono le più basse (3% per Fazio, 10% per Catarella e 7% per Adelina). I dati che riguardano l’eliminazione dei tratti di dialetto sociale sono simili (0%* e 8% per Fazio e Catarella), eccetto nel caso di Adelina (75%*). Ricordiamo, tuttavia, che, data la scarsità di tratti di questo tipo, i dati accompagnati da un asterisco non sono stati considerati significativi dal punto di vista statistico. Infine, per quanto riguarda i colloquialismi, non esistono tratti colloquiali nel caso di Catarella e Adelina (peraltro quasi inesistenti nello stesso testo originale), mentre esiste una maggior tendenza alla conservazione nel caso di Fazio (40%).

3. Tecniche utilizzate nella traduzione[3]: i dati raccolti ci permettono di verificare quali sono le tecniche di traduzione più utilizzate nel testo d’arrivo. I dati sono stati suddivisi, come nei casi precedenti, in dialetto geografico (lessicale o morfosintattico); dialetto sociale (lessicale o morfosintattico) e colloquialismi (lessicali o morfosintattici). Inoltre, in caso di eliminazione di elementi dialettali o colloquiali, è stata operata un’ulteriore suddivisione in casi di soppressione (l’elemento è stato sostituito dalla lingua standard nel testo d’arrivo) o di elisione (l’elemento non compare nel testo d’arrivo). In questo caso non sono state riportate percentuali, poiché i numeri non sono significativi dal punto di vista statistico. Riportiamo di seguito i risultati ottenuti:

 

Fazio

Catar.

Adel.

TECNICHE UTILIZZATE NEL TESTO D’ARRIVO

 

 

 

Numero di tratti dialettali/colloquialismi

6

8

14

Tipo di tratto conservato

Dialetto geografico

 

2

7

8

 

 

 

 

Prestito

2

6

5

Prestito + Ampliamento

-

1

-

Traduzione letterale

-

-

2

Variazione

 

-

1

Dialetto sociale

 

0

1

6

 

 

 

 

Modulazione

-

-

1

Prestito

-

-

2

Equivalenza

-

-

3

Traduzione letterale

 

1

-

Colloquialismo

 

4

0

0

 

 

Trasposizione

1

-

-

Equivalenza

3

-

-

Numero di tratti dialettali/colloquialismi

84

76

105

Tipo di tratto soppresso

 

Dialetto geografico

 

77

62

102

 

Elisione

2

3

4

Soppressione

75

59

98

Dialetto sociale

 

1

12

2

 

Elisione

0

0

0

Soppressione

1

12

2

Colloquialismo

 

6

2

1

 

Elisione

0

0

1

Soppressione

6

2

0

Tab. 4: Tecniche utilizzate nel testo d’arrivo

Questi dati ci permettono di affermare che la tecnica più utilizzata per la traduzione delle forme di dialetto geografico è il prestito, mentre nel caso delle forme di dialetto sociale e dei colloquialismi è l’equivalenza. I prestiti sono stati utilizzati soprattutto nella traduzione di forme di cortesia (la trascrizione di dottori o dutturi e dell’abbreviazione duttù), nell’uso di termini gastronomici (pasta ‘ncasciata; alla carrettera) e di toponimi (crasticeddru). Anche per quanto riguarda i colloquialismi, esiste una certa tendenza all’uso dell’equivalenza: a nostro parere ciò è dovuto al fatto che il registro colloquiale non presenta le stesse implicazioni socio-pragmatiche dei dialetti geografici e sociali e, pertanto, presenta minori difficoltà a livello extralinguistico. Infine, notiamo la forte preponderanza dell’uso della tecnica di soppressione rispetto all’elisione.

Per concludere, possiamo affermare che l’analisi della traduzione delle repliche dei tre personaggi sembra rispondere alla teoria sostenuta dalla maggio parte dei teorici della traduzione che, di fronte alla presenza di variazione linguistica, sembrano preferire una soluzione semplice ma sicura.

4. Conclusioni

Dal punto di vista del testo originale, possiamo concludere che:

  1. Lo studio descrittivo ci ha permesso di verificare che la presenza del dialetto nel testo originale è rilevante e che esso viene utilizzato in modo diverso a seconda del personaggio. L’analisi qualitativa ci permette di evidenziare le principali caratteristiche linguistiche dei personaggi analizzati e di evidenziarne i tratti dialettali (geografici e sociali), colloquiali e idiolettali, spesso sovrapposti. L’analisi quantitativa, infine, ci permette di verificare in modo più obiettivo il peso del dialetto nel testo originale, nonché il diverso trattamento dei personaggi attraverso il suo uso. Abbiamo sottolineato, inoltre, la preponderanza dei tratti dialettali geografici rispetto a quelli sociali. Tra i tre personaggi, Adelina e Catarella sono quelli maggiormente caratterizzati dalla presenza di forme dialettali, sia geografiche che sociali, più evidenti nel caso di Adelina, di cui si sottolinea lo scarso livello di istruzione. Nel caso di Catarella, possiamo sottolineare la complessità del linguaggio e la difficoltà di distinguere i tratti sociali, geografici e idiolettali. Nel caso di questo personaggio ritroviamo molte caratteristiche del cosiddetto italiano popolare. L’analisi del linguaggio di Adelina e Catarella sottolinea la sovrapposizione della dimensione diatopica e diastratica nel caso dell’italiano. Infine, Fazio è il personaggio meno caratterizzato da tratti dialettali (con una netta prevalenza, comunque, del dialetto geografico) e maggiormente caratterizzato dal registro colloquiale.
  2. Dal punto di vista del testo d’arrivo, nel complesso notiamo una forte tendenza all’eliminazione dei tratti dialettali e alla standardizzazione, soprattutto nel caso della dimensione diatopica (in media viene eliminato un 90% dei termini dialettali di tipo geografico). I dati sono simili per i tre personaggi, con due eccezioni: la presenza del dialetto sociale nel caso di Adelina e del registro colloquiale nel caso di Fazio. Tuttavia, almeno nel primo caso, abbiamo considerato che il numero di dati non è abbastanza elevato da avere un vero valore statistico. Per quanto riguarda le tecniche di traduzione, nel caso del dialetto geografico si è ricorso soprattutto al prestito (con il termine dialettale riportato generalmente in corsivo). Nel caso del dialetto sociale e del registro colloquiale si è utilizzata soprattutto l’equivalenza.

Per concludere, i dati raccolti nell’analisi qualitativa e quantitativa ci portano ad affermare che il metodo di traduzione utilizzato in questo caso è consono alla posizione della maggior parte dei teorici della traduzione che si rivelano cauti o contrari all’impiego di forme dialettali nel testo di arrivo.

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Note

[1] L’analisi descrittiva presentata è stata svolta nell’ambito della tesi Un análisis descriptivo de la traducción de los dialectos geográficos y sociales italianos al castellano: el caso de Il cane di terracotta de Andrea Camilleri diretta dalla dottoressa Amparo Hurtado Albir e presentata nel 2009 come lavoro finale del Màster oficial en Traducció, Interpretació i Estudis Interculturals dell’Universitat Autònoma de Barcelona.

[2] Nell’elaborazione di un modello d’analisi è stata usata come riferimento l’opera seguente: Romero Ramos, María Guadalupe (2003). Un Estudio descriptivo sobre la traducción de los dialectos geográfico-sociales del italiano al español en el ámbito audiovisual. Doblaje y subtitulación: la traducción de Il postino. Trabajo de investigación. Doctorado de Teoría de la Traducción, Universitat Autònoma de Barcelona, Bellaterra.

[3] La definizione delle tecniche di traduzione si basa sulla classificazione operata in: Hurtado Albir, Amparo (2001). Traducción y traductología. Introducción a la traductología. Madrid: Cátedra.

©inTRAlinea & Margherita Taffarel (2012).
"Un’analisi descrittiva della traduzione dei dialoghi dei personaggi di Andrea Camilleri in castigliano"
inTRAlinea Special Issue: The Translation of Dialects in Multimedia II
Edited by: Giovanni Nadiani & Chris Rundle
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/1843

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