Lo stile delle sentenze francesi e angloamericane

Analisi delle variabili e strategie di traduzione

By Fabrizio Megale (LUSPIO University Rome, Italy)

Abstract

English: The article describes the structure and style of French judgements, paying particular attention to the Cour de cassation and comparing them with the structure and style of English and American judgements. Numerous studies on judicial style in civil-law and common-law legal systems have been carried out by comparative lawyers. Legal translators need to be aware of their conclusions because they are of fundamental importance for the perfecting of a translation strategy. These studies show that the “judgement textual genre” is never homogeneous. A judgement’s structure and style depend on a series of variables. However, generally speaking, French judgements are short, impersonal, cryptic, logical, highly technical and unified, whereas Anglo-American ones are long, personal, explicit, narrative, policy-driven and composite. Starting from Francesco Sabatini’s textual classification (that divides texts into “very binding”, “averagely binding” and “not very binding”), the author draws some conclusions. The French “judgement genre” is integrally “very binding” for translators in the case-law of the Cour de cassation, whereas judgements of lower French courts are “averagely binding” in some parts (e.g. the grounds of the decision) and “very binding” in others (e.g. the wording of the order). In common-law judgements, on the other hand, the frequency of parts written in a personal and narrative style drastically increases, resulting in a proliferation of the “averagely binding texts” and even of the “not very binding ones”. It has been written that the translation of common-law judgements also entails a skill in literary translation. It may be added that the translation of French judgements requires a skill that is, above all, technical and research-based.

Italian: L’articolo descrive la struttura e lo stile delle sentenze francesi, con particolare riguardo per la Cour de cassation, comparandoli con quelli delle sentenze inglesi e americane. Gli studi sullo stile giudiziario negli ordinamenti di civil law e di common law sono numerosi nel diritto comparato. Essi devono essere conosciuti dal traduttore giuridico, perché fondamentali nel perfezionamento della sua strategia traduttiva. Emerge da questi studi che il “genere testuale sentenza” non è mai univoco. La struttura e lo stile di una sentenza dipendono da una serie di variabili. In generale, tuttavia, la sentenza francese è breve, impersonale, criptica, logica, tecnica e unitaria, mentre quella angloamericana è lunga, personale, esplicita, narrativa, politica e composita. Partendo dalla tipologia dei testi di Francesco Sabatini, che si articola in testi “molto vincolanti”, “mediamente vincolanti” e “poco vincolanti”, tipologia fondamentale per la strategia traduttiva, si propongono alcune conclusioni. Il “genere testuale sentenza” è in Francia integralmente “molto vincolante” nella giurisprudenza di cassazione, mentre in quella di merito è “mediamente vincolante” in alcune parti (es. la motivazione) e “molto vincolante” in altre parti (es. il dispositivo). Nelle sentenze di common law invece aumentano drasticamente le parti in stile personale e narrativo, con una conseguente proliferazione dei “testi mediamenti vincolanti” e perfino dei “testi poco vincolanti”. E’ stato scritto che la traduzione delle sentenze di common law implica una competenza traduttiva anche letteraria, si può aggiungere che la traduzione delle sentenze francesi comporta una competenza traduttiva soprattutto tecnico-documentaria.

Keywords: judicial style, text types, legal translation, stile delle sentenze, tipi testuali, traduzione giuridica

©inTRAlinea & Fabrizio Megale (2011).
"Lo stile delle sentenze francesi e angloamericane Analisi delle variabili e strategie di traduzione"
inTRAlinea Special Issue: Specialised Translation II
Edited by: Danio Maldussi & Eva Wiesmann
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/1802

1. Introduzione

La struttura e lo stile delle sentenze, nei vari sistemi giuridici, sono oggetto da tempo di approfonditi studi di diritto comparato. In Italia essi sono stati iniziati da Gino Gorla nel secondo Dopoguerra. L’oggetto di questi studi è denominato judicial style in inglese, style des jugements in francese e stile delle sentenze in italiano. I loro risultati sono di grande importanza per il traduttore in quanto, con i dovuti adattamenti, possono contribuire a rendere più consapevole l’opzione fra le diverse strategie di traduzione.[1]

2. Lo stile delle sentenze francesi, in particolare della Cour de cassation

L’obbligo per il giudice di motivare la sentenza fu introdotto dalla legge del 16 e 24 agosto 1790, approvata durante la Rivoluzione francese, ed era diretta espressione del principio della sovranità popolare e della soggezione del giudice al parlamento. Oggi tale obbligo è contenuto nell’art. 455 del Codice di procedura civile e nell’art. 485 del Codice di procedura penale.[2]

Per la sua estrema concisione lo stile giudiziario francese è stato definito "enigmatico", in quanto tale esso si presenta come un unicum nel panorama occidentale (Gambaro 2000: 121), sebbene il genotipo della sentenza nell’Europa continentale sia nato storicamente in Francia dopo la Rivoluzione. Questo stile di partenza divenne più discorsivo in Germania, in Italia e in Spagna, per via dell’importanza colà ricoperta dalla dottrina quale fattore di sviluppo del sistema giuridico. In particolare, la "fascinazione" per la dottrina tedesca a partire dalla seconda metà dell’Ottocento ha originato in questi paesi sentenze più dottorali, elaborate e concettuali (Monateri 2006: 82). Solo il Belgio ha conservato senza rilevanti evoluzioni il modello "puro" francese.

Gli studi di diritto comparato hanno esaminato, con particolare frequenza, le sentenze delle supreme corti, fra cui la Cour de cassation francese (Ancel 1998, Berenger 2003, Muir Watt 2004). I suoi arrêts sono caratterizzati dal cosiddetto jugement à phrase unique, lunga frase logica scandita solo da punti e virgola, che può abbracciare anche diverse pagine senza interruzioni. L’argomentazione appare basata solo su sillogismi giuridici, con nulla o scarsa ricostruzione dei fatti. Questo modello “puro” francese è stato definito un “discorso a catena”, se manca un solo anello della sequenza l’intero ragionamento viene meno. Ecco un esempio:

Cour de cassation

Chambre civile 2, du 4 mars 1998

96-14.119 Publié au bulletin

Titrages et résumés : RESPONSABILITE DELICTUELLE OU QUASI DELICTUELLE – Choses dont on a la garde – Garde – Gardien – Epouse – Explosion de son habitation provoquée par son époux – Gravats provenant de l’explosion – Dommages causés à un immeuble voisin. Une épouse n’est pas la gardienne des gravats qui ont endommagé un autre immeuble, provenant de l’explosion de son habitation que son époux séparé de corps a fait sauter par explosifs. 

Président : M. Chevreau, conseiller doyen faisant fonction et rapporteur, conseiller rapporteur

Avocat général : M. Monnet., avocat général

Avocats : MM. Parmentier, Blanc.

REPUBLIQUE FRANCAISE

AU NOM DU PEUPLE FRANCAIS

Sur le moyen unique:

Vu l’article 1384, alinéa 1er, du Code civil ;

Attendu, selon l’arrêt attaqué, que M. X… a fait sauter, par explosifs, la maison de sa femme dont il était séparé de corps ; que cette explosion ayant endommagé l’habitation voisine des époux Y…, ceux-ci et leur assureur, la Garantie mutuelle des fonctionnaires (GMF), ont assigné en réparation M. X…, Mme X… et leur assureur, la Société d’assurance moderne des agriculteurs (SAMDA) ;

Attendu que, pour condamner in solidum les époux X… et la SAMDA à payer diverses sommes tant à la GMF, subrogée dans les droits des époux Y…, qu’aux époux Y… eux-mêmes, l’arrêt énonce que les matériaux en provenance de l’immeuble ayant joué un rôle actif et causal dans la réalisation du dommage, la responsabilité de Mme X… doit être retenue comme gardienne de cet immeuble ;

Qu’en statuant ainsi, tout en relevant que le jardin et l’habitation des époux Y… avaient été endommagés par des gravats provenant du souffle de l’explosion de l’immeuble Holweg, ce dont il résultait que Mme X… n’était pas la gardienne des matériaux ainsi projetés, la cour d’appel, qui n’a pas tiré les conséquences légales de ses constatations, a violé le texte susvisé ;

PAR CES MOTIFS, et sans qu’il y ait lieu d’examiner les autres griefs du pourvoi :

CASSE ET ANNULE, dans toutes ses dispositions, l’arrêt rendu le 16 février 1996, entre les parties, par la cour d’appel de Colmar ; remet, en conséquence, la cause et les parties dans l’état où elles se trouvaient avant ledit arrêt et, pour être fait droit, les renvoie devant la cour d’appel de Metz.

Publication : Bulletin 1998 II N° 75 p. 46

Décision attaquée : Cour d’appel de Colmar, 16 février 1996

Textes appliqués : Code civil 1384 al.

Questa sentenza, di cui si sarà notata la brevità (occupa una sola pagina), viene pronunciata in esito a un pourvoi en cassation (ricorso per cassazione) e la sua esposizione segue una struttura tipica, così rappresentabile:

Il pourvoi en cassation
Indica l’atto con il quale una parte del processo ricorre alla Corte di cassazione, vertice della giustizia civile e penale, per fare annullare una sentenza di secondo grado (pronunciata da una corte d’appello o da una corte di assise in appello), adducendo che nella sentenza impugnata i giudici inferiori hanno male applicato la legge. Poiché la Corte non rigiudica i fatti della causa, ma soltanto la legge applicata (juge du seul droit), essa non costituisce un terzo grado di giurisdizione.
La struttura di un arrêt
  La Cour:
I visti indicano le norme di legge sulle quali si fonda la decisione della Corte. Vu l’article (…)
Vu l’article (…)
Vu l’article (…)
Vu l’article (…)
I motivi sono esposti in più frasi, ognuna delle quali inizia con “Atteso che”. Attendu que (…); Attendu que (…);
  Attendu que (…); Mais attendu que (…);
Alla fine della sentenza il dispositivo contiene la decisione vera e propria dei giudici. Par ces motifs: Par ces motifs:
Se la Corte di cassazione non condivide la sentenza della corte di appello, pronuncia una sentenza di cassazione. Se invece la condivide, pronuncia una sentenza di rigetto del ricorso, introdotta dalla formula “Ma atteso che”. Casse et annulle l’arrêt de la Cour d’appel de Rennes, renvoie les parties devant la Cour d’appel de Nantes (…) Rejette le pourvoi (…)

Le caratteristiche linguistiche delle sentenze della Cour de cassation possono essere facilmente rilevate, poiché derivano dalla ripetizione intenzionale di moduli a carattere formulaico. Nelle corti superiori di common law è invece difficile individuare modelli linguistici, poiché gli stili variano non solo in base alla corte e alla causa ma anche, come si vedrà, da giudice a giudice.

La struttura testuale francese è costituita da una frase unica che comprende il soggetto all’inizio (Cour de cassation) e il predicato in fondo (casse et annulle). Tra soggetto e predicato si interpone l’elenco dei motivi giuridici, che spesso è lungo, nella forma di proposizioni subordinate concatenate, quindi per forza di cose brevi, ognuna delle quali inizia con Attendu que e termina con un punto e virgola. Per evitare che tutte le subordinate comincino allo stesso modo, alcune iniziano solo con Que, sempre con la Q maiuscola. Anche l’ultima parte della sentenza, il dispositivo, è costituita da una frase unica, composta da proposizioni coordinate aventi tutte come soggetto Cour de cassation. Nella motivazione sono poi frequenti e rilevanti le ben note forme verbali in –ant, participi in forma composta, che attivano una proposizione circostanziale il più delle volte di natura causale, o gerundi in forma semplice, entrambi una complessità aggiuntiva poiché la distinzione fra participio e gerundio in francese è una questione ancora dibattuta. In conclusione questo stile giudiziario presenta una subordinazione al tempo stesso di alto grado e molto coesa.

Nelle sentenze dei giudici inferiori alla Cour de cassation, denominati juges du fond (giudici di merito) in quanto giudicano anche i fatti, la motivazione, pur restando concisa se raffrontata a quella di altri paesi europei, è invece più discorsiva (perché i giudici devono appunto valutare i fatti, mentre la suprema Corte è soltanto juge du droit). In queste sentenze di merito, nella parte dedicata alla ricostruzione dei fatti, talvolta gli attendus perfino mancano, con la conseguente scomparsa della phrase unique, sostituita da quella che la dottrina chiama présentation mixte. Infine, le sentenze di merito possono comprendere anche diverse pagine, mentre gli arrêts della Cour de cassation sono sempre brevissimi.

Argomenta la dottrina francese (Mimin 1978, citato in Oberto 2008):

C’est plus encore par la brièveté des propositions que par le choix des mots qu’on distingue la langue des tribunaux inférieurs de celle des hautes juridictions. Plus on monte, plus le style devient simple et concis […] Les juges inférieurs ont le souci de convaincre la cour d’appel, les cours d’appel sont obligées de s’exprimer sur la preuve; d’où, sur les points de fait, un développement qu’on ne retrouvera pas dans les arrêts  de la Cour de cassation […] Celle-ci tient les faits pour certains […], elle pose un axiome et en tire la déduction requise.

E’ significativo che un Avvocato generale della Corte di cassazione, Raymond Lindon, abbia paragonato lo stile della Corte al “teatro classico” del Seicento francese, esemplificato dai versi alessandrini di Corneille e Racine, costruiti secondo una metrica fissa di dodici sillabe (Lindon 1968: 23).

Il ragionamento centrale è un syllogisme judiciaire. Esso segue in linea di massima lo stesso ragionamento deduttivo del sillogismo aristotelico (gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo, dunque egli è mortale). Nello specifico (Weber 2009):

  • La règle de droit est celle-ci: (le visa et le chapeau);
  • La juridiction du fond a dit cela;
  • En statuant ainsi, elle a violé la règle (le conclusif).

In una sentenza i visa citano i riferimenti legislativi della norma di diritto, spesso articoli di un Code, subito dopo lo chapeau riassume in forma discorsiva tale norma. Le chapeau coiffe l’arrêt, scrive la dottrina francese. L’ultimo capoverso della motivazione, prima del dispositivo, è rappresentato dal conclusif, introdotto dalla formula “Attendu qu’en statuant ainsi, la cour d’appel a violé le texte susvisé ...”, unica parte della motivazione in cui, seppur in forma concisa, viene espressa l’interpretazione della Corte. Le conclusif boucle le raisonnement, scrive ancora la dottrina francese (Weber 2009).

Non vengono invece mai esposte nella sentenza le ragioni per cui, al momento di qualificare i fatti, i giudici hanno interpretato la norma in quel particolar modo e non in uno degli altri modi possibili. Osserva la dottrina non francese (Gambaro 2000: 122):

Gli elementi che i giudici estraggono dal coacervo dei dati di fatto prospettati dalle parti, per definire la loro qualificazione alla luce del criterio di rilevanza giuridica, rappresentano un’operazione delicatissima, che negli altri paesi europei impegna seriamente i giudici a motivare adeguatamente la sentenza.

Donde il carattere “enigmatico” dello stile francese, che altri definiscono anche “guardingo” (Ferreri 2010: 16).

Come si è detto, un’altra caratteristica di questo stile, nella giurisprudenza sia di cassazione che di merito, è la mancanza di un’analisi particolareggiata dei fatti. In tal caso possono soccorrere fonti esterne alla sentenza, ossia le raccolte di giurisprudenza, costrette ad affidare al compilatore un’opera “ricostruttiva” (e per alcuni versi anche interpretativa).

Infine, negli arrêts de cassation non sono esposti gli  argomenti sociali, economici, politici, etici, ecc. eventualmente considerati dai giudici. La dottrina francese ritiene infatti tali arguments d’opportunité del tutto estranei al diritto e riservati al legislatore.

Il fatto che non compaiano esplicitamente nella sentenza, tuttavia, non significa che non vengano presi in considerazione dai giudici di cassazione. Come qualsiasi altra suprema corte, anche la Cour de cassation, dialogando con la dottrina e con il legislatore, non si limita ad applicare il diritto esistente, ma inevitabilmente crea nuovo diritto, in risposta all’evoluzione politico-sociale (basti qui ricordare il famoso arrêt Perruche sul “diritto a non nascere”), ma tutto ciò non emerge in superficie nel testo della decisione.

Di recente la Corte ha precisato (Weber 2009):

Juge du droit, la Cour de cassation n’exprime pas la motivation de sa décision, en ce sens qu’elle “dit le droit” sans dire pourquoi elle privilégie telle ou telle interprétation de la loi. Cette absence de motivation a été critiquée par la doctrine et la Cour n’est pas restée insensible à cette critique […] Les parties et leurs conseils ont désormais facilement accès, ainsi que tous les magistrats pour les arrêts publiés, au rapport objectif du Conseiller rapporteur et aux conclusions de l’Avocat général. La simple comparaison de ces éléments avec l’arrêt prononcé permet d’appréhender aisément la problématique du pourvoi, les solutions envisageables et les éléments pris en compte par la Cour dans le choix de la solution.

Il Conseiller rapporteur ha il compito di esporre i termini del ricorso, mentre l’Avocat général  rappresenta nel processo gli interessi della società. Essi formulano spesso argomenti sociali, economici, politici, etici, ecc. e persino – secondo alcuni – argomenti che nelle corti di  common law diventerebbero delle concurring opinions o dissenting opinions (infra). Anche le Notes e i Communiqués pubblicati nel Bulletin d’information della Corte e la Relazione annuale di questa a Governo e Parlamento possono esplicitare gli orientamenti dottrinali o di altra natura sottintesi alle principali decisioni, contenere la spiegazione di revirements di giurisprudenza, esporre eventuali argomenti di diritto comparato esaminati dai giudici, ecc.

Per concludere, il sillogismo giudiziario esprime a livello di stile l’astrazione caratteristica di tutti i sistemi giuridici di civil law formatisi nell’Europa continentale, anche se nella sentenza francese ha conservato una forma pura. Fino all’epoca delle grandi codificazioni nazionali, il civil law fu elaborato nelle università dai dottori, ed era quindi astratto, mentre in Inghilterra il common law fu elaborato nelle corti dai giudici, ed era quindi pratico, prima che ad entrambi rubasse la scena come nuovo cultural hero il moderno legislatore.

3. Lo stile delle sentenze inglesi

Più che in altri ordinamenti, lo stile della sentenza, in Inghilterra, dipende da numerose variabili. Se è vero che esso appare improntato, in linea generale, ad un minore formalismo, è anche vero che cambia in base alla corte e alla causa. Una differenza rispetto al modello francese è costituita dall’assenza di norme sulla struttura o sullo stile della sentenza, quindi non esiste un obbligo di motivazione, sebbene la prassi inglese sia nel senso che essa viene sempre formulata.

Alcuni giudici delle corti superiori hanno definito lo stile inglese “conversational, combative or rhetorical”, in opposizione agli “impersonal judgments based on pre-determined formulas” delle sentenze continentali (Lord Hope of Craighead 2005), oppure “discursive, stronger in narrative than in analysis, highly personal” (Lord Wilberforce 1988, citato in Scarpa e Riley 2000: 238). Parlando alla prima persona il giudice racconta nella sentenza il procedimento mentale, a volte sofferto, attraverso il quale egli è approdato dopo una serie di scelte ad una decisione di “ragionevolezza”. La sua argomentazione non compare tuttavia in una parte distinta all’interno della sentenza, come non vi compare del resto la ratio decidendi che costituisce precedente vincolante, entrambi devono essere ricavati dall’insieme del testo a cura del giudice successivo.

Osserva la dottrina (Atiyah 1985, citato in Oberto 2008): “Reasoning is set out fully, indeed in considerable detail; thus there is scope for individual literary style, and some of our greatest judges have been masters of the English language”.

La sentenza inglese comprende una narrazione dettagliata anche dei fatti, mentre quella francese espone solo un “resoconto selezionato degli stessi, quanto basta per la loro qualificazione giuridica” (Scarpa e Riley 2000: 253). Una delle conseguenze più evidenti è che le sentenze inglesi, come anche quelle americane, sono molto più lunghe di quelle francesi di pari grado.

Questo stile inglese è stato oggetto di numerosi studi, finalizzati ad individuarne le caratteristiche propriamente linguistiche: una struttura del periodo relativamente semplice, che convive tuttavia con periodi lunghi, formati da diverse proposizioni coordinate; il ricorso a proposizioni ipotetiche dell’irrealtà, paragonabile ad un monologo interiore; l’uso di pronomi personali e possessivi, soprattutto alla prima persona, unito ad un lessico carico di emotività; la preferenza per ricorrenti strutture retoriche, come ad esempio le proposizioni interrogative dirette, la ripresa di un’affermazione precedente per confutarla in modo enfatico (he could not know …, but we do know …) o la citazione di discorsi diretti altrui; il ruolo privilegiato delle espressioni della modalità, per esprimere l’atteggiamento del giudice verso i propri enunciati; costruzioni nominali meno frequenti che in altre lingue giuridiche; un lessico senza deviazioni dal linguaggio ordinario degne di rilievo (Scarpa e Riley 2000: 259-262).

Per esempio nella sentenza inglese sono frequenti le metafore, in un caso il diritto comunitario viene descritto come una marea che risale i fiumi (Bulmer v. Bollinger, citato in Ferreri 2010:17):

The Treaty is like an incoming tide. It flows into the estuaries and up the rivers. It cannot be held back. Parliament has decreed that the Treaty is henceforward to be part of our law.

Tale impronta decisamente discorsiva nell’argomentare del giudice inglese, retaggio dell’oralità del processo, si è mantenuta anche laddove la decisione sia oggi resa per iscritto. Infatti le sentenze sono il più delle volte ancora orali, pronunciate dal giudice in udienza pubblica sulla mera base di appunti, solo in seguito vengono inserite nei Reports o raccolte di giurisprudenza, se il caso è considerato meritevole di essere reported. Sono state dunque pronunciate oralmente, assai spesso, le lunghe opinions che si leggono nei Reports.

In Inghilterra, il processo di cognizione di primo grado (trial) è una vera e propria contesa, con aspetto ludico e teatrale (Moccia 2005: 299), contraddistinta dalla discussione orale dinanzi al giudice, la cui personalità influenza quindi direttamente la conduzione del caso.

Lo stile della sentenza è personale, come indicano le parole di un giudice, espresse alla prima persona singolare (Magor and St. Mellons v. Newport Borough Council, citato in Ferreri 2010: 183):

I confess that I find it difficult to deal with these questions of interpretation in the abstract. I like to see their practical application, and for that reason I propose to set out hypothetical sets of facts which, I suppose, are probably the true facts.

Il contrasto è netto con la sentenza delle giurisdizioni superiori francesi, nelle quali per fare un solo esempio (Mimin 1978, citato in Oberto 2008): “la construction de nos arrêts exclut radicalement certains tours de phrase, […] comme le tour interrogatif”.

Ma questa tanto studiata e commentata “personalizzazione” non è solo stilistica, essa determina anche la struttura della sentenza, la quale non presenta alcuna unità dichiarativa o documentale, come avviene invece negli ordinamenti di civil law. Quando il giudice non è monocratico, la sentenza inglese è semplicemente la somma delle opinions dei diversi giudici, alcune delle quali andranno nello stesso senso formando quindi una maggioranza in seno alla corte, mentre altre diventeranno delle concurring opinions o delle dissenting opinions. Questo complesso sistema verrà illustrato nel prossimo paragrafo, poiché è stato più compiutamente formalizzato nell’esperienza americana. La sentenza di civil law è invece un atto unitario dello Stato, solenne e impersonale, imputabile all’organo e mai alle persone.

Peraltro, anche la dissenting opinion non è un “istituto” giuridico formale, ma storicamente il prodotto naturale dell’oralità della discussione, solo in un secondo tempo esso è stato razionalizzato, negli Stati Uniti.

E’ stato scritto che nel diritto di common law il giudice è tuttora un cultural hero, mentre in quello di civil law è un funzionario statale, come in Germania dove ai Richter si applica lo statuto dei Beamten, con tutte le connotazioni semantiche di quest’ultima parola.

4. Lo stile delle sentenze americane, in particolare della Supreme Court

Anche negli Stati Uniti, come in Francia e in Inghilterra, da un lato esiste uno stile delle sentenze con alcune caratteristiche comuni (parte delle quali condivise con il diritto inglese), dall’altro tale stile si differenzia, nella manifestazione di altre caratteristiche, in base al grado della giurisdizione e alla tipologia della causa.

Se lo stile della Cour de cassation ha originato la maggior parte degli studi sulla Francia, quello della Supreme Court ha ispirato la maggior parte degli studi sugli Stati Uniti (Goutal 1976, Garapon Papadopoulos 2003), nell’ambito di una tendenza della dottrina, in tutti i paesi, a privilegiare lo studio delle sentenze delle corti di vertice.

Ovviamente la Cour de cassation e la Supreme Court non sono in alcun modo paragonabili. La Supreme Court of the United States (questo il nome preciso e completo) svolge funzioni che in Francia sono suddivise fra Cour de cassation (vertice della giustizia civile e penale), Conseil d’Etat (vertice della giustizia amministrativa) e Conseil constitutionnel (organo della giustizia costituzionale).

Anche negli Stati Uniti, non esiste un obbligo di motivazione, sebbene questa sia usuale. Tuttavia in numerose decisioni di appello essa manca completamente (i giudici si limitano a scrivere che la sentenza di primo grado è reversed o affirmed).

Mentre in Inghilterra le opinions sono prevalentemente orali, negli Stati Uniti sono ordinariamente scritte, ossia non vengono pronunciate in udienza pubblica subito dopo la discussione della causa.

Un’altra differenza con l’Inghilterra riguarda, ancora una volta, l’influenza della dottrina sulla giurisprudenza, pienamente dichiarata e rivendicata negli Stati Uniti, sicché la sentenza americana, sulle questioni più importanti, tende ormai a riflettere lo stile degli academic writings (Monateri 2006: 82-83), includendo per fare un solo esempio anche veri e propri saggi di storia del diritto. Inoltre nella sentenza americana di corte superiore abbondano, sempre per l’influenza della dottrina, i cosiddetti policy arguments, ossia gli eventuali argomenti sociali, economici, politici, etici, ecc. che sono stati considerati dai giudici in aggiunta alle ragioni di puro diritto. Questo aspetto caratterizza la giurisprudenza americana.

Come in Inghilterra, anche negli Stati Uniti, quando la giurisdizione è di tipo collegiale, la decisione e la motivazione sono personali. I giudici possono, cioè, essere tutti d’accordo sulla decisione e sulla motivazione e in tal caso delegare ad uno di essi il compito di scriverle. Altrimenti ciascuno esprime la propria opinion, ossia, con riferimento per esempio alla Corte suprema:

  1. ogni giudice può dichiarare un semplice I concur nella decisione espressa da altro giudice, senza aggiungere alcuna motivazione personale;
  2. ovvero, fermo restando il suo concorso alla decisione altrui, può aggiungere una diversa motivazione personale (magari soltanto nella formulazione), la quale prende il nome di concurring opinion;
  3. ovvero ciascun giudice può dissentire rispetto alla decisione della maggioranza, con o senza motivazione di tale dissent (di solito il dissenso è motivato), formulando così una dissenting opinion; la formazione di una maggioranza è ulteriormente complicata dal fatto che il dissenso può riguardare solo alcuni capi della sentenza e non altri, il che produce talvolta situazioni confuse come nel famoso caso Planned Parenthood of Southeastern Pennsylvania v. Casey del 1992;
  4. negli Stati Uniti i giudici che formano la maggioranza affidano ad uno di loro il compito di scrivere la opinion of the Court, che in Inghilterra non esiste in quanto tale.

Ecco cosa è scritto in fondo alla sentenza Kelo v. New London, pronunciata dalla Corte suprema nel 2005, tenuto conto che questa è composta da un collegio di nove giudici:

Stevens, J., delivered the opinion of the Court, in which Kennedy, Souter, Ginsburg, and Breyer, JJ., joined. Kennedy, J., filed a concurring opinion. O’Connor, J., filed a dissenting opinion, in which Rehnquist, C. J., and Scalia and Thomas, JJ., joined. Thomas, J., filed a dissenting opinion.

A sottolineare la necessità di liberare l’analisi da facili schematismi, occorre tuttavia ricordare che l’opinione dissenziente esiste anche in paesi di civil law come la Germania e la Spagna, ma limitatamente alle sole corti costituzionali, mentre questo istituto è rifiutato a qualsiasi livello in Francia e in Italia.

Per quanto riguarda la ben nota lunghezza delle sentenze americane, per fare soltanto un esempio, la recente e importante decisione del 2010 della Corte suprema sul caso Citizens United v. Federal Election Commission, in materia di finanziamenti imprenditoriali alla comunicazione radiotelevisiva di contenuto elettorale, scaricata in versione completa e in formato immagine dal sito della Corte, si compone di 183 pagine comprensive di Headnote (il riassunto della sentenza) e delle diverse opinions.

Come nelle sentenze inglesi, anche in quelle americane, oltre alle frequenti metafore, si riscontrano citazioni da opere letterarie o musicali, accenti umoristici (il cosiddetto judicial humour, oggetto di numerosi studi), parodie di poemi o racconti celebri, ecc. Le citazioni vanno da William Shakespeare, come nel caso Milkovich v. Lorain Journal Co. deciso dalla Corte suprema nel 1990, fino a Bob Dylan, come nel caso Sprint Communications Co. v. APCC Services Inc. deciso dalla medesima Corte nel 2007, passando per Mark Twain ed Edgar Allan Poe. Tali citazioni non svolgono sempre una funzione ornamentale, poiché sono spesso utilizzate per rafforzare il ragionamento giuridico. Un esempio di umorismo è contenuto nella dissenting opinion del caso Department of Revenue v. James B. Beam Distilling Co. del 1964, nella quale due giudici della Corte suprema esprimono le rispettive preferenze per il bourbon whisky o lo scotch whisky. Né mancano lunghe parti di sentenze, nelle corti inferiori, scritte dal giudice in versi, come nel caso Joe Hand Promotions v. Sports Page Caf deciso nel 1996 dalla District Court of New Jersey.

Lo stile accademico e letterario delle sentenze americane impone a questo punto di ampliare l’orizzonte della presente rassegna, per accennare seppur brevemente ad un campo d’indagine di grande interesse per i linguisti, noto negli Stati Uniti come Law as Literature, ma presente in modo analogo anche in altri paesi.[3] Esso analizza i rapporti fra diritto e letteratura e si articola in diversi filoni di ricerca (Sansone 2001: 77-83), uno dei quali evidenzia la funzione espressiva del linguaggio giuridico e afferma che la narrazione è una componente essenziale del ragionamento della corte, idonea a spiegare la decisione del giudice in maniera più autentica di quanto non faccia il ricorso al sillogismo giuridico.

A questo riguardo come non ricordare che sono numerosi i giudici americani celebri per il loro stile letterario, fra i quali Oliver Wendell Holmes, Benjamin Cardozo, Louis D. Brandeis, Learned Hand e William O. Douglas.

5. Riepilogo comparativo

Lo stile delle sentenze
Sentenze francesi Sentenze angloamericane
Sentenza breve (qualche pagina), soprattutto nelle corti superiori. Negli USA sentenza lunga (decine di pagine, talvolta centinaia), spesso con “stile accademico” (Pier Giuseppe Monateri) e “sembianze letterarie” (Ugo Mattei).
Obbligo di motivazione, ma limitata e succinta. Assenza di norme sulla motivazione.
Nella Cour de cassation, per prassi secolare,  jugement à phrase unique. Assenza di rigidi canoni formali.
Soprattutto nelle corti superiori, motivazione estremamente succinta, basata solo sul sillogismo giuridico, con scarsa ricostruzione dei fatti. Narrazione del ragionamento giuridico, dettagliata ricostruzione dei fatti.
Assenza di discussione della dottrina. Negli USA discussione della dottrina in evidenza.
Assenti le considerazioni di finalità politico-sociali, perché riservate al legislatore e vietate ai  giudici. Sono denominate dalla dottrina francese arguments d’opportunité. I giudici svolgono anche considerazioni di  public policy più opportuna, denominate dalla dottrina angloamericana policy arguments.
Univocità. Indicazione di decisioni alternative a quella poi effettivamente pronunciata e discussione fra le diverse soluzioni possibili della controversia. I giudici, parlando alla prima persona, possono esprimere i loro dubbi.
La deliberazione è mantenuta segreta, la sentenza è indistintamente collegiale. Negli USA oltre alla opinion of the Court, espressione della maggioranza del giudici, sono pubblicate eventuali dissenting opinions redatte dai giudici in minoranza. La sentenza di common law è personale, ogni giudice aderisce a un’altra o presenta la sua. In Inghilterra non viene redatta la opinion of the Court, si fa solo il conteggio della maggioranza e della minoranza.

6. Conclusioni: analisi delle variabili e strategie di traduzione

Come si è visto gli studi di diritto comparato evidenziano che il “genere testuale sentenza” non è mai univoco.

Il suo stile dipende da numerose variabili, in particolare dall’ordinamento di appartenenza nonché dal grado della giurisdizione e dalla tipologia della causa. Inoltre, ciascuna parte di una sentenza possiede un suo “stile”, ma numero e contenuto delle parti cambiano in base a dette variabili.

In linea generale, la sentenza francese è breve, impersonale, criptica, logica, tecnica e unitaria, mentre quella angloamericana è lunga, personale, esplicita, narrativa, politica e composita.

E’ stato scritto che la traduzione delle sentenze di common law implica una competenza traduttiva anche letteraria, si può aggiungere che la traduzione delle sentenze francesi comporta una competenza traduttiva soprattutto tecnico-documentaria. Poiché “the elements of the court reasoning may be hard to sort out on the first reading”, il lettore-traduttore deve ogni volta ricostruire la norma applicabile consultando gli articoli pertinenti di uno dei Codes francesi (Wells 1994: 92).

Passando ai vincoli imposti al traduttore, la tipologia testuale elaborata da Francesco Sabatini nel 1990 con riferimento a qualsivoglia tipo di testo, successivamente perfezionata in diversi contributi, ha acquisito con il tempo una grande importanza anche per i traduttori. Essa suddivide tutti i testi in tre classi fondamentali: “molto vincolanti” (es. leggi, istruzioni tecniche, ecc.), “mediamente vincolanti” (es. manuali, articoli, ecc.) e “poco vincolanti” (narrativa, opere teatrali, ecc.), in relazione al grado di rigidità/elasticità del vincolo che l’autore pone all’interpretazione del lettore (qui leggere: il traduttore). E’ palese l’influenza della pragmatica sulla tipologia dei testi elaborata da Sabatini.

Questa tipologia dedica peraltro ampio spazio ai testi giuridici, assegnando i “testi di normativa” (leggi, decreti, ecc.) ai testi molto vincolanti  (caratterizzati da un “grado stilistico zero” e da una tendenziale univocità semantica) e i “testi di dottrina” (manuali, articoli, ecc.) ai testi mediamente vincolanti. In quale classe viene invece collocato il “genere sentenza”? La tipologia di Sabatini lo colloca fra i testi altamente vincolanti. Occorre tuttavia diversificare questa collocazione.

Una sentenza infatti, in qualsiasi ordinamento, non è mai omogenea.

Riferendosi all’Italia i giuristi hanno scritto che si deve considerare tendenzialmente “morbida” o elastica la parte di testo della motivazione, indefettibilmente “dura” o rigida la parte di testo del dispositivo. Nella prima sono presenti margini di indeterminatezza, talvolta perfino significati ambigui, e la finalità dell’enunciato è constativa. Il dispositivo invece non tollera concetti indeterminati, è caratterizzato dalla tensione verso significati univoci, e la finalità dell’enunciato è performativa (Di Benedetto: 2003). La differenziazione va inoltre portata se necessario all’interno di ogni parte della sentenza: ad esempio la motivazione può contenere ampie citazioni normative che sono per definizione testi molto vincolanti, senza contare che può esservi una testualità diversa fra la “motivazione in fatto”, contenuta nella sottoparte “Svolgimento del processo”, e la “motivazione in diritto”, contenuta nella sottoparte “Motivi della decisione”, una suddivisione invalsa nella prassi giudiziaria.

Il traduttore deve saper riconoscere i diversi “tipi” testuali caratterizzanti di volta in volta le diverse “parti” di una sentenza straniera, perché tale “analisi delle variabili” effettuata caso per caso è fondamentale nell’impostare le strategie traduttive, che potranno quindi essere anch’esse in varia misura differenziate.

Un arrêt della Cour de cassation costituirà, tendenzialmente, un testo altamente vincolante per il traduttore. Gorla ha scritto che il suo stile è analogo a quello di un code, si applicheranno quindi i procedimenti traduttivi tipici della traduzione legislativa, con il divieto per esempio delle perifrasi esplicative e la cautela nel ricorso all’equivalenza funzionale. In una giurisdizione francese di grado inferiore, per esempio un Tribunal de grande instance, i “visti” (Vu l’ordonnance du …; Vu les dernières écritures des demandeurs du …; Vu les dernières conclusions de la défenderesse du …, ecc.) costituiranno un testo molto vincolante; la motivazione nei punti di fatto un testo mediamente vincolato; la motivazione nei punti di diritto di nuovo un testo altamente vincolante, come anche il “dispositivo” posto alla fine della sentenza. Le opinions pronunciate da una corte superiore in un paese di common law, per la loro struttura e il loro stile, saranno invece al tempo stesso molto, mediamente e poco vincolanti per il traduttore, il quale potrà anche utilizzare in alcune parti procedimenti tipici della traduzione letteraria, come la trasposizione, la modulazione o l’adattamento, mentre nelle parti altamente vincolanti i procedimenti traduttivi saranno essenzialmente il prestito integrale, il calco e, in misura inferiore, l’equivalenza funzionale.[4]

La Cour de cassation descrive così la specificité formelle del proprio stile giudiziario (Weber 2009):

Depuis la création du Tribunal de cassation en 1790, des générations de conseillers à la Cour ont affiné une technique de rédaction des arrêts très sophistiquée, dont les principales caractéristiques sont la concision, la précision terminologique et la rigueur logique.

Esaminiamo alcuni esempi di vincolatività assoluta per il traduttore. Nelle sentenze di rigetto dei ricorsi, se la Corte scrive a énoncé …, o a constaté …, o a relevé …, o a retenu … intende quattro ragionamenti fra loro diversi. Ad esempio il verbo relever si riferisce sempre a circostanze e considerazioni puramente di fatto, mentre il verbo retenir corrisponde sempre ad un apprezzamento di fatto avente un’incidenza giuridica. Inoltre: se la Corte scrive a pu en déduire …, a pu décider que … indica ai giudici di merito che il controllo da essa compiuto sui fatti da loro accertati è stato di tipo leggero, mentre se scrive en a exactement déduit …a décidé a bon droit que … indica invece agli stessi giudici che il suo controllo è stato di tipo penetrante. Ancora: nel conclusif l’espressione qu’en statuant ainsi … viene usata solo quando la Corte accerta una violazione di legge, mentre l’espressione qu’en se déterminant ainsi … viene usata solo quando la Corte accerta un difetto di base legale (Weber 2009). Pertanto l’univocità semantica è ovunque vincolante, come in una lingua speciale della tecnica, con la conseguenza che nella traduzione sarà vietato l’uso di sinonimi, almeno per questi e altri termini così precisi del ragionamento giuridico.

Infine, la Skopostheorie di origine tedesca e finlandese, ormai accettata anche nella traduzione giuridica (Garzone 2008), insegna che le strategie e i procedimenti traduttivi dipendono di volta in volta, oltre che dalle tipologie testuali come illustrato finora, anche dallo “scopo” dell’intera traduzione, intendendo con scopo un’ampia serie di variabili pragmatiche: committente, destinatario, valore giuridico o informativo della traduzione, revisore, contesto d’uso ed altri elementi dipendenti dalle circostanze. La combinazione fra queste variabili porterà ad un bilanciamento ogni volta diverso fra procedimenti di foreignization e di domestication della traduzione.

In secondo luogo, la Skopostheorie amplifica e diversifica la nozione classica di traduzione (Amman 1989, citato in Nord 1997: 112): “On the basis of modern translation theory, we can talk of “translation” when a source text has, for a particular purpose, been used as a model for the production of a text in the target culture”.

Oltre alla traduzione vera e propria, rientrano quindi in tale nozione il riassunto nella lingua di arrivo, la selezione e la traduzione di estratti, l’adattamento, la mera gist translation (ossia una traduzione molto approssimativa, volta unicamente a dare un’idea del contenuto) ecc., soprattutto quando la traduzione giuridica ha un valore solo informativo.[5] Occorre ricordare a questo proposito che già nei primi lavori di Vermeer la traduzione era definita una “offerta di informazioni” (Informationsangebot) e che le suddette forme di traduzione sono oggi sempre più diffuse (anche nelle istituzioni dell’Unione europea e degli Stati nazionali).

In base alle considerazioni svolte finora, la traduzione per riassunto o per estratti di una sentenza di cassazione francese consente margini d’intervento molto ristretti, perché gli elementi che la costituiscono sono tutti essenziali e  concatenati, mentre le stesse operazioni traduttive effettuate su una sentenza di common law appaiono più agevoli in quanto possono essere ignorate le parti non strettamente giuridiche.

La necessità di differenziare l’analisi in base a variabili, anche all’interno delle partizioni del testo di partenza, sembra essere il portato più importante della Skopostheorie, intesa complessivamente nei suoi vari orientamenti e formulazioni.

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Note

[1] Il presente articolo ripropone in forma ampliata le due lezioni tenute dall’autore sullo stesso argomento, il 15 e 16 aprile 2009, presso il dipartimento SITLEC dell’Università di Bologna a Forlì nell’ambito del Laboratorio permanente di Traduzione settoriale.

[2] Una questione particolare è l’assenza della motivazione nelle sentenze delle Corti d’assise, che si desume dall’art. 353 del Codice di procedura penale, assenza la cui legittimità è stata confermata dal Conseil constitutionnel nel 2011.

[3] Per l’Italia deve essere menzionata la Italian Society for Law and Literature (ISLL) all’indirizzo http://www.lawandliterature.org.

[4] Sui procedimenti traduttivi nella traduzione giuridica, mi sia permesso di rinviare a Megale (2008: 85-113).

[5] Sulle diverse funzioni della traduzione giuridica, Megale (2008: 143-147).

About the author(s)

Former translator of the European Commission in Luxembourg and of the Italian Parliament in Rome, specialized in comparative legislation. Lecturer under contract at the Faculty of translation of LUSPIO University, where he presently teaches legal translation with regard to French law. Translator of Edouard Lambert's Le gouvernement des juges of 1921, one of the masterpieces of early comparative law, published by Giuffrè in 1996 (jointly with Roberto D'Orazio). Author of Teorie della traduzione giuridica. Fra diritto comparato e Translation Studies, Napoli, Editoriale Scientifica, 2008.

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©inTRAlinea & Fabrizio Megale (2011).
"Lo stile delle sentenze francesi e angloamericane Analisi delle variabili e strategie di traduzione"
inTRAlinea Special Issue: Specialised Translation II
Edited by: Danio Maldussi & Eva Wiesmann
This article can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/specials/article/1802

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