Un giorno una creatura di luce

Translated by: Daniele Serafini

Un jour, un être de lumière by Bruno Cany


I La creatura di luce che mi fu dato incontrare era di sesso femminile. Una specie di angelo biondo dagli occhi verdi. Per poter vivere, in quest'epoca di miscredenza, questa vita che ci viene offerta nella sua stessa impossibilità, il mio angelo fece la "scommessa della Poesia". Uno slittamento, in cui il corpo del Cristo si muta in corpo di poeta, e la finzione del corpo collettivo in fantasmagoria del corpo individuale. Mito contro mito, dunque. Mito dell'evasione fuori di sé nella sofferenza dell'esistere. Mentre camminavano nella via Alta in direzione del Fiume, lui l'afferrò ad un tratto per la vita e, nell'attirarla a sé, i loro corpi fermi si congiunsero. Lui guardò, attraverso i suoi capelli, l'al di là della strada davanti a sé; mentre lei, posando il mento sulla sua spalla, fissava dietro di lui l'infinito. Il poeta sempre si lancia nel senza margine né fondo, l'inconoscibile, al fine di manifestarlo. Ma si perde a se stesso. E la sofferenza parossistica dell'esistere gli fa dimenticare i doveri inerenti all'esistenza. Quando non la trovavo in città, là dove sapevo di poterla trovare, e non rispondeva neanche più al telefono, sapendo allora che era stata a cercare rifugio in qualche immensità oceanica, qualche vuoto cosmico o non so quale deserto terrestre, andavo a sedermi alla fermata dell'autobus, e aspettavo il suo ritorno. II Un giorno mentre la sfioravo col viso, scorsi nei suoi occhi il flutto senza riva – il suo segreto. Se fosse solo divina, per la purezza del viso e la limpidezza dello sguardo, la creatura di luce avrebbe di umano la sola superficie. Alla penetrazione della sua voce risponde dunque la luminosità dello sguardo. Perché la creatura di luce è divina, per l'altezza del suo sguardo, solamente in quanto è umana, per la profondità della sua parola. Nelle striature di luci e di suoni, il poeta danza. La sua dimensione terrestre è troppo profonda e la sua dimensione divina troppo alta; il loro scarto troppo importante perché possa mantenere l'equilibrio. E il poeta sempre oscilla ... Perché il poeta, che esiste solo nelle parole, le cerca nel quotidiano; ma, non trovandole, preferisce sognare la propria esistenza, o pensarla, piuttosto che viverla. Non è dunque una creatura di parola ma allo stesso tempo lo è. Non lo è in senso etico, ma lo è in senso estetico: se non mantiene la parola è perché si è rifugiato interamente nella sua parola; e se si contraddice è per meglio tener fede al suo dire. In questo si mostra angelo: in quanto cerca, più che di esistere, d'incarnare la luce esterna del cielo o l'oscurità interna del corpo. Talvolta, soffrendo d'un male sconosciuto, lei restava a letto numerosi giorni di seguito. I suoi occhi allora divenivano grigi. III Infinito niente. Si comincia con una redazione ellittica e cifrata. Poi, lentamente, con riprese e ritocchi successivi, la lingua del poeta ha la meglio sull'indicibile: Sempre mi separi da te. _____ Ma mi hai lasciato? _____ Sempre mi separi da me. _____ Ma mai io ti lascerò! _____ La scommessa offerta dalla poesia al poeta è vivere. Perché esistere al di fuori dell'esistenza è improbabile. E le parole difettano per dire a che punto siamo – quand'anche le cose appaiano d'una sorprendente chiarezza. Abbiamo fatto l'amore vicino alla Butte-aux-Cailles parlando d'infinito fino al mattino, bevendo caffè e fumando sigarette. Faceva caldo. Dietro le tende di mussolina bianca, le finestre erano spalancate, e la luce che filtrava dalla strada si estendeva sull'origine boschiva del mondo, il piano curvo e madreperlaceo della terra, e i monti sereni rosa; mentre oltre l'orizzonte, nella penombra, la luminosità oceanica del suo sguardo vegliava ... Quella notte, mi sono insinuato in lei per sempre. Che mi lasci - e in lei sarò infelice. Che non mi lasci - e in lei sarò beato. Felice quindi, e qualunque cosa accada, in lei per sempre! Il canto del poeta dice l'impossibile, perché il possibile lo spaventa; ma, lanciato verso l'esterno alla ricerca dell'infinito e – colmo d'ebbrezza – è riportato all'interno dall'inconscio. Ci siamo amati il resto del tempo nel Ventre di Parigi, e abbiamo deciso di non occuparci più del possibile o dell'impossibile, sorgenti della follia degli uomini, ma di cercare sempre e solo l'al di là del possibile. IV Dio è morto. È difficile, dopo tanti e tanti rifiuti, credere ancora; e tuttavia è impossibile per l'uomo non credere – a questa figura mascolina e filiforme che attraversa l'orizzonte, a questo viso sconvolto di donna dall'aspetto angelico, o anche al loro incontro sotto un raggio obliquo. "Il senso del divino nasce dall'assenza di prova – le prove vanno bene per la finitudine – ". Stesa nuda su un pavimento scuro, il suo corpo adolescente percorso a tratti da soprassalti, la guardavo soffrire senza potere fare nulla; e tuttavia qualcosa mi diceva di aver fede nell'angelo biondo dall'aspetto di donna. In quest'epoca in cui l'Uomo tautologico non ama che se stesso, "Dio è morto" afferma la derelizione. Non quella del dio umanizzato, ma quella dell'uomo divinizzato. Ora, l'abbandono non è il nulla. L'altro, per quanto divino, non è non-essere, ma presenza sconsacrata. Abbandono dell'umanità da parte dell'uomo stesso. E tuttavia, formula di un lutto impossibile, noi dobbiamo imparare a conviverci. Dio è morto, diceva lei sorridendo, ma non la poesia: perché l'essenza del sacro risiede nella parola che fissa nell'immanenza l'Altissimo. La potenza di vita brillava nel suo sguardo, lo stridore degli inconciliabili batteva alle sue tempie – Potevo aver fede in Colei che crede di morire. V “l’amore è forte come la morte” Un giorno, accostando il suo viso a quello di lei, egli intravide, nel più profondo dei suoi occhi, la serenità. Non so se Dio esiste oppure no, e non vedo la necessità di scegliere. Il finito e l'infinito mi sembrano certo contraddittori (forse anche fino all'inconciliabile), ma non esclusivi. Credo persino di sapere che l'uno e l'altro sono costitutivi della lacerazione originaria dell'uomo. Il suo canto diceva la nascita del mondo, o forse la sua fine: il corpo nudo del mondo disvelato. All'inizio avevo pensato di dover fare l'esperienza del paradosso assoluto: (accettare di) perderla per conquistarla; ma scoprendo quella sera la bontà nel fondo dei suoi occhi compresi il mio errore: non dovevo più percepire la mia stessa esistenza – dovevo imparare a morire. Il suo canto diceva che un uomo dei confini camminava per incontrarla, senza mai trovarla – e camminava per perderla infine. Le ho perciò chiesto di lasciarmi. Avevo bisogno di restare solo sulla mia sedia. Allora si è allontanata in silenzio sotto gli alberi: esitava, si voltava spesso, le palpebre che sbattevano in un blu cobalto. Dopo alcuni passi, si fermò e, senza volgersi, fece salire dalle labbra chiuse un vecchio canto d'amore e di morte. E tanto più l'angelo nell'allontanarsi gli si avvicinava, tanto più l'uomo rinunciava a se stesso ...
I L'être de lumière qu'il me fut donné de rencontrer était de sexe féminin. Une espèce d'ange blond aux yeux verts. Pour pouvoir vivre, en ces temps d'incroyance, cette vie qui nous est offerte dans son impossibilité même, mon ange fit le " pari de Poésie ". Un glissement, où le corps du Christ se mue en corps du poète, et la fiction du corps collectif en fantasmagorie du corps individuel. Mythe contre mythe, donc. Mythe de l'échappée hors de soi dans la souffrance de l'exister. Alors qu'ils marchaient rue Haute en direction du Fleuve, il la prit soudain par la taille et, l'attirant à lui, leurs deux corps arrêtés s'épousèrent. Il regarda, à travers ses cheveux, l'au-delà de la rue devant lui ; tandis qu'elle, posant son menton sur son épaule, fixait derrière lui l'infini. Le poète toujours s'élance dans le sans bord ni fond, l'inconnaissable, afin de le manifester. Mais il se perd à lui-même. Et la souffrance paroxystique de l'exister lui fait oublier les devoirs inhérents à l'existence. Quand je ne la trouvais pas dans la ville, là où je savais pouvoir la trouver, et qu'elle ne répondait pas non plus au téléphone, sachant alors qu'elle avait été chercher refuge en quelque immensité océanique, quelque vide cosmique ou je ne sais quel désert terrestre, j'allais m'asseoir à l'arrêt du bus, et attendais son retour. II Un jour que j'approchais mon visage, j'aperçus dans ses yeux le flot sans rivage – son secret. S'il n'était que divin, par la pureté de son visage et la limpidité de son regard, l'être de lumière n'aurait d'humain que sa superficialité. À la pénétration de sa voix répond donc la luminosité du regard. Car l'être de lumière n'est divin, par la hauteur de son regard, que pour autant qu'il est humain, par la profondeur de sa parole. Dans des stries de lumières et de sons, le poète danse. Sa dimension terrestre est trop profonde et sa dimension divine trop haute ; et leur écart trop important pour qu'il puisse tenir l'équilibre. Et le poète toujours bascule... C'est pourquoi le poète, qui n'existe que dans ses mots, les cherche au quotidien ; mais, ne les trouvant pas, préfère rêver son existence, ou la penser, plutôt que la vivre. Il n'est donc pas un être de parole en même temps qu'il l'est. Il ne l'est pas au sens éthique, mais il l'est au sens esthétique : s'il ne tient pas parole c'est qu'il s'est réfugié tout entier dans sa parole ; et s'il se dédit c'est pour mieux tenir son dire. En cela il apparaît ange : car, plus qu'à exister, il cherche à incarner la lumière extérieure du ciel ou l'obscurité intérieure du corps. Parfois, souffrant d'un mal inconnu, elle se couchait plusieurs jours d'affilée. Ses yeux alors devenaient gris. III Infini rien. Cela commence par une rédaction elliptique, et codée. Puis, lentement, par reprises et retouches successives, la langue du poète gagne sur l'indicible: Toujours tu me sépares de toi. _____ Mais m'as-tu quitté ? _____ Toujours tu me sépares de moi. _____ Mais jamais je ne te quitterai ! _____ Le pari offert par la poésie au poète est de vivre. Car exister hors de l'existence est improbable. Et les mots manquent pour dire ce qu'il en est – quand bien même les choses paraissent d'une surprenante clarté. Nous avons fait l'amour du côté de la Butte-aux-Cailles en parlant d'infini jusqu'au matin, en buvant du café et en fumant des blondes. Il faisait chaud. Derrière les voiles en mousseline blanche, les croisées étaient grandes ouvertes, et la lumière filtrée de la rue s'étendait sur l'origine forestière du monde, le plan courbe et nacré de la terre, et les monts sereins roses ; tandis qu'au delà de l'horizon, dans la pénombre, la luminosité océane de son regard veillait.... Cette nuit-là, je me suis coulé en elle pour toujours. Qu'elle me quitte – et je serai en elle malheureux. Qu'elle ne me quitte pas et je serai en elle bienheureux. Heureux donc, et quoi qu'il arrive, en elle pour toujours ! Le chant du poète dit l'impossible, car le possible l'effraye ; mais, lancé vers l'extérieur à la quête de l'infini et – saisi d'ivresse –, il est rattrapé de l'intérieur par l'inconscient. Nous nous sommes aimés le reste des temps dans le Ventre de Paris, et sommes convenus de ne jamais plus nous occuper du possible ou de l'impossible, sources de la folie des hommes, mais de ne chercher toujours que l'au-delà du possible. IV Dieu est mort. Il est difficile, après tant et tant de réfutations, de croire encore ; et pourtant il est impossible à l'homme de ne pas croire – à cette silhouette masculine et filiforme qui traverse l'horizon, à ce visage bouleversé de femme à la figure d'ange, ou encore à leur rencontre sous un rayon oblique. "Le sens du divin naît de l'absence de preuve – les preuves sont bonnes pour le fini – " Etendue nue sur les tomettes sombres, son corps adolescent parfois parcouru de soubresauts, je la regardais souffrir sans pouvoir rien faire ; et pourtant quelque chose en moi me disait d'avoir foi en l'ange blond à la figure de femme. En ces temps où l'Homme tautologique n'aime plus que lui-même, "Dieu est mort" affirme la déréliction. Non pas celle du dieu humanisé, mais celle de l'homme divinisé. Or, l'abandon n'est pas le néant. L'autre, fût-il divin, n'est pas non-être, mais présence désaffectée. Abandon de l'humanité par l'homme lui-même. Et pourtant, formule d'un deuil impossible, nous devons apprendre à vivre avec. Dieu est mort, disait-elle en souriant, mais non la poésie : car l'essence du sacré réside dans la parole qui fixe dans l'immanence le Trop Haut. La puissance de vie brillait dans son regard ; la stridence des inconciliables battait à ses tempes – Je pouvais avoir foi en Celle qui croit mourir. V

«l'amour est fort comme la mort »

Un autre jour qu'il approchait son visage du sien, il entr'aperçut, siégeant au plus profond de ses yeux, la sérénité. Je ne sais si Dieu existe ou non, et ne perçois pas la nécessité de choisir. Le fini et l'infini me paraissent certes contradictoires (peut-être même jusqu'à l'inconciliable), mais non pas exclusifs. Je crois même savoir que l'un et l'autre sont constitutifs du déchirement originaire de l'homme. Son chant disait la naissance du monde, ou peut-être sa fin : le corps nu du monde dévoilé. J'avais d'abord pensé qu'il me faudrait faire l'expérience du paradoxe absolu: (accepter de) la perdre pour la gagner; mais en découvrant ce soir-là la bonté au fond de ses yeux je compris mon erreur: je devais me perdre pour moi-même je devais apprendre à mourir. Son chant disait qu'un homme des confins marchait à sa rencontre, sans jamais la trouver – et finalement marchait à sa perte. Je lui ai donc demandé de me laisser. J'avais besoin de rester seul sur ma chaise. Alors elle s'est éloignée en silence sous les arbres: elle hésitait, se retournait souvent, ses paupières cillant en bleu cobalt. Après quelques pas, elle s'immobilisa et, sans qu'elle se retourne, monta de ses lèvres closes un vieux chant d'amour et de mort. Et plus l'ange en s'éloignant se rapprochait de lui, plus l'homme pour elle mourait à lui-même ...
I La creatura di luce che mi fu dato incontrare era di sesso femminile. Una specie di angelo biondo dagli occhi verdi. Per poter vivere, in quest'epoca di miscredenza, questa vita che ci viene offerta nella sua stessa impossibilità, il mio angelo fece la "scommessa della Poesia". Uno slittamento, in cui il corpo del Cristo si muta in corpo di poeta, e la finzione del corpo collettivo in fantasmagoria del corpo individuale. Mito contro mito, dunque. Mito dell'evasione fuori di sé nella sofferenza dell'esistere. Mentre camminavano nella via Alta in direzione del Fiume, lui l'afferrò ad un tratto per la vita e, nell'attirarla a sé, i loro corpi fermi si congiunsero. Lui guardò, attraverso i suoi capelli, l'al di là della strada davanti a sé; mentre lei, posando il mento sulla sua spalla, fissava dietro di lui l'infinito. Il poeta sempre si lancia nel senza margine né fondo, l'inconoscibile, al fine di manifestarlo. Ma si perde a se stesso. E la sofferenza parossistica dell'esistere gli fa dimenticare i doveri inerenti all'esistenza. Quando non la trovavo in città, là dove sapevo di poterla trovare, e non rispondeva neanche più al telefono, sapendo allora che era stata a cercare rifugio in qualche immensità oceanica, qualche vuoto cosmico o non so quale deserto terrestre, andavo a sedermi alla fermata dell'autobus, e aspettavo il suo ritorno. II Un giorno mentre la sfioravo col viso, scorsi nei suoi occhi il flutto senza riva – il suo segreto. Se fosse solo divina, per la purezza del viso e la limpidezza dello sguardo, la creatura di luce avrebbe di umano la sola superficie. Alla penetrazione della sua voce risponde dunque la luminosità dello sguardo. Perché la creatura di luce è divina, per l'altezza del suo sguardo, solamente in quanto è umana, per la profondità della sua parola. Nelle striature di luci e di suoni, il poeta danza. La sua dimensione terrestre è troppo profonda e la sua dimensione divina troppo alta; il loro scarto troppo importante perché possa mantenere l'equilibrio. E il poeta sempre oscilla ... Perché il poeta, che esiste solo nelle parole, le cerca nel quotidiano; ma, non trovandole, preferisce sognare la propria esistenza, o pensarla, piuttosto che viverla. Non è dunque una creatura di parola ma allo stesso tempo lo è. Non lo è in senso etico, ma lo è in senso estetico: se non mantiene la parola è perché si è rifugiato interamente nella sua parola; e se si contraddice è per meglio tener fede al suo dire. In questo si mostra angelo: in quanto cerca, più che di esistere, d'incarnare la luce esterna del cielo o l'oscurità interna del corpo. Talvolta, soffrendo d'un male sconosciuto, lei restava a letto numerosi giorni di seguito. I suoi occhi allora divenivano grigi. III Infinito niente. Si comincia con una redazione ellittica e cifrata. Poi, lentamente, con riprese e ritocchi successivi, la lingua del poeta ha la meglio sull'indicibile: Sempre mi separi da te. _____ Ma mi hai lasciato? _____ Sempre mi separi da me. _____ Ma mai io ti lascerò! _____ La scommessa offerta dalla poesia al poeta è vivere. Perché esistere al di fuori dell'esistenza è improbabile. E le parole difettano per dire a che punto siamo – quand'anche le cose appaiano d'una sorprendente chiarezza. Abbiamo fatto l'amore vicino alla Butte-aux-Cailles parlando d'infinito fino al mattino, bevendo caffè e fumando sigarette. Faceva caldo. Dietro le tende di mussolina bianca, le finestre erano spalancate, e la luce che filtrava dalla strada si estendeva sull'origine boschiva del mondo, il piano curvo e madreperlaceo della terra, e i monti sereni rosa; mentre oltre l'orizzonte, nella penombra, la luminosità oceanica del suo sguardo vegliava ... Quella notte, mi sono insinuato in lei per sempre. Che mi lasci - e in lei sarò infelice. Che non mi lasci - e in lei sarò beato. Felice quindi, e qualunque cosa accada, in lei per sempre! Il canto del poeta dice l'impossibile, perché il possibile lo spaventa; ma, lanciato verso l'esterno alla ricerca dell'infinito e – colmo d'ebbrezza – è riportato all'interno dall'inconscio. Ci siamo amati il resto del tempo nel Ventre di Parigi, e abbiamo deciso di non occuparci più del possibile o dell'impossibile, sorgenti della follia degli uomini, ma di cercare sempre e solo l'al di là del possibile. IV Dio è morto. È difficile, dopo tanti e tanti rifiuti, credere ancora; e tuttavia è impossibile per l'uomo non credere – a questa figura mascolina e filiforme che attraversa l'orizzonte, a questo viso sconvolto di donna dall'aspetto angelico, o anche al loro incontro sotto un raggio obliquo. "Il senso del divino nasce dall'assenza di prova – le prove vanno bene per la finitudine – ". Stesa nuda su un pavimento scuro, il suo corpo adolescente percorso a tratti da soprassalti, la guardavo soffrire senza potere fare nulla; e tuttavia qualcosa mi diceva di aver fede nell'angelo biondo dall'aspetto di donna. In quest'epoca in cui l'Uomo tautologico non ama che se stesso, "Dio è morto" afferma la derelizione. Non quella del dio umanizzato, ma quella dell'uomo divinizzato. Ora, l'abbandono non è il nulla. L'altro, per quanto divino, non è non-essere, ma presenza sconsacrata. Abbandono dell'umanità da parte dell'uomo stesso. E tuttavia, formula di un lutto impossibile, noi dobbiamo imparare a conviverci. Dio è morto, diceva lei sorridendo, ma non la poesia: perché l'essenza del sacro risiede nella parola che fissa nell'immanenza l'Altissimo. La potenza di vita brillava nel suo sguardo, lo stridore degli inconciliabili batteva alle sue tempie – Potevo aver fede in Colei che crede di morire. V “l’amore è forte come la morte” Un giorno, accostando il suo viso a quello di lei, egli intravide, nel più profondo dei suoi occhi, la serenità. Non so se Dio esiste oppure no, e non vedo la necessità di scegliere. Il finito e l'infinito mi sembrano certo contraddittori (forse anche fino all'inconciliabile), ma non esclusivi. Credo persino di sapere che l'uno e l'altro sono costitutivi della lacerazione originaria dell'uomo. Il suo canto diceva la nascita del mondo, o forse la sua fine: il corpo nudo del mondo disvelato. All'inizio avevo pensato di dover fare l'esperienza del paradosso assoluto: (accettare di) perderla per conquistarla; ma scoprendo quella sera la bontà nel fondo dei suoi occhi compresi il mio errore: non dovevo più percepire la mia stessa esistenza – dovevo imparare a morire. Il suo canto diceva che un uomo dei confini camminava per incontrarla, senza mai trovarla – e camminava per perderla infine. Le ho perciò chiesto di lasciarmi. Avevo bisogno di restare solo sulla mia sedia. Allora si è allontanata in silenzio sotto gli alberi: esitava, si voltava spesso, le palpebre che sbattevano in un blu cobalto. Dopo alcuni passi, si fermò e, senza volgersi, fece salire dalle labbra chiuse un vecchio canto d'amore e di morte. E tanto più l'angelo nell'allontanarsi gli si avvicinava, tanto più l'uomo rinunciava a se stesso ... I L'être de lumière qu'il me fut donné de rencontrer était de sexe féminin. Une espèce d'ange blond aux yeux verts. Pour pouvoir vivre, en ces temps d'incroyance, cette vie qui nous est offerte dans son impossibilité même, mon ange fit le " pari de Poésie ". Un glissement, où le corps du Christ se mue en corps du poète, et la fiction du corps collectif en fantasmagorie du corps individuel. Mythe contre mythe, donc. Mythe de l'échappée hors de soi dans la souffrance de l'exister. Alors qu'ils marchaient rue Haute en direction du Fleuve, il la prit soudain par la taille et, l'attirant à lui, leurs deux corps arrêtés s'épousèrent. Il regarda, à travers ses cheveux, l'au-delà de la rue devant lui ; tandis qu'elle, posant son menton sur son épaule, fixait derrière lui l'infini. Le poète toujours s'élance dans le sans bord ni fond, l'inconnaissable, afin de le manifester. Mais il se perd à lui-même. Et la souffrance paroxystique de l'exister lui fait oublier les devoirs inhérents à l'existence. Quand je ne la trouvais pas dans la ville, là où je savais pouvoir la trouver, et qu'elle ne répondait pas non plus au téléphone, sachant alors qu'elle avait été chercher refuge en quelque immensité océanique, quelque vide cosmique ou je ne sais quel désert terrestre, j'allais m'asseoir à l'arrêt du bus, et attendais son retour. II Un jour que j'approchais mon visage, j'aperçus dans ses yeux le flot sans rivage – son secret. S'il n'était que divin, par la pureté de son visage et la limpidité de son regard, l'être de lumière n'aurait d'humain que sa superficialité. À la pénétration de sa voix répond donc la luminosité du regard. Car l'être de lumière n'est divin, par la hauteur de son regard, que pour autant qu'il est humain, par la profondeur de sa parole. Dans des stries de lumières et de sons, le poète danse. Sa dimension terrestre est trop profonde et sa dimension divine trop haute ; et leur écart trop important pour qu'il puisse tenir l'équilibre. Et le poète toujours bascule... C'est pourquoi le poète, qui n'existe que dans ses mots, les cherche au quotidien ; mais, ne les trouvant pas, préfère rêver son existence, ou la penser, plutôt que la vivre. Il n'est donc pas un être de parole en même temps qu'il l'est. Il ne l'est pas au sens éthique, mais il l'est au sens esthétique : s'il ne tient pas parole c'est qu'il s'est réfugié tout entier dans sa parole ; et s'il se dédit c'est pour mieux tenir son dire. En cela il apparaît ange : car, plus qu'à exister, il cherche à incarner la lumière extérieure du ciel ou l'obscurité intérieure du corps. Parfois, souffrant d'un mal inconnu, elle se couchait plusieurs jours d'affilée. Ses yeux alors devenaient gris. III Infini rien. Cela commence par une rédaction elliptique, et codée. Puis, lentement, par reprises et retouches successives, la langue du poète gagne sur l'indicible: Toujours tu me sépares de toi. _____ Mais m'as-tu quitté ? _____ Toujours tu me sépares de moi. _____ Mais jamais je ne te quitterai ! _____ Le pari offert par la poésie au poète est de vivre. Car exister hors de l'existence est improbable. Et les mots manquent pour dire ce qu'il en est – quand bien même les choses paraissent d'une surprenante clarté. Nous avons fait l'amour du côté de la Butte-aux-Cailles en parlant d'infini jusqu'au matin, en buvant du café et en fumant des blondes. Il faisait chaud. Derrière les voiles en mousseline blanche, les croisées étaient grandes ouvertes, et la lumière filtrée de la rue s'étendait sur l'origine forestière du monde, le plan courbe et nacré de la terre, et les monts sereins roses ; tandis qu'au delà de l'horizon, dans la pénombre, la luminosité océane de son regard veillait.... Cette nuit-là, je me suis coulé en elle pour toujours. Qu'elle me quitte – et je serai en elle malheureux. Qu'elle ne me quitte pas et je serai en elle bienheureux. Heureux donc, et quoi qu'il arrive, en elle pour toujours ! Le chant du poète dit l'impossible, car le possible l'effraye ; mais, lancé vers l'extérieur à la quête de l'infini et – saisi d'ivresse –, il est rattrapé de l'intérieur par l'inconscient. Nous nous sommes aimés le reste des temps dans le Ventre de Paris, et sommes convenus de ne jamais plus nous occuper du possible ou de l'impossible, sources de la folie des hommes, mais de ne chercher toujours que l'au-delà du possible. IV Dieu est mort. Il est difficile, après tant et tant de réfutations, de croire encore ; et pourtant il est impossible à l'homme de ne pas croire – à cette silhouette masculine et filiforme qui traverse l'horizon, à ce visage bouleversé de femme à la figure d'ange, ou encore à leur rencontre sous un rayon oblique. "Le sens du divin naît de l'absence de preuve – les preuves sont bonnes pour le fini – " Etendue nue sur les tomettes sombres, son corps adolescent parfois parcouru de soubresauts, je la regardais souffrir sans pouvoir rien faire ; et pourtant quelque chose en moi me disait d'avoir foi en l'ange blond à la figure de femme. En ces temps où l'Homme tautologique n'aime plus que lui-même, "Dieu est mort" affirme la déréliction. Non pas celle du dieu humanisé, mais celle de l'homme divinisé. Or, l'abandon n'est pas le néant. L'autre, fût-il divin, n'est pas non-être, mais présence désaffectée. Abandon de l'humanité par l'homme lui-même. Et pourtant, formule d'un deuil impossible, nous devons apprendre à vivre avec. Dieu est mort, disait-elle en souriant, mais non la poésie : car l'essence du sacré réside dans la parole qui fixe dans l'immanence le Trop Haut. La puissance de vie brillait dans son regard ; la stridence des inconciliables battait à ses tempes – Je pouvais avoir foi en Celle qui croit mourir. V

«l'amour est fort comme la mort »

Un autre jour qu'il approchait son visage du sien, il entr'aperçut, siégeant au plus profond de ses yeux, la sérénité. Je ne sais si Dieu existe ou non, et ne perçois pas la nécessité de choisir. Le fini et l'infini me paraissent certes contradictoires (peut-être même jusqu'à l'inconciliable), mais non pas exclusifs. Je crois même savoir que l'un et l'autre sont constitutifs du déchirement originaire de l'homme. Son chant disait la naissance du monde, ou peut-être sa fin : le corps nu du monde dévoilé. J'avais d'abord pensé qu'il me faudrait faire l'expérience du paradoxe absolu: (accepter de) la perdre pour la gagner; mais en découvrant ce soir-là la bonté au fond de ses yeux je compris mon erreur: je devais me perdre pour moi-même je devais apprendre à mourir. Son chant disait qu'un homme des confins marchait à sa rencontre, sans jamais la trouver – et finalement marchait à sa perte. Je lui ai donc demandé de me laisser. J'avais besoin de rester seul sur ma chaise. Alors elle s'est éloignée en silence sous les arbres: elle hésitait, se retournait souvent, ses paupières cillant en bleu cobalt. Après quelques pas, elle s'immobilisa et, sans qu'elle se retourne, monta de ses lèvres closes un vieux chant d'amour et de mort. Et plus l'ange en s'éloignant se rapprochait de lui, plus l'homme pour elle mourait à lui-même ...

Il movimento compositivo di "Un jour, un être de lumière…" di Bruno Cany

"I temi sono come appaiono o affiorano alla mia coscienza. Lavoro su e con l’inconscio. Ecco perché il discorso sulla poesia e la figura del poeta sembrano a volte essergli attribuiti e talvolta essermi attribuiti" scrive Bruno Cany a proposito di questo testo. "C’è in me, in effetti, in questo confronto delle nostre due concezioni della poesia uno spessore d’indeterminazione: vale a dire il ‘dibattito’ così come esso avviene nelle zone più profonde di me". Il principio compositivo di questo testo, secondo le preziose indicazioni suggeritemi dallo stesso Cany, è l’alternanza nell’articolazione delle parti. Prima regola di composizione per le sequenze 1,3,5: i capoversi sono atomizzati, vale a dire separati gli uni dagli altri da un’interlinea. Ogni capoverso deve essere (relativamente) chiuso su se stesso, concentrato sulla propria parte d’energia. La composizione è quella di un montaggio o di un sistema di densità. Seconda regola: le sequenze 2 e 4 sono composte in modo inverso, vale a dire in serie di capoversi. La composizione diviene fluidità. I - Apertura tematica e contestualizzazione dei protagonisti. Ciò che vi è di comune alla poesia e alla teologia: la metafisica della sofferenza. Ciò che separa la religione dalla poesia: il corpo collettivo del Cristo e il corpo individualista del poeta attuale. La "scommessa della Poesia" è un calco della "scommessa di Pascal" sul "Dieu caché". II - Meditazione sull’essere di luce, sull’essere del poeta e, implicitamente, sui loro legami. Ciò che caratterizza la creatura di luce come poeta, ma anche come persona, è la paura del senso: i suoi discorsi ellittici e talvolta risolutamente frantumati: enigmatici e oscuri. III - La religione cristiana: "Infinito, niente" di Pascal. Il poeta, come lo concepisce Cany, cerca di liberare il suo disegno di parole da quello concepito dalla creatura di luce: l’insieme è sintetizzato da "oltre il possibile" che si oppone sia all’"impossibile" della religione che al "possibile" dell’ateismo. Intrecciata a questa meditazione concettuale, una meditazione carnale sull’unione dell’uomo e della donna (anima e corpo confusi) e sull’emozione davanti al corpo nudo dell’essere amato nella penombra del ‘dopo l’amore’. IV - La religione moderna: "Dio è morto" di Nietzsche. Discussione filosofica. Dopo la meditazione sulla religione cristiana, ecco la meditazione (critica) sulla religione dell’uomo. "Il senso del divino" è una citazione di Pascal. La fede come angelo biondo è un adattamento (capovolgimento) di Kierkegaard: il salto che reclama la fede. V - Il secondo capoverso istituzionalizza lo scetticismo agnostico del poeta. Il quarto corregge il Paradosso assoluto di Kierkegaard. Il quinto è un’immagine che sorge dalla sua poesia. La fine è tenuta aperta dalla sua ambiguità.

Bruno Cany, La poesia in prosa, una lotta per la Poesia

Ho scritto, da adolescente, spontaneamente in verso libero. Ma ben presto mi sono trovato a confronto con un problema simile a quello che l’inquadratura pone al cineasta: dove bisogna tagliare? Nell’incapacità di dare una risposta soddisfacente, ho abbandonato il verso (salvo che per gli esercizi di traduzione), perché non sono più riuscito a piegare la lingua materna alle esigenze del verso metrico: non giungendo il mio orecchio ad ascoltare la lingua odierna nel quadro di una lunghezza regolare. E non conosco nessuno, in Francia, che vi sia giunto in modo del tutto soddisfacente. La scelta della prosa per fare della poesia s’inscrive dunque in questa duplice insoddisfazione che ho provato quando lavoravo sul verso. Ma a ciò si aggiunge che la mia mancanza di fiducia strutturale ritrova fiducia in situazioni paradossali, non istituzionali. Ancora oggi, in Francia - e questo malgrado i successi così eclatanti, numerosi e prestigiosi da Bertrand a Baudelaire, da Jacob a Reverdy e da Ponge a Michaux - non è ancora considerata come vera poesia! Scrivere poesia in prosa equivale dunque a combattere poeticamente per la legittimità di questa forma non evidente. E la poesia in prosa è, per me, il luogo dove la mia lingua trova il suo compimento e, in un paese smaliziato in tema di dibattiti letterari o poetici, forse l'ultima lotta da affrontare è l’integrazione della prosa poetica nella poesia. Contrariamente a numerosi miei amici, non penso che la poesia debba risolversi nel verso. La poesia è prima di tutto un’idea e un fine (un progetto estetico e letterario), mentre il verso non è altro che una forma e un mezzo. Insomma: se ognuno, fin dall’infanzia, sa che non basta scrivere versi per fare opera poetica, nell’età adulta può inferirne che si può fare poesia con mezzi diversi dal verso. Ciò che, infatti, consente ad una poesia, in versi come in prosa, di essere opera poetica, è la sua ricchezza e la sua riuscita sul piano sia della composizione tematica che sonora. Il lavoro compositivo ha oggi per dovere estetico la lotta contro il dilagare dei divieti che affollano ed impoveriscono in modo così pericoloso la nostra poesia al punto che essa viene letta quasi solamente da quelli che la fanno! Chi non ha mai sentito i ‘santoni’ della poesia ripeterci, qui e là, che essa non deve essere narrazione o dialogo, che non deve essere lunga e soprattutto in prosa, che non deve trattare temi politici o sociali, né tanto meno confrontarsi con la metafisica, la psicologia o la filosofia. La prosa poetica, per l’appunto, offre alla poesia il potere di trascendere l’uno o l’altro di questi divieti. Si tratta di un formidabile cavallo di Troia anti-castrazione contro tutte le riduzioni che impoveriscono la nostra concezione attuale della poesia: mostrandosi come forma informe, le offre nuovi territori senza i quali non potrebbe più vivere. Ancora una parola per concludere sul mio Un giorno, una creatura di luce: coevo dei difficili inizi di un incontro impossibile, questo testo diviene il catalizzatore dei dibattiti e dei fasti di allora. Racconta il lavoro della coscienza poetica, la quale si mostra nella misura in cui è compresa dai pensieri e dalle emozioni originati da questo incontro che, pur essendo stato uno scacco sul piano personale, è risultato essenziale sul piano poetico della sperimentazione di nuovi territori. Bruno Cany, poeta e scrittore, insegna antropologia filosofica a Parigi VIII. Membro del comitato di redazione della rivista Action poétique, ha pubblicato di recente l’opera Homère. Une anthropologie poétique de la vérité (l’Harmattan, 2001), oltre ad alcune traduzioni di canti dell’Iliade e del Poema di Parmenide. Non riunite in volume, le sue poesie in prosa sono tuttora disperse tra riviste, giornali, opere collettive e altri libri d’artista.

©inTRAlinea & Daniele Serafini (2003).
"Un giorno una creatura di luce". Translation from the work of Bruno Cany.
This translation can be freely reproduced under Creative Commons License.
Stable URL: https://www.intralinea.org/translations/item/994

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